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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
3 Maggio 2007

La sera

Siamo nati al calare della sera
ed è inutile rimpiangere l’alba
o il mezzogiorno.
Ma guai a coloro che adorano il buio.


Prendo in prestito dal saggio Iperhomo queste poche e semplici parole, frasi che hanno il dono di sintetizzare il senso di una intera ricerca.

Nei secoli i giorni seguono le notti, e vi sono notti e giorni piccoli, e giorni e notti grandi.
Vi è un’unica Legge che regola i grandi e i piccoli cicli, e di questa lunga giornata a noi è toccato sperimentare il tramonto.
Questo è quello che raccontano unanimi tutte le tradizioni, e i miti e le leggende di popoli distanti nel tempo e nello spazio.

La percezione del tempo “ciclico” è propria di ogni concezione esoterica, così come la consapevolezza di vivere la parte conclusiva di un grande ciclo.

E giunti a questa consapevolezza, vi sono due strade da seguire: vivere fino in fondo questa sera che si impone, cercando di rendere in qualche modo meno nera l’ oscurità, oppure adorare questo buio, e invocarne la realizzazione, in previsione della nuova alba, un’alba dorata, e di una nuova era.
La grande differenza tra le vie sta tutta in questa scelta.

Guai a coloro che adorano il buio…

29 Aprile 2007

Magia e Teurgia

La Teurgia (dal greco theos = dio e ergon = opera) è l’aspetto più elevato, più puro ed anche più sapiente, di ciò che l’uomo qualunque chiama Magia.
Definire la seconda, per poi prenderne in considerazione solo l’essenza e l’aspetto più puri, vuol dire conseguire la prima.

Ora, secondo Charles Barlet «La Magia Cerimoniale è una operazione con la quale l’Uomo cerca di costringere, con il gioco stesso delle Forze Naturali, le Potenze invisibili dei diversi Ordini ad agire secondo ciò che da esse richiede.

A questo scopo, le afferra, le sorprende, per così dire, proiettando (con l’effetto delle “corrispondenze” analogiche che implica l’Unità della Creazione) delle Forze di cui egli stesso non è padrone, ma alle quali può aprire delle vie straordinarie, in seno stesso della Natura.
Donde Pentacoli, sostanze speciali, condizioni rigorose di Tempo e di Luogo che occorre osservare pena i più gravi pericoli.

Poiché, se la direzione ricercata è un pochino imperfetta, l’audace è esposto all’azione delle “Potenze” nei cui confronti non è che un granellino di polvere…»

(Charles Barlet: l’«Initiation», numero di Gennaio 1897).

Charles Barlet chiama Forze Naturali e Potenze Invisibili quelle “entità” altrimenti dette Influenze Erranti.
Secondo la visione esoterica esistono infatti delle entità non propriamente appartenenti all’universo fisico, entità che sono in grado di esercitare la loro influenza sul mondo materiale.
A queste presenze vengono dati diversi nomi; alcune culture le chiamano demoni, spiriti.
Scopo principale delle pratiche magiche è avvalersi di queste entità, e tramite riti ed invocazioni “costringerle” ad agire per un proprio tornaconto.
Si distingue generalmente tra Magia Bianca e Magia Nera, a seconda che queste pratiche abbiano finalità costruttive o distruttive.
In realtà tale distinzione risulta fuorviante, poiché nel momento in cui l’operazione di “interferenza” viene compiuta, si opera in un ambito in cui la Legge Universale vieta di agire, indifferentemente dal motivo per cui tale operazione è esercitata.
Storicamente le pratiche magiche caratterizzano l’ultimo stadio della decadenza di ogni tradizione, e rappresentano sempre l’aspetto degenere di ogni forma di spiritualità.
Non a caso lo stesso termine “superstizione” etimologicamente rimanda al concetto di “ciò che rimane”, ovvero quel “cadavere psichico” che una spiritualità estinta lascia dietro di sé nel momento della sua eclissi.
Intervenire con le prassi magiche nel tentativo di manipolare le influenze erranti, oltre che operazione pericolosa,  porta a conseguenze spesso nefaste, poiché tali operazioni aprono dei varchi tra il mondo materiale ed il mondo cosiddetto “sottile”, ovvero il campo in cui le influenze erranti convocate naturalmente agiscono.

A differenza delle Magia, la Teurgia consiste invece  in una serie di invocazioni atte a richiedere l’intervento benevolo della Divinità.

Tale pratica è assimilabile alla “preghiera”, e contrariamente alla Magia non esercita alcuna “costrizione”, ma si limita ad elevare una “richiesta”.
Per tale motivo la Teurgia rimane l’unica operazione ammessa, dal momento che non pratica alcuna violazione di quella Legge Universale che rimane unico punto fermo di ogni ricerca autenticamente esoterica. …il Teurgo non pretende di sottomettere, bensì di ottenere: il che è molto diverso! Per il Mago, il rito piega inesorabilmente le Forze alle quali si rivolge.
Possedere il «nome», conoscere gli «incantamenti» è poter incatenare gli Invisibili, affermano le tradizioni magiche universali.[…]
In quanto al Teurgo non ha da temere alcuna «spiegazione» che diminuisca i suoi poteri poiché egli scarta di primo acchito ogni fattore materiale dotato di una qualsiasi virtù occulta, ogni forza racchiusa o infusa con dei riti nei suoi supporti materiali.
Solo la Simbolica deve unirlo al Divino con lo slancio della sua anima, per veicolo.
Subito si pone il problema: rivolgendosi a Dio attraverso il canale dello Spirito e del Cuore, non v’è da temere alcuna deflorazione del grande arcano, e, qualsiasi cosa accada nelle varie realizzazioni, il Mistero di queste ultime rimane integro.
Ciò che il Mago pagherà alla fine con dolore, il Teurgo lo completerà in gioia.
Come dice la Sacra Scrittura, il Teurgo ammassa inalterabili tesori, mentre il Mago fa un cattivo investimento.

19 Aprile 2007

Sincronicità

… termine introdotto da C.G. Jung nel 1930per descrivere una “connessione a-causale fra stati psichici ed eventi oggettivi”…
da Wikipedia

Era Aprile del 2002, al culmine del mio periodo razionalista.
Decisi all’epoca di fare delle ricerche sulla storia della magia, più che altro per cercare di comprendere come superstizioni senza alcuna dimostrazione potessero sopravvivere per secoli.
Recatomi in biblioteca nella sezione “esoterismo” mi ritrovai dinnanzi ad una selva di titoli e di autori che non mi dicevano nulla, finché vidi un libro dal titolo “La Magia” che aveva in copertina un Uroboros, il serpente che si mangia la coda.
Non avevo idea di cosa significasse, ma quel disegno mi piaceva, e presi il libro.
Si rivelò un testo interessante, e trattava principalmente di coincidenze, descritte dall’autore come dei “segnali” di comunicazione tra mondi separati.
Avvertiva anche del fatto che dal momento in cui si era cominciata la lettura di tale libro bisognava essere pronti ad accogliere le coincidenze più strane.

Un Sabato notte mi ritrovai a leggere il capitolo sui tarocchi, e incuriosito mi ricordai che anni prima degli amici ce ne avevano regalato un mazzo, che era rimasto sempre chiuso.
Lo recuperai e cominciai a sfogliarlo, finché andai a dormire, visto che la mattina successiva avevo una partita di calcio.
Giocavamo di Domenica mattina in maniera eccezionale, la seconda volta in sei anni.
Finita la partita un mio compagno di squadra mi diede un passaggio in macchina, ma siccome era in ritardo per un appuntamento mi lasciò all’incrocio dove inizia la mia via, a settanta metri da casa.
Non c’erano problemi, naturalmente, misi il borsone della partita sulla spalla sinistra e mi incamminai.
Quel giorno, nella mia via, se ne stava seduto beatamente sul marciapiede un bellissimo cagnolino bianco, un bastardino dal muso simpatico.
Non l’avevo mai notato prima, e quando mi fermai a guardarlo scattò in piedi e si mise a seguirmi e a girarmi intorno.
Era davvero gioioso, e cominciò a fare dei salti sulle zampe posteriori e ad appoggiarsi con quelle anteriori sulla mia gamba sinistra.
Saltava mentre camminavo, poi mi fermavo, mi giravo a guardarlo e lui smetteva.
Mi accompagnò fino al portone della mia abitazione, poi salii in casa e non ci pensai più.
La sera ripresi la lettura del libro che avevo interrotto la notte prima, e volli dare anche un’ulteriore occhiata al mazzo dei tarocchi che avevo scovato.
Scorrendo le varie figure rimasi ad un certo momento impietrito.

Tra le mani tenevo la carta del “Folle”, e non credevo a quello che stavo guardando.
Il folle era rappresentato come un uomo che si allontana dalla città, tiene sulla spalla sinistra una saccoccia con i suoi pochi beni ed è accompagnato da un simpatico animale, un cagnolino bianco che con le zampe anteriori si appoggia sulla sua gamba sinistra.
Abbandonai per qualche giorno il libro, ma poi volli approfondire il simbolismo del “Folle”. Ripensandoci adesso quello che trovai fu più che interessante, fu profetico.
Il folle è la figura cardine dei tarocchi, rappresenta colui che abbandona le sue vecchie certezze razionali, simboleggiate dalla città, per avventurarsi in un nuovo percorso di conoscenza.
Il cagnolino bianco simboleggia invece le forze amiche della natura che lo accompagneranno in questo “viaggio”.
Il cagnolino bianco nella mia via invece non l’ho più rivisto.

16 Aprile 2007

L'eugenetica, da Darwin all'America

di Mario A. Iannaccone

[…] Un giorno del 1930 sei macchine raggiunsero un villaggio in cima ad una collina.
Gli uomini, al comando dello sceriffo della contea di Montgomery, fecero presto: agguantarono sei bambini, li rinchiusero ognuno in una macchina diversa e sparirono.
Questo fatto accadeva negli Stati Uniti del New Deal nella zona degli Appalachi, stato della Virginia.
Lo sceriffo doveva sottrarre alle famiglie della collina, – famiglie unfit, cioè “inadatte” – i loro figli. Quei bambini andavano sterilizzati in modo che non propagassero quello che gli eugenisti chiamavano il loro “germe-plasma” difettoso.
L’incredibile e ancora poco conosciuta storia dell’eugenetica americana è raccontata da Edwin Black in «La guerra contro il debole» (War against the weak. Eugenics and America’s campaign to create a master race, edizioni Four walls eight windows, New York), già autore di Ibm e l’Olocausto (trad. it. Rizzoli, 2001).
Black è storico scrupoloso, specializzato nell’investigare l’attività d’aziende, governi e istituzioni, con l’ausilio di team di ricercatori. Setacciando archivi riservati, governativi e privati, Black ha ricostruito un’immagine nuova della storia dell’eugenetica americana, e del suo network, il cui centro era il Carnegie Institution’s Station for Experimental Evolution di Cold Spring Harbor fondato nel 1904.
Il primo dato sorprendente, – non nuovo, ma qui documentato nel dettaglio – è che l’eugenetica, nata nel XIX secolo in Inghilterra, ebbe il suo periodo d’oro negli Stati Uniti nei primi trent’anni del secolo scorso allorché s’organizzò in un potente movimento che tentò d’imporre una politica di miglioramento del patrimonio ereditario della popolazione attraverso il controllo sociale della riproduzione.
La parte più odiosa di questa politica fu la repressione nei confronti di coloro che erano definiti feebleminded (deboli di mente) o unfit (inadatti), sulla base di criteri vari e spesso arbitrari.
Il secondo dato documentato da Black è che dall’eugenetica americana derivò direttamente quella tedesca e poi nazista.

Negli Stati Uniti, la politica eugenetica fu esercitata soprattutto sulle classi più povere o su comunità isolate i cui membri, molto spesso, più che feebleminded erano semplicemente privi di una minima educazione.
Black colma lacune anche in merito all’appoggio fornito al movimento eugenetico da potenti soggetti istituzionali, scientifici, politici e finanziari.
Gli eugenisti non erano un gruppo di rari lunatici, ma un movimento ben rappresentato in istituzioni legate a famiglie facoltose, istituzioni pubbliche, università prestigiose (comprese Harvard, Yale e Princeton).
Da questa rete di simpatia il movimento ricavò la forza per attuare una vera e propria politica eugenetica articolata in tre programmi: innanzitutto lo studio degli alberi genealogici per identificare le famiglie “difettose” che generavano persone “inadatte”; poi l'”eugenetica negativa”, che prevedeva la segregazione e la sterilizzazione coatta; per ultimo, l’eugenetica “costruttiva” che doveva favorire la creazione di una master race, una razza dominante, modellata sulle caratteristiche dell’élite americana.

Nel corso di alcuni decenni centinaia di migliaia di “deboli di mente” ed “inadatti” subirono procedure di segregazione, sterilizzazione o ingiustizie di vario tipo.

Ma la ricerca dello storico americano riserva altri aspetti interessanti.
Per esempio emerge chiaramente lo stretto legame che si stabilì fra l’eugenetica e il movimento del controllo della nascite, di fatto due fasi dello stesso programma.
Gli ideologi della sterilizzazione di massa, della segregazione, delle politiche coercitive erano spesso gli stessi del controllo delle nascite.
Il collegamento è evidente nell’opera di Margaret Higgins Sanger (1883-1966) teosofa, darwinista sociale ed eugenista, e nei rapporti che la fondatrice del Planned Parenthood tenne per molto tempo con elementi estremisti del movimento.

È noto che l’accostamento della Sanger all’eugenetica provoca da sempre alzate di scudi, ma i contatti strategici, tattici e teorici fra i due movimenti sono ormai inequivocabili.

La Sanger, infatti, arrivava deprecare l’aiuto dei governi o delle istituzioni filantropiche per i poveri e gli inadatti, che dovevano piuttosto “sparire” e “morire di fame ” per non togliere risorse agli adatti. […]
Black rileva, infine, la continuità organizzativa e teorica fra eugenetica e genetica.
La genetica sarebbe la continuazione, sotto nuovo nome, della vecchia eugenetica ormai screditata per la sua metamorfosi sotto il nazismo.
Proprio negli asettici laboratori di ricerca genetica i vecchi demoni sopravvivono e ogni tanto si mostrano, per esempio quando guru della moderna ricerca genetica sostengono la necessità futura del “transumanismo” o anche dell'”autoevoluzione”: modificare il patrimonio genetico dell’uomo per “guidare l’evoluzione naturale”.
Qui la voce dell’autore, che commenta implacabile orrori passati, si sposta, inquieta, a scrutare scenari futuri, ancora inimmaginabili. […]

da Avvenire .it  3/9/2006

12 Aprile 2007

I murales dell'aeroporto di Denver


Il nuovo aeroporto di Denver venne costruito nel 1995.
Fu un’opera dispendiosa ed ambiziosa, con i suoi 137 chilometri quadrati di superficie e gli oltre 4 miliardi e mezzo di dollari necessari per la sua costruzione.
La sua collocazione non fu tra le più felici, essendo il sito prescelto particolarmente ventoso, circostanza che spesso ha portato alla soppressione ed alla deviazione di diversi voli.
Gran parte del complesso rimane inoltre inutilizzato.
Denver era dotata all’epoca di un aeroporto perfettamente funzionale, provvisto tra le altre cose di un numero maggiore di piste di atterraggio del suo illustre successore.
Anche la pianta dell’aeroporto è particolarmente curiosa, avendo come schema di base una croce uncinata, o svastica.

All’ingresso principale una pietra di marmo commemorativa reca il simbolo massonico della squadra e del compasso.


Queste sono solo alcune delle stranezze che rendono singolare tale complesso, ma il vero interesse risiede nel suo interno, in particolar modo in una serie di opere che avrebbero il compito di decorare le varie sale.
L’opera, composta dall’artista Leo Tanguma ha per titolo “The Children of the World Dream of Peace”, e vorrebbe rappresentare le devastazioni delle guerre e la speranza in un futuro di pace e fratellanza.
In verità tali dipinti appaiono alquanto inquietanti, e tale sensazione pervade molti dei visitatori che si ritrovano di fronte ad essi.
La composizione consiste di quattro parti.
Nella prima scena ha luogo una strana cerimonia.

 

Adagiate in tre bare vi sono tre figure femminili, una nativa americana, una bambina dai caratteri occidentali ed una donna di colore, circondate da sei bambini e diversi animali.
Alle spalle del gruppo vi è una città in fiamme, e scene di desolazione e distruzione.
La bambina bionda della bara porta cucita sul vestito una stella di David, e tiene tra le mani una Bibbia cristiana.

 

Rappresenta la tradizione giudeo cristiana occidentale, così come le altre due donne raffigurano rispettivamente la tradizione africana e quella americana pre coloniale.
Alle spalle delle bare una bambina regge una tavoletta in cui è raffigurato il tramonto del quinto sole secondo gli insegnamenti dei Maya, il momento in cui tra sconvolgimenti planetari avverrà il passaggio di era, evento che i Maya avevano previsto per il 2012.

 

Nella seconda scena compare un personaggio dalle fattezze inquietanti, una sorta di soldato deforme che uccide una colomba bianca, e si impone tra scenari di devastazione, delimitati da una donna che tiene tra le braccia un figlio morto e dei bambini che riposano su delle macerie.

Nella terza parte dell’opera lo scenario cambia.
Bambini in festa rappresentanti tutti i popoli del mondo portano le armi al centro della scena, dove un bimbo dalle fattezze ariane e vestito alla tedesca le distrugge.

Il soldato della scena precedente giace ora senza vita sovrastato dal gruppo dei bambini.
Particolare interessante, il bimbo tedesco addetto alla distruzione delle armi mostra un decisamente curioso pugno di ferro.


Infine, nell’ultima scena i bambini accorrono circondati da numerosi animali al cospetto di un guru-santone, che celebra un rito sacro a simboleggiare la nuova era che ha inizio.

Come si è visto, nelle intenzioni dei committenti il gruppo di questi murales vorrebbe rappresentare la distruzione portata dalle guerre e la speranza di un mondo migliore che si rispecchia nella innocenza dei bambini, nel disarmo e in una nuova spiritualità.
Chi si interessa allo studio delle tematiche care ai propagatori del cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale”  riconosce tutta la simbologia da tempo propagandata dai fautori del nuovo mondo, descritta qui in modo esplicito ed alquanto angosciante.
Il nuovo ordine mondiale è un progetto a lungo cullato dalle elite del potere, e consiste essenzialmente in un mondo “unificato” in cui una casta di esperti illuminati si prende la responsabilità di guidare con saggezza una popolazione che ha superato le antiche divisioni nazionali. Un mondo in cui ai “problemi globali” si danno soluzioni “globali”.
Le Nazioni Unite sono dalla loro creazione la testa di ponte di questo progetto, progetto a cui tengono in particolar modo diversi ordini esoterici, come la massoneria, senza farne mistero.
La pace così raggiunta però sarà il risultato di  un’ epoca di duri sconvolgimenti, di prove che l’umanità dovrà affrontare prima di conoscere un’era di pace e rinnovata spiritualità.
Il disarmo degli stati nazionali rimane un passaggio necessario per il raggiungimento di tale obiettivo.
Tutti questi aspetti vengono ripresi nell’opera dell’aeroporto di Denver, ed è anche significativo il fatto che sia il bimbo tedesco ad occuparsi dell’eliminazione delle armi.
Non si può infatti non collegare questo fatto curioso con l’origine teutonica della più importante   società segreta rivoluzionaria del settecento, quegli Illuminati di Baviera che ispirarono alcuni tra gli ordini iniziatici contemporanei  più influenti, a cominciare dalla celebre Skull and Bones statunitense.
Il pugno di ferro ricorda con grande chiarezza di intenti il modo in cui questa elite vorrà mantenere il suo ordine in questa nuova era.
La spiritualità New Age infine che traspare nella scena finale è parte fondamentale dell’intero progetto, una contro spiritualità che tutt’ora pervade i piani alti del potere.
I murales dell’aeroporto di Denver descrivono quindi in maniera palese il progetto di questo Nuovo Ordine, e le modalità in cui verrà raggiunto.
Un libro aperto, leggibile da chiunque abbia col tempo familiarizzato con il linguaggio che questa elite ama usare.

per approfondire:

The Denver airport
Airport Scenes

Aggiornamento del 12/7/2010:
Nei mesi seguenti alla pubblicazione di questo articolo sono stati pubblicati ulteriori interventi riguardanti la città di Denver e il suo aeroporto.
Per chi volesse approfondire, sono di seguito segnalati i relativi articoli.

La saga di Denver

Il cavallo dell’Apocalisse a guardia dell’aeroporto di Denver
La danza di Denver
Le strade che portano a Denver
L’occhio del Colorado

Sito di informazioni sull’aeroporto di Denver:  denver-airport.info