(Scie chimiche, parte seconda)
di Roxse
I primi avvistamenti di lunghe e strane scie bianche nel cielo risalgono agli anni ’90 in Canada e in America. In pochi anni il fenomeno si è diffuso anche in Europa, Italia compresa.
Alcuni ricercatori e privati cittadini hanno fatto analizzare campioni di acqua e terreno in aree in cui la presenza di queste scie era particolarmente rilevante. I risultati hanno portato alla luce alte percentuali di sostanze chimiche che non avrebbero dovuto esserci, in particolare di ossidi di alluminio e sali di bario. Chiedendo spiegazioni a chi di dovere si è ottenuta come risposta: “Il governo non è coinvolto in operazioni militari. State tranquilli, è tutto normale. Sono solo le scie degli aerei, niente di chimico.”
Questo è accaduto in America, in Canada, in Europa e in Italia. Cittadini preoccupati, analisi chimiche, interrogazioni parlamentari e risposte poco convincenti e senza un minimo di interesse ad approfondire. Perché?
Quelle scie bianche lunghe e persistenti vengono chiamate “scie chimiche” poiché contengono, si sospetta, sostanze chimiche (nocive per la nostra salute).
Nel 2001, per la prima volta il termine “chemtrails” (contrazione di “chemical trails”) appare in un documento ufficiale, lo Space Preservaction Act 2001, sotto la sezione “exotic weapons”. Il documento non viene approvato. L’anno successivo viene approvato lo Space Preservaction Act 2002: il capitolo riguardante le “exotic weapons”, e quindi la voce sulle chemtrails, non compare.
Ma perché vengono utilizzate le scie chimiche? Qual è il loro scopo?
Si suppone che l’alluminio sia utilizzato per le sue capacità riflettenti mentre il bario per le sue capacità igroscopiche.
Le ipotesi del loro impiego sono diverse: dalla manipolazione del clima all’utilizzo del controllo climatico come arma, dalla voluta siccità per agevolare il mercato degli OGM e la privatizzazione dell’ “oro blu” all’ottimizzazione di avanzati sistemi di comunicazione radio.
Prendiamo ad esempio il controllo climatico. E’ reale la possibilità di modificare e controllare il clima? Oppure è un’idea talmente assurda da poter essere un ottimo spunto per un racconto di fantascienza?
Risale al 1946 il primo esperimento sulla modificazione del clima. In quell’occasione un aereo volò all’interno di una nube spargendo ghiaccio secco: dopo pochi minuti piovve. Qualche anno dopo si ottenne lo stesso risultato utilizzando lo ioduro d’argento. Tecnica messa poi a punto da Israele e largamente utilizzata a partire dagli anni ’60. Negli Usa, invece, diverse aziende sono specializzate nel controllo degli uragani irrorando al loro interno, attraverso razzi o aerei, sostanze chimiche igroscopiche al fine di assorbire l’acqua e quindi di diminuire la violenza degli uragani. In Cina si combatte la siccità investendo circa 40 milioni di dollari l’anno in tecniche di manipolazione climatica. Pechino ha già annunciato che le Olimpiadi 2008 avverranno sotto il sole. In Russia vengono utilizzate da anni tecniche antinebbia a base di azoto liquido e dal 1995 Mosca ricorre all’inseminazione delle nubi onde evitare la pioggia durante le cerimonie importanti. L’inseminazione consiste nell’irrorare nelle nubi sostanze chimiche a base di azoto liquido attraverso aerei appositamente modificati.
Questo avviene da decenni e i media italiani fingono di accorgersene soltanto oggi (video del TG1). Secondo l’Organizzazione Meteorologica Mondiale, nel 2000 sono stati circa 26 nazioni a condurre esperimenti di alterazione climatica. Tra questi è presente anche l’Italia col ”Progetto pioggia” della Tecnagro. Modificare localmente il clima è quindi possibile con tecniche già collaudate e consolidate da molti anni.
Esistono centinaia di brevetti riguardanti il controllo climatico. Alcuni di essi si possono facilmente trovare attraverso una ricerca su Google Patents oppure direttamente dal sito ufficiale US Patent. In alcuni di questi brevetti si parla esplicitamente di irrorazione di sostanze chimiche nell’atmosfera citando, tra gli altri, bario e alluminio.
A questo punto ci chiediamo: è possibile modificare il clima per scopi militari? La risposta è affermativa dal momento che già durante la guerra del Vietnam gli Usa eseguirono ben 2500 missioni aerei di inseminazione delle nubi anticipando e prolungando il periodo dei monsoni; distruggendo strade, ponti e raccolti; creando molti disagi e ostacolando così l’avanzata dei Viet Cong.
Dalla guerra del Vietnam ad oggi, la tecnologia si è notevolmente evoluta e con essa anche le tecniche di controllo climatico per scopi bellici.
Nel 1996 l’Air Force americana lancia il programma di sperimentazioni dal titolo “Il clima come forza moltiplicatrice: possedere il clima entro il 2025”, nel quale si legge testualmente:
“Nel 2025 le forze aerospaziali USA potranno avere il controllo del clima se avranno capitalizzato le nuove tecnologie sviluppandole nella chiave delle applicazioni di guerra. […] Dal miglioramento delle operazioni degli alleati e dall’annullamento di quelle del nemico tramite scenari climatici “su misura”, alla completa dominazione globale delle comunicazioni e dello spazio, la modificazione climatica offre a chi combatte una guerra un’ampia gamma di possibili modi per sconfiggere o sottomettere l’avversario”.
Il rapporto, inoltre, suggerisce l’utilizzo di nanotecnologie per creare nubi artificiali telecomandabili composte da elementi computerizzati capaci di rimanere sospese nell’aria e di comunicare tra loro, asserendo candidamente che “l’’impatto psicologico di simili mezzi può rivelarsi straordinario in numerose situazioni”.
Attorno al fenomeno delle scie chimiche è stata creata un’imponente e ben organizzata campagna di disinformazione (di cui si parlerà più avanti).
Il fenomeno, tuttavia, sembra destinato ad uscire allo scoperto: sempre più persone si stanno accorgendo del problema e stanno iniziando a chiedersi: “Perché tutto questo? Cosa contengono quelle scie? Sono pericolose per la nostra salute? Perché vengono usate?”. Se lo scopo delle scie chimiche fosse a fin di bene sicuramente non sarebbero utilizzate a nostra insaputa da ben oltre dieci anni. Una volta che il problema emergerà, come si potrà continuare ad utilizzarle col consenso delle persone? Semplice: dicendoci che sono a fin di bene.
Non sarà di certo un caso che, di tanto in tanto, i media ci annunciano la “straordinaria e nuova” scoperta (sempre come se fosse la prima volta) che le polveri sottili fanno bene poiché contrastano il riscaldamento globale. Sempre nella lotta contro il cambiamento climatico in corso, alcuni illustri scienziati propongono soluzioni per salvare il pianeta innovative quali irrorare nell’atmosfera aerosol chimici tramite aerei o generare colonie di batteri in grado di “mangiare” l’inquinamento.
Seppur le osserviamo tutti i giorni con i nostri occhi, le scie chimiche ufficialmente non esistono. I governi negano spudoratamente la loro esistenza ma noi le vediamo lì davanti a noi, lunghe, bianche e persistenti. Che cosa contengono di preciso? Che cosa respiriamo? Sono nocive? Perché vengono utilizzate? Perché a nostra insaputa? Chi ha autorizzato tutti quei voli? Per quale motivo? Non abbiamo forse diritto a delle risposte? Non abbiamo forse il diritto di sapere cosa respiriamo o se la nostra salute è in pericolo?
Allo stesso tempo, come abbiamo il diritto di sapere, abbiamo il dovere di informare chi ci sta intorno. Per far sentire la nostra voce è importante divulgare l’informazione con mezzi che abbiamo a disposizione e dire il nostro “NO” alle scie chimiche firmando la petizione.
Curiosità.
Uno dei primi scienziati che sperimentò la tecnica dell’inseminazione delle nubi prima con ghiaccio secco e dopo con ioduro d’argento fu Bernard Vonnegut, fratello del famoso scrittore di fantascienza Kurt Vonnegut, il quale nel 1963 scrisse “Ghiaccio nove”: romanzo apocalittico nel quale uno scienziato crea un isotopo instabile dell’acqua che, attraverso una reazione a catena, congela la Terra e tutti gli essere viventi. Fu la realtà a ispirare la fantasia… o il contrario?
Scie chimiche, parte prima: C’è qualcosa che non va… in questo cielo
Fonti e approfondimenti.
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Scie chimiche: un fenomeno inquietante
Interrogazione parlamentare Italiana (Ruzzante)
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