Uno dei fattori che maggiormente sono in grado di influenzare il nostro modo di essere – spesso senza che ce ne rendiamo conto – è l’ambiente in cui ci troviamo a vivere, a cominciare proprio dalla nostra casa.
Le abitazioni degli uomini si sono evolute nel tempo, spesso rispecchiavano il carattere di una società, altre volte questo carattere erano in grado di condizionarlo.
Nei paesi del mediterraneo, in particolar modo, per secoli la vita delle persone si svolgeva quasi nella sua totalità all’aria aperta; gli uomini rientravano a casa solo per il sonno notturno, mentre le donne, quando non lavoravano nei campi portavano avanti le loro attività in comune.
Se c’era una cosa di cui l’uomo del mediterraneo non soffriva era la solitudine, la vita comunitaria era la regola.
E le città prendevano forma di conseguenza: gli edifici si affacciavano direttamente sulla strada, ai piani bassi si aprivano i negozi e le botteghe degli artigiani, mentre le abitazioni si sviluppavano intorno a delle corti dove diverse famiglie svolgevano le loro attività quotidiane.
Questa forma di città la ritroviamo ancora oggi, sono i nostri centri storici, e sono il motivo che attira in Italia ogni anno milioni di turisti e lo stimolo che spinge la Domenica le famiglie e i fidanzati ad uscire e fare quattro passi nel centro. Senza dubbio i centri storici risultano accoglienti, testimonianza di un modo di vivere che appartiene al passato.
Ma le nuove esigenze della società ci hanno portato a definire anche delle nuove tipologie abitative.
Per dare alloggio ad un grande numero di lavoratori che giungevano nelle città si sono cercate delle soluzioni diverse, una ricerca che sembrava culminare con i grandi palazzoni pensati dal movimento razionalista, edifici che volevano assicurare uno standard di vita dignitoso ad un gran numero di persone.
Sono quei palazzi che si sono costruiti a partire dagli anni venti fino agli anni settanta, abitazioni che nello stabilire delle regole minime per la sopravvivenza dignitosa di una famiglia a volte rischiavano di limitare l’essere umano ad una macchina con determinate esigenze, soddisfatte le quali il suo “funzionamento” era garantito.
Le nostre periferie sono state edificate seguendo questi criteri, ed anche se il concetto di “bello” e di “brutto” sono da evitare nel giudicare l’architettura, solitamente le persone preferiscono farsi la loro camminata nel centro, tra la città medioevale piuttosto che nella moderna periferia.
Col miglioramento delle condizioni economiche ha fatto la sua comparsa in Europa una nuova tipologia, la campionessa dell’edilizia attuale: la villetta.
Il pensiero che sta alla base della villetta è semplice: un nuovo tipo di abitare, un voler emulare le condizioni di vita che in altri tempi erano esclusivo appannaggio del “signore”, una ricerca della privacy, un’isola felice dove la famiglia si separa dal mondo circostante.
La villetta si allontana dalla strada, crea una zona franca, il giardinetto, che permette al proprietario di muoversi tra le mura domestiche con una maggiore intimità, e si isola anche la famiglia dall’antica vita comunitaria.
Il regime nazista fu uno dei principali sostenitori di questa nuova tipologia.
Hitler la vedeva con favore perché temeva la vita in comune del suo popolo: la gente quando si incontra parla, le idee circolano, e con esse le critiche al governo.
Nella villetta invece il cittadino ritrova la sua tranquillità, e il giardino da curare riesce a tenerlo occupato nel suo tempo libero, così che anche le sue uscite si riducono col tempo, e con esse le possibilità che venga a contatto con portatori di idee pericolose.
Oggi, in particolar modo nei centri minori, la villetta rimane il sogno di ogni famiglia mediamente benestante; attorno ai centri storici di ogni paese si sviluppano gli anelli di queste nuove costruzioni, e con esse muta anche il senso del nostro vivere.
Nei quartieri delle villette non si cammina: sono studiati per l’automobile.
In america la villetta rappresenta la middle class, ha avuto una grande fortuna ed è entrata nel nostro immaginario anche grazie ai programmi televisivi che ci arrivano da oltreoceano; basta pensare alla casa di Homer Simpson, alla casa dei Keaton, alla tipica casa di ogni famiglia media le cui avventure vediamo ogni giorno nei telefilm spensierati all’ora di pranzo.
Negli States in molti dei quartieri composti da villette per potere fare quattro passi è necessario munirsi di un cane o di una tuta da jogging: si rischia altrimenti di essere fermati dalla polizia che chiederà informazioni sul motivo per cui ci si trova a piedi lungo quella strada; e in effetti, non esiste nessun motivo per camminare in quelle vie, se non per portare fuori l’animale domestico, farsi una corsa o studiare la disposizione delle case per progettare un furto.
E lo sviluppo incontenibile che noi vediamo nelle nostre cittadine potrebbe portare anche noi proprio a questo: la morte del nostro millenario modo di vivere e il trionfo dell’uomo nuovo che esce di casa solo con l’automobile, alla perenne ricerca di un’isola felice piena della tecnologia che possa riempire il suo tempo e infastidito dai sempre più rari contatti con i suoi vicini, definitivamente trasformatisi da persone con cui divideva le sofferenze di una vita dura a dei curiosi ficcanaso.
… a sto punto preferisco il mio condomio. Sclerotico, pieno zeppo di vecchi rimbambiti e rumoroso oltre ogni dire (anche grazie alla mia strana famiglia ;))))
buon giorno carissimo, bel post, una lettura piacevolissima
Buongiorno SantaRuina, ottimo post! Ieri sera ho scritto qualcosa relativa alla condizione lavorativa dell’uomo, che sembra calzare a pieno con questo bellissimo post! In serata lo posterò. Un caro saluto. Freenfo
Ciao Airel, si tratta proprio di modi di vivere differenti.
E le nostre abitazioni cambiano anche noi.
Un caro saluto a te :-)
Ciao Freenfo, ti ringrazio.
Verrò a leggere :-)
Le condizioni lavorative degli uomini e l’ambientiente in cui vivono sono necessariamente legati.
Blessed be
Blessed be
Naturalmente, come molte altre “innovazioni”, anche quella del nuovo modo di abitare, fu introdotta gradualmente… All’inizio, gli slums per gli operai di Londra prevedevano ancora una vicinanza spaziale e un affacciarsi dell’uno sull’altro; poi, proprio per sanare l’abbrutente promiscuità, artificialmente prodotta, vennero introdotte le “città giardino”… ora siamo alla residenza aliena in SL….
Interessante questa tua analisi, potremmo considerarla sicuramente storica …
Come sarà il futuro?
Felicità
Rino, domandandosi
Una bella lettura,
l’uomo ha bisogno di spazio,
cambiano tempi, abitudini, e siamo sempre piu’ affollati,
lo spazio (personale) sempre meno, piu’ difficile convivere,
in città la vita è diventato frenetica,
invece ad avvicinarsi s’allontana sempre di piu’ ,……
bel post, interessante, fa a riflettere!!
ciao!
Buon Venerdi!
Personalmente credo che il futuro riservi le case-cellula- loculo, oppure le capanne di fango.
Una delle due. :-)
Blessed be
Non so se arriveremo mai a vivere come gli americani. Siamo mediterranei, con origini e cultura diverse e, diciamolo pure, con una concezione abitativa diversa.
E’ vero che abbiamo importato i centri commerciali, ma ce ne serviamo anche come punto d’incontro oltre che per fare acquisti.
Ciao Chirie
nelle provincie ormai è un proliferare generalizzato di villette.
I piccoli e i medi centri si allargano a dismisura, e anche da noi nei nuovi quartieri non si esce di casa se non in macchina.
Nelle città ancora si cammina, nei piccoli centri no.
Le piccole botteghe hanno chiuso e per andare al centro commerciale ovviamente si usa l’automobile.
Fortunatamente in europa abbiamo ancora i centri storici medioevali, cosa che ovviamente manca negli states, e la loro urbanistica fissata nei secoli rimane a testimonianza dell’antico modo di vivere la città e il paese.
Blessed be
A me sinceramente sembra – ma è un’impressione che condividono in molti – che si sia di gran lunga più alienati in città, dove si sta stretti stretti e vicini vicini, che nella campagna delle villette.
carloooooo
Carlo :) la villetta?
Riuscissi a comprare con 30 anni di mutuo (?) 50 mq….
Pat (molto realista…)
Ciao Carlo, ben trovato :-)
nella città l’alienazione nasce dalla vicinanza di un grandissimo numero di persone, che finiscono di diventare tutte estranee.
Nella città medioevale la vita comunitaria si sviluppa attorno alle corti, che sono solitamente comuni ad un numero limitato di famiglie, che si conoscno tra loro perfettamente, da diverse generazioni.
Pat, un saluto a te e al tuo realismo :-)
Potendo io punterei ad una casettina in campagna.
Potendo…
Blessed be
“potrebbe portare”??? Ma Cos’altro è la Padania Felix??? ciao Ika
Ciao Carlo. Effettivamente il numero di persone ammassate rende alienante la città, ma dipende anche da come la città è organizzata. So per esempio che negli USA l’assenza di piazze e luoghi di ritrovo pubblici e all’aperto rende praticamente impossibile l’aggregazione al di fuori dei centri commerciali (da buon complottista dovresti chiederti se ci sia un disegno preciso sotto ;-) ).
Io vivo vicino a Treviso, che è lo stereotipo della città medievale, ed è, traffico a parte, realmente a misura d’uomo.
Però la questione della conoscenza tra famiglie e delle relazioni sociali che sussistevano nella città medievale è secondo me un po’ differente, perché ad esempio anche nei paesini, in cui una buona metà della popolazione viveva in casolari molto più isolati delle odierne villette, esisteva questa conoscenza dovuta a generazioni di persone che vivono nello stesso posto.
A parer mio dunque entrano in campo fattori concorrenti diversi e molto più complessi della semplice geometria urbanistica dei centri abitati.
Ciao,
carloooooo
L’urbanistica, a tutti gli effetti, si rende sia espressione effettiva sia motivo causale di dinamiche complesse che, come notato, coinvolgono anche (soprattutto?) i rapporti di lavoro, il rapporto col tempo e lo spazio, in ultima analisi il pensiero che l’uomo ha di sé.
In tal senso, i moderni paesini sub-urbani, le “hinterlands”, assomigliano a copie in cartapeste degli antichi borghi; manca la struttura sociale e culturale che li renda comunitari – i rapporti di lavoro si stabiliscono colla grande città, anziché col paese stesso, così come tutta la vita degli abitanti è funzionale al “relax” individuale nell’ambito di una vita lavorativa, anziché fondato su un progetto comune incardinato su princìpi condivisi – così come una struttura urbanistica che rifletta il “senso” dello stare insieme, ormai ridotto ad un disordinato accalcarsi di mega-store, condomini affastellati, stradoni statali alternativamente deserti od iper-trafficati.
La stessa logica del centro commerciale tradisce la sua falsità. Ci si arriva soli – in macchina – si agisce soli – azzerati i rapporti coi commercianti, perlopiù dipendenti occasionali di impersonali catene di distribuzione – e si colloquia nell’ambito di un ambiente rarefatto, che non dà punti di riferimento, e dunque caratteristiche, dissimili tra Busto Arsizio (provincia di Milano), Chicago e l’ultimo centro acquisti assorto a Singapore. La fisicità dello stare insieme è svuotata di senso e sensazioni, insomma.
Ottime osservazioni, una questione centralissima! Di “cosa” parliamo, se non c’accorgiamo del “dove” ne stiamo parlando?
Pace su di voi.
Capito qui da zingaraggi nella rete. Bellissimo post. Ripasserò.
Ika, in effetti sono stato molto ottimista.
La “padania felix”, e non solo, è già questo.
Carlo, quel che dici è corretto, entrano in ballo anche altri fattori.
Però la singola tipologia è molto più importante di quello può sembrare.
Anche la cascina isolata rispecchiava in piccolo un preciso modo di vivere, con gli spazi strutturati in un modo ben preciso.
Avevo da tempo intenzione di scrivere qualcosa su questo, forse lo farò.
Abdanhur, piacere di vederti da queste parti.
Non posso che condividere quanto da te detto.
Cometa, un saluto a te, ti ringrazio.
Blessed be
Ciao :)
felice di averti trovata da me innanzitutto, confesso di non aver letto il post ancora, ma ho letto in alto a sinistra e l’argomento è molto intrigante, anzi gli argomenti, quindi mi riprometto di tornare con calma.
Buona serata intanto :)
Molto interessante.
buona domenica a te, Viola :-)
Derike , un grazie a te.
Blessed be
Carlo ciao tutto bene?
Rileggendo di signoraggio e scie chimiche,che pian piano si stanno sdoganando,non riesco a non notare che alimentanado una lotta all’ingiustizia-che in sè è legittima- si stia accrescendo quel sentimento di odio e di rivalsa tra la popolazione che non può che generare una situazione più che favorevole allo svolgimento dei piani degli Illuminati.Abbiamo spesso parlato di loro dicendo che provino gioia a leggerci il terrore negli occhi, ma men vero è che la nostra rabbia è molto utile.Ed in ogni caso pensa un attimo Carlo…Hai fatto bene finora(è una domanda che sto ponendo anche a me per via di alcune discussioni con miei amici) a divulgare queste notizie?Non posso che pensare si, eppure forse, qualcuno leggendo qualcosa qui o sentendo miei discorsi potrebbe prendere una strada sbagliata…eppure potrebbero esser coloro a cui è scritto ,che per via di gesti avventati,”beato chi ha fame e sete di giustizia…perché sarà saziato”, oppure no, ed in ogni caso ognuno sceglie la direzione da prendere ogni qualvolta,il cielo o la terra.Non rimane che almeno essere exotericamente irreprensibile,è già questo un problema,eppure ho alcuen volte una frenesia al mio interno,dei moti ribelli che riesco a domare solo in virtù delle sacre scritture e di ciò che di GUénon ho letto di questi tempi.SOno e restano inequivocabilmente i segni dei tempi.
Non son Giobbe, sarò quel che sono :-)
scusa per lo sfogo sul tuo blog Santa
Davide
Ciao Davide
hai colto un aspetto delicato.
Tempo fa avevamo discusso del come determinate “rivelazioni” in realtà vengano propagate dalla elite stessa.
Far trasparire parte della sua essenza torna utile alla loro visione.
Chi si imbatte infatti in determinate notizie rischia di essere colto dalla rabbia, o dallo sconforto, che forse è ancora peggio, nel rendersi conto, più o meno, con cosa si trova di fronte.
Paradossalmente lo stesso mostrare delle tessere, come qui si fa, potrebbe essere un punto a loro favore.
Ci ho riflettuto spesso.
Eppure, fare un po’ di luce su determinate trame è tra le poche cose che ci resta da fare, in questo momento.
Se si supera lo “sconforto” e si analizza il tutto con lucidità, ove possibile, diviene più facile anche riconoscere determinate operazioni.
Ed alla fine credo che sia giusto farlo.
Penso.
Blessed be
………….. :-)
Davide