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rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
15 Settembre 2021

La Resistenza

Il generale sbatté i pugni sul tavolo, le carte e le penne volarono per terra.

-Voglio quei cazzo di nomi!
I due tecnici informatici tentarono di farsi più piccoli di quello che erano, con lo sguardo a terra riuscirono solo a sussurrare delle flebili scuse.
– Generale, l’attacco è stato più profondo di quello che avevamo immaginato…
Per adesso siamo riusciti a ripristinare solo i sistemi della Valle d’Aosta e della Basilicata.
Stiamo lavorando sugli altri, ma abbiamo bisogno di ancora un po’ di tempo…
– Ancora un po’ di tempo? Abbiamo i campi pronti da più di una settimana, e ancora non abbiamo iniziato a rastrellare questi maledetti…
Siete degli incompetenti, fosse per me vi farei fucilare sul posto, ma tanto dopo mi manderebbero altri imbecilli come voi..
Datevi da fare, e non osate ripresentarvi davanti a me senza la lista dei nomi!

L’obbligo vaccinale voluto dal Presidente era entrato in vigore già da un mese, ma due settimane prima un terribile attacco informatico aveva messo fuori uso gli archivi delle regioni, rendendo impossibile alle autorità identificare i renitenti.
In una cascina semi derelitta, nel frattempo, isolata in un boschetto, da qualche parte ai piedi delle Orobie, un gruppo di oscure figure si ritrovava seduto attorno ad un tavolo.
Al centro ardevano le fiamme di quattro candele, fogli sparsi e mappe coprivano il legno secolare.
– I sistemi verranno ripristinati, è solo questione di tempo.
Abbiamo ancora una settimana al massimo.
– Se non ci saranno intoppi, entro tre giorni ci sarà il Ritrovo.
– Spartaco e il Peggiore sono a Roma da tre giorni, dove sono già stati raggiunti dagli altri.
Oregia è a Milano, l’Alano e Mortimer sono a Napoli, la Dama è a Firenze, Gigio è a Torino, lo Splendido a Genova.
Dopodomani ci raggiungono qui, e ci aggiornano sugli sviluppi.
Abbiamo calcolato 50.000 persone pronte a raccogliersi.

Il reclutamento dei dissidenti era stato portato avanti con maniacale prudenza.
Mentre i gruppi su telegram venivano sfruttati per annunciare improbabili blocchi ad aeroporti e ferrovie, per sviare i servizi, la vera raccolta degli uomini avveniva tramite passaparola.
Evitando i social, persino i telefoni.
Ci si contattava solo di persona, solo tra uomini fidati.
Veniva dato un foglio: sopra vi erano scritti una data, e un luogo.
Nulla più.
La mattina del 3 Novembre, mentre le forze dell’ordine e l’esercito erano schierati in grandi forze a presidiare le principali stazioni ferroviarie e gli aeroporti, migliaia di auto erano dirette verso la provincia bergamasca.
Nella cuore della bassa, in mezzo alla campagna aperta, un centro commerciale abbandonato da anni, isolato in mezzo al nulla, si ritrovava improvvisamente animato come nemmeno nei suoi giorni migliori, quando allegre famigliole e giovani fidanzatini si riversavano nelle sue gallerie per passare degli spensierati pomeriggi che spezzavano la monotonia dei grigi inverni padani.
– Sono più di quelli che avevamo calcolato…
Il parcheggio sotterraneo si è riempito già alle 10 di stamattina, e parliamo di 3.000 macchine, e ne stanno arrivando a decine di migliaia da ogni dove.
Il Generale è già stato allertato, e sta deviando tutte le forze qui, raccogliendole dalle stazioni.
– Abbiamo ancora poco tempo, dobbiamo accogliere più gente che possiamo.
Una volta che si troveranno di fronte 100.000 persone decise e pronte a tutto, dovranno per forza venire a patti con noi.
– Sai che sono stato con te sin dall’inizio, ma ti devo confessare che adesso inizio a preoccuparmi.
Questa cosa potrebbe sfuggire di mano, a noi e a loro.
– E’ possibile, ma non abbiamo altra scelta, non l’abbiamo mai avuta.

Le truppe del generale arrivarono a circondare il perimetro del centro commerciale alle 6 della sera.
Erano stati mobilitati 60.000 soldati, e 5000 agenti delle forze dell’ordine.
50 carri armati Ariete e Leopard erano stati posizionati nei punti strategici.
– Come procediamo, Generale?
Come facciamo a sgomberare 100.000 persone?
– Sgomberare?
Sono settimane che cerco di avere i nomi di questi terroristi, e adesso il cielo me li ha serviti qui in un piatto d’argento, stipati come mosche dentro un centro commerciale che va a pezzi…
Qui non c’è niente da sgomberare, Tenente.
Dia l’ordine ai carri armati di aprire il fuoco.
Faccia presto, che sta venendo buio.

31 Agosto 2021

Il fantasma di Bava Beccaris


Il ministro Lamorgese faccia una cosa: richiami in servizio Bava Beccaris, che sa come trattare questa gente, questi terroristi”
“Bava Beccaris, il feroce monarchico Bava con il piombo gli affamati sfamò”
“I novax sono dei terroristi meritano la celere che li bastoni
Giuliano Cazzola, ex Deputato della Repubblica Italiana

I moti di Milano del 1898, con la successiva repressione del governo a danno dei manifestanti, venivano ricordati all’unanimità come la pagina più tragica e vergognosa del Regno d’Italia ai suoi albori.
I lavoratori che protestavano per l’aumento del prezzo del pane vennero presi a cannonate dai soldati agli ordini del Generale Bava Beccaris, che ricevette in seguito, come premio per il suo operato, il titolo di grande ufficiale dell’Ordine militare di Savoia.
In epoca repubblicana il nome di Bava Beccaris evocò solamente vergogna e imbarazzo: il massacro di Milano fu infatti un avvenimento che strideva con tutta la narrazione del Risorgimento, con la retorica della ritrovata libertà del popolo italiano, finalmente libero dall’oppressione dello straniero.
Strana libertà, quella in cui i generali agli ordini del proprio governo massacrano con i cannoni i propri connazionali.
Ed era anche difficile far passare l’operato di Bava Beccaris come un “incidente”, dal momento che il generale non solo non subì ripercussioni, ma venne anche premiato dal Re ed ebbe anche un seggio al Senato.
Il fatto che dopo decenni di imbarazzo il nome del criminale Bava Beccaris venga nuovamente tirato in ballo, come esempio da attuare, da un ex parlamentare della Repubblica Italiana – uno che nella sua carriera ha svolto innumerevoli compiti istituzionali, tra ministeri e commissioni – dimostra come infine anche la maschera “democratica” con cui il potere costituito si era ammantato negli ultimi 70 anni inizi a vaccillare.
Come è già stato fatto notare, i tipi umani del genere dell’ex deputato Giuliano Cazzola, quelli che auspicano i cannoni contro i “dissidenti”, non sono figli di alcuni periodi storici particolari, ma sono in ogni epoca presenti all’interno della società.
Vi sono poi determinati momenti storici in cui si afferma uno spirito totalitario che permette loro di manifestarsi, di esprimere la loro vera natura.
Sono coloro che applaudivano Bava Beccaris, sono quelli che osannavano le squadracce fasciste, sono i Giuliano Cazzola di oggi.
Il fatto che oggi finalmente possano esprimersi liberamente senza timore di essere pesanetemente ripresi per loro idee totalitarie è un indice, uno dei tanti, del degrado sociale a cui la gestione folle di questa “emergenza” ci ha condotti.
Una situazione che ha il merito di ricordarci che questi personaggi, quelli che auspicano i cannoni contro le folle, sono sempre stati in mezzo a noi, a nostro fianco, nel cuore e a capo delle nostre istituzioni.
E adesso sono liberi di manifestare la loro vera natura.

31 Agosto 2021

I 12

«Giuramento simile io non mi sento di farlo e non lo faccio»,

Bartolo Nigrisoli, 1931 (uno dei 12, su oltre 1200)

Una delle obiezioni più ricorrenti quando si mette in dubbio la narrativa diffusa sulla pandemia è la seguente: “Tutti gli scienziati concordano sulla gravità dei fatti e sulla necessità delle misure adottate, e poi i politici e i giornalisti nella totalità condividono le stesse preoccupazioni: non possono essere tutti d’accordo per sostenere un “complotto”.
Si potrebbe, come prima cosa, far notare che questo non corrisponde a verità, in quanto i numerosi medici e scienziati che hanno messo in dubbio la narrativa ufficiale semplicemente vengono silenziati, non trovano posto nelle discussioni nei media e vengono allontanati dai loro posti di lavoro.
Abbiamo anche visto come i pochi intellettuali che hanno offerto una voce discordante al coro unanime siano stati trattati alla stregua di disagiati mentali, attaccatti e derisi in maniera compatta dai giornalisti dei grandi media.
In altre parole, opporsi alla narrativa dominante significa venire isolati, essere calunniati, e soprattutto rappresenta un rischio concreto di perdere il proprio posto di lavoro e subire una emarginazione sociale.
Apportare quindi come “prova” il fatto che quasi tutti i giornalisti e i medici si siano piegati al coro unanime rappresenta una grande fallacia logica, dal momento che si dimostra di non comprendere minimamente le basi della natura umana.
L’essere umano medio in fondo è disposto a rinunciare a dei vaghi principi morali quando si tratta di mantenere il proprio status sociale, i propri privilegi e soprattutto la propria fonte di sostentamento.
Non scordiamo mai che nel 1931, quando il regime fascista richiese ai professori universitari il celebre giuramento di fedeltà, ad esso aderirono 1213 docenti su 1225.
Solo 12 si opposero.
I principi morali, quando si entra nel concreto, quando c’è in gioco la pagnotta, sono una priorità per una infinitesima parte della popolazione.
Non è questione di giudicare le scelte di ognuno, ogni persona nella vita ha le proprie priorità.
L’importante è non farsi illusioni, e riconoscere la natura umana, e soprattutto sarebbe opportuno che chi fa determinate scelte metta poi da parte la retorica sull’altruismo e sul sommo bene, sulla nobiltà d’animo e sulla importanza del mettere in primo piano la propria coscienza.
Preso atto di questo diviene elementare comprendere come si sia trattato di un meccanismo del tutto scontato e naturale il modo in cui tutti i diffusori della propaganda si siano piegati al verbo calato dall’alto.

“Ai tempi del fascismo non sapevo di vivere ai tempi del fascismo.”
Hans Magnus Enzensberger
31 Agosto 2021

Il caso dimenticato di Camilla Canepa

L’INCONTRASTABILE POTERE DI PERSUASIONE DEI MEDIA: IL CASO DIMENTICATO DI CAMILLA CANEPA.
Narra una leggenda metropolitana che i pesci rossi abbiano una memoria a breve termine di pochi secondi.
Questo non pare essere esattamente vero, ma forse una considerazione simile si può fare per gli esseri umani, la cui memoria selettiva rimuove alcuni ricordi scomodi nel corso di pochi giorni.
Chi si ricorda oggi di Camilla Canepa?
E’ il 15 Giugno del 2021, e i centri vaccinali improvvisamente si svuotano.
Le disdette si susseguono, coloro che avevano prenotato da tempo il siero non si presentano all’appuntamento.
E pensare che solo pochi giorni prima migliaia di giovani facevano a botte – letteralmente – per accapparrarsi una puntura.
Poi, d’improvviso, il vuoto.
Il professor Crisanti interviene nelle dirette televisive, ed è furioso: “E’ uno scandalo che il vaccino Astrazeneca sia stato somministrato ai più giovani, si sapevano i rischi!”
Ma cosa era successo?
Pochi giorni prima era morta per complicanze causate dalla somministrazione del vaccino Camilla Canepa, una giovane ragazza di 18 anni.
(Il professor Bassetti ebbe a specificare che “era morta dopo il vaccino, non per il vaccino”, mentre il governatore della Liguria Toti nel suo messaggio di cordoglio aveva ribadito che la giovane si era presentata “volontariamente” alla somministrazione, e chi sta in Cielo si ricorderà di queste parole.)
Ma non era stata la morte della ragazza a scatenare il fuggi fuggi generale dai centri vaccinali, ed una improvvisa impetuosa preoccupazione da parte della popolazione.
Il fattore scatenante stava nel fatto che di quella morte ne avevano parlato i telegiornali.
Era bastata una sola, tragica ed irrecuperabile morte di una giovane per scatenare il panico nelle masse, dal momento che quella morte era stata amplificata dall’autorevolezza dei telegiornali della sera.
I telegiornali, l’unico luogo in cui, per la quasi totale della maggioranza della popolazione, accadono le sole cose che davvero sono importanti.
All’infuori di essi, nulla è degno di essere approfondito.
Bastarono pochi giorni, il governo”fece le opportune verifiche”, la popolazione rassicurata si rimise in fila, e nessuno poi si ricordò di Camilla Canepa.
I telegiornali non ne parlarono più, e tutto tornò come prima.
Da allora, negli ultimi due mesi, i giovani morti subito dopo la somministrazione del vaccino sono stati CENTINAIA.
I giornali locali ne sono pieni, vi sono siti che – prima di essere censurati e cancellati – riportano meticolosamente tutti i casi sospetti.
Centinaia.
E pensare che due mesi fa bastò una morte, una sola, di una ragazza ripresa dai media per scatenare il panico.
Le centinaia di morti venute dopo invece non vengono trattate, nemmeno di sfuggita, quindi non esistono.
Ed anche chi si trova a leggerne notizia nei giornali locali, nei siti internet, non ne viene turbato, perchè se fossero davvero importanti, allora ne parlerebbe il telegiornale.
I telegiornali guidano a piacimento il parere dell’80% della popolazione, totalmente incapace di informarsi in proprio e di valutare la gravità e l’importanza delle notizie di cui viene a conoscenza.
Questo è il motivo per cui l’informazione che proviamo a fare noi dal basso non smuoverà di una virgola il parere di chi ha come unico punto di riferimento i bollettini dei canali nazionali.
Ma ribadire il vero, anche se inascoltati, resta comunque un imperativo morale.

8 Agosto 2021

La deriva totalitaria e l'impossibilità di prenderne atto, una conseguenza del Progressismo


Uno dei più grandi errori concettuali del nostro tempo, che costituisce anche il principale motivo per cui la palese deriva totalitaria assunta dagli eventi non è contrastata dalla maggioranza della popolazione, consiste nella cieca “fede nel progressismo”.
L’idea della storia dell’umanità vista come un costante processo di miglioramento e di perfezionamento, l’idea di “progresso”, appunto, ci viene trasmessa in primis nella scuola dell’obbligo, ed è universalmente condivisa ed assimilata nel nostro bagaglio culturale, facente parte di quei punti fermi che difficilmente vengono messi in discussione.
A grandi linee, la storia dell’umanità dagli albori fino ai giorni nostri è vista come un lungo passaggio dalla barbarie e dalla disorganizzazione fino al perfezionamento della civiltà nelle sue più perfette forme di consenso sociale.
La democrazia stessa viene considerata come la naturale evoluzione dell’ organizzazione sociale, che nei millenni è passata da sistemi classisti ed oppressivi – monarchie, imperi, dittature – fino a forme di strutture comunitarie più libere, laddove il raggiungimento, infine, del potere esercitato direttamente dal popolo pone fine a millenni di ingiustizie.
Per molti secoli l’umanità ebbe una concezione differente del tempo: esso era visto come statico e ciclico, e vi erano realtà e situazioni che venivano considerate come facenti parte dell’ordine naturale delle cose, immutabili, fino alla fine dei tempi.
L’idea del tempo lineare, del progresso, è invece relativamente recente, e trae origine nel pensiero illuminista del XVIII secolo, l’epoca delle grandi rivoluzioni sociali e politiche, e venne in seguito trattata e consolidata anche a livello filosofico: a partire dall’idealismo Hegeliano, e lo Stato (nella sua accezione ottocentesca, quella da noi ereditata) visto come fine ultimo e massimo dell’organizzazione sociale, si è arrivati in tempi recenti alle conclusioni drastiche del politologo Francis Fukuyama, che addirittura sostenne che lo sviluppo storico e politico dell’umanità si poteva ritenere concluso verso il termine del XX secolo.

La fine della Storia, in altri termini, concetto che suscitò un grande dibattito agli inizi degli anni 90, in seguito alla pubblicazione del saggio chiave del pensatore statunitense.

L’idea quindi del progresso, ormai assimilata nel nostro bagaglio culturale quotidiano, presuppone che, per quanto imperfetta, l’umanità abbia superato nel corso della sua storia una serie di errori e di barbarie, perfezionandosi di volta in volta, e creando ogni volta società migliori, più libere, più aperte, più “progredite”.
Si pensi solamente, per offrire l’esempio più noto, al modo in cui ogni qual volta si assiste ad un evento considerato incivile o “retrogrado” si usi l’espressione “ritorno al medioevo”, con l’esplicita intenzione di rimarcare come la storia umana sia caratterizzata da un deciso avanzamento morale che ha lasciato alle spalle epoche oscure ed opprimenti in contrasto con un presente fatto di libertà, caratterizzata da un deciso avanzamento morale che ha lasciato alle spalle epoche oscure ed opprimenti in contrasto con un presente fatto di libertà, un presente che ha ormai superato tali idee prevaricatrici.
Il concetto di “progresso”, e quindi di costante avanzamento in ambito civile, politico e organizzativo, assume ancora maggiore valenza quando si entra nel campo della scienza: il solo fatto che attualmente disponiamo di una tecnologia che ci permette azioni inimmaginabili nel passato viene visto come prova finale e definitiva del fatto che la concezione lineare e progressista della storia umana non può essere messa in discussione.

Questa forma mentale, questa convinzione, in realtà nasconde diversi punti deboli, e questo lo si apprende proprio studiando in maniera approfondita i vari periodi storici, scoprendo che l’evoluzione sociale umana nei millenni fu tutt’altro che lineare, e che ad epoche più o meno oppressive se ne alternarono altre maggiormente liberari, e così via, senza una conseguenzialità obbligata; tale convinzione ,infine, cela in sè un grande pericolo, e proprio nei nostri giorni ne abbiamo una chiara dimostrazione.

L’idea infatti che i periodi “oscuri” ed “oppressivi” facciano parte del passato, e la convinzione che ci si trovi in un momento storico in cui quelle che vengono considerate libertà acquisite siano irreversibili, porta la maggior parte della popolazione, che per ovvi motivi possiede una conoscenza limitata ed a grandi linee dei processi storici, a sentirsi “al sicuro” dinanzi a possibili derive totalitarie nel proprio tempo, non riconoscendone i segni nel momento in cui tali processi si presentano in forma embrionale, e neppure quando raggiungono uno stadio avanzato.
Vi è diffusa la convinzione che certi processi appartengano esclusivamente al passato, proprio perchè felicemente abortiti dai percorsi storici e sociali e definitivamente accantonati.
Ecco quindi che quando i governi cosidetti “democratici”, e di conseguenza considerati per definizione “incapaci” di operazioni totalitarie, operano in maniera palesemente oppressiva, legalizzando la discriminazione sociale ed erodendo le libertà del singolo, quelle libertà fino a poco prima considerate “scontate”, tale processo non viene riconosciuto nella sua palese natura repressiva.
La convinzione che determinati processi appartengano al passato, convinzione instillata dal mito condiviso del “progresso”, rende incapaci di vedere la reale natura del sistema neo tirannico che va prendendo forma.