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-o- Too late to die young -o-
25 Febbraio 2013

Quel che conta


Se c’è un cosa che si impara gestendo un blog per alcuni anni è che vi sono notizie ed argomenti che appaiono importanti al momento ma che col tempo denunciano tutta la loro inconsistenza.
Così capita di rivedere articoli di qualche anno prima rendendosi conto di quanto fosse stato inutile dedicare tante energie per questioni tanto futili.
Le “elezioni politiche” rientrano perfettamente all’interno di questo paradigma: per un certo verso, ne sono l’emblema.
Tutta l’attenzione del paese è stata catalizzata per diverse settimane dalla campagna elettorale, tante discussioni e tanto cattivo sangue, ed a partire da domani ogni cosa tornerà come prima, con i verdi sulle poltrone del governo al posto dei marroni, circondati dai gialli e dai blu che gridano dall’opposizione.
Ed a ripensare al tempo speso per “informarsi”, per giudicare i “candidati”, per conoscere il pensiero di Caio piuttosto che di Tizio ci si renderà conto di quanto sarebbe stato più proficuo starsene davanti ad una finestra con una tazza di caffè in mano ad osservare la neve che cade.
In un blog, nel suo piccolo, così come nella vita, questa volta in grande, occorre sempre saper distinguere tra ciò che appare importante ma in realtà è insignificante e ciò che invece realmente conta.

Alla fine, quel che conta è quel che resta.
Ed è bene che le nostre energie siano dedicate a tutto quello destinato a restare.

20 Febbraio 2013

Democrazia, ovvero tutti contro tutti


Ogni volta che arriva il momento delle “elezioni”, risulta sempre più evidente un fatto: la “democrazia” è lo strumento migliore di cui un gruppo di potere può disporre per tenere a bada la “massa”.
Il problema di chi detiene il potere, dall’inizio dei tempi, è infatti trovare il modo per tenere soggiogata la gran quantità di sudditi, numericamente di molto superiore rispetto all’elite che governa.

La soluzione più raffinata al quesito l’ha offerta proprio la democrazia: basta fare in modo che la massa si divida e si affronti tra sè.
Occorreva creare “fazioni” – destra sinistra, sopra sotto, progressisti conservatori, riformisti liberali liberisti – e lasciare che la massa si tenesse occupata per conto suo.
Meglio il partito giallo o quello verde?
E’ più credibile l’onorevole Strarubo o il presidente Bevilsangue?
E se non scelgo nessuno?
Votare o non votare: ulteriori divisioni.
I dibattiti dilagano, le discussioni imperversano, le parole scorrono e scorrono, e gli animi si scaldano.
Energie buttate al vento, cattivo sangue, cattivo umore, rabbia e frustazione, gli uni contro gli altri.

D’altra parte, se ci si trova di fronte ad un branco di cani randagi inferociti pronti a saltarci addosso, la soluzione per sfuggire al pericolo è gettare tra di essi due o tre bistecche e lasciare che si sbranino tra di loro.
Quando c’erano i re, quando c’erano i nobili, e dopo i dittatori, si aveva una situazione in cui un gruppo di potere aveva di fronte una massa di sfruttati compatta, uniti nella consapevolezza che il nemico fosse colui che sta in alto e sfrutta “la plebe”.
Una situazione potenzialmente pericolosa, in cui solo un utilizzo smodato della forza poteva servire per evitare il peggio.
Con la democrazia invece il problema è stato risolto egregiamente: bistecche lanciate tra la folla, e il gioco è fatto.

17 Febbraio 2013

El refugio interior III

 

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15 Febbraio 2013

Sulla psicologia delle masse


La capacità di gestione delle masse è stata in ogni tempo la principale preoccupazione per chi detiene il potere, che operi su piani visibili oppure più celati.
Governare significa infatti riuscire ad indurre all’obbedienza una grande quantità di persone, infinitamente maggiore nel numero rispetto a coloro che gli ordini li emettono, si tratta di comprendere ed applicare quei meccanismi che permettono a pochi di poter disporre e direzionare le vite dei molti.
Un compito sicuramente non semplice, che ha trovato nei secoli diversi metodi per essere portato a termine.
Benchè la violenza, la coercizione e l’intimidazione siano le modalità più sfruttate, occorre sempre tenere presente che la sproporzione tra il numero dei soggiogati rispetto a quello dei controllori ha fatto in modo che fosse richiesto anche dell’altro: in qualche modo, andava conquistata anche la volontà dei sudditi, essendo la loro predisposizione all’obbedienza necessaria per il compimento del progetto.
E tra tutti i regimi che l’umanità ha sperimentato, sicuramente quello democratico si è dimostrato il più adeguato allo scopo, dal momento che è quello che maggiormente coinvolge la massa lasciandola nella convinzione di essere essa stessa “artefice del proprio destino”.
Si tratta, in altre parole, di un piccolo capolavoro strategico.

Per tutti questi motivi lo studio di quella che la modernità ha chiamato “psicologia delle masse” è stata argomento di massimo interesse per coloro che detengono il potere, in ogni epoca, una scienza riservata a pochi e per molti secoli gelosamente custodita.
Fu solo nel XX secolo che comparvero i primi testi che si occuparono della materia in una maniera che oggi chiameremo “divulgativa”, una ricerca che ebbe il suo massimo interprete in Gustave Le Bon, autore di quel “Psicologia delle folle” che divenne il testo di riferimento di dittatori quali Mussolini, Hitler e Stalin.
Saper gestire e condizionare con successo le masse, inoltre, permette ai concorrenti dei depositari del potere di trovare lo strumento necessario per portare avanti il proprio progetto di sovversione, dal momento che i grandi ribaltamenti sociali necessitano a volte di un ampio numero di pedine sacrificabili.
La rivoluzione francese, così come quella russa, non avrebbero mai potuto avere luogo se non fosse stato per i milioni di individui convinti dagli scaltri burattinai a sacrificare le proprie vite in nome di un “ideale” più alto.

Negli estratti che seguono, il padre della psicologia moderna Sigmund Freud riprende il testo di Le Bon e lo analizza, portandone agli estremi i ragionamenti ed inserendoli all’interno della propria visione psicanalitica.
Nonostante siano passati circa cento anni dalla stesura di tale testo, e forse le “masse” del XX secolo oggi non esistono più, e benchè vi sia molto da commentare sulle teorie controverse, come minimo, dello stesso Freud, i passi riportati mantengono comunque ancora un certo interesse, e sicuramente offrono ampio materiale di riflessione.

da “Psicologia delle masse e analisi dell’io”, di Sigmund Freud.
(grassetti miei)

La massa è impulsiva, mutevole e irritabile.
E’ governata quasi per intero dall’inconscio.
A seconda delle circostanze gli impulsi cui la massa obbedisce possono essere generosi o crudeli, eroici o pusillanimi; sono però imperiosi al punto da non lasciar sussistere l’interesse personale, neanche quello dell’autoconservazione.
Nulla in essa è premeditato.
Pur potendo desiderare le cose appassionatamente, non le desidera mai a lungo, è incapace di volontà duratura.
Non tollera alcun indugio fra il proprio desiderio e il compimento di ciò che desidera.
Si sente onnipotente, per l’individuo appartenente alla massa svanisce il concetto dell’impossibile.
La massa è straordinariamente influenzabile e credula, è acritica, per essa non esiste l’inverosimile.
Pensa per immagini, che si richiamano vicendevolmente per associazione come, nel singolo, si adeguano le une alle altre negli stati di libera fantasticheria: queste immagini non vengono valutate da alcuna istanza ragionevole circa il loro accordo con la realtà.
I sentimenti della massa sono sempre semplicissimi e molto esagerati.
La massa non conosce quindi né dubbi né incertezze.
Corre subito agli estremi, il sospetto sfiorato si trasforma subito in evidenza inoppugnabile, un’antipatia incipiente in odio feroce.
Pur essendo incline a tutti gli estremi, la massa può venir eccitata solo da stimoli eccessivi.
Chi desidera agire su essa, non ha bisogno di coerenza logica fra i propri argomenti; deve dipingere nei colori più violenti, esagerare e ripetere sempre la stessa cosa.
Poiché riguardo al vero e il falso la massa non conosce dubbi ed è però consapevole della sua grande forza, essa è a un tempo intollerante e pronta a credere all’autorità.
Rispetta la forza e soggiace solo moderatamente all’influsso della bontà, che ai suoi occhi costituisce solo una sorta di debolezza.
Ciò che essa richiede ai propri eroi è la forza o addirittura la brutalità.
Vuole essere dominata ed oppressa e temere il proprio padrone.
[…]
Per giudicare correttamente la moralità della masse, occorre tener conto del fatto che, nello stare insieme degli individui riuniti in una massa, tutte le inibizioni individuali scompaiono e tutti gli istinti crudeli, brutali, distruttivi, che nel singolo sonnecchiano quali relitti di tempi primordiali, si ridestano ed aspirano al libero soddisfacimento pulsionale.
Per influsso della suggestione le masse sono però anche capaci di realizzazioni più alte, quali l’abnegazione, il disinteresse, la dedizione ad un ideale.
Mentre l’utile personale costituisce nell’individuo isolato quasi l’unico incentivo, nelle masse predomina assai di rado.
Si può parlare della moralizzazione del singolo tramite la massa.
Mentre la capacità intellettuale della massa è sempre assai inferiore a quella del singolo, il suo comportamento etico può sia superare di molto il livello di quello del singolo, sia esserne di gran lunga inferiore.
[…]
La massa soggiace inoltre alla potenza veramente magica di parole che nell’anima delle moltitudini possono provocare o placare le più formidabili tempeste.
“La ragione e gli argomenti logici non riuscirebbero a lottare contro certe parole e certe formule. Vengono pronunciate con riverenza davanti alle masse e, subito, i volti assumono una espressione di deferenza e le teste si inchinano. Molti le considerano forze della natura, potenze sovrannaturali”.
Basta in proposito rammentare i tabù dei nomi presso i primitivi, le forze magiche che per essi si riallacciano ai nomi delle parole.
Le masse infine non hanno mai conosciuto la sete della verità.
Hanno bisogno di illusioni e a queste non possono rinunciare.
L’irreale ha costantemente in esse la precedenza sul reale, soggiacciono all’influsso di ciò che non è vero quasi altrettanto che a quello di ciò che è vero.
Hanno l’evidente tendenza a non fare alcuna distinzione tra i due.

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si veda anche:
La scienza della persuasione

11 Febbraio 2013

L'abdicazione di Benedetto XVI

Per chi condivide una visione metastorica degli eventi, vi sono notizie che hanno una valenza infinitamente superiore rispetto alla mera cronaca quotidiana a cui siamo abituati.
L’annuncio di Papa Benedetto XVI, giunto come un fulmine a ciel sereno, è una di quelle.
Ovviamente non si possono al momento sapere le motivazioni del pontefice, e nessuno all’infuori dal suo stretto cerchio potrà comprendere fino in fondo l’animo con cui ha preso tale decisione.

Quel che è certo è che viviamo in tempi particolari, tempi in cui sembra che gli eventi facciano di tutto per avvalare il sentimento di coloro che sentono e predicano dei grandi cambiamenti alle porte.
Gli appasionati di profezie avranno ora il loro bel da fare per scovare chi sarà il famigerato Petrus Romanus, il prossimo e ultimo papa secondo la lista stilata dal vescovo Malachia nel XII secolo.

In ogni caso, qualunque sia la valutazione personale che ognuno riserva a tali questioni, l’impressione che si stia vivendo in un tempo in cui tutte le profezie convergono è sempre più forte.

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edit ore 15.01

C’è una prima cosa che mi ha colpito molto, in queste prime ore, e si tratta dell’apparente “freddezza” con cui le alte sfere del mondo cattolico hanno trasmesso la notizia.
Quando Giovanni Paolo II era gravemente malato, tanto da aver difficoltà nell’intendere e nel volere, vi era stato un dibattito accesissimo sulla possibilità che abdicasse.
Si faceva notare, all’interno del mondo cattolico, che si sarebbe trattato di una scelta dalle conseguenze enormi, e si insisteva sul fatto che il pontefice doveva in ogni caso terminare il suo mandato, secondo la volontà di Dio.

In queste prime ore invece tutto lo sconcerto è arrivato dal “mondo laico”, mentre nel mondo cattolico il mantra è “massimo rispetto per una scelta difficile, il Papa è malato e stanco”.
Come se si trattasse della cosa più normale che un papa “malato” si facesse da parte.

Essendo che il ruolo di pontefice viene affidato, da sempre, ad esponenti anziani del clero, un papa vecchio e malato non è certo una eccezione, quanto piuttosto la norma.
Ed a vedere la conferenza stampa di Padre Lombardi, che commenta la notizia quasi parlasse dell’organizzazione di una gita di anziani a Lourdes, lo sconcerto cresce ulteriormente.

In Vaticano sta succedendo qualcosa di grosso.