Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
La recente vicenda del presunto assassinio di Osama Bin Laden da parte di un gruppo di militari dell’esercito americano ha riproposto, ancora una volta, la stantia diatriba tra “cospirazionisti” e “non cospirazionisti”.
La novità, nel caso in questione, è rappresentata dal fatto che tale contrapposizione non si è limitata, come solitamente avviene, all’interno dell’autoreferenziale universo della rete, ma ha aperto anche un dibattito nel mondo dell’informazione “ufficiale” che ha presentato qualche fattore inedito, rispetto al passato.
A grandi linee, si possono infatti suddividere coloro che hanno espresso la loro opinione a proposito dei fatti in questione in tre gruppi:
– coloro che hanno accettato quale veritiera l’opinione fornita dal governo americano;
– i cosiddetti “cospirazionisti”, che dall’inizio hanno dubitato della realtà della operazione, convinti che il personaggio di Bin Laden sia stato negli ultimi anni nient’altro che uno spauracchio utilizzato dagli Usa per diffondere un senso di paura e di allerta nella popolazione;
– infine, le persone che hanno trovato grottesca e poco credibile la versione fornita, ma che hanno tenuto a precisare che dubitare della veridicità di questa morte non fa di loro dei “cospirazionisti”.
E’ evidente che nella prima categoria si possono ascrivere la quasi totalità dei giornalisti dei grandi media, il cui lavoro è ovviamente quello di assecondare e difendere il potere costituito, e che di conseguenza non potevano tenere un comportamento diverso; persone che tengono famiglia, in altre parole.
La reazione più interessante, tuttavia, è quella del terzo gruppo.
Si tratta di persone che in generale hanno ritenuto valida la versione offerta dal governo statunitense a proposito della tragedia dell’11 Settembre, ma che si sono rese conto che avvallare anche il ridicolo resoconto riguardante la morte di Bin Laden sarebbe stato un insulto alla propria intelligenza, dal momento che il racconto risultava troppo grottesco per essere creduto da una persona mediamente razionale.
In quest’ultimo gruppo si ripresentava spesso, quale introduzione ai propri ragionamenti, una premessa emblematica: “non sono un cospirazionista, ma…”
Ecco quindi che, ancora una volta, si ripropone la solita questione, trita e ritrita: ma chi sarebbe, un cospirazionista?
E’ bene chiarire subito un aspetto: il “cospirazionismo”, per come lo intendono coloro che usano tale termine in modo spregiativo, non esiste, o per meglio dire, è fenomeno assai raro, e molto circoscritto.
Chi usa questa espressione per dissociarsi da esso ha in mente una serie di qualità ben precise: il cospirazionista sarebbe colui che in ogni avvenimento che succede intorno a lui vede un complotto, colui che crede a tutte le teorie della cospirazione che prolificano nella rete.
L’11 settembre è stato un auto attentato, i reali del pianeta sono dei rettili, gli aerei sopra di noi ci stanno avvelenando con le scie chimiche, Elvis è ancora vivo, gli alieni controllano il mondo, la massoneria è una creazione dei gesuiti: il cospirazionista, secondo costoro, crede a tutto questo, e a molto ancora, a patto che si tratti di teorie che contrastano con le versioni ufficiali; basta inoltre che una persona accenni un dubbio anche su una sola di tali questioni ed ecco che automaticamente egli abbraccia anche tutte le altre.
Ecco spiegato il mettere avanti le mani da parte delle persone facenti parti del terzo gruppo: il loro è un desiderio di chiarire che il fatto che nutrano dei dubbi sull’operazione americana in Pakistan non significa che siano convinti che nell’Area 51 si sezionino cadaveri di alieni.
Tale atteggiamento è molto interessante, ed è il risultato di un pesante condizionamento che ha avuto inizio sin da quando le prime domande e le prime versioni “alternative” hanno iniziato a comparire su internet.
Se c’è un modo, infatti, per screditare coloro che si pongono domande legittime su fatti poco chiari della storia passata e recente è l’inserirli in un grande calderone largamente disomogeneo e ad esso affibbiare una etichetta degradante: nacque così il gruppo dei “complottisti”, vittime di quel “cospirazionismo” che autorevoli studiosi e pensatori si sono addirittura affrettati nel descrivere quale “disturbo”, una sorta di malattia mentale da cui occorre stare all’erta.
Il rischio di entrare a far parte di questa triste categoria ha fatto sì che molte persone, che in altre circostanze si sarebbero poste delle domande su alcuni episodi poco chiari, abbiano rifiutato a priori qualsiasi disamina che andasse oltre le “versioni ufficiali”.
Magari qualcuno trova un po’ strane alcune scie che gli aerei rilasciano nei cieli gli ultimi anni, ma il rischio di venire accomunato con quelli che nella regina Elisabetta vedono un rettile lo ha convinto ad occuparsi d’altro, per dirne una.
Non ci sarebbe bisogno di far notare la fallacia di tale associazione, nonostante si possa constatare come spesso in tale errore incappino persone sicuramente non stupide.
Sostenere che difficilmente le Torri Gemelle sarebbero potute crollare in modo perfettamente verticale ad una velocità prossima a quella della caduta libera senza l’ausilio di cariche esplosive non implica che si creda anche che il mondo sia segretamente governato dagli alieni, per dirne un’altra.
Cospirazionista è quindi un brutto termine che serve ad etichettare coloro che su argomenti contesi si pongono delle domande, ed a volte, non sempre, dopo una certa analisi arrivano a conclusioni diverse rispetto a quelle offerte dalle “autorità”.
Ed a questo punto si può fare un’altra interessante considerazione: se i “cospirazionisti”, per come vengono solitamente descritti non esistono, potrebbero invece esistere i loro alter ego, gli “ufficialisti”.
Con ufficialisti si potrebbero infatti indicare tutti coloro che sulle diatribe a proposito dei grandi eventi su cui sorgono teorie della cospirazione accettano come vera, a priori, e sempre, la versione sostenuta dalle autorità ufficiali, dai governi e dai mezzi di comunicazione di massa.
Gli ufficialisti sarebbero coloro che fondano ogni loro ragionamento su di un dogma chiaro ed indiscutibile: nonostante i governi dicano spesso bugie, a queste bugie vi è un limite, e bugie enormi non vengono mai dette; e nonostante i governi ogni tanto compiano anche azioni moralmente discutibili, oltre un certo grado di malvagità non possono andare. Il governo degli Stati Uniti non avrebbe mai potuto uccidere deliberatamente 3000 di suoi concittadini, il governo degli Stati Uniti non avrebbe mai potuto mentire su una tragedia così grande, e così via.
Questo atteggiamento, che assume anche una leggera sfumatura paradossale (i governanti mentono spesso, ma sulle grandi questioni sono sinceri), potrebbe in realtà rappresentare un comprensibile meccanismo di difesa da parte del cittadino comune: ipotizzare che le autorità, coloro che per definizione sono preposti alla difesa della nostra incolumità, possano arrivare all’omicidio di loro concittadini è un pensiero troppo difficile da accettare, un pensiero con cui è impossibile convivere.
L’errore, in ogni caso, sta nell’assumere una opinione a priori: non esiste avvenimento che non possa essere analizzato a mente fredda, studiando il più possibile i fatti e facendosi una opinione su di essi, e non esiste governante al mondo che va creduto sempre ed a prescindere, qualsiasi cosa sostenga.
Ogni versione va valutata, e solo in seguito si potrà esprimere un parere su di essa.
C’era una volta un principe, era giovane e bello, ed era destinato un giorno ad ereditare il regno più prestigioso di tutta la terra…
… ed alla fine la giovane fanciulla e il principe si sposarono, e il loro matrimonio fu il matrimonio più sontuoso e splendente che si potesse immaginare.
E c’era una volta anche un uomo malvagio, l’uomo più malvagio del mondo, che viveva nascosto tra le grotte delle montagne.
Aveva ordinato di uccidere migliaia di poveri innocenti, ed i suoi fedeli terrorizzavano tutto il mondo…
… finché un giorno un gruppo di giovani eroi, agli ordini del presidente più buono della terra, riuscì a trovare il suo nascondiglio e lo uccise, liberando così il mondo intero dal più grande pericolo che abbia mai corso, e finalmente gli uomini buoni e giusti poterono uscire nelle strade e festeggiare.
Troppo spesso ci si chiede se siano i racconti ad ispirarsi alla realtà o se sia la vita stessa, a volte, a ripercorrere le trame dei romanzi.
Questione ridondante, forse.
Nonostante questo, mai come nella settimana passata si è avuta l’impressione di aver davvero assistito al racconto di una fiaba per bambini, una di quelle in cui sono presenti tutti gli elementi del caso.
E se è vero che i media creano la realtà a loro piacimento, si direbbe che nella settimana appena passata ci abbiano voluto raccontare la fiaba della buonanotte.
Era il 1999, il 24 Marzo, subito dopo l’equinozio di primavera.
Il periodo migliore per iniziare una guerra, a quanto pare.
Era quindi il 1999 quando le bombe della Nato cadevano sui civili serbi, io avevo 21 anni e comprendevo per la prima volta che c’era qualcosa che non andava nell’idea del mondo che fino allora mi ero fatto.
Può succedere, così come capita a molte persone, di assistere ad avvenimenti che costringono a rivedere tutte le proprie certezze, a stendere un telo bianco tra le pieghe della mente e ricominciare a scrivere i postulati base delle proprie convinzioni.
Per me quel momento venne nel 1999, e tutto quello che mi circondava assunse una diversa sfumatura.
Prima di allora avevo delle precise convinzioni politiche, credevo nelle Istituzioni (con la I maiuscola) e soprattutto ero fermamente convinto che l’umanità nella sua imperfezione fosse destinata ad una lenta ma costante “maturazione”, laddove il progresso scientifico e sociale ci avrebbe allontanato sempre più dalle antiche epoche di barbarie e di ingiustizia.
Vivevo in un continente pacifico, ed a scuola mi era stato insegnato che questo fatto rappresentava un chiaro segno del progresso raggiunto dalla nostra civiltà.
Dopo millenni di continue guerre e sconvolgimenti, dopo due terrificanti conflitti mondiali, nella nostra Europa si stava vivendo un periodo di pace lungo più di cinquanta anni.
La Seconda Guerra Mondiale era stata terribile, ma alla fine avevano vinto i buoni, ed i buoni eravamo noi.
La democrazia, grazie a Dio, aveva trionfato.
A tutto questo io credevo, ed ero più che felice di essere nato in un periodo storico così pacifico e prospero.
Poi venne il 1999, e questa visione idilliaca si frantumò.
Sapevo all’epoca che grandi e piccole guerre erano ancora in svolgimento in luoghi lontani, ma questo accadeva, mi dicevo, perché non tutti i popoli avevano raggiunto il nostro grado di maturazione sociale: non ovunque aveva ancora messo radici la democrazia.
E sapevo anche che nei Balcani aveva luogo una sanguinosa guerra civile, ma anche in questo caso vi erano delle motivazioni storiche ben precise, risalenti alla creazione di uno stato dittatoriale che aveva aggregato nazioni diverse sotto un unico governo centrale tirannico.
Quello che invece non riuscii a comprendere, quello che mi sconvolse, fu il vedere le nostre forze armate, di noi che eravamo i buoni, partire e sganciare bombe sopra dei civili.
Forse se fossi stato un giovane cittadino italiano le rassicurazioni dei telegiornali mi avrebbero tranquillizzato (“sono interventi mirati”, “non vengono colpiti civili”, “si tratta di un intervento umanitario”).
Ma essendo anche mezzo greco, avevo la possibilità di vedere anche i telegiornali greci.
E là, il racconto era del tutto diverso.
La Grecia, infatti, essendo legata da una fratellanza secolare col popolo serbo, all’epoca condannò da subito l’azione della Nato, e i mezzi di informazione greca documentarono rigorosamente tutte le conseguenze del terribile intervento militare della coalizione atlantica.
I telegiornali italiani e quelli greci raccontavano allora due realtà del tutto differenti.
Da una parte immagini di “bombe intelligenti” che centravano obiettivi sensibili in maniera chirurgica, senza spargimenti di sangue, dall’altra immagini di profughi, città smembrate, bombe che cadevano “per errore” su colonne di civili in fuga.
In Italia poi il termine “serbo” divenne sinonimo di criminale, e per la prima volta una intera nazione venne descritta quale malvagia nel suo complesso.
Ovviamente, poteva darsi che fossero i giornalisti greci ad esasperare la situazione, essendo “di parte”.
Ma la questione, ai miei occhi, andava ben oltre questa possibilità: comunque stessero le cose, qualcuno stava mentendo.
Che fossero i telegiornali italiani o quelli greci, uno dei due mi stava mostrando in televisione una totale falsificazione della realtà.
Chiunque fosse a mentire, mi resi conto, per la prima volta nella mia vita, che la televisione e l’informazione nel suo complesso può stravolgere totalmente il senso del reale, mentendo spudoratamente.
Ora, a distanza di anni, so che i media occidentali sorvolarono su molte carneficine compiute dalla Nato, e so anche che quella delle bombe intelligenti fu un triste mito, una presa in giro.* Oggi è noto di come l’ex Jugoslavia venne sepolta sotto una montagna di uranio impoverito che ammallò ed ancora ammala le genti di quelle terre, ma questo ormai non interessa più a nessuno.
Si parlava, all’epoca, di motivazioni umanitarie, ma allora come oggi non sarei mai stato in grado di comprendere cosa vi sia di umanitario nel togliere la vita a degli innocenti.
Facce serie ed autorevoli parlavano della necessità dell’intervento, del fatto che non si potesse “stare a guardare”, ma, ancora una volta, come poteva tutto questo giustificare la morte di un bambino, causata da una bomba “dei buoni”?
Anche di un solo bambino.
Vallo a dire ai suoi genitori che l’hai ucciso a fin di bene, per un motivo “umanitario”.
Ed è questo che fece l’intervento umanitario, ed è questo che gli interventi umanitari tuttora fanno: si uccidono innocenti “a fin di bene”.
A distanza di dodici anni, e sempre a cavallo di un equinozio di primavera, la coalizione dei buoni è tornata ad usare le bombe a fin di bene, ad uccidere innocenti a fin di bene.
Ho acceso la televisione l’altra sera ed ancora una volta ho sentito le stesse parole: “non potevamo stare a guardare, si effettueranno solo interventi chirurgici, non possiamo più tollerare una dittatura così sanguinosa”.
Sono sempre le stesse bugie, squallide bugie pronunciate da una banda di ipocriti che magari rappresentano una fazione diversa da quella di dodici anni fa, ma che in fondo obbediscono prostrati agli stessi poteri di sempre.
Bugie che ora mi appaiono palesi, spudorate, così come mi fanno ribrezzo ed orrore i volti che le pronunciano.
E penso che ci fu un tempo in cui in quelle facce riponevo la mia fiducia e le mie speranze per un futuro che non poteva che essere sempre più roseo.
Quando la mattina dopo le prime bombe su Belgrado, nella riunione di redazione del TG3, ci venne impartita la nozione dell’ “intervento umanitario” , da sostenere come verità incontestabile, Giovanna Botteri si scaraventò sui profughi kosovari per estrargli, a colpi di ricatti umanitari (ricordate i campi dalemiani dell’Operazione Arcobaleno, poi finiti sotto processo?), orrori e anatemi sui serbi, io lasciai la Rai per sempre e me ne andai con una telecamera a Belgrado.
A Novi Sad erano stati disintegrati i più bei ponti sul Danubio e la raffineria in fiamme spargeva veleni nel fiume e nei polmoni, a Pancevo l’enorme complesso petrolchimico bruciava e assolveva alla funzione assegnatagli dalla Nato di contaminare acque, terre, aria a futura moria di questo “popolo di troppo”.
A Belgrado due missili sventrarono l’albergo al quale eravamo destinati e, un attimo dopo, l’ambasciata di un paese, la Cina, che non condivideva l’accondiscendenza del fedifrago russo Eltsin nei confronti degli aggressori: a buon intenditor, un paio di missili.[…]
Venivano disintegrati ospedali, scuole, asili, case, ponti, treni, centrali elettriche, tra i 3.500 uccisi da Clinton e dai suoi furieri europei c’erano i bambini delle incubatrici cui era venuta a mancare l’elettricità. Già allora, prima di Baghdad, prima di Gaza, si capiva che gli interventi umanitari erano mirati a eliminare pezzi di specie umana. Oltrechè a distruggere infrastrutture la cui ricostruzione poi, a colonizzazione completata, avrebbe gonfiato i forzieri delle imprese dei paesi assassini.
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
Continuando la tua permanenza nel sito, acconsenti all'utilizzazione dei cookies. Maggiori informazioni
Le impostazioni dei cookies in questo sito sono impostate in "accetta i cookies" per offrirti una navigazione migliore.
Se continui ad utilizzare questo sito senza cambiare le tue impostazioni sui cookies o se clicchi "Accetto" qui sotto dichiari di accettare tali termini.
Commenti