Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
No, davvero.
Dopo Ruby in mutande, Sara Tommasi in mutande, ecco Sara Tommasi senza mutande.
A parlare di signoraggio, ovviamente, primario e secondario.
Non è dato sapere il momento preciso in cui la questione del signoraggio, questione che a suo modo merita una attenta analisi, si sia trasformata in barzelletta.
Successe a dire il vero molto in fretta.
La questione della creazione del denaro dal nulla divenne subito un campo in cui si gettarono a babbo morto illuminati niuegiani di ogni sorta, antroposofisti e freegaiani che videro la luce della stampante fatata.
Più recentemente, la tentazione del possesso di quella magica stampante conquistò i neototalitaristi di zeitgeist, mentre dalle nostre parti campione indiscusso della “denuncia” rimane l’avvocato Marra, ed il suo sempre più disinibito uso di testimonial più o meno celebri.
Ora, non si sa cosa effettivamente vi sia dietro tutto questo, e perchè la questione debba per forza scadere nel ridicolo.
L’impressione, ed è solo una impressione, è che nei piani alti vi sia qualcuno che si sta divertendo un mondo.
Post scriptum: se qualcuno cercasse un articolo che faccia effettivamente un po’ di chiarezza sull’argomento, in mezzo ad un mare di non-sense, antroposofia e reggiseni mancanti, suggerisco l’ottimo Signoraggio, un falso problema, dal sito Usemlab.
Ad osservatori attenti, ed anche meno attenti, risulta ormai evidente come la musica popolare contemporanea di grande diffusione si sia trasformata in gran parte in un mezzo per diffondere una nuova contro-spiritualità, con messaggi occulti e meno occulti indirizzati principalmente ai più giovani.
Ci si è anche chiesti fino a che punto i vari artisti siano consapevoli del loro ruolo, e quanto invece risultino manipolati.
Non esiste una regola generale, ma vi sono tante persone con le loro storie personali alle spalle; vi sono coloro che hanno fatto una scelta consapevole e partecipano al grande progetto della diffusione del nuovo etat d’esprit in prima linea, come il celebre rapper Jay Z, il musicista più influente degli Stati Uniti, e vi sono una schiera di giovani interpeti, in particolar modo appartenenti all’universo femminile, che sono state indirizzate sin dalla giovanissima età nell’ambiente dello show business.
Si tratta, in questo secondo caso, di vittime, bambini indifesi che subisco delle vere e proprie manipolazioni mentali e psicologiche fino a divenire in età adulta delle marionette eterodirette utili solo a generare guadagni ed a diffondere il verbo della nuova religione.
Trattando di tali temi, ci si è chiesti più volte se in uno scenario simile, una realtà in cui per emergere occorre fare dei patti tremendi con la propria coscienza oppure essere manipolati sin dalla più tenera età, ci fosse ancora spazio per dei messaggi positivi, all’interno del mondo della musica popolare.
Più volte, anche in questo blog, è rimbalazata la domanda: “ma allora non si salva proprio nessuno?”
In verità, per quanto sia sempre più difficile, esiste ancora la possibilità che il successo sia raggiunto anche per motivi esclusivamente di “merito”, ed ancora può capitare di imbattersi in canzoni che trasmettano dei genuini messaggi positivi; la stessa musica popolare, d’altro canto, ha accompagnato la storia dell’uomo proprio con questo compito, quello di alleviare il dolore della difficoltà del vivere, donando sollievo e speranza.
Dopo aver quindi a lungo trattato gli aspetti oscuri della diffusione della musica contemporanea, penso che divenga opportuno, nel momento in cui ci si imbatte in uno dei rari casi in cui un artista di successo diffonda con la sua musica dei messaggi profondamente positivi, segnalare queste gocce in mezzo all’oceano.
Il brano che segue è stato composto da Ben Harper, chitarrista e cantante statunitense, e rappresenta uno dei brani più belli pubblicati nel 2011 (il più bello, secondo il giudizio di chi scrive).
Il testo della canzone, intitolata Don’t give up on me now, tratta con profondità e semplicità i temi essenziali con i quali si deve confrontare un essere umano, dal bisogno di conoscere se stessi, alla necessità del ritrovarsi per poter poi dare il proprio contributo, all’importanza dell’aiuto delle persone che stanno intorno.
E soprattutto, prima di ogni altra cosa, il convinto e deciso rifiuto di cedere a qualunque compromesso.
It takes all you have to stare him down
and whisper, devil no deal
Il tempo, apre tutte ferite e la fiducia, mi porterà nella tomba il mondo non è mio non sta a me salvare il mondo non posso permettermi di perdere quello che facilmente si butta via
e non conosco nemmeno me stesso cosa ci vorrebbe per conoscere me stesso ho bisogno di cambiare ma non so come non abbandonatemi adesso
non è quello che facciamo è quello che facciamo di ciò che sentiamo di fare ci vuole tutto quello che hai per fargli abbassare lo sguardo e sussurrare “Diavolo, nessun accordo” Non voglio combattere non voglio combattere la guerra di mio padre puoi aspettare tutta la vita senza sapere cosa stai aspettando
e non conosco nemmeno me stesso cosa ci vorrebbe per conoscere me stesso ho bisogno di cambiare ma non so come non abbandonatemi adesso
Oggi Tra Cielo e Terra compie cinque anni.
Cinque anni sono un periodo che può apparire breve o sostanzioso, a seconda delle circostanze: nell’universo della rete, dove tutto viaggia a velocità amplificate, dove centinaia di mode esplodono e collassano nel giro di poche settimane, questo lasso di tempo rappresenta qualcosa di non esattamente frivolo.
Nei primi tempi, il blog è stato seguito per diversi mesi da una media di qualche decina di lettori, più altri sporadici visitatori che probabilmente vi capitavano per caso, incappando in queste pagine a volte soffermandosi, a volte precedendo oltre.
Devo confessare che scrivere articoli in quel periodo era molto più facile: non c’era nessun timore di essere frainteso, si trattava di esprimere dei concetti in libertà, condividendoli con un piccolo numero di lettori che viaggiavano sulla stessa lunghezza d’onda.
Col tempo la scrittura ha richiesto sempre più impegno e concentrazione, dal momento che diveniva necessario, e doveroso, valutare bene ogni espressione, verificare con attenzione ogni affermazione, usare uno stile di scrittura il più possibile lineare e semplice.
Ho provato a farlo.
Sia come sia, uno degli scopi che mi sono ripromesso sin dall’inizio fu quello di scrivere gli articoli da una prospettiva a lungo termine: volevo che quello di cui qui si trattava potesse risultare interessante anche a distanza di anni.
Siamo quotidianemante sommersi da miriadi di informazioni riguardanti la “attualità”, dedicando così la nostra attenzione ad argomenti che risultano “vecchi” e superati dopo che è trascorso solo qualche giorno; in questo blog desideravo che gli articoli potessero essere letti a distanza di anni col medesimo interesse (grande o piccolo, a seconda del giudizio di ogni lettore) del giorno in cui venivano pubblicati.
In qualche caso ci sono riuscito.
Questo non vuole essere un post celebrativo: un blog resta sempre un blog, e nella vita di ognuno di noi vi sono aspetti, appartenenti al mondo “reale”, sicuramente più importanti.
Nondimeno, in questi cinque anni ho dedicato diverse energie a questo progetto, a cui umanamente sono affezionato.
Così come è innegabile che la soddisfazione più grande è rappresentata dalla interazione con tutti coloro che hanno voluto dire la loro su quanto leggevano, a volte ritrovandosi d’accordo, a volte contestando, altre volte ancora completando con le loro osservazioni il contenuto dei post.
Un grazie penso sia dovuto, così come a coloro che hanno dedicato del tempo anche solo per leggere quanto qui proposto.
Il prossimo post di questo genere verrà pubblicato tra altri cinque anni, nella remota ipotesi che si sia ancora qui :-)
Narra la leggenda di una sera in cui un modesto chittarista che girovagava per le rive del Mississippi si recò ad un crocicchio, e lì invocò Satana in persona affinchè lo rendesse un grande musicista.
Fu accontetato, ed in cambio della sua anima ricevette in dono un talento che lo fece entrare nella storia della musica contemporanea.
La leggenda del chittarista blues Robert Johnson, tuttora considerato uno dei più influenti musicisti del XX secolo, è forse la più nota nel mondo del rock, ed ha stimolato la fantasia di numerosi appassionati fino ai giorni nostri.
Comunque siano andate le cose, la storia di Johnson fu veramente una storia maledetta: divenuto celebre all’improvviso, dopo una mediocre carriera in età giovanile, fece in tempo a registrare solo 29 brani, tuttora considerati pietre miliari dagli addetti del settore, prima di morire a soli 27 anni in circostanze misteriose.
La sua stessa esperienza al celebre crocicchio, the crossroad della tradizione americana, richiama riti ancestrali collegati al culto della santeria, una particolare forma di religiosità diffusasi tra le prime comunità nere portate negli Stati Uniti, una religione che univa elementi cristiani alla tradizione animista dell’Africa nera, tradizione che venerava forze della natura che potevano essere evocate e di cui ci si poteva servire, forze che abitavano luoghi particolari, come l’incrocio tra due strade.
La leggenda di Johnson univa a queste credenze un altro celebre topos della tradizione, quello della cessione dell’anima al demonio in cambio di privilegi: in Europa la famosa opera di Ghoethe, il Faust, diede a questo particolare tema anche una dignità letteraria.
Il concetto del “vendere l’anima al Diavolo”, ormai entrato a far parte dell’immaginario collettivo, può essere interpretato sia in modo letterale, per chi crede che certe presenze siano davvero reali, ed interagiscano col nostro mondo, sia in maniera allegorica: in questo secondo caso col vendere l’anima si intende il concedersi a dei compromessi pur di raggiungere il proprio scopo.
In realtà, le due interpretazioni non sono poi così lontane tra loro.
Nel mondo della musica rock, in particolare, il cedere a dei compromessi pare essere l’unico modo per poter emergere, in un ambiente in cui la concorrenza è numerosa e spietata; non sorprende, di conseguenza, che i temi che caratterizzano sempre più spesso i testi delle canzoni di successo nascondano risvolti non sempre limpidi, così come non sorprende che i protagonisti della scena internazionale diventino ogni giorno di più dei veicoli di messaggi impregnati di una ideologia ben precisa.
C’è anche chi come Bob Dylan, un altro degli indubbi protagonisti della scena rock degli ultimi 50 anni, senza giri di parole spiegò in una intervista la ragione del suo successo quale conseguenza del patto che fece con “il comandante in capo su questa terra”.
Che Dylan stesse usando un linguaggio simbolico o meno poco importa, dal momento che il concetto di base rimane inalterato.
La sua stessa espressione, inoltre, non somiglia molto a quella di una persona che sta scherzando, nonostante l’amaro sorriso finale.
E c’è anche chi, come la giovane cantante Katy Perry, astro emergente della musica pop degli ultimi anni, trova nella faccenda anche un lato divertente, e racconta di aver venduto l’anima al diavolo nello stesso modo in cui potrebbe parlare della cena del giorno precedente.
Ancora una volta, che si tratti di una battuta o di una metafora poco importa, dal momento che all’interno del contesto del successo tali espressioni assumono di per sé delle valenze in parte inquietanti.
La giovane Perry, tra l’altro, fu negli anni adolescenziali la classica ragazza tutta casa e chiesa, e dopo aver imparato a cantare nel coro della parrocchia, ed aver esordito con un album di brani a tematiche cristiane, ha infine addottato una immagine estremamente sensuale e libertina, andando così ad aggiungersi alla schiera delle good girls gone bad, le ragazze del pop che dopo essersi fatte conoscere come adolescenti innocenti con un look acqua e sapone si sono trasformate in giovani vamp ed aggressive (vedi Britney Spears, Cristina Aguilera, Rihanna, Miley Cirus, e così via).
Un successo che pare quindi richiedere sempre grandi privazioni in cambio, una concezione estremamente pericolosa da sempre presente nella natura umana ma che pare divenire ai giorni nostri sempre più modello vincente, atteggiamento addirittura giustificabile.
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a completamento dell’articolo, si riportano le interessanti considerazioni espresse da jackblack77 tra i commenti:
[…]tutto il fenomeno musicale del XX secolo nasce con Johnson. Da lì inizia il percorso che poi avrebbe portato all’industria discografica, all’ascolto ripetuto, al successo commerciale, a Elvis, i Beatles, i ’70 gli 80 ecc.. E, guarda caso, proprio la storiella di Johnson contiene una particolarità. Oltre che il rimando ai riti voodoo (poi ripreso da Hendrix) e ai crocicchi (poi omaggiato da tutti soprattutto Clapton), si ritrova il cliché del patto. Il patto […]ha origini antichissime e tramandate oralmente; ma, da quel che ne so, sono sempre stati dei racconti in cui il protagonista umano “gabba” in qualche modo l’Antagonista. Sono cioè delle narrazioni che hanno dei significati ben precisi: in primo luogo affermare una certa superiorità dell’Essere umano rispetto alle Entità Maligne; in secondo luogo, la possibilità per l’uomo – anche dopo aver momentaneamente “perso” l’anima (o quello che essa può rappresentare) – di recuperarla prendendosi una specie di rinvicita; ma solo se precedentemente si è avuta l’astuzia (metafora per superiorità spirituale) di trovare la falla nel ragionamento diabolico; e poi altri significati minori che si possono trovare frugando meglio.
Tornando alla particolarità nella storia di Johnson (e in quelle correlate, fino ai giorni nostri) è che da quel momento, il cliché del Patto cambia: non più un inganno dell’uomo sul Diavolo, trattandolo per quello che è (il diavolo fa le pentole ma non i coperchi, ecc) ma una specie di sacrificio “do ut des” a senso unico e micidiale. Vale a dire: io possiedo una cosa A che non mi serve (!), invece desidero una cosa B ma non la possiedo; vorresti fare uno scambio? Ovviamente la cosa non è INDOLORE ma richiede un prezzo. E il prezzo è proprio la cessione della cosa A che – in realtà – era la cosa PIU’ IMPORTANTE CHE SI POSSEDEVA NELLA PROPRIA VITA. A quel punto, secondo me il soggetto si accorge che senza di essa è già morto (spiritualmente) da un pezzo e se ne va dalla vista dei più. Alcuni soggetti se ne accorgono subito, altri dopo molti anni. Credo sia la spiegazione più banale. […]questa nuova versione del Patto è divenuta la moda imperante, tanto da diventare un modo di dire. Il pensiero comune degli artisti da un secolo a questa parte è divenuto “per ottenere l’obiettivo devo sacrificare TUTTO. Solo l’obiettivo conta”. Non c’è più il patto visto come una specie di “umiliazione” da parte di un Uomo Spiritualmente Superiore nei confronti dei poteri inferi, ma anzi il concetto è ribaltato: chi è disposto a vendere qualcosa di inutile (inutile per il mondo materialista) può avere subito la strada abbreviata e il trampolino di lancio per il successo planetario. “Tanto l’anima non esiste, quindi anche se me ne privo che problema c’è?”
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
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