Blessed be

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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
8 Febbraio 2012

Potenti e pierini


Gli uomini di potere, comunemente intesi, sono coloro che hanno la possibilità di decidere delle sorti della popolazione, le persone le cui decisioni  immancabilmente condizionano il vivere quotidiano degli altri.
Il concetto di potere, però,  può essere interpretato da diverse angolazioni.
Nella piramide del potere, infatti, vi è una distinzione, più volte ribadita, della quale occorre sempre tenere conto: non bisogna mai confondere coloro che le decisioni le prendono con coloro che invece quelle decisioni le devono solo attuare.
L’universo politico nella sua interezza è composto dal secondo gruppo, quello degli esecutori, poiché chi il potere lo detiene realmente non si espone, e manda avanti dei prestavolto utili ad attirarsi le ire dei sudditti in cambio della visibilità, della sensazione di essere importanti che alimenta il loro piccolo ego.

Quelli che noi crediamo “potenti” non sono altro che dei poveri diavoli, individui che hanno ceduto la loro dignità e la loro anima in cambio di misere gratificazioni, proni omuncoli che elemosinano cariche e lustrini,  alimenti per il loro ego corrotto ed irrimediabilmente compromesso.
Un chiaro esempio della piccolezza di questi personaggi di rappresentanza si può osservare nel seguente filmato, in cui quello che in teoria dovrebbe essere l’uomo che detiene il maggior potere decisionale nel nostro paese si mette a farfugliare cose senza senso dinnanzi ad una domanda “scomoda” di una giornalista, come un pierino qualsiasi colto dalla maestra con i compiti non fatti.
E l’argomento in questione, tra parentesi, dimostra ancora una volta il paradosso dell’attuale momento economico che stiamo vivendo, e la assoluta immoralità di cui il nostro governo, come qualsiasi governo, si fa rappresentante.
Si parla dei 15 miliardi di euro spesi per dei caccia F35, e al nostro presidente del consiglio viene chesto se questi soldi siano spesi bene.
In un momento in cui milioni di persone restano senza lavoro, in cui gli organi dello stato rastrellanno i beni delle famiglie inventando nuove tasse e balzelli,  pizzi da estorcere per “evitare il peggio”, al nostro rappresentante del governo viene chiesto se questa spesa fosse necessaria.
E, davvero, quale altra risposta ci potrebbe stare, se non “certo che sono soldi spesi bene, noi siamo dei criminali, ed i criminali è questo che fanno: rubano alle persone e poi le prendo pure per il c…


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5 Febbraio 2012

Entre besos y raices


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2 Febbraio 2012

Iper Realtà

come potete sapere che ogni Uccello che fende le vie dell’aria non sia un universo di delizie, chiuso dai vostri cinque sensi?
William Blake

Omar Ortiz

Un giorno un re riunì alcuni ciechi e propose loro di toccare un elefante per constatare come fosse fatto.
Alcuni afferrarono la proboscide e dissero: “Abbiamo capito: l’elefante è simile a un timone ricurvo”.
Altri tastarono gli orecchi e dichiararono: “È simile a un grosso ventaglio”.
Quelli che avevano toccato una zanna dissero: “Assomiglia a un pestello”.
Quelli che avevano accarezzato la testa dissero: “Assomiglia a un monticello”.
Quelli che avevano tastato il fianco dichiararono: “È simile a un muro”.
Quelli che avevano toccato una gamba dissero: “È simile a un albero”.
Quelli che avevano preso la coda dissero: “Assomiglia a una corda”.
Ognuno era convinto della propria opinione. E, a poco a poco, la loro discussione divenne una rissa.
Il re si mise a ridere e commentò: “Questi ciechi discutono e altercano. Il corpo dell’elefante è naturalmente unico, e sono solo le differenti percezioni che hanno provocato le loro diverse valutazioni e i loro errori”.

Questa nota storiella zen esprime meglio di mille testi filosofici il rapporto che gli uomini hanno con la realtà.
Come i ciechi della storia, gli uomini possono interpretare la realtà solo rapportandosi con una piccola frazione della sua totalità, ciò è inevitabile.
L’errore in cui spesso si cade è l’elevare il proprio parziale a paradigma, sentenziando sulla totalità in base alla propria piccola limitata esperienza.
E più grave ancora è il credere di aver compreso la natura profonda della realtà basandosi esclusivamente sui propri cinque sensi.
I ciechi hanno quattro sensi, la quasi totalità del resto dell’umanità ne possiede cinque.
Ma anche essi, in fondo, potrebbero non essere sufficienti, per comprendere.

L’ iperrealismo

Steve Mills

L’iperrealismo è, probabilmente,  la corrente artistica più bistrattata dalla critica specializzata.
Nata negli anni settanta, questa tecnica si contraddistingue per la riproduzione esasperatamente fedele della realtà, il più delle volte partendo proprio da delle immagini fotografiche, immagini delle quali si ripropongono persino gli effetti ottenuti dalle macchine più professionali.
Come è noto, l’invenzione della fotografia segnò un vero e proprio spartiacque nella storia della pittura: non vi poteva più essere confronto tra la volontà del pittore di rappresentare la realtà così come era percepita e la resa fotografica; gli artisti quindi nelle loro opere cercarono dell’altro, e dopo aver dato spazio all’espressione della loro interiorità, delle percezioni che il reale offriva, investigarono l’introspezione stessa, l’essenza della realtà e il suo impatto emotivo.
La realtà così si astrasse, e si arrivò infine all’arte concettuale, in cui ogni vecchio riferimento era superato nel nome della idea pura, che si materializzava.
Così l’iperrealismo, all’interno di questo percorso “rivoluzionario” della pittura, si presenta come una rivoluzione nella rivoluzione.
Gli iperrealisti ritornano alle origini.
Di fronte alla pittura, chi con l’arte ha un rapporto più diretto e meno intellettuale tende ad apprezzare le opere che maggiormente esprimono la capacità dell’artista di rappresentare il reale con maestria, “avvicinandosi” al vero.
Così come primo passo di chiunque si cimenti in questa arte è il tentativo di approcciarsi a questa realtà, alla ricerca di una verosimiglianza.
Gli iperrealisti portano a termine questo processo, in maniera oltremodo rivoluzionaria, proprio perchè il loro essere da un certo punto di vista “reazionari” non può che apparire estremamente rivoluzionario, in una epoca in cui la rivoluzione e la “provocazione” sono diventati la norma.
Non a caso diviene massima provocazione fare della pittura una perfetta simulazione del reale, e portare questo percorso agli estremi.

In una epoca dominata dalla fotografia questo tentativo può apparire oltremodo insensato, ed in effetti, andando oltre, gli iperrealisti non solo riproducono il reale, ma ricopiano delle fotografie, ovvero delle riproduzioni del reale.
In questo, probabilmente, il movimento iperrealista è quello che meglio rappresenta la nostra epoca, in cui reale, non reale, copia del reale e riproduzione della realtà si fondono.
Più reale del reale.

Le idee celesti e le idee terrene

solve et coagula, … et solve …

Secondo la concezione cosmologica di Platone, il mondo “reale”, quello che a tutti gli effetti può considerarsi tale, è il mondo delle idee.
Un mondo in cui ogni cosa è presente nella sua pura essenza, un mondo del quale il nostro non rappresenta che una mera riproduzione di livello inferiore.
Tale concezione è tipica della mentalità arcaica pre-aristotelica.
Con Aristotele si compie invece quella rivoluzione che darà il via a tutta la mentalità moderna.
La realtà, da Aristotele in poi, verrà cercata nella materia, al suo interno, e il mondo metafisico lentamente si ecclissa.
E’ noto come Platone considerasse il mondo materiale come pallida imitazione del mondo “vero”; di conseguenza, nelle rappresentazioni artistiche, nella pittura e nella scultura, il maestro Ateniese vi vedeva una ulteriore imitazione, di livello ancora più basso.
Una riproduzione di una imitazione.
Se Platone avesse avuto la possibilità di osservare delle fotografie, probabilmente le avrebbe giudicate allo stesso modo: copie di copie.
Secondo questa concezione, quindi, l’opera degli iperrealisti che riproducono su tela il più fedelmente possibile delle foto, risulterebbe una copia di una copia di una copia.
Ed in ogni passaggio una “frazione” della “realtà” metafisica verrebbe persa.
E’ interessante a questo punto notare come la modernità , con il suo frazionare e il suo concentrarsi sulla materia, abbia portato avanti un lungo percorso di “materializzazione” dell’esistente.
Questo percorso però nei nostri giorni ha subito una evoluzione: dopo aver attraversato un lungo periodo di materializzazione, è iniziato infatti il processo di “dissolvimento”, o “smaterializzazione” della realtà.
Ha fatto infatti la sua comparsa l’universo del “virtuale”, che ricalca, ribaltandolo, il mondo immateriale delle idee.
Le idee stesse tornano ora a riproporsi prive del loro supporto fisico.
Un processo del quale gli iperrealisti sono stati precursori, forse inconsapevoli, con la loro opera di riproduzione di un qualcosa che del reale fisico era a sua volta una rappresentazione.

La dissoluzione del reale

Dalle prime testimonianze della creatività umana, e per tutta la storia a seguire, vi è stata una costante che ha accomunato tutte le produzioni che prendevano vita.
Dai primi murales, ai primi ossi incisi, fino alle tele, ai libri di carta: ogni creazione umana necessitava di un supporto materiale per potersi manifestare.
Questa considerazione, a prima vista scontata, cela in sé in verità una questione più ampia.
Per Platone il mondo delle idee era intangibile e perfetto, e  il nostro ne era una semplice riproduzione materiale.
Da Aristotele in poi la metafisica inizierà il suo lungo percorso di declino, finché Nietzsche in epoca moderna ne decreterà definitivamente la scomparsa.
Vediamo quindi gli uomini che per creare necessitano della materia, di un supporto sul quale manifestare la propria idea, nello stesso modo in cui per Platone il mondo materiale era la manifestazione della Idea del creato del Principio Supremo.
In contemporanea, si assiste all’oblio della concezione metafisica, e il legame con il celeste viene sempre meno.
Il reale si materializza sempre più.
Il processo pare inarrestabile, e vi è un momento in cui, estratta tutta l’anima dal reale, non rimane che una mera massa.
Ma il processo non si ferma, nulla nel regno del divenire si può fermare.
E quando l’ uroboros si morde la coda, il ciclo riprende, sempre simile e mai eguale a se stesso.
Ottenuta quindi la pura materia, inizia il processo inverso.
La smaterializzazione.

Solve et coagula erano i passi fondamentali dell’alchimia medioevale, dissolvi e coagula.
Ora tutto è coagulato, ed è tempo di solve.
E il regno di questo processo, il massimo paradigma di questa rivoluzione, è proprio il luogo in cui anche questi scritti si muovono: l’etere del terzo millennio, la rete.
L’informatica, e la rete di internet, hanno dato il via al processo di smaterializzazione del reale.
Per la prima volta un pensiero, un’ opera, uno scritto, non necessitano di un supporto materiale per essere condivisi.
Per osservare un quadro, occorreva necessariamente osservare la tela in cui quel quadro fosse stato dipinto.
Per leggere un libro occorreva tenere in mano il supporto cartaceo.
L’idea era strettamente legata alla materia che la sosteneva.

Con l’informatica l’idea si slega dalla materia.
L’idea ora viaggia da sola, dopo un invio si riproduce all’infinito, scompare e ricompare, non è più materia, si è di nuovo smaterializzata.
E, a differenza di quanto fino ad ora è stato, basta un semplice black out, e tutto questo mondo di idee, questa nuova metafisica capovolta, scompare, si dilegua, senza lasciare ai posteri la minima traccia.

Omar Ortiz

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30 Gennaio 2012

Ciò che splende

I’d try to tell you that the things we had were right


Quando veniamo al mondo le nostre anime sono come dei vasi pronti ad accogliere in sé i semi più disparati che le opportunità della vita vorranno elargire.
Alcuni di questi vasi saranno più propensi a far crescere i migliori fiori, altri troveranno difficoltà nel far fiorire i loro semi, ed altri ancora avranno bisogno di essere annaffiati a lungo, prima di dare vita alla loro pianta.
In ogni caso, la qualità della terra ospitata e i semi che si avrà la sorte di accogliere determineranno quello che il vaso diverrà nel tempo.
E come le piante ospitate, così le anime possono crescere ed espandersi nel tempo, allargarsi fino a trascendere il corpo materiale, oppure possono avvizzirsi nel silenzio fino ad arrivare a sopravvivere a stento.
Perchè per quanto il terreno sia buono, nulla cresce se non riceve la luce del sole, nulla lo può fare senza l’acqua di cui necessita.

Pare quindi a volte che molte cose attorno a noi si adoperino affinchè le piante che portiamo dentro rimangano all’ombra, si ha a volte l’impressione che vi siano forze che della nostra stessa anima si nutrono.
I segnali che ci circondano ci parlano di paure, di insicurezze, di precarietà, e compito dei grandi mezzi di comunicazione pare sia proprio quello di amplificare questi messaggi di sventura.
Come il ruggito a bassa frequenza degli animali feroci che tentano di immobilizzare la loro preda, così coloro che determinano gli etat d’esprit del nostro tempo paiono tentare in tutti i modi di nasconderci la luce, affinchè il timore e la rassegnazione divengano la guida dei nostri giorni.
E quando le anime si rinseccano si ritirano in se stesse, e così facendo non sono più in grado di comprendere ed unirsi a quelle che le circondano.
Quando questa è la realtà, non rimane altro da fare che cercare a tutti costi i luoghi in cui la luce ancora compare, ancora risplende.
Il calore umano, la consapevolezza che vi è qualcosa che accomuna gli uomini, e che quel qualcosa sarà l’unica fonte di salvezza.



Il videoclip della canzone Another Chance, di Roger Sanchez, si sviluppa attorno ad una idea semplice e straordinaria nello stesso tempo.
E’ la storia di una ragazza che si porta appresso un cuore troppo grande, il ché crea imbarazzo e diffidenza in coloro che la circondano.
Disillusa dalla freddezza e dall’indifferenza degli altri, la giovane ragazza vede il suo cuore divenire sempre più piccolo, finché un giovane non si interessa a lei.
Il contatto umano farà sì che il cuore divenga di nuovo grande, e la giovane ritroverà il sorriso e la forza di affrontare un nuovo giorno.

Siamo ormai abituati ad analizzare videoclip musicali che propagano messaggi sostanzialmente oscuri, facenti uso di un simbolismo occulto che trasmette sensazioni negative anche in coloro che del simbolismo stesso si disinteressano.
In questo video, che si tratti di una operazione cosciente o meno, viene raccontata in maniera allegorica una delle più grandi verità riguardanti il genere umano, ovvero la capacità dell’anima di crescere o di atrofizzarsi in base agli stimoli che riceve, in base alle sensazioni di cui si nutre.
Se viviamo in tempi complicati, se tempi ancora più duri ci attendono, e se attorno a noi si espandono le ombre, quello che resta da fare è il cercare, ad ogni costo, ciò che ancora splende, e trarne nutrimento.

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25 Gennaio 2012

Il flusso del potere - parte II


C’è una parete bianca, limpida, appena intonacata.
Un bel bianco uniforme, senza sbavature.
E su questa parete, qualcuno getta dell’inchiostro nero.
Una piccola macchia, nera.
La parete nel suo intero ne rimane segnata, e per quanto il bianco sia di gran lunga predominante, tutta la nostra attenzione ricadrà su quella unica macchia.
Così come una fresca tovaglia profumata, appena lavata e ben stirata, diviene “sporca” se vi cade sopra accidentalmente una goccia di caffè.

Con l’umanità intera, accade la stessa cosa.
Ogni uomo porta in sé un bagaglio di virtù e mancanze, grandi e piccole qualità e misere o immense meschinità, ma nel complesso la maggioranza delle persone da sempre desidera di vivere in pace e di sopravvivere al meglio delle proprie possibilità.
Una piccola minoranza, invece, trova soddisfazione nella prevaricazione del prossimo e nella violenza, nel dominio e nella sopraffazione.
Tutta la civilizzazione umana si è strutturata attorno all’esistenza di questa minoranza, in funzione di questa minoranza: le strutture difensive dei centri abitati, le mura e gli steccati, e per finire l’esistenza stessa delle forme di governo pongono le loro basi sulla “necessità” di ottenere protezione da quegli individui.
Assassini, stupratori, ladri, rappresentano una piccola minoranza del genere umano, ma è a questa minoranza che si pensa quando si sostiene la necessità di avere delle forze di “polizia” che ci sorveglino, quando si decide di cedere parte della propria libertà in cambio di “sicurezza”.

Come la macchia di inchiostro sulla parete bianca, questa minoranza rovina l’equilibrio di tutto l’insieme, e attira su di sé tutta l’attenzione.
E’ quindi sorprendente accorgersi quanto questa minoranza sia poco studiata, e quanto poco si sia riflettuto nei secoli sulla effettiva influenza che queste persone hanno avuto nel determinare lo sviluppo della civiltà stessa.
Forse il migliore tentativo in questo senso fu fatto da Alex Comfort, che nel suo saggio “Potere e delinquenza” definì il concetto di “attitudine delinquente”, ovvero quella predisposizione che caratterizza alcuni uomini e che li porta a cercare la propria realizzazione esclusivamente nella sopraffazione e nel dominio ai danni dei loro simili.
Fin qui l’analisi di Comfort risulta lineare; la sua vera intuizione illuminante, tuttavia, fu quella di dividere le persone che si distinguono per tale predisposizione in due categorie: i delinquenti comuni, violenti e grossolani, e quelli più raffinati, dotati di distinte doti intellettuali.
Il primo genere di criminali tenderà a dare sfogo alla propria natura principalmente per mezzo della violenza, mentre il secondo gruppo, quello dei più fini, cercherà altre strade attraverso le quali esprimere al meglio la propria natura, strade che oltre ad offrire la garanzia dell’immunità dei propri crimini assegneranno anche una posizione sociale invidiabile e “rispettabile”.
Batteranno, in altre parole, le vie che portano alle stanze del potere.

Troppo raffinati per sporcarsi le mani con bassi delitti, troppo intelligenti per rischiare di essere scoperti nella loro iniquità, questi individui volgeranno tutte le loro energie per inserirsi nei quadri del potere, da dove potranno in un secondo momento dare sfogo alle loro pulsioni distruttive all’interno di un ambito di “legalità”.
Ma sarebbe riduttivo limitare l’azione di questa piccola minoranza nell’inseguimento di cariche di “responsabilità” civile: la stessa struttura del potere, gli stessi organi governativi, di ogni tipo, almeno per quanto riguarda il periodo della storia umana che possiamo documentare, sono una loro creazione.
I governi, gli stati, le forme di potere, le democrazie, nascono per precisa volontà degli individui dalle pulsioni criminali, i delinquenti raffinati che escogitano così una soluzione perfetta per poter esprimere appieno la propria natura senza subirne le consguenze, senza che la maggioranza contesti e ponga fine alle loro prevaricazioni.
E i delinquenti di basso livello, in questo schema, giocano un ruolo essenziale, dal momento che sono proprio loro la giustificazione che i loro simili raffinati utilizzeranno per la loro ascesa.
Fondamento e giustificazione di ogni forma di potere, infatti, è sempre la necessità di garantire la sicurezza ai “cittadini” pacifici, il proteggere gli “onesti” dalla malvagità e dalle minacce dei “violenti”.

Lo scopo dei delinquenti raffinati, quindi, è quello di ottenere il controllo dei loro simili per mezzo del loro stesso consenso, giustificando la loro presenza quale necessità per garantire l’equilibrio sociale, quell’equilibrio che sono i primi a violare per mezzo della sopraffazione e le guerre e il dominio sulle vite dei sudditi.
Il segreto del loro successo risiede tutto nella capacità di ammantare ogni forma di delitto da loro commesso sotto una patina di “legalità” (le guerre saranno missioni per garantire la pace, il furto diffuso si chiamerà “tassazione”, lo stato di controllo avverrà a vantaggio dei controllati, e così via).
Attraverso la gestione della forza intellettuale della società, in seguito, sarà anche semplice diffondere la propria dottrina ed il proprio punto di vista al resto della popolazione, arrivando col tempo a delineare ciò che è lecito e morale, ovvero ciò che garantisce la loro sopravvivenza nei piani alti del dominio.

Il flusso del potere – Prologo
Il flusso del potere – parte I
Il flusso del potere – flash back
Il flusso del potere – parte II
Il flusso del potere – parte III
Il flusso del potere – secondo intermezzo: popolo e conformismo
Il flusso del potere – parte IV
Il flusso del potere – Epilogo

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