Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
Layne Staley degli Alice in Chains, Mike McCready dei Pearl Jam, Barrett Martin degli Screaming Trees, e , per l’occasione, Marc Lanegan, il miglior vocalist degli anni novanta.
Mad Season, 1994, il canto del cigno di una generazione.
Per chi sa già di cosa si sta parlando, non occorre aggiungere altro.
Per gli altri, non resta che ascoltare.
Lord it’s a storm and I’m heading to fall These sins are mine and I’ve done wrong I want you to, oh, I just want you to Come on down I fear again, like then, I’ve lost my way And shout to God to bring my sunny day
Un anno può essere considerato un periodo di tempo relativamente breve.
Nel mondo del virtuale, dove notoriamente il tempo è amplificato e tutto scorre a velocità accelerata, questo breve periodo pare quasi assumere una certa entità.
Questo blog ha compiuto un anno qualche giorno fa, nato per caso e senza pretese.
In questo momento quello che maggiormente mi fa riflettere è il sapore effimero del meccanismo dei “post”.
In occasione di questa piccola ricorrenza ho voluto pubblicare gli scritti in ordine invertito rispetto al solito; per due giorni sono apparsi in cima gli articoli più vecchi, i primi ad essere composti.
Riflettevo sul fatto che una certa mole di parole giace sospesa adagiata in mezzo all’archivio, frasi parcheggiate destinate con grande probabilità a non venir più lette.
In qualche modo anche il meccanismo di pubblicazione di un blog si adegua alla cultura cosiddetta dell’usa e getta; gli scritti più recenti sono quelli che appaiono “in cima”, destinati a scalare la posizione man mano che ne compaiono di nuovi, finché verrà il loro turno di passare in seconda pagina, archiviati in soffitte polverose.
Ma perseverare in tali pensieri vorrebbe forse dire prendersi eccessivamente sul serio, se stessi e la propria effimera e virtuale creatura.
Il blog rimane sempre pur un contenitore, un contenitore al quale ci si affeziona, anche.
Un veicolo che dovrebbe trasmettere un qualcosa.
E’ quel qualcosa che potrà avere, semmai, importanza.
Semmai ne avrà. Ma fosse anche solo per gli incontri che questo mezzo permette, penso che ne valga la pena.
Le origini del Rebetico si fanno risalire alle canzoni diffuse tra i detenuti nelle carceri greche del XIX secolo.
Il Rebetico venne a lungo considerato come la musica degli strati più bassi della società greca, confinato nei locali malfamati e nei luoghi di perdizione.
Narrava di amori difficili, di detenzioni, di droghe, ma anche della passione per la musica stessa.
Lo strumento protagonista del Rebetico, che ne caratterizza il suono, è il Bouzouki, strumento a tre corde, noto nell’antica Grecia con il nome di Pandouris, e giunto pressoché immutato ai giorni nostri (negli anni cinquanta Manolis Hiotis aggiunse al suo Bouzouki una quarta corda, creando una nuova “scuola”) .
La storia del Rebetico subisce una svolta importante nel 1922, l’ anno della Catastrofe dell’Asia Minore.
A seguito della sconfitta dell’esercito greco in Turchia, dopo che il governo ellenico aveva tentato una improbabile conquista spingendo i soldati fino alle porte di Ankara, le popolazioni greche che abitavano le coste dell’Asia Minore furono costrette a rifugiarsi in Grecia.
Questo episodio rappresenta tuttora la pagina più triste della storia della Grecia moderna; la presenza greca in Asia Minore risaliva al II millennio avanti Cristo, e da allora era stata una presenza costante, attraversando i millenni e le innumerevoli dominazioni straniere che avevano governato quelle terre.
Fino al 1922, con una tragedia che pose fine ad una storia di 3.000 anni.
Più di un milione di profughi giunsero in Grecia, in una nazione che contava all’epoca poco più di 4 milioni di abitanti, e portarono con sé le loro tradizioni e i loro usi: portarono con sé un pezzo di Asia.
La Grecia moderna è figlia di questa unione, che da allora le ha conferito quel carattere di incontro tra la civiltà occidentale e quella orientale.
Dal 1922 in poi il Rebetico quindi assorbe molto delle sonorità dell’Asia Minore, che a loro volta portavano in sé il ricordo delle melodie e dei canti Bizantini, con echi arabi ed indiani.
I testi parlavano ancora di vite sofferte, di speranze che nascevano nel buio della disperazione, e di vite dissolute, di droghe, di prigioni.
Nel 1937 il regime di Metaxas vietò e censurò gran parte della produzione del Rebetiko, che sopravvisse nell’illegalità.
Bisognerà aspettare gli anni che seguirono la seconda guerra mondiale affinché la valenza artistica del Rebetico fosse riconosciuta, e divenisse a tutti gli effetti un genere musicale popolare e nello stesso tempo non disdegnato dalle classi più “colte”.
Ancora oggi le produzioni del Rebetico continuano, tra riscoperte e reinterpretazioni dei classici di inizio secolo e nuove degne composizioni, a seguire un filo in verità mai interrotto.
I primi due video che seguono riproducono fedelmente l’atmosfera degli anni 20 e 30 dei locali in cui si suonava il Rebetico, una atmosfera che è possibile ritrovare ancora oggi, in luoghi che si rifiutano di seguire lo scorrere del tempo.
Nel terzo video Melissa Aslanidou reinterpreta in modo toccante un vecchio classico degli anni 60.
Of Aman, di Spiros Peristeris, 1934, Interpreta A. Iakovidis
Stou Thoma, dal Film Rebetico, musiche di S. Xarhakos, 1983.
Ti sou’kana kai pineis, Melissa Aslanidou
Dimmi perchè non mi permetti, con due baci
portare via dai tuoi occhi offuscati, le scure nubi
Cosa ti ho fatto e fumi, sigarette su sigarette e sono i tuoi occhi amari chiodi sul pavimento Dimmi perchè non mi permetti, con due baci portare via dai tuoi occhi offuscati, le scure nubi
I dolori che ti devastano, sono dolori doppi per me
si seccano nel mio cuore le lacrime che piangi
Se solo sapessi, come si agita quello che ho dentro, per te
che te ne stai lontano, e parola non mi rivolgi
“meglio se te ne stavi dov’eri. Un saccente arrogante in meno nel web“ anonimo commentatore a proposito dell’autore di questo blog
Cosa spinge ad aprire un blog?
Questa è una delle domande più originali in cui ci si possa imbattere durante il peregrinare in questo sterminato mondo virtuale.
E se la domanda si ripropone innumerevoli volte, diverse sono le risposte che si potrebbero dare, ma con alcuni punti comuni.
Credo che fondamento essenziale per chi si prende cura di un blog sia una certa dose di vanità, ma anche qui, non credo che questa sia una grande rivelazione.
Vi è una certa soddisfazione nel vedere un proprio scritto che compare sullo schermo, nello scegliere le immagini adeguate, organizzare la presentazione e la resa estetica delle pagine.
Soddisfazione umana, ma in fin dei conti vana, una piccola gratificazione del proprio orgoglio personale.
L’importante credo sia l’esserne consapevoli.
I blog quindi sono scritti per essere letti, altra ovvietà, e poco importa se di volta in volta si desideri un pubblico vasto (nella maggioranza dei casi) oppure attento e selezionato.
Personalmente, oltre alla componente della vanità -ahimè – di cui già si è detto, sono mosso dal desiderio di trasmettere delle informazioni, informazioni di cui sono venuto a capo in questi anni.
Vorrei, lo ammetto, che queste informazioni fossero il più possibile note.
E in un secondo momento chi le riceve potrà, a seconda della propria sensibilità e delle proprie opinioni, giudicare il tutto degno di attenzione o meno.
Nel mio piccolo ho fatto mio il pensiero di R. Winfield
…la mia posizione corrente non è quella di voler vincere le discussioni, il tempo per quello è terminato. Invece, voglio giusto far circolare delle idee, e se ne siete stimolati o incoraggiati, bene. Se vi fanno alterare, beh è la vita. Ma se sentite una curiosità tale che volete scandagliare alla ricerca di differenti modi per interpretare gli eventi correnti, meraviglioso. Internet vi fornirà molte risorse per le vostre investigazioni.
Ed effettivamente, per me le cose stanno esattamente così.
Ci sono blog curati da autori di gran lunga più competenti del sottoscritto, siti ben documentati e articoli scritti con grande cura dei particolari: queste pagine offrono una sintesi su alcune questioni, vorrebbero offrire degli stimoli per raggiungere quei luoghi, per proseguire la ricerca.
E questo credo che sia lo scopo principale degli scritti qui raccolti, incoraggiare la ricerca personale di chi vi si imbatte.
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
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