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-o- Too late to die young -o-
24 Novembre 2014

L'eterna corsa dell'auriga

Un carro che vola trainato da due cavalli, uno bianco e uno nero, che spingono in direzioni opposte.
E un auriga che cerca con tutte le sue forze di mantenere la rotta, sempre ad un passo dal precipitare.
Questa è l’immagine che Platone usa nel Fedro per descrive la complessità dell’anima umana, nel celebre mito dell’auriga, o della biga alata.
E invero, non vi è immagine più precisa e più completa, nella sua semplicità, che possa sintetizzare meglio le componenti profonde di ogni essere umano.

Il cavallo scuro, simbolo degli istinti e della parte terrena dell’uomo, è il più impetuoso, e cerca con tutte le sue forze di raggiungere il suolo, il luogo a cui appartiene, un mondo dominato dai sensi e dal desiderio di soddisfare tutti i bisogni legati al corpo fisico.
Il cavallo bianco, al contrario, rappresenta la scintilla divina presente nel cuore, e spinge il carro verso l’alto, desideroso di raggiungere il mondo celeste da cui origina, per fondersi di nuovo con la realtà divina che lo ha generato, e a cui è destinato a fare ritorno.
E a tenere a bada queste forze contrastanti vi è l’auriga che guida il carro, e che tenta in primis di non precipitare, per poi provare, con tutte le capacità di cui è stato dotato, di direzionare la sua biga verso il luogo che ritiene più consono.
L’auriga è immagine della componente razionale dell’uomo, è il nous, la mente, la coscienza, il pensiero vero e proprio, quella parte a cui l’essere si riferisce quanto pensa al concetto di Io.
Egli si ritrova su un carro che procede al di là della sua volontà, trainato da forze esterne, su cui possiede una debole capacità di controllo.
Non è infatti l’auriga a far avanzare il carro: se non fosse per i due cavalli, sarebbe fermo, a terra.
Al sicuro, ma fermo, senza la possibilità di avanzare, o di salire.

L’essere umano è un composto di diversi elementi che vivono al suo interno, veri e propri personaggi, attori senzienti che occupano il corpo nello stesso modo in cui dei coinquilini si dividono una stanza, e questa è una verità nota da sempre, una realtà che Platone sintetizzò con questa poetica allegoria.
Così, gran parte dei conflitti che gli esseri umani affrontano nel corso delle loro vite nascono nel momento in cui tale verità è dimenticata: posti davanti a diverse pulsioni, dovendo dare ascolto a diverse voci che provengono dal profondo dell’anima, gli uomini faticano a gestire i diversi voleri che spingono loro in direzioni opposte.
Perchè come i saggi insegnano occorre volere, sì, ma quale volontà occorre seguire?
Se non si comprende che vi sono forze opposte che agiscono in noi, il percepire pulsioni avverse porta inevitabilmente alla stasi, ad un corto circuito interiore senza sbocco.

Ed anche quando tali diverse pulsioni vengono riconosciute, quando finalmente ad esse si dà un nome e si comprende la loro natura, occorre ancora una volta tenere presente che il nostro carro ha bisogno di tutti suoi cavalli per muoversi.
Non si può decidere di abbattere il cavallo che spinge nella direzione opposta a quella che la nostra mente ha alla fine prediletto: i cavalli vanno direzionati, non possono essere abbattuti.

La scienza contemporanea, con la prosaicità che le è congeniale, ha riposto nel cervello e nel sistema nervoso dell’essere umano il centro direzionale del controllo, del pensiero e della coscienza, e a sua volta ha individuato nella parte più arcaica del nostro cervello, il cosiddetto cervello rettiliano, la sede del cavallo nero.
Là risiedono tutti gli istinti che la mente superiore non può eliminare, ma solo tenere a freno.
Istinti che spingono verso due obbiettivi: la sopravvivenza e la riproduzione.
Il cavallo nero sa cosa vuole, e non conosce i concetti di giusto o sbagliato: si lancia a testa bassa, in modo irruento, verso tutto quello che porta alla sua meta, travolgendo senza secondi pensieri tutto quello che trova lungo la sua strada.

Il cavallo bianco, al contrario, ha modi gentili e miti, e per quanto la sua forza sia immensa, di gran lunga superiore a quella del suo fratello scuro, diversamente da lui non si impone.
Va cercato, nutrito, continuamente.
E’ l’aspirazione di elevarsi che occorre vivere concretamente, dedicandoci la maggior parte delle proprie energie, con una dedizione incessante.

In questo gioco di effimeri equilibri, sembrerebbe che il nous, la mente, la coscienza, o consapevolezza di sé, sia l’unico attore con una libertà da gestire.
Ma anch’egli, per quanto dotato di questo libero arbitrio, è a sua volta forgiato da mille condizionamenti, assorbiti dal mondo esterno nel corso della sua esistenza.
Così, oltre a dover gestire i due cavalli che trascinano il suo carro, l’auriga deve fare i conti con le voci che gli indicano il modo di guidare, che gli suggeriscono la direzione da seguire.
Dove dimora la sua volontà, in questo?
L’auriga, sempre in bilico, deve interpretare l’origine di ogni sua volere: quale spinta arriva dal cavallo nero, quale da quello bianco, quali voci arrivano dal mondo esterno, e, soprattutto, in mezzo a tutto questo, c’è qualcosa che può effettivamente dirsi una volontà totalmente SUA?

In verità, il segreto del carro sta nel suo continuo movimento: ogni auriga è troppo preoccupato di tenerne a bada la folle corsa per riflettere sul senso del movimento stesso.
Il carro procede, sempre, e questo è quanto.
E se l’auriga si distrae, e riflette sul perché si trovi su quel carro, rischia di schiantarsi al suolo.
E lo schianto non è un’opzione.

59 comments to L’eterna corsa dell’auriga

  • La visione platonica, come in genere le concezioni arcaiche dell’uomo, pur dando una descrizione fedele del comportamento umano, strattonato tra bianco e nero, in qualche modo lo condannano a questo stato. In fondo la descrizione dei due cavalli e delle loro caratteristiche è identica al concetto di yin e yang estremorientale, e non lascia vie d’uscita che la consapevolezza di questo stato, insomma Platone alla fine consiglia di “prenderla con filosofia”.
    La tradizione patristica ortodossa la pensa diversamente, pone al di fuori dell’uomo la trazione verso il basso, che appartiene invece ai “pensieri” o demoni, che nella sapienza patristica sono equivalenti, e riconosce nel composto umano di corpo anima e spirito, delle energie naturalmente portate all’alto, intimamente attratte da Dio. Sono invece le seduzioni dei pensieri che corrompono queste energie, rendendo all’anima razionale più attraenti i beni e le potenze del mondo ed è la volontà rivolta all’io, divenuto arbitro della propria vita, che snatura queste stesse energie, (che sono propriamente le virtù innate), rivolgendole altrove che al Creatore. La visione platonica quindi, anche se vista nel suo stato di quiete ed equilibrio, conserva le caratteristiche della malattia spirituale attribuendo alle energie dell’uomo caratteri che non hanno.

    • Hiei

      Lo in e lo yang formano un tutt’uno armonico, niente di più lontano dal definire l’uomo come strutturalmente schizofrenico e privo di volontà (accidetalmente poi, TANTO simile a una CERTA propaganda di chi vuole burattini senza volontà…).

      Tutto questo tempo per uscirtene con questo polpettone, Santa?

      Vabbè, è un altro il post che aspetto, già sai.

      • Anche tu mi eri mancato :-)

        un saluto a te

        • Hiei

          Perchè porto una ventata di allegria in questo triste mondo malaaaato! :’D

          Per curiosità vaghi per terre elleniche o italiote ultimamente?

        • Diciamo che faccio la sponda :-)

        • Hiei

          La dura vita del pendolare.

          Visto che ormai non c’è più uno straccio di fonte di informazione affidabile, giusto per avere un po’ il polso recente della situazione, quale delle due sponde vedi peggio?

        • al momento, senza dubbio la sponda greca è messa materialmente molto peggio.
          non ci sarà uscita da questo tipo di crisi, se non un ricominciare il tutto da capo, me sicuramente prima o poi dovrà accadere.
          in italia la discesa è molto più lenta, ma condurrà allo stesso punto.

  • Ottima aggiunta Mario.

    Occorre comunque anche precisare che per Platone nemmeno il cavallo nero è in sè “malvagio”: al contrario, un auriga saggio nè sfrutta lo slancio per raggiungere la meta prediletta.

  • Algiz

    L’auriga è in realtà lo/a psyche/logos che si barcamena tra il “candido” nous e l'”oscuro” conglomerato “psicosomatico”. Il nous non può identificarsi con l’Io/Ego, tant’è vero che nella pratica alchemica, il compimento dell’Opera è proprio lo scioglimento del conglomerato psicosomatico e la nuova solidificazione tra Anima e Spirito, che offre una Liberazione (seppur parziale) dal senso dell’Io e la fine (seppur parziale) dell’esistenza di una Individualità.

  • miriam

    Mammamia, quanti paroloni!
    Intanto: BENTORNATO SANTA, e scusa se urlo!
    Poi: l’articolo è interessante anche perché immediatamente applicabile alla realtà: ad esempio, il mio “cavallo nero” ieri pomeriggio è partito incontrollabile in quarta al salvataggio delle galline di mia madre dall’assalto di un enorme cane nero – salvataggio non del tutto riuscito, per il successo completo il “cavallo” avrebbe dovuto avere le ali (e così il povero gallo è passato malamente a miglior vita, sigh – spero tu trovi buoni pascoli e tante gallinelle gentili nell’aldilà, Koko!); ma poi, catturato il cagnaccio, altrettanto incontrollabile se l’è presa con il presunto padrone della belva assassina, peraltro neppure sua, che il poveretto aveva tentato invano di recuperare per riportarla al proprietario. E per un bel po’ nessuna parola, gesto o altro sono riusciti a riportarlo alla calma (il “cavallo”, intendo).
    Questo per dire che l’auriga non riesce sempre a gestire cavalli e carro, nonostante tutta la fatica e l’esercizio di consapevolezza… e anche che la voce lieve del cavallo bianco che in tutto quel frastuono era impossibile da udire si sta facendo sentire solo adesso, e mi fa venire un’urgenza di andare a scusarmi col malcapitato di averlo così maltrattato…
    Insomma, auriga, dove sei finito?

  • Ciao Miriam
    Sto povero auriga non può mai distrarsi :-)

  • Anonimo

    Se solo al mondo non ci fosse tutto questo baccano forse riusciremmo meglio ad ascoltare la sinfonia dell’esistenza, perche` tutto riconduce all’equilibrio, non c’e` squilibrio senza un equilibrio originale. Ho la sensazione di vivere aspettando di salire su di un palcoscenico per recitare una parte studiata alla perfezione, solo che lo sbraitare di un pubblico indisciplinato rompe il meccanismo e mi ritrovo sempre piu` spesso a dire fra me e me: al diavolo.

    • Anonimo

      Quanta fame di attenzioni, di avere gli occhi addosso…proprio di quel mondo a cui si richiede la presunta cessazione del baccano.

      Se solo dentro di noi non ci fosse tutto questo baccano……….

      Forse la faremo finita di prenderci in giro rigirandoci nelle mani la stessa medaglia, dandoci l’illusione di andare lontano con l’una o l’altra delle sue facciate.

      Cessa mondo di parlare, perché ho da parlare io….non é che questo giochetto.
      Quand’è che impareremo un po’ a stare zitti, ed ascoltarla, questa sinfonia? Invece di credere perennemente che scaturisca dall nostro rigirare la moneta?
      No. Non sono né il bianco né il nero a farla. Il gioco va oltre la scacchiera.

      • Hiei

        Certo non stai dando il buon esempio, eh. :’D

        • Anonimo

          C’é differenza tra il fare la cosa opposta e fare il suo contrario…

          Così come c’è differenza tra il chiudersi la bocca insensatamente e il mettere a tacere le scissioni interne.

          Occorre trovare un senso alle cose. Non é sufficiente il pappagallare.

        • Hiei

          Sì ma qui non è fare l’opposto o il contrario, è che fai proprio ciò che dici essere una cazzata. :’D

        • Anonimo

          Se non sai la differenza fra le due cose, non tentare di definire ciò che non sai cogliere ;)

        • Hiei

          Te l’ha detto pure Santa sotto, eh… :’D

        • Anonimo

          non l’ha detto a me, l’ha detto (citandolo/a pure) a chi pure io ho risposto.
          Con me ha concordato.

          nemmeno questo cogli ;)

        • Hiei

          Eddai, Santa…non mi puoi tornare e togliere il divertimento così…che pure mi sono moderato… :’D

  • Ho la sensazione di vivere aspettando di salire su di un palcoscenico per recitare una parte studiata alla perfezione, solo che lo sbraitare di un pubblico indisciplinato rompe il meccanismo e mi ritrovo sempre piu` spesso a dire fra me e me: al diavolo.

    Sul palcoscenico ci siamo già, e non è il caso di cercare l’attenzione o l’approvazione del pubblico per fare la nostra parte.

  • Anonimo

    Il punto e` quello, non cerco l’attenzione del pubblico e che mi scordo le battute a causa del baccano…Non riesco a recitarla la mia parte, e` spossante quando non riesci a sentire nemmeno cio` che tu stesso hai da dire, quando sei gia` preso ad evitare chi ti lancia i pomodori in testa.

    • Anonimo

      Molte volte si fanno diventare pomodori ciò che nemmeno esiste, pur di non iniziare mai quella parte… l’attendere il cessare dei lanci non è poi così necessario alla parte. Lo è ad un’altra: quella che vuole tutti compiacenti.

      Cresciamo con l’idea che se si è in un palcoscenico, è perchè chi ci sta davanti taccia e possibilmente alla fine applauda.

      Sicuro che nella vita le cose stiano così? e che quel temporeggiare non sia funzionale ad altro?

      • Anonimo

        Quello che dici e` molto vero, la mancanza di disciplina forse, o forse altro, ma la sensazione e che il carro non si muova affatto, che i due cavalli abbiano preso a litigare fra di loro e l’auriga si sia appisolato ormai stufo di tutto. La sensazione dominante e` la pace, ma una pace noiosa. L’attore se vogliamo e` divenuto il pubblico, un attore che piuttosto che agire preferisce contemplare piuttosto distaccatamente.

        • E poi l’attore pensa che lo stare su di un palcoscenico non è stata una scelta sua, e poi nessuno si è nemmeno disturbato di dargli un copione.
          E allora chi glielo fa fare.
          Ma tutto sembra predisposto per quella recita, così come i cavalli sono là per correre.

        • Anonimo

          Si ha solo paura che col movimento venga a crollare il castello di cristallo che negli anni si é eretto….

          Si ha paura di veder crollare le proprie paure.

          Un castello di cristallo é ciò che separa dalla vita “là fuori”.
          Devi solo chiederti se per te é più importante finire di costruire la casetta per le tue bambole, o se può andarsene al diavolo essa e tutti i pensieri che ti hanno spinta ad attaccartici. Forse fuori c’è un campo dove poter correre. O forse magari no. Ma vuoi rimanere nel dubbio?

          In bocca al lupo

  • Gab

    Sono contento di vedere che il blog ha nuova linfa.
    Sono doppiamente contento per la coincidenza per cui leggo quest’articolo nel blog “rinfrescato” proprio oggi, quando proprio ieri leggevo dell’analogo concetto di ombra, in Jung.

  • Ciao Gab, un saluto a te :-)

  • daouda

    Secondo me il mito platonico è mal compreso. Poco importante è la tripartizione in sé stessa tra anima concupiscibile, irascibile e razionale.
    D’altronde l’auriga è in mezzo a questi due cavalli, e se la cogitazione pensante và ad inserirsi con le briglie sull’irascibilità cavallo e l’immaginazione poietica con altre briglie sulla concupiscibilità cavallo, dell’anima razionale rimane vera e propria giust’appunto la Volontà, unico tramite per la provvidenza spirituale riverberantesi nell’intelletto umano come per il destino naturale di cui essa è plasmatrice nel proprio corpo.
    In questo senso il corpo e la scintilla , neutri, non c’entrano in realtà molto con i due cavalli, e per congiungere corpo e spirito si necessità di questa volontà razionale appunto che è realmente il fondamento appunto della libertà dell’uomo e del suo stesso movimento. Il problema dunque è sempre l’anima, l’anima bassa e l’anima alta, dove cogitazione ed immaginazione sono comunque sia briglie su due componenti animiche che possono essere usate male o malissimo.
    Sappiamo infatti che l’immaginazione così come il logicismo sono nemici acerrimi della spiritualità , ed in fin dei conti della materialità stessa visto che vanno a creare disarmonia evidente ( ergo parodia caricaturale ).

    Ciò scritto le ultime righe chiaramente spiazzano, perché rammentano che tutto ciò di cui abbiamo bisogno è così vicino e facile…

    Anatomicamente parlando comunque, il tutto si potrebbe ripartire secondo i foglietti embrionali.
    Nelle viscere c’è un “cervello” anch’esso tripartibile con varie analogie rispetto all’encefalo o SNC.

    A voler ricordare che l’etere è udito ed il tatto è terra ( non me ne volere ika! ) , per governare una biga così disordinata come è l’uomo ahinoi, serve realmente volontà ma anche capacità diciamo “vibratorie” e tonicità di corpo.
    Difatti se non si riescono ad intuire ed impartire i segnali, come se non riesce a farsi rispettare e gestire le avversità, anche la volontà serve a poco.
    In un certo senso dicevi: quale volontà seguire, appunto. Perché alla fine volere è meero assenso o diniego.
    Determinarsi nella giusta “cura” del corpo e dello spirito ( e dirigere quindi la mente ossia l’anima ) questo è sicuramente un ben volere, credo.

    Ad ogni modo grazie Santa.

  • Ciao daouda

    Bello il tuo intervento, che aggiunge altre considerazioni.
    La volontà, la vera volontà, alla fine resta il nodo del tutto.

  • ika

    Eh si un bel Dauda :-) e un bel Santa, anni fa ricordavamo un’immagine di San Bernardo sopra un carro dove il diavolo fa da ruota. Immagine analoga a quella di cui parla il mito.

  • Ciao Ika
    vero, il concetto è analogo, e nell’immagine di San Bernardo è espresso con ancora maggior forza.

    A presto :-)

  • daouda

    Debbo dire che il buon Mario è ingeneroso con le altre realtà non cristiane, soprattutto perché un equilibrio centrale pur se non costituisce la trans ascensione , è comunque felice, foss’anche in termini prettamente salutistici.
    Poi lo stato monastico è uno stato che prevede una vocazione aderita e scelta, il che comporta il rispetto di qualsiasi altra limitatezza, giacché si insegna anche “i peggiori hanno bisogno delle mura monastiche”. E visto che vale per cristiani di popolo , vale anche per sapienti naturaliter cristiani.
    Se c’è dunque un’equilibratura c’è per natura ( natura intesa qui come i 3 mondi ) vita spirituale. Il paradiso altro non è che una continua riequilibriatura di un continuo calibrarsi dell’anima che più si accresce in Dio meno appartiene a sé stessa.
    Dichiarare la Theosis in Cristo a me sembra molto più profondo che la comunicazione delle energie increate che per natura anch’esse non possono sfuggire a chi ne è degno.

  • ikalaseppia

    beh Dauda, circa il commento che tiri in ballo, in sintesi potremmo e dovremmo dire che è il conduttore dell’auriga il protagonista dell’avventura spirituale, ed è in lui, come in ogni vero buon cristiano, che le tendenze ascendenti dovrebbero agire e far condurre il carro sulla Via. Davvero non mi sembra che il mito inviti a “prenderla con filosofia” alla Camus (con il mito di Sisifo). Peraltro il suggerimento dell’accostamento con lo yin/yang è ottimo anche se mi pare frainteso.

    • daouda

      Al riguardo credo avrebbe giovato un po’ di aristotelismo! D’accordo sul fatto che fantasia e pensieri , sentimento e focalizzazione , possono portare giù , và pur detto cosa li tiri appunto, se la volontà dell’umano non tira le briglie per frenare od incitare verso qualcosa.
      Cavallo per cavallo, non mi sembra giusto approdare su qualche lido perché trascinati, quando si esigeva solo il correre…ma tralasciando questo, spiritualismo e materialismo sono due tipi di schiacciamento speculare.
      Evagrio pontico mette in guardia dal nous stesso, il jivatma individuale ancora tale, e traspone l’orgoglio allo spirito.
      Noi infatti non siamo platonici, a Dio ci si arriva anche con il corpo, soprattutto con il corpo, e questo voleva sottolineare Mario credo, che spero non lo infastidisca l’esser ancora nominato.
      Il viaggio dell’auriga è un continuo bilanciamento secondo me, Platone esacerba degli aspetti che possono far presumere un fermarsi sul burrone, per chi segue il Teantropo è evidente, io ricordo che le tecniche sull’ Athos sono riprese dagli accademici.
      Le tecniche però, appunto.
      Infatti il neoplatonismo è una scuola scissa in fin dei conti da una vera e propria rivelazione.

  • La simbologia dell’Auriga mi sembra richiamare la simbologia della Croce: Psichismo e Spiritualita’ il tutto all’interno del Cerchio, che per sua natura GIRA, tra cavalli bianchi e neri.
    La CROCE dell’Auriga:
    Come Rispettare il Tutto, noi medesimi compresi?
    O forse la parola Rispetto fa gia’ parte della limitazione impostaci dalla Cultura, dalla Educazione, dalla Storia?
    Probabilmente per ognuno di noi esiste un nostro inoppugnabile Giudizio su noi stessi che ci autorizza all’azione e ce ne carica delle conseguenze.
    E’ indispensabile restare UMILI: Essere o non Essere?
    saluti Giovanni

  • Hiei

    STOP! FERMA TUTTO E GUARDATI QUESTO!!

    Adesso c’è il sito ufficiale degli Illuminati, voglio dire! :’D
    Seguirà battuta appena riesco a smettere di ROTFLMAO…

    (spero sia una presa per il culo…).

  • Dai, ma è bellissimo.
    Ma se mi iscrivo mi mandano anche in regalo i pupazzetti di Jay Z e di Beyoncé?

  • francesco da pisa

    Eh, bello. Ci sarebbe da approfondire ma non con l’alfabeto della mente di superficie. Del resto siamo solo di passaggio. Mi limito a dare un attributo a quella verga, frusta, che il pilota sull’orlo della caduta brandisce sopra l’aria percossa dai due cavalli in corsa contraltare. La parola giusta è inglese, perchè esprime proprio la inestricabile coesistenza delle due forze. Quella verga sottile ed enormemente ansiosa è il centro-motore della raffigurazione e la parola che la descrive è: TERRIFIC.

  • Su questo Hiei siamo d’accordo: nemmeno il gusto di regalarci una “fine del mondo” terribile e tragicamente drammatica.
    Qua si morirà di ridicolo.

    • Hiei

      Già che si cazzeggia, Santa – anche se forse le ultime genialate del go-go-go-governo greco e l’immediato schianto successivo anche dell’economia cartacea fasulla nazionale ridanno un fiato di speranza – conosci la serie anime giappa “Macross”?

  • Hiei

    “L’Ordine fondato dal “poverello” di Assisi si ritrova sommerso dai debiti. Non solo, si scopre che con le offerte di San Francesco, si legge sul Fatto Quotidiano, si compravano armi e droga. È una “grave situazione di difficoltà finanziaria” della Curia generale dei Frati Minori quella che, in una lettera-shock a tutti i frati dell’Ordine francescano, denuncia il ministro generale, l’americano padre Michael Perry, in seguito a un’indagine interna condotta a partire da settembre, che ha fatto emergere operazioni “dubbie”, condotte dall’Economato. Al crack economico denunciato dal ministro generale, padre Michael Perry sul sito ufficiale dei Frati minori, seguono i particolari sconvolgenti della vicenda che ha ridotto sul lastrico i francescani della curia generalizia di Roma.

    Si legge sul Fatto Quotidiano:

    All’origine della bancarotta ci sarebbero investimenti sbagliati in società legate a traffici illeciti, come quelli di droga e di armi. Ma anche i lavori di ristrutturazione dell’hotel e ristorante di lusso Il Cantico, in via Gregorio VII a Roma, a due passi dalla Basilica di San Pietro e da Casa Santa Marta, la residenza di Papa Francesco. Alla guida della struttura, utilizzata spesso anche dalla Conferenza episcopale italiana, c’era proprio l’ex economo generale dei francescani, padre Giancarlo Lati, che si è già dimesso dal suo incarico e anche da quello di rappresentante legale dell’ordine, ufficialmente per motivi di salute.”

    Chiesa povera: you’re doing it wrong.
    (perchè quando uno addita l’ipocrisia di Francè mentre la chiesa traffica in giri di miliardi in armi e droga sei un fondamentalista anticristiano in mano a Satana, ceeeerto… :’D ).

  • Anonimo

    l’etrna corsa dell’auriga non è altro che l’eterna corsa dell’uomo, sempre sul filo del rasoio, per la propria sopravvivenza.

  • Hiei

    Bella Francè sempre a braccetto di globalisti tipo Al Gore e la loro fuffa vedo…

    http://www.theguardian.com/world/2014/dec/27/pope-francis-edict-climate-change-us-rightwing

    Auguri Santa, sarà un 2015 interessante… :’D

  • daouda

    Io credo che Lu Pope esprima a parole esattamente gli sbagli del passato, ed in questo attesta una delegittimazione del ministerio . Pubblicità senza cambiamento.

  • Ho fatto una breve ricerca per assicurarmi che la copertina fosse vera.

  • Ho visto il tuo ultimo messaggio e non quello precedente :-)

    Xronià pollà kai na’sai panta kalà..

    • Hiei

      Epissis…tu come la vedi, sei più passato in Grecia?

      Quanto credito ti sembra di poter dare all’ipotesi che i soliti noti stiano fomentando una scenario da primavera araba e guerra civile da queste parti, usando i minchietti di Alba Dorata?

  • In grecia vedo tanta rasseggnazione, con un tocco di indifferenza nei confronti dell’alta politica.
    Per adesso non si è ancora al punto da mettere tutto in fiamme stile primavera araba.
    La situazione ricorda più quella delle rane che si lasciano bollire nella pentola aumentando la temperatura dell’acqua un poco alla volta..

    • Hiei

      A me sembra che è ora di buttar la pasta, eh! :’D

      Son curioso, qua son pronto…neonazi contro veterocomunisti in piazza col coltello fra i denti? Spettacolo…comunque vedo che c’è un nuovo post che mi sembra in tema.

      (io sulla mia isoletta non so cosa pensare: tanta rassegnazione ma il botteghino delle scommesse è sempre pieno…e in comune senza soldi per riparar le strade vai a pagar la bolletta dell’acqua annuale e due impiegate ti stampano la ricevuta con cui andare da un terzo, il cassiere, a pagare…).

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