di Mario A. Iannaccone
[…] Un giorno del 1930 sei macchine raggiunsero un villaggio in cima ad una collina.
Gli uomini, al comando dello sceriffo della contea di Montgomery, fecero presto: agguantarono sei bambini, li rinchiusero ognuno in una macchina diversa e sparirono.
Questo fatto accadeva negli Stati Uniti del New Deal nella zona degli Appalachi, stato della Virginia.
Lo sceriffo doveva sottrarre alle famiglie della collina, – famiglie unfit, cioè “inadatte” – i loro figli. Quei bambini andavano sterilizzati in modo che non propagassero quello che gli eugenisti chiamavano il loro “germe-plasma” difettoso.
L’incredibile e ancora poco conosciuta storia dell’eugenetica americana è raccontata da Edwin Black in «La guerra contro il debole» (War against the weak. Eugenics and America’s campaign to create a master race, edizioni Four walls eight windows, New York), già autore di Ibm e l’Olocausto (trad. it. Rizzoli, 2001).
Black è storico scrupoloso, specializzato nell’investigare l’attività d’aziende, governi e istituzioni, con l’ausilio di team di ricercatori. Setacciando archivi riservati, governativi e privati, Black ha ricostruito un’immagine nuova della storia dell’eugenetica americana, e del suo network, il cui centro era il Carnegie Institution’s Station for Experimental Evolution di Cold Spring Harbor fondato nel 1904.
Il primo dato sorprendente, – non nuovo, ma qui documentato nel dettaglio – è che l’eugenetica, nata nel XIX secolo in Inghilterra, ebbe il suo periodo d’oro negli Stati Uniti nei primi trent’anni del secolo scorso allorché s’organizzò in un potente movimento che tentò d’imporre una politica di miglioramento del patrimonio ereditario della popolazione attraverso il controllo sociale della riproduzione.
La parte più odiosa di questa politica fu la repressione nei confronti di coloro che erano definiti feebleminded (deboli di mente) o unfit (inadatti), sulla base di criteri vari e spesso arbitrari.
Il secondo dato documentato da Black è che dall’eugenetica americana derivò direttamente quella tedesca e poi nazista.
Negli Stati Uniti, la politica eugenetica fu esercitata soprattutto sulle classi più povere o su comunità isolate i cui membri, molto spesso, più che feebleminded erano semplicemente privi di una minima educazione.
Black colma lacune anche in merito all’appoggio fornito al movimento eugenetico da potenti soggetti istituzionali, scientifici, politici e finanziari.
Gli eugenisti non erano un gruppo di rari lunatici, ma un movimento ben rappresentato in istituzioni legate a famiglie facoltose, istituzioni pubbliche, università prestigiose (comprese Harvard, Yale e Princeton).
Da questa rete di simpatia il movimento ricavò la forza per attuare una vera e propria politica eugenetica articolata in tre programmi: innanzitutto lo studio degli alberi genealogici per identificare le famiglie “difettose” che generavano persone “inadatte”; poi l'”eugenetica negativa”, che prevedeva la segregazione e la sterilizzazione coatta; per ultimo, l’eugenetica “costruttiva” che doveva favorire la creazione di una master race, una razza dominante, modellata sulle caratteristiche dell’élite americana.
Nel corso di alcuni decenni centinaia di migliaia di “deboli di mente” ed “inadatti” subirono procedure di segregazione, sterilizzazione o ingiustizie di vario tipo.
Ma la ricerca dello storico americano riserva altri aspetti interessanti.
Per esempio emerge chiaramente lo stretto legame che si stabilì fra l’eugenetica e il movimento del controllo della nascite, di fatto due fasi dello stesso programma.
Gli ideologi della sterilizzazione di massa, della segregazione, delle politiche coercitive erano spesso gli stessi del controllo delle nascite.
Il collegamento è evidente nell’opera di Margaret Higgins Sanger (1883-1966) teosofa, darwinista sociale ed eugenista, e nei rapporti che la fondatrice del Planned Parenthood tenne per molto tempo con elementi estremisti del movimento.
È noto che l’accostamento della Sanger all’eugenetica provoca da sempre alzate di scudi, ma i contatti strategici, tattici e teorici fra i due movimenti sono ormai inequivocabili.
La Sanger, infatti, arrivava deprecare l’aiuto dei governi o delle istituzioni filantropiche per i poveri e gli inadatti, che dovevano piuttosto “sparire” e “morire di fame ” per non togliere risorse agli adatti. […]
Black rileva, infine, la continuità organizzativa e teorica fra eugenetica e genetica.
La genetica sarebbe la continuazione, sotto nuovo nome, della vecchia eugenetica ormai screditata per la sua metamorfosi sotto il nazismo.
Proprio negli asettici laboratori di ricerca genetica i vecchi demoni sopravvivono e ogni tanto si mostrano, per esempio quando guru della moderna ricerca genetica sostengono la necessità futura del “transumanismo” o anche dell'”autoevoluzione”: modificare il patrimonio genetico dell’uomo per “guidare l’evoluzione naturale”.
Qui la voce dell’autore, che commenta implacabile orrori passati, si sposta, inquieta, a scrutare scenari futuri, ancora inimmaginabili. […]
da Avvenire .it 3/9/2006
quale evoluzione possibile al di fuori di quella spirituale?
Ciao chirieleison, forse non è tempo questo per evoluzioni spirituali…
Blessed be
Cosa c’è, dunque, alla lettura di questo tuo testo, di quella propaganda voluta e fatta da Bush sulla verginità giovanile, cioè essere quanto più possobili casti da giovani? Tutti quei soldi spesi per ragguardare i giovani dall’astenersi a fare sesso?
Mah!
Felicità
Rino, sconvolto dai fatti
L’eugenetica è uno dei capitoli più oscuri e meno indagati della storia del XX secolo.
Come giustamente si afferma nell’articolo, non fu un campo percorso da pochi personaggi deliranti, ma vi furono progetti governativi su vasta scala che ebbero come cavie i sudditi.
Progetti portati avanti dai governi democratici occidentali.
Sempre per ribadire, ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come i governi non agiscano a favore dei popoli, ma sempre a loro danno.
Ci torneremo.
Blessed be
Caro Santa,
e se fossimo anche noi il prodotto deteriorato di quest’infamia? Ciò spiegherebbe sia la nostra debolezza genetica, sia il genocidio dei musulmani d’oggi (i giapponesi di ieri ed i pellerossa dell’altro ieri). Chissà se la cosa ci varrà un occhio di riguardo, alla Resa dei Conti?
Un abbraccio.
Ipo
rileggere Evola nei suoi scritti sulla razza permetterà di schiarire quale sia il criterio di discriminazione reale tra gli uomini, quello spirituale, come è stato notato. Inoltre si comprenderà come questo tipo di "dottrina" non sia altro che l'applicazione pragmatica (Galton era sempre un inglese) su vasta scala del principio ebraico di discendenza di sangue, che va pari passo con quello della separazione dai goym. Non per nulla le prime proposte eugenetiche sono dell'ebreo Lombroso, quello per il quale io che sono sudista sono anche certamente un criminale. Ancora oggi ci sono tanti laboratori in cui gli ebrei in dubbio fanno analizzare il proprio sangue alla ricerca di una discendenza più o meno sacerdotale.
pax et bonum
Francesco
Il "razzismo spirituale" di Evola sotto molti aspetti risulta molto più subdolo e pericoloso di quello positivista ottocentesco.