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-o- Too late to die young -o-
11 Dicembre 2012

Autodafè


Chi si vanta si vanti nel signore.
(2Cor 10,12-11,6)

Potrebbe sembrare ingiusto.
Ed infatti lo è.
Chi si vanta, si vanti nel signore, disse l’apostolo Paolo dinanzi ai corinzi accorsi ad ascoltare le sue parole, le parole di un uomo da quello stesso Signore illuminato.
Nessun uomo, per quanto sia intelligente, per quanto sia coraggioso, forte, onesto, nessun uomo deve mai dimenticarsi che tutto quello che possiede, tutto quello che è, viene da Dio.
Non vi è motivo di vantarsi, motivo alcuno, dal momento che l’uomo è una creatura di Dio, e tutto ciò che abbiamo da Lui ci è stato dato.
Così parlava l’apostolo Paolo.

Guai però al peccatore, guai a chi smarrisce la via, e disprezzo ancora maggiore verrà riservato a coloro che quella via non la cercano nemmeno.
Perchè i pregi vengono dal Signore, ma le colpe sono tutte degli uomini.
Potrebbe sembrare ingiusto, e difatti lo è.

Eppure, verrebbe da chiedersi, non è forse quello stesso Dio che ha dotato gli uomini della capacità di sbagliare, e non è forse anche la stessa predisposizione umana all’errore un dono di Dio?
Quel Dio onniscente che nel momento in cui intinse le mani nel fango per plasmare il primo uomo sapeva già che la sua creatura l’avrebbe tradito, gli avrebbe disobbedito alla prima occasione.
E lo creò in quel modo lo stesso, per poi punirlo della sua debolezza, una debolezza che Lui sapeva già che avrebbe manifestato.
Non vi è apparente senso in questo.

Il primo mistero del cristianesimo, così come di ogni altra religione, gira da sempre attorno al tentativo di dare soluzione a questo irrisolvibile paradosso: come può un essere creato da un Creatore onniscente essere in grado di fare delle scelte?
Viene insegnato che nell’atto di creazione, questa capacità di scelta, questo libero arbitrio, viene dal Creatore stesso instillato nella sua creatura, e da quel momento in poi è questa creatura, e lei sola, l’artefice della propria sorte, del proprio destino.
Gli sbagli che commetterà, la sua mancanza di fede, la sua debolezza, la sua viltà, saranno una sua scelta, e di tutto questo lei, la creatura, e solo lei, sarà l’unica colpevole.
Se la creaturà sarà virtuosa, invece, sarà grazie al Signore, come insegna l’Apostolo.
Potrebbe sembrare ingiusto…

Il paradosso è evidente, tanto palese da non essere mai stato affrontato fino in fondo.
Ed anche se la stessa capacità di scelta fosse una realtà, e probabilmente, in qualche modo, lo è, quale senso vi è nel mettere al mondo un essere con tale capacità, per poi fargliene una colpa nel momento in cui la usa male?
Ma il concetto di colpa non è solo prerogativa di una mentalità religiosa: tutti gli uomini, religiosi o meno, tutto il mondo emette giudizi sui singoli uomini.
Tutte le azioni degli uomini, le loro debolezze, le loro mancanze, passanno dinanzi al vaglio di un perenne e continuo giudizio universale.
E, nei casi peggiori, il giudice più implacabile di ogni uomo è egli stesso.
Che si abbia familiarità o meno col pensiero religioso, il concetto di colpa è da sempre insito nel genere umano, ed ogni mancanza del prossimo viene scrutata, giudicata.
Viene dato per scontato che il mancante, lui e lui solo, è il responsabile dei propri errori: vi era una possibilità di scelta, chi commette un errore non può imputarlo ad altri che a se stesso.
Eppure, nessuno si sognerebbe di stigmatizzare un suo simile per il solo fatto di essere bello oppure brutto, alto oppure basso, nessun uomo ragionevole arriverebbe al punto di attribuire una colpa ad una persona che nasce con un difetto fisico.
Perchè nessuno sceglie l’aspetto con cui venire al mondo, ma ognuno può decidere che persona diventare.

Questa la giustificazione logica di un tale atteggiamento.
Una giustificazione che di logico, in realtà, non ha proprio nulla.
Perchè si da per scontato che un bel viso o delle gambe lunghe siano un dono, oppure degli arti mancanti una sfortuna, ma un’anima bella e valorosa, oppure un’indole vile o accidiosa,  sono considerate delle “scelte”.
La verità è che nessuno sceglie di venire al mondo biondo o bruno, e allo stesso modo nessuno decide se essere dotato di un animo forte e caparbio, oppure debole e remissimo.
Perchè c’è una via in noi che conduce direttamente a Dio, ma non tutti vengono al mondo con la capacità di percorrerla.
Non vi è scelta in questo, ed anche se ci fosse, significherebbe solo che alcuni sono stati dotati della capacità di scegliere correttamente, ed altri no.
Anche la capacità di scegliere ci è stata data, infatti, come ogni altra cosa che abbiamo, dal momento che questo siamo: esseri creati.
Fu per questo motivo che il Creatore dotò le sue creature di un’altra, irrinunciabile qualità: l’incapacità di rendersi conto di cosa implichi l’essere “creati”.
Una consapevolezza di cui solo pochi rimasero esclusi, ed in qualche modo anche questa mancanza divenne una colpa, forse la peggiore di tutte.


227 comments to Autodafè

  • Ciao J.

    se devo essere sincero, mi interesserebbe molto di più sapere cosa pensa lui di me.
    Non è una frase ad effetto, è la mia preoccupazione primaria.

    A presto

  • j.

    quello che io intendevo è che cos’è DIO per te(in pratica il tuo parere personale)?

  • L’origine e la fine, non penso esista una definizione, e il resto non è comunicabile.

    Percepibile, ma non comunicabile :-)

  • j.

    mi viene solo da dire OTTIMA RISPOSTA!!
    grazie mille

  • Anonimo

    “Chi si vanta si vanti nel Signore”
    Ma chi è questo Signore nel quale vantarsi?
    Un bambino povero in una mangiatoia che nasce fuori dalla città e uno che muore in croce peccatore.
    Non si parla né di intelligenza, né di coraggio, né di fortezza, né di onestà, né di possedere chissà quali doti e talenti, neanche di essere integerrimi o virtuosi…
    Io mi fermo a questo: “Dio nessuno l’ha mai visto, il figlio ce lo ha rivelato”
    L’unica notizia che abbiamo di Dio è la carne di Gesù
    Dio è nella carne dell’uomo, nella fragilità, nel limite, nel male stesso…
    E se c’è una via che ci conduce a Dio penso sia quella dei nostri limiti perché è nel limite che c’è comunione.

    “Dio creò l’uomo a sua immagine;
    a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò”
    E’ questa l’immagine di Dio: un uomo e una donna, nessuno dei due autosufficiente, si incontrano ed entrano in comunione là dove è il loro limite…
    e quanti limiti, non solo fisici, ci sono in un uomo e in una donna!
    Guardo mio marito e mi soffermo a pensare: che mistero il matrimonio… mistero di Dio stesso.
    Silvia

     

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