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rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
17 Marzo 2012

L'esperimento di Asch - Il conformismo


 

Nel 1956, Asch realizzò l’esperimento che lo rese noto nell’ambito della psicologia sociale.
L’assunto di base del suo esperimento consisteva nel fatto che l’essere membro di un gruppo è una condizione sufficiente a modificare le azioni e, in una certa misura, anche i giudizi e le percezioni visive di una persona. Il suo esperimento si focalizzava sulla possibilità di influire sulle percezioni e sulle valutazioni di dati oggettivi, senza ricorrere a false informazioni sulla realtà o a distorsioni oggettive palesi.
Il protocollo sperimentale prevedeva che 8 soggetti, di cui 7 complici dello sperimentatore all’insaputa dell’ottavo, si incontrassero in un laboratorio, per quello che veniva presentato come un normale esercizio di discriminazione visiva. Lo sperimentatore presentava loro delle schede con tre linee di diversa lunghezza in ordine decrescente; su un’altra scheda aveva disegnato un’altra linea, di lunghezza uguale alla prima linea della prima scheda. Chiedeva a quel punto ai soggetti, iniziando dai complici, quale fosse la linea corrispondente nelle due schede. Dopo un paio di ripetizioni “normali”, alla terza serie di domande i complici iniziavano a rispondere in maniera concorde e palesemente errata; il vero soggetto sperimentale, che doveva rispondere per ultimo o penultimo, in un’ampia serie di casi iniziava regolarmente a rispondere anche lui in maniera scorretta, conformemente alla risposta sbagliata data dalla maggioranza di persone che aveva risposto prima di lui. in sintesi, pur sapendo soggettivamente quale fosse la “vera” risposta giusta, il soggetto sperimentale decideva, consapevolmente e pur sulla base di un dato oggettivo, di assumere la posizione esplicita della maggioranza (solo una piccola percentuale si sottraeva alla pressione del gruppo, dichiarando ciò che vedeva realmente e non ciò che sentiva di “dover” dire).

Si veda anche:

Popolo e conformismo, un appunto
Popolo e conformismo II

13 Marzo 2012

Specchi


guarda la gallery

12 Marzo 2012

Girls, video, funny, NWO, Denver

The Chive è un sito di intrattenimento leggero, ed è diventato negli ultimi due anni uno dei siti più popolari degli Stati Uniti.
L’idea semplice e vincente avuta dai suoi ideatori è stata quella di proporre giornalmente delle gallerie di immagini con le foto più curiose e divertenti scovate nella rete: il meglio e il peggio della rete, come si suol dire in questi casi, il tutto condito con gallerie di belle ragazze ed un certo orgoglio patriottico.
Un luogo di ‘cazzeggio’, essenzialmente, e quanto di più lontano si possa immaginare da un sito ‘complottista’, qualsiasi cosa questo significhi (non solo: the Brigade, sito gemello di the Chive e gestito dagli stessi fondatori, è un sito di supporto delle truppe americane dispiegate per il mondo, con gallerie di immagini dei soldati virtuosi a stelle e strisce che nulla hanno da invidiare alle operazioni di propaganda dell’epoca d’oro sovietica).

Considerati questi aspetti, risulta quindi di particolare interesse la pubblicazione durante la settimana scorsa da parte di the Chive di un post interamente dedicato al famigerato aeroporto di Denver.
In una galleria di immagini molto curata vengono presentati tutti i particolari curiosi presenti all’interno dell’aeroporto, dai celebri murales, alla targa massonica posta all’ingresso, fino al Mustang – cavallo dell’apocalisse – che dà il benvenuto ai visitatori all’ingresso del sito.
Introducendo le immagini, inoltre, uno degli autori del blog descrive brevemente, ma in modo esauriente, tutti i motivi per cui l’aeroporto è degno di interesse, non omettendo nemmeno i riferimenti al Nuovo Ordine Mondiale preconizzato nei murales ed accennando anche alla presenza di basi sotterranee gestite da militari.
Ovviamente, l’intera trattazione è preceduta da una doverosa premessa, quel ‘I’m not a conspiracy guy in any way’ che in questi casi va specificato d’ordinanza.
Questo però non impedisce una corretta  esposizione dell’argomento, che viene trattato senza le ironie e gli sberleffi tipici dei debunker.

Fino ad oggi l’aeroporto di Denver rappresentava un tema caro esclusivamente ai cosidetti ‘cospirazionisti’, e fino a pochi anni fa in lingua italiana era difficilissimo trovare del materiale che ne trattasse, nonostante fossero presenti in quel luogo stranezze ed ‘anomalie’ alquanto evidenti.
Ora tale questione pare ufficialmente entrata nel territorio del mainstream, e realtà quali il Nuovo Ordine Mondiale o l’influenza di determinate elite nella preparazione di scenari futuri divengono argomenti che possono essere trattati quali ‘curiosità’ in popolari siti di svago.
Si tratta, in ogni caso, di un passaggio significativo, dal momento che in qualche modo è indicativo del modo in cui argomenti potenzialmente ‘scomodi’ vengono addomesticati e normalizzati per mezzo della rete.

Lungi dal subire una ‘censura’, infatti, tali argomenti scomodi subiscono generalmente un trattamento standard: in un primo momento vengono ignorati, in un secondo tempo vengono derisi, ed infine vengono presentati quali semplici curiosità, togliendo così loro ogni connotazione ‘misteriosa’.
Ad una scala più ampia, la rete stessa, potenzialmente uno strumento assai efficiente per quanto riguarda la diffusione di informazioni ‘scomode’, saprà accogliere nel suo calderone ogni sorta di denuncia e di ‘disvelamento’, amalgamando il serio con il faceto e presentando fianco a fianco ragazze in bikini con il manifesto del Nuovo Ordine Mondiale.
Finché, per l’utente medio, non vi sarà alcuna differenza tra le due cose.

si veda anche: Le strade che portano a Denver

7 Marzo 2012

La Cattedrale di Salomone

Cattedrali, templari, tesori, e conoscenze perdute.


Riferendoci a questioni irrisolte del passato, si tende spesso ad abusare del termine “mistero”, cercando a volte connotazioni “misteriose” anche laddove tale necessità non appare impellente.
Così, quando ci imbattiamo realmente in fatti difficilmente spiegabili con le nostre attuali conoscenze, viene a mancare il termine adatto per riferirsi ad essi.
Uno di questi casi riguarda certamente la complessa questione dell’edificazione delle grandi cattedrali gotiche che sorsero in contemporanea nell’Europa centro settentrionale nel corso del XII e del XIII secolo.
Strutture architettoniche poderose, tali da lasciare perplessi persino gli ingegneri nostri contemporanei, questi maestosi templi di pietra vennero innalzati nel giro di pochi decenni in diverse città europee, sopratutto francesi e tedesche, introducendo ex novo delle soluzioni architettoniche praticamente sconosciute nel nostro continente, come l’arco a sesto acuto, gli archi rampanti oppure le volte a costoloni.
Le questioni quindi ancora irrisolte riguardo queste uniche costruzioni riguardano essenzialmente due campi: quello tecnologico e quello economico.
Come furono apprese le conoscenze necessarie per l’edificazione di tali edifici, e come furono trovati i fondi necessari per la loro costruzione?
Queste domande hanno ispirato l’articolo che segue, scritto dall’amico Pike Bishop, e pubblicato sul sito del Portico Dipinto.
Nella seconda parte dell’articolo, che invito a leggere direttamente sul Portico, viene anche avanzata una ipotesi orginale ed alquanto interessante sul quale fosse realmente il celebre Tesoro dei Templari.


La Cattedrale di Salomone

di Pike Bishop

[…]
La cattedrale di Bourges è stata con tutta probabilità la prima grande cattedrale gotica ad essere terminata (i lavori cominciarono pressapoco all’epoca dello stabilimento della fabbrica di Chartres) ed è particolare per la sua pianta che non è cruciforme.
Bourges è grossomodo nel centro geografico del grande paese europeo e ne è stata la capitale per lungo tempo proprio in virtù di questo fatto.
Era già un centro importante ai tempi della campagna di Giulio Cesare e i suoi abitanti (che probabilmente erano più o meno lo stesso numero che sarebbero poi stati nel medioevo, circa 15.000) non sfollarono e non applicarono la dottrina della terra bruciata di Vergingetorige, sicuri della solidità del loro unico muro di difesa e della impraticabilità delle paludi che la circondavano da tre lati, come insegna Kurosawa nei 7 samurai.
A differenza dei giapponesi del film, la banda di delinquenti romani era dotata di ferrea disciplina e riuscì ad abbattere la formidabile muraglia: tutti gli abitanti (tranne gli 800 che si rifugiarono nelle paludi) furono trucidati, e la città distrutta.
I Romani però compresero l’ottima posizione geografica e la ricostruirono come città romana erigendo un tempio sulle rovine del precedente tempio pagano.
In epoca cristiana una cattedrale in stile romanico fu eretta al di sopra del tempio romano, ma nel secolo XII si rivelò troppo angusta per la cittadina che aveva nel frattempo raggiunto di nuovo i 15.000 abitanti.
O almeno questa è la versione ufficiale che giustifica la costruzione di una nuova cattedrale.
Tenete in conto che 15.000 anime non sono certo una metropoli, che la chiesa non era nemmeno una parrocchia ma solo la sede dell’arcivescovado, che non era mai stata meta di pellegrinaggio (e mai lo sarà, tranne per il sottoscritto ed i soliti turisti giapponesi) e non conteneva nessuna reliquia che ne giustificasse il pagamento del biglietto per l’ingresso, che non ci fu mai.
Come per l’altra ventina di cattedrali gotiche spuntate tutte assieme con tecnologie che paiono improvvisamente portate da un uomo su una torta fiammeggiante che disse vi chiamerete Beatles, con la “a”, il problema principale (se credete nell’omino della torta) non è tanto dove avessero preso la tecnologia sconosciuta, ma da dove arrivassero i soldi per pagare un esercito di lavoratori altamente qualificati che venivano da ogni parte d’Europa per un centinaio d’anni e procurarsi e trasportare una mole di materiale che sarebbe bastato per una piccola (ma neanche tanto) piramide egizia.

E’ già difficile capire come l’arcivescovo Henry De Sully potesse giustificare una impresa titanica di quel tipo (al confronto TAV e ponte sull Stretto sono abbastanza economici) considerando anche che i pellegrini non sarebbero fioccati anche perchè pressapoco allo stesso tempo si stavano realizzando un’altra ventina di progetti analoghi nel centro-nord della Francia, ma è inconcepibile pensare in che modo si sarebbero potuti raccogliere i fondi in un periodo economicamente non particolarmente florido e nel mezzo di continue dispute militari, anche esse molto costose.
Quindi i problemi – o misteri, se siete più inclini all’occulto – essenzialmente sono due: quello economico e quello tecnologico.
A quello tecnologico si è cercato di rispondere, specie negli ultimi anni con ogni sorta di teoria – e badate bene, quella dell’omino sulla torta fiammeggiante non è neanche la più bislacca.
Dopo una preventiva epurazione delle teorie più folli, i casi si restringono di nuovo a due: o la tecnologia è stata inventata di sana pianta mentre stavano costruendo St. Denis o l’hanno appresa da qualche altra parte.
La prima ipotesi non sarebbe da scartarsi se si fosse stati in un periodo particolarmente fecondo della cultura europea.
Purtroppo non era così, anzi, piuttosto, il contrario: c’era una tale crisi di idee e di mezzi che si scelse di finanziare (molto poco) un’impresa folle di attacco all’Islam più che altro per sbarazzarsi di gente che non si voleva tra i piedi e di nobili che avrebbero solo seminato morte e distruzione per l’Europa.

A questo proposito, però, spicca la differenza tra i crociati e un piccolo manipolo di nove uomini, tutti parenti o relazionati con Bernardo di Chiaravalle (abate sull’orlo del crollo finanziario la cui abbazia era stata donata proprio dalla famiglia di uno dei nove, i De Champagne signori di Troyes, alla cui corte nacquero i Troubadours e la leggenda di Re Artù e che incoraggiavano la presenza di ebrei e studi cabalistico-esoterici) che si recarono all’Outremer per prendere possesso delle “stalle” di quel che si pensava essere ciò che restava dell’antico Tempio di Salomone a Gerusalemme.
I cavalieri restarono a Gerusalemme per 9 anni e nessuno ha mai trovato traccia di documenti che ci spieghino cosa ci facesse lì un ordine cavalleresco formato da nove membri che non accettavano proseliti e che non combattevano o facevano niente che sia mai stato riportato.
Tutto questo è ampliamente conosciuto ed è stato scritto già da tutti gli emuli di Dan Brown in tutte le salse, tutte melense e di pessimo gusto.
Qualcosa però questi cavalieri avevano portato a casa di sicuro visto che l’ordine improvvisamente divenne ricchissimo, potentissimo e creò innovazioni in campo finanziario.
Allo stesso tempo la tecnologia europea fece un balzo incredibile all’indietro, nel senso che tecnologie romane non utilizzate da un mezzo millennio vennero utilizzate di nuovo improvvisamente proprio per costruire le cattedrali (la gru propulsa dalla ruota da criceto con operaio cricetato, il maglio automatico ad acqua e via elencando) e parimenti in avanti con tecnologie di cui non si ha notizia precedente come quella dell’arco ogivale e del soffitto a doppia crociera delle cattedrali gotiche fiorite proprio nei paesi di origine dei 9 cavalieri.


Ora, se questa tecnologia, come alcuni dicono sia frutto di segreti appresi nelle stalle del Tempio di Salomone, non è dato sapere.
Ma non c’è alcun dubbio che i 9 cavalieri siano connessi con la nascita repentina delle cattedrali.
Se andate dalle parti di Urfa, l’antica Edessa, capitale di un regno crociato e luogo di nascita di Abramo, troverete delle rovine romane ma anche altre molto più antiche che secondo l’archeologia ufficiale, badate bene, non quella alternativa, sono risalenti a 11.000 anni addietro.
Nel mezzo si trovano resti non datati in cui si possono distinguere chiaramente archi ogivali. Che anche il famoso Tempio di Salomone fosse costruito come una cattedrale gotica?


Sembrerebbe di si. Le dimensioni di Notre Dame di Parigi e di Chartres ricalcano fedelmente quelle che la Bibbia attribuisce al tempio.
Bourges, che non ha la forma a croce, sembra di tutte quella più somigliante.
Viene inoltre da pensare che le due famose colonne del Tempio che vengono ricordate nella mitologia massonica potessero essere invece le due torri delle cattedrali: probabilmente le si è sempre chiamate colonne solo perchè tempio, a tutti, ha sempre ricordato l’architettura greca classica.
Altre menzioni massoniche ci ricordano che nel tempio (e nelle cattedrali) visto il lungo tempo in cui le impalcature dovevano restare erette, formassero una struttura dall’aspetto niente affatto provvisorio e ci fossero più piani (almeno due secondo la lettura massonica della tavola del secondo grado) di legno collegati con scale dotate di alzata, pedata e balaustra.
Altra notevole similitudine, sempre secondo il rituale massonico, il rosone e la posizione del Sancta Sanctorum, esattamente quella della Cattedrale di Bourges, il che può significare solo due cose: o il Tempio era come Bourges o i massoni hanno ricostruito la loro versione del tempio adattandola a ciò che conoscevano, cioè le cattedrali.
Ma ciò farebbe in ogni caso pensare che la Massoneria non sia così recente come si suole pensare.

continua

si veda anche:
Stelle e Cattedrali
Nostra Signora di Chartres

4 Marzo 2012

Il Sacrificio, ieri e oggi

Chac Mool
Il sacrificio, come l’etimologia del nome stesso indica (sacrum facere), rappresenta l’atto più sacro all’interno di ogni religione, l’elemento fondante attorno al quale ogni credo si sviluppa.
Nella religione vedica, tutti gli esseri viventi ebbero origine dal sacrificio di Purusha, l’Uomo Primordiale, smembrato dai Veda nell’atto di creazione del mondo.
Questo smembramento è simbolo del passaggio dall’unità al molteplice, l’atto necessario affinché il mondo materiale possa iniziare ad esistere: si tratta di un passaggio che si ritrova in tutte le cosmogonie religiose dell’antichità, patrimonio comune della conoscenza condivisa dall’umanità delle epoche passate.
Il rito sacrificale, quindi, condiviso dalle religioni del passato e del presente, ricrea e ripete ogni volta quel sacrificio primordiale, il momento di divisione e di sofferenza con cui la realtà ebbe inizio.
Scopo principale del rito è infatti ricreare nel mondo materiale le realtà celesti, e ripercorrere in terra le azioni dei mondi superiori, creando un legame tra le diverse dimensioni dell’essere in un momento in cui il tempo e le distanze cessano di esistere.
Questo elemento fondante non manca nemmeno nel Cristianesimo, la cui dottrina si fonda sul Sacrificio per eccellenza, quello del Cristo Figlio di Dio.
Il Cristo ripercorre col suo gesto il sacrificio originario, ricrea in sé la divisione primordiale che condusse dall’unità al molteplice, ed in una dimensione a-temporale chiude il ciclo della creazione stessa.
Da questo punto di vista, per la religione cristiana non vi potrà più essere alcun sacrificio dopo quello di Gesù, dal momento che nella sua figura si compie il ciclo della divisione originaria, ed in sé il Figlio di Dio ricompone lo strappo dell’inizio dei tempi.

Nelle epoche passate, e anche in quelle presenti, come si vedrà, questo rito oscillò spesso tra un richiamo simbolico ed un crudo realismo, laddove nel tempo diverse culture non esitarono ad “utilizzare” esseri viventi, animali ed anche uomini, per portare a termine il rituale.
Il sacrificio umano era comune nelle popolazioni semitiche dell’antichità, nelle culture precolombiane dell’America centrale, ed anche nelle popolazioni che abitavano il continente europeo prima dell’arrivo delle stirpi indoeuropee.
La commistione tra piano simbolico e piano contingente può infatti avere come esito un approccio confusionale nei confronti del rito stesso, una degenerazione che dal piano religioso porta a quello magico: questo è propriamente ciò che accadde in quelle culture che nel ricreare il sacrificio originario dell’ Uomo Primordiale ricorsero a dei sacrifici umani veri e propri.
L’aspetto simbolico lasciò il campo a quello “magico”, e l’atto in sé acquisì una valenza diversa, utilitaristica e “materiale”.
Tale processo rappresenta un aspetto comune in diverse tradizioni, laddove nel termine del loro ciclo terreno all’antica sapienza si sostituiscono il richiamo magico e la superstizione, che come il termine stesso indica rappresenta ciò che rimane di un’antica conoscenza nel momento in cui si smarrisce il suo significato più profondo.

Per comprendere il modo in cui il concetto di sacrificio ha assunto nel tempo una ulteriore valenza, è bene ricordare come il piano simbolico si contrappone a quello magico-utilitaristico.
Nel primo caso, come già accennato, il rito rappresenta quel momento in cui la dimensione temporale si annulla, e si ricrea in terra l’azione celeste, unendo in questo modo le due realtà e creando un legame tra i diversi mondi.
Nella visione magica, al contrario, il rito assume anche uno scopo “utilitaristico”, e per mezzo del suo compimento gli officianti si attendono un responso: l’atto magico è propriamente questo, infatti, ovvero l’attendere un fenomeno a seguito di una propria azione rituale, in contrapposizione con la teurgia, che invece mira solo a stabilire un ponte tra ciò che è tangibile e ciò che appartiene ad un piano superiore.

I sacrifici umani, di conseguenza, appartengono al piano magico-utilitaristico, e sono sempre stati effettuati nella convinzione di poter per mezzo di essi ottenere benefici materiali in questo mondo.
Il sacrificio di Ifigenia narrato nell’Iliade, l’uccisione di migliaia di prigionieri di guerra eseguiti dai sacerdoti Aztechi, i bambini immolati al Dio Moloch dalle antiche popolazioni semite, ogni sacrificio umano di cui la storia ci porta notizia venne compiuto in attesa di una contropartita contingente.
Secondo le scienze magiche, infatti, nell’atto del sacrificio entrano in gioco potenze psichiche dirompenti, e l’energia vitale della vittima può essere indirizzata affinché si possa compiere il proprio scopo, che si tratti di stimolare i venti che aiutino la partenza delle navi, di allontanare la fine del mondo, oppure di affrettarla.
Aleister Crowley,il principale mago ed occultista del novecento, descrisse nel dettaglio il modo in cui i sacrifici umani debbano essere compiuti, affinché le energie vitali liberate potessero essere ottimamente convogliate ed utilizzate, così come la teosofa Alice Bailey, madrina della New Age, non mancò di ricordare come queste forze psichiche liberate dalla morte di milioni di persone potessero aiutare e favorire il tanto agognato processo del “passaggio di era”.

I sacrifici, quindi, lungi dall’appartenere alle civiltà del passato, continuano ad essere officiati anche nei nostri tempi, in modi invero più subdoli ed assai meno visibili, rispetto ai tempi antichi.
La nuova religione luciferiana che nei nostri tempi si sta imponendo, in maniera sempre più evidente, necessita infatti di grandi quantità di queste “energie vitali”, affinché i suoi scopi possano essere raggiunti.
Il rito per eccellenza di questa nuova religione ebbe luogo l’11 Settembre del 2001, il giorno in cui migliaia di persone perdevano la vita all’interno delle due colonne del vecchio tempio che crollava, propiziando con il loro sacrificio l’edificazione del Nuovo Tempio spirituale che dovrebbe fare da suggello al Nuovo Ordine.

Ma riti sacrificali di stampo magico continuano a verificarsi ogni giorno, con continuità in ogni parte del mondo.
Sacrifici più o meno potenti, spesso portati avanti in maniera ignara da officianti inconsapevoli.
Sempre Crowley,  sottolineava nei suoi libri come la vittima sacrificale per eccellenza fosse un bambino, dal momento che la sua purezza poteva garantire un forte “rilascio” di energie psichiche: secondo questa visione, di conseguenza, le forze vitali più potenti vengono ottenute per mezzo dell’uccisione di infanti, e risultati ancora maggiori si potranno avere se il bambino non è ancora stato nemmeno “contaminato” dal mondo esterno, ed ancora vive all’interno del grembo della madre.
Ecco quindi che quello del feto risulta il sacrificio più potente, dal punto di vista magico.
Forse, la tragedia dei milioni di aborti compiuti al mondo ogni anno, potrebbe assumere una valenza ancora più oscura, e terribile.