Blessed be

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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
17 Maggio 2007

Ierofanie

di Gianfranco Bertagni, “Il Simbolo in Mircea Eliade”

“I simboli possono rivelare una modalità del reale o una struttura del mondo che non sono evidenti sul piano dell’esperienza immediata.
I simboli religiosi […] svelano il lato miracoloso, inesplicabile della Vita e ad un tempo la dimensione sacramentale dell’esistenza umana”.
Per la mentalità arcaica, il mondo è un organismo nel quale tutto è collegato.
Ogni segno ne richiama altri, e così i diversi piani della realtà comunicano tra loro.
Se un solo oggetto indica la natura intera, ciò è dovuto alle caratteristiche del simbolo: “Se il Tutto esiste nell’interno di ciascun frammento significativo, questo […] avviene […] perché ogni frammento significativo ripete il Tutto”.
È allora possibile passare dal piano isolato del simbolo a quello del simbolismo; ed è proprio ciascuno dei suoi elementi che lo riassume e lo evoca interamente; non si può parlare di simbolo che sia isolato: “Non esiste simbolo, emblema o efficienza che sia monovalente o singolarizzato.
Tutto è collegato, ogni cosa è legata alle altre, formando un insieme di struttura cosmica”.
Se ogni simbolo richiama un simbolismo, allora quest’ultimo può essere studiato solo attraverso un esame di tutti i simboli che ne costituiscono la trama: “Ogni simbolismo «fa sistema» e si può realmente comprenderlo soltanto nella misura in cui lo si considera nella totalità delle sue applicazioni particolari”.
Il motivo per cui il simbolismo non è solo un insieme, ma è un ‘sistema’ è dato dal fatto che esso, come un organismo vivo, “permette la circolazione, il passaggio, da un livello all’altro, da un modo all’altro, integrando tutti questi livelli e piani, ma senza confonderli.
La tendenza a coincidere col Tutto dev’essere intesa come tendenza a integrare il «tutto» in un sistema”.

Il simbolo non solo richiama una modalità trascendente quella profana, ma fa sì che anche la realtà quotidiana venga trasfigurata: “La multivalenza simbolica di un emblema o di una parola appartenente alle lingue arcaiche ci obbliga continuamente a notare che, per la coscienza che le formò, il mondo si rivelava come un tutto organico”.
La peculiarità di questo tipo di realtà, nella quale viene compresa e vissuta la forza del simbolo, è che i piani interferiscono tra loro; ad esempio: “La fecondità della donna influisce sulla fecondità dei campi, ma l’abbondanza della vegetazione, a sua volta, aiuta la donna a concepire”.
L’esempio classico, su cui Eliade torna più volte, è la luna:
“La grande importanza della luna nelle mitologie arcaiche, e soprattutto l’integrazione in un unico ‘sistema’, da parte del simbolismo lunare, di realtà diverse tra loro come la donna, le acque, la vegetazione, il serpente, la fertilità, la morte, la ‘ri-nascita’, ecc.” […]

Tratto da : Il Simbolo in Mircea Eliade

Gli ultimi arrivati tra gli “eletti” , i filosofi, sono riusciti a desacralizzare una delle più importanti ierofanie cosmiche.
L’uomo si è riconosciuto nella “vita” della luna non soltanto perché la propria vita ha fine, come quella di tutti gli organismi, ma soprattutto perché la luna nuova rende valide, con la sua sete di rigenerazione, le sue speranze di rinascita.
Un oggetto sacro , quali che siano la sua forma e la sua sostanza, è sacro perché rivela la realtà ultima, o perché vi partecipa.
Quindi anche la Luna non fu mai adorata per se stessa, ma fu adorata in quel che rivelava di sacro, cioè nella forza concentrata in lei, nella realtà e nella vita inesauribile che manifesta.
Mircea Eliade

15 Maggio 2007

La mente bicamerale

Perche’ è nato il concetto di Dio?
Andando oltre le favolette che si insegnano alle superiori (“i  rozzi primitivi non sapevano spiegarsi il fulmine e così inventarono Dio”), uno scienziato americano, lo psicologo e psichiatra Julian Jaynes si è posto questa domanda, e ha scritto un testo fondamentale: ‘Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza‘.
Jaynes era esperto in sindromi schizofreniche, professore di psicologia alla Priceton University.
La sua ricerca parte da una scoperta fondamentale: vi è una zona del cervello, nell’emisfero destro, completamente inattiva nelle persone sane, ma attiva nei malati di schizofrenia.
In sintesi.
Questa zona del cervello genera le “visioni” dei malati, allucinazioni visive ed uditive, e se stimolata le allucinazioni crescono di intensità.
Jaynes passa quindi ad un’analisi dei testi più antichi giunti fino a noi, in particolar modo dell’Iliade e della Bibbia.
Scopre che in questi testi arcaici i protagonisti dialogano abitualmente con le divinità, come se fosse normale avere un contatto diretto con loro.
Analizzando attentamente la Bibbia risulta inoltre evidente come la capacità di discorrere con la divinità si perda mano a mano che i testi si fanno più recenti.
Si parte dalla Genesi in cui Adamo discorreva con Dio per passare a epoche in cui Dio comunicava solo con i “profeti”, fino agli ultimi testi in cui gli uomini si disperano del fatto che Dio non faccia più sentire la sua voce.
L’ipotesi di Jaynes è la seguente: in epoche arcaiche quell’area dell’emisfero destro che genera le “allucinazioni” era attiva in tutti gli uomini, che interpretavano le voci che sentivano quali “la voce di Dio”.

Col tempo l’umanità cominciò a perdere questa caratteristica, diventata appannaggio di pochi “privilegiati”, che la società seguiva quali “guide” sacerdotali.
Questo passaggio è ben descritto nei testi arcaici.
Infine, con la civiltà classica la sezione del cervello in questione divenne del tutto inattiva, ad eccezione dei malati di schizofrenia che però non furono più in grado di accettare e comprendere le “voci” che sentivano.
L’ipotesi di Jaynes è affascinante, e suffragata da innumerevoli esempi in circa 600 pagine.
Descrive le “visioni” di molti suoi pazienti che nei momenti in cui si attiva la sezione del cervello in questione discutono in lingue scomparse o raccontano fatti di cui non dovrebbero essere a conoscenza.
Il tutto catalogato ed effettuato sotto le più strette “modalità scientifiche”.

Jaynes, da vero scienziato, crede che sia il cervello stesso a generare tali messaggi.
Io mi sentirei di aggiungere che esiste anche una piccola possibilità che quel segmento dell’emisfero destro che noi non usiamo più fosse quello che i nostri antenati utilizzavano per comunicare con il mondo superiore, capacità di comunicazione la cui perdita ci raccontano tutti i miti di tutti i popoli.
Come se l’umanità attuale avesse un senso in meno rispetto ai suoi avi.
E’ solo una ipotesi, ma da non scartare.

Discussione su Luogocomune
Alcuni paragrafi del testo di Jaynes
Il Dio cervello di Michelangelo

10 Maggio 2007

Società più o meno segrete

1997
–  …ma lo sapevi che i potenti del mondo si ritrovano in un bosco in California ed assistono a strani riti? Pare addirittura che adorino un grande gufo…
–  Sì, e magari Elvis non è morto e l’hanno rapito gli alieni… e la regina Elisabetta è un mutante… devi smetterla con queste ridicole storie….

2007
–  …ma lo sapevi che i potenti del mondo si ritrovano in un bosco in California ed assistono a strani riti? Pare addirittura che adorino un grande gufo…
–  Sì, è il Bohemian Grove.  Ne parlano anche i giornali, non c’è niente di “oscuro”, altrimenti stai pur certo che né io né te ne sapremmo nulla…

 

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Il Bohemian Club organizza dal 1899 un elitario campo estivo di due settimane a cui partecipano anche migliaia di invitati, prevalentemente personaggi rilevanti del mondo politico ed economico. In questi incontri si partecipa a rituali pagani, a conferenze e a spettacoli di intrattenimento di vario genere.
Il primo sabato del campo estivo si compie il tradizionale rito del “Cremation of Care” (traducibile con “cremazione dell’intento”) chiaramente di origine occulta: una processione funebre a lume di torcia con uomini vestiti di rosso e con legni appuntiti addosso che concludono il rito con l’apertura di una bara contenente uno scheletro nero di legno vestito da donna, rappresentante appunto il “Care”.
Tra i manufatti presenti nel Bohemian Grove il più rilevante è un enorme gufo stilizzato alto circa 15 metri attorno al quale si svolgono tutti i riti. Il gufo, chiamato Moloch, è anche presente nel logo del Bohemian Club e su altri edifici presenti nel bosco. Moloch è una antica divinità pagana a cui era dedicato un culto che prevedeva anche sacrifici umani.
da wikipedia

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La vita del complottista è dura, da un certo punto di vista.
Chi si dedica allo studio delle varie società “segrete” e dei gruppi di potere, spesso deve accontentarsi di una raccolta di indizi.
Spesso gli indizi sono numerosi, e convincenti.
Quando puntano tutti nella stessa direzione, probabilmente vanno considerati con una certa attenzione.
Eppure, parlando di “società segrete” il sentito dire non basta; chi della loro reale influenza rimane scettico, non si accontenterà mai di “indizi”.
Paradossalmente però quando oltre agli indizi compaiono anche delle prove “concrete”, il paradigma si ribalta.
Dal momento infatti in cui esistono degli studi concreti su delle società segrete, esse cessano immediatamente di esserlo, “segrete”.
Bella segretezza, guarda quante cose si riescono a trovare….
Così si può facilmente comprendere come la “società segreta” sia ininvestigabile, secondo i criteri della moderna ricerca storiografica.
In sintesi, se la società è realmente segreta, nulla si potrà conoscere su di essa; se si può investigare, è conosciuta, quindi non è più segreta.
Eppure, negli ultimi anni qualcosa è mutato nel mondo delle società elitarie, ovvero quei centri di potere in cui realmente si prendono le decisioni che in un secondo momento i “rappresentanti democratici” dei vari parlamenti-vetrina eseguiranno.
Si veda a tale proposito l’articolo Il finale di partita.
Similmente alle “società segrete”, anche i gruppi di potere “occulti” stanno venendo alla ribalta.
E così cessano di essere “occulti”, e divengono più rassicuranti.
Solo 5-6 anni fa parole come Bilderberg o Trilaterale erano del tutto sconosciute, ed il solo accennare all’esistenza di tali circoli molto elitari era sufficiente per essere annoverati nella cerchia dei “visionari che vedono complotti ovunque”.
Oggi di questi gruppi si conoscono persino i nomi dei membri, re e regine, primi ministri, finanzieri, e i luoghi in cui si riuniscono.
Con una breve ricerca nella rete è possibile conoscere anche i temi trattati da questa elite nei vari incontri.

E’ comunque vero che la stragrande maggioranza della popolazione non verrà mai a conoscenza dell’esistenza di questi gruppi, essendo tale argomento ancora un tabù per i mezzi di comunicazione di massa.
Ma il fatto che le maschere stiano cadendo rimane comunque significativo.
Il lavoro della elite “occulta” sta giungendo al termine, e una eccessiva segretezza non è più necessaria, a questo punto.

8 Maggio 2007

La Tentazione

Viene, alla lunga, il dubbio che i mulini a vento si nutrano
delle energie di coloro che si ostinano a lanciarglisi contro.
Potrebbe essere.
Ma un’ altra via, non è concessa.

Blessed be


Cantspeak lyrics
(nei commenti la traduzione del testo)

6 Maggio 2007

Il Patto con il Serpente

di Massimo Borghesi

Gli Ofiti: il serpente come liberatore

Sono più di due secoli che la cultura occidentale accarezza il male, lo blandisce, lo giustifica.
Il negativo comunica vertigine, delirio di onnipotenza, emozioni inconfessabili; illumina di bagliori rossastri i sentieri proibiti, gli abissi della notte, le vette ghiacciate.
Colora di sé il peculiare titanismo moderno, la provocatoria sfida che esso lancia all’Eterno.
Se il Faust antico, quello di Marlowe, si pente in punto di morte, quello posteriore vive dell’oltraggio, brama la dissoluzione. Il patto col serpente, come titola Mario Praz uno dei suoi ultimi volumi, diviene ora stabile.
Il Serpente, il tentatore, appare nelle vesti del liberatore, di colui che solleva l’uomo al di là del bene e del male, al di là della “legge”, al di là del Dio antico, nemico della libertà.
Gli ultimi duecento anni riscoprono “il principio liberatore del mondo [affermato] dalla setta degli Ofiti”, principio intravisto, secondo Gershom Scholem, dalla concezione sabbatiana con il suo Messia consegnato ai “serpenti”. […]
Nel suo Goethe e il suo diavolo custode, Mathieu osserva come nel Faust Mefistofele è la “forza che fa emergere dalla tenebra il positivo dell’uomo“[…]
Il Diavolo è posto volentieri (“gern”) da Dio come collaboratore dell’uomo. Come notava Mircea Eliade, “si potrebbe parlare di una simpatia organica tra il Creatore e Mefistofele“.
Goethe fa di Mefistofele, del male, la molla che muove verso l’azione (“Tat”), verso ciò che è positivo.
Si tratta dell’idea, destinata a percorrere molta strada, per cui la via verso il Cielo passa attraverso l’inferno.
L’uomo diventa uomo, vivo, intelligente, libero, solo assaporando fino in fondo l’amaro della vita.
L’innocenza dell’”anima bella” è, al contrario, inerzia, stasi, morte. Hegel, con la sua dialettica del negativo, darà una sontuosa veste teorica a quest’idea.
L’uomo deve peccare, deve uscire dall’innocenza naturale per divenire Dio. Egli deve realizzare la promessa del Serpente: deve conoscere, come Dio, il bene e il male.[…]
Attraverso questa prospettiva la figura dell’Angelo ribelle, di colui che, provocando l’uomo, lo innalzerebbe alla sua libertà, rifulge di uno splendore nuovo. Mefistofele diviene, passo dopo passo, l’eroe, il Prometeo moderno, il liberatore.
Senza cercarne per il momento le cause profonde”, scriveva Roger Caillois nel 1937, “bisogna constatare come uno dei fenomeni psicologici più carico di conseguenze dell’inizio del XIX secolo sia la nascita e la diffusione del satanismo poetico, il fatto che lo scrittore assuma volentieri la parte dell’Angelo del male e con lui senta precise affinità. Sotto questa luce il romanticismo appare in parte come una trasmutazione di valore
[…]
Giustamente Mario Praz, nel suo La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, l’opera a tutt’oggi più interessante sul fascino del demoniaco nella letteratura dell’Ottocento, indica l’inizio di questo processo nella peculiare caratterizzazione di Satana offerta da Milton nel suo Paradiso perduto.
Fu Milton a conferire alla figura di Satana tutto il fascino del ribelle indomito che già apparteneva alle figure del Prometeo eschileo e del Capaneo dantesco“.
L’Avversario “diventa stranamente bello” […]
Impavido, indomito, il principe delle tenebre appare come lo strenuo lottatore contro la tirannia divina. Satana è Prometeo, prende il posto del mitico titano incatenato da Zeus alla rupe, immortalato dalla fantasia di Eschilo.
Il Prometeo moderno si oppone al dio ostile, malvagio.
Il luciferino Satana appare migliore del Creatore”
[…]
Grazie a Milton, alla sua rielaborazione mitica, Satana fa così il suo ingresso nell’immaginario moderno. Si ha con ciò quella che Praz chiama, in un capitolo del suo volume, la “metamorfosi di Satana”, il suo trapassare da figura negativa a eroe positivo: il ribelle triste, privato, come l’uomo, della sua felicità paradisiaca da un dio tiranno.[…]
Satana non è solo in Prometeo, controfigura dell’Angelo caduto di Milton.
Satana è anche in Dio.
La teologia gnostica che sta al centro dell’ateismo ribelle degli ultimi due secoli distingue tra Lucifero (il liberatore) e Satana (l’oppressore).
Essa trova la sua forma esemplare nel pensiero di Ernst Bloch.
Per Bloch v’è “da un lato il Dio del mondo che si identifica sempre più chiaramente con Satana, il Nemico, il ristagno; dall’altro il Dio della futura ascesa in cielo, il Dio che ci spinge in avanti con Gesù e con Lucifero”.
Il dio del mondo, creatore, è il cattivo demiurgo contro cui, nell’Eden, si è levato il Serpente vero amico dell’uomo.
È Lucifero, con il suo desiderio di essere come Dio, che svela all’uomo la sua destinazione.
Solo in Lucifero, tenuto segreto in Gesù per essere manifestato più tardi, alla fine, nei tempi in cui questo volto potrà svelarsi; solo in Lucifero, divenuto inquieto da quando fu abbandonato per la seconda volta, da quando dalla croce si alzò il grido che rimase senza risposta, da quando per la seconda volta fu schiacciato il capo del Serpente del paradiso appeso alla croce: solo in Lui dunque, nel Nascosto in Cristo, in quanto anti-demiurgico assoluto, è compreso anche l’autentico elemento teurgico di chi si ribella perché figlio dell’uomo“.

Il Serpente, come per la setta degli Ofiti ricordata da Bloch in Ateismo nel cristianesimo è quindi il liberatore.
Due volte soggiogato, nell’Eden e nel Cristo innalzato in croce come il Serpente di bronzo di Mosè, esso attende la sua rivincita, la sua vittoria sul Demiurgo che apre l’”età dello Spirito”.
Unendo assieme Marcione e Gioacchino da Fiore, Bloch è il crocevia di tutta la gnosi moderna. Gesù, anticipazione del dio a venire, del dio “umano”, è il redentore dal dio “satanico”, dal dio del cosmo, dell’ordine e della legge.
La rivoluzione, come dissoluzione del vecchio ordine, diviene qui l’opera luciferina per eccellenza. […]

Conclusioni

La moderna teosofia degli opposti, fondata sulla dottrina ermetica della coincidentia oppositorum, porta ad un connubio, inquietante, tra divino e diabolico, porta all’idea del Diavolo in Dio.
È ovunque operante” scriveva Romano Guardini nel 1964 “l’idea fondamentale gnostica che le contraddizioni sono polarità: Goethe, Gide, C. G. Jung, Th. Mann, H. Hesse…
Tutti vedono il male, il negativo […] come elementi dialettici nella totalità della vita, della natura“.
Questo atteggiamento, per Guardini, “si manifesta già in tutto quello che si chiama gnosi, nell’alchimia, nella teosofia.
Si presenta in forma programmatica con Goethe, per il quale il satanico entra persino in Dio, il male è forza originaria dell’universo necessaria quanto il bene, la morte solo un altro elemento di quel tutto, il cui polo opposto si chiama vita.
Questa opinione è stata proclamata in tutte le forme e concretata in campo terapeutico da C. G. Jung”
L’idea di fondo è che la redenzione passa attraverso la degradazione, la grazia tramite il peccato, la vita attraverso la morte, il piacere mediante il dolore, l’estasi per opera della perversione, il divino mediante il diabolico.
Il fascino che il negativo — metafora del demoniaco — esercita sulla cultura contemporanea dipende da questa singolare idea: che le vie del paradiso passino attraverso l’inferno, che “Discesa all’Ade e resurrezione” siano uno
Consegnarsi al demonio, in una singolare trasposizione gnostica dell’idea per cui perdersi è ritrovarsi, è aprirsi a Dio. In questo “sacro” connubio Satana e Dio si uniscono nell’uomo.
È l’”identità di de Sade e dei mistici” auspicata da Georges Bataille.
Per essa la via all’ingiù coincide con la via all’insù. Faust, ora, non può più pentirsi, nemmeno in punto di morte.
L’Avversario è diventato complice, “parte” di Dio.
È la via per divenire dio.
Il brivido del nulla, della discesa agli Inferi, accompagna la scoperta dell’Essere, di Abraxas, il pleroma senza volto che permane, immobile, nel divenire del mondo.

articolo completo : Il Patto con il Serpente