Blessed be

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-o- Too late to die young -o-
17 Gennaio 2015

State of Love and Trust

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4 Gennaio 2015

Racconti dal prossimo futuro

Riceviamo dall’amico P.Paiolo e volentieri pubblichiamo un breve racconto che narra di eventi recenti, da una prospettiva lontana, o forse vicina.

di P. Paiolo

Remember, remember the 5th of November: dal movimento Anonymous al celebre film V for Vendetta, fino alle prime proteste di piazza degli anni 2010,  questa frase rendeva omaggio a tutti i rivoluzionari negli ultimi tempi prima della Caduta.
L’altra data da ricordare negli stessi anni é il 25 gennaio. Molti la ricordano per le elezioni greche.
A fine 2014 fu chiaro a tutti che la maggioranza allora al governo in Grecia non sarebbe stata in grado di eleggere il nuovo presidente della Repubblica.
Per tre volte il parlamento votò e per tre volte non riuscì ad eleggere il presidente.
Furono convocate le elezioni politiche, ai sensi della costituzione greca. I primi sondaggi davano per sicuro il successo del partito anti-austerity SYRIZA.
L’Unione europea ed i poteri della finanza di tutti gli stati temevano l’affermazione di SYRIZA perché la Grecia sotto SYRIZA avrebbe potuto allontanarsi dall’Unione dell’Euro.
L’uscita di una nazione dall’Unione avrebbe messo a rischio l’intera Unione, minacciando le basi stesse dell’Euro e del mondo.
Il mondo infatti era ancora nel pieno della Grande Crisi degli anni 10; le capitali reggevano ma le periferie di tutti gli imperi conoscevano un degrado economico e sociale senza fine.

Il mondo teneva ancora anche se era praticamente sull’orlo del tracollo; qualunque evento – come l’uscita dall’euro di una nazione – sarebbe stato il colpo di grazia agli imperi occidentali e forse a tutto il mondo.
Il partito greco era allora guidato dal giovane Tsipras, un uomo che sembrava pronto a sfidare la vile Bruxelles per salvare la sua nazione.
Il giorno della verità per lui e per la Grecia fu fissato per il 25 gennaio 2015.
Molti ricordano un altro 25 gennaio: quello del 2011, per la Rivoluzione Egiziana.
Alcuni, in ciò che resta del mondo arabo, ancora celebrano il 25 Gennaio come il giorno della prima grande manifestazione di piazza in Egitto. La protesta continuò e portò in pochi giorni al rovesciamento ed alla caduta dell’allora presidente Mubarak.
I manifestanti si radunarono in massa in piazza Tahrir e vi rimasero accampati con l’obiettivo di rovesciare Mubarak. Vi riuscirono quando le proteste arrivarono al palazzo presidenziale ed il presidente lasciò il palazzo a bordo di un elicottero.
Mubarak comparve poche ore dopo nella dorata e sicura località turistica di Sharm el Sheikh,  da lui creata sul Mar Rosso, da cui annunciò la consegna del potere all’esercito.
Furono convocate le elezioni e dopo un lungo processo elettorale vinse il candidato dei Fratelli Musulmani, Morsi.
Morsi tentò di ridurre il potere dell’esercito egiziano in favore dell’organizzazione politico – religiosa uscita vincente dal verdetto elettorale e da lui guidata.
Con alti e bassi, dopo un periodo di instabilità economica e politica ed una serie di elezioni, l’esercito egiziano riprese il controllo della nazione,  deponendo il presidente Morsi.
l’Egitto ebbe così una rivoluzione e ben due presidenti sotto processo giudiziario nel giro di un paio d’anni. Per ritrovarsi poi non troppo diverso da com’era prima.
Il 2014 era appena finito ed il mondo entrava in punta di piedi nel 2015, largamente inconsapevole di cosa sarebbe successo quell’anno.

Fast forward.

Il fuoco si sta spegnendo e anche domani sarà una giornata fredda, dice Sergey, l’omone con l’accento slavo che é diventato ufficialmente il nostro uomo delle previsioni del tempo. Mi piacerebbe sapere qualcosa di più di lui ma non c’é nessuno da queste parti che sa parlare la sua lingua.
Fa il possibile per imparare, adesso oltre a “domani piove” e “domani bello” o “domani freddo” osservando i cieli ed il vento, non sa dire molto.
Però é bravo a creare oggetti utili con i materiali di recupero, specialmente dai motori e in generale dai relitti delle auto.
Ha fatto un essiccatore per semi con un radiatore, divani e poltrone dai sedili, e cose così. E ieri ha cantato una vecchia canzone russa stile festival di Sanremo. È stato divertente anche se faceva freddo.
Chissà di cosa parlava, la canzone.

25 Novembre 2014

Cause fear is strong and love's for everyone

 

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24 Novembre 2014

L'eterna corsa dell'auriga

Un carro che vola trainato da due cavalli, uno bianco e uno nero, che spingono in direzioni opposte.
E un auriga che cerca con tutte le sue forze di mantenere la rotta, sempre ad un passo dal precipitare.
Questa è l’immagine che Platone usa nel Fedro per descrive la complessità dell’anima umana, nel celebre mito dell’auriga, o della biga alata.
E invero, non vi è immagine più precisa e più completa, nella sua semplicità, che possa sintetizzare meglio le componenti profonde di ogni essere umano.

Il cavallo scuro, simbolo degli istinti e della parte terrena dell’uomo, è il più impetuoso, e cerca con tutte le sue forze di raggiungere il suolo, il luogo a cui appartiene, un mondo dominato dai sensi e dal desiderio di soddisfare tutti i bisogni legati al corpo fisico.
Il cavallo bianco, al contrario, rappresenta la scintilla divina presente nel cuore, e spinge il carro verso l’alto, desideroso di raggiungere il mondo celeste da cui origina, per fondersi di nuovo con la realtà divina che lo ha generato, e a cui è destinato a fare ritorno.
E a tenere a bada queste forze contrastanti vi è l’auriga che guida il carro, e che tenta in primis di non precipitare, per poi provare, con tutte le capacità di cui è stato dotato, di direzionare la sua biga verso il luogo che ritiene più consono.
L’auriga è immagine della componente razionale dell’uomo, è il nous, la mente, la coscienza, il pensiero vero e proprio, quella parte a cui l’essere si riferisce quanto pensa al concetto di Io.
Egli si ritrova su un carro che procede al di là della sua volontà, trainato da forze esterne, su cui possiede una debole capacità di controllo.
Non è infatti l’auriga a far avanzare il carro: se non fosse per i due cavalli, sarebbe fermo, a terra.
Al sicuro, ma fermo, senza la possibilità di avanzare, o di salire.

L’essere umano è un composto di diversi elementi che vivono al suo interno, veri e propri personaggi, attori senzienti che occupano il corpo nello stesso modo in cui dei coinquilini si dividono una stanza, e questa è una verità nota da sempre, una realtà che Platone sintetizzò con questa poetica allegoria.
Così, gran parte dei conflitti che gli esseri umani affrontano nel corso delle loro vite nascono nel momento in cui tale verità è dimenticata: posti davanti a diverse pulsioni, dovendo dare ascolto a diverse voci che provengono dal profondo dell’anima, gli uomini faticano a gestire i diversi voleri che spingono loro in direzioni opposte.
Perchè come i saggi insegnano occorre volere, sì, ma quale volontà occorre seguire?
Se non si comprende che vi sono forze opposte che agiscono in noi, il percepire pulsioni avverse porta inevitabilmente alla stasi, ad un corto circuito interiore senza sbocco.

Ed anche quando tali diverse pulsioni vengono riconosciute, quando finalmente ad esse si dà un nome e si comprende la loro natura, occorre ancora una volta tenere presente che il nostro carro ha bisogno di tutti suoi cavalli per muoversi.
Non si può decidere di abbattere il cavallo che spinge nella direzione opposta a quella che la nostra mente ha alla fine prediletto: i cavalli vanno direzionati, non possono essere abbattuti.

La scienza contemporanea, con la prosaicità che le è congeniale, ha riposto nel cervello e nel sistema nervoso dell’essere umano il centro direzionale del controllo, del pensiero e della coscienza, e a sua volta ha individuato nella parte più arcaica del nostro cervello, il cosiddetto cervello rettiliano, la sede del cavallo nero.
Là risiedono tutti gli istinti che la mente superiore non può eliminare, ma solo tenere a freno.
Istinti che spingono verso due obbiettivi: la sopravvivenza e la riproduzione.
Il cavallo nero sa cosa vuole, e non conosce i concetti di giusto o sbagliato: si lancia a testa bassa, in modo irruento, verso tutto quello che porta alla sua meta, travolgendo senza secondi pensieri tutto quello che trova lungo la sua strada.

Il cavallo bianco, al contrario, ha modi gentili e miti, e per quanto la sua forza sia immensa, di gran lunga superiore a quella del suo fratello scuro, diversamente da lui non si impone.
Va cercato, nutrito, continuamente.
E’ l’aspirazione di elevarsi che occorre vivere concretamente, dedicandoci la maggior parte delle proprie energie, con una dedizione incessante.

In questo gioco di effimeri equilibri, sembrerebbe che il nous, la mente, la coscienza, o consapevolezza di sé, sia l’unico attore con una libertà da gestire.
Ma anch’egli, per quanto dotato di questo libero arbitrio, è a sua volta forgiato da mille condizionamenti, assorbiti dal mondo esterno nel corso della sua esistenza.
Così, oltre a dover gestire i due cavalli che trascinano il suo carro, l’auriga deve fare i conti con le voci che gli indicano il modo di guidare, che gli suggeriscono la direzione da seguire.
Dove dimora la sua volontà, in questo?
L’auriga, sempre in bilico, deve interpretare l’origine di ogni sua volere: quale spinta arriva dal cavallo nero, quale da quello bianco, quali voci arrivano dal mondo esterno, e, soprattutto, in mezzo a tutto questo, c’è qualcosa che può effettivamente dirsi una volontà totalmente SUA?

In verità, il segreto del carro sta nel suo continuo movimento: ogni auriga è troppo preoccupato di tenerne a bada la folle corsa per riflettere sul senso del movimento stesso.
Il carro procede, sempre, e questo è quanto.
E se l’auriga si distrae, e riflette sul perché si trovi su quel carro, rischia di schiantarsi al suolo.
E lo schianto non è un’opzione.

6 Luglio 2014

Una lunga pausa

Sono passati oltre sei mesi dall’ultimo aggiornamento, eppure, nonostante tutto, non mi va di scrivere un post di commiato per questo blog.
In questo effimero mondo virtuale, questo luogo per me resta una sorta di casa: anche se mi assento per un lungo tempo, voglio comunque avere un posto in cui poter tornare, se dovessi sentirne il bisogno.
Questo solo per dire che siamo ancora in vita.