Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
Qualche tempo fa Billy comprò da un contadino un asino per 100 dollari. Il contadino gli assicurò che gli avrebbe consegnato l’asino il giorno seguente.
Il giorno dopo il contadino si recò da Billy e gli disse: “Mi dispiace ma ho cattive notizie: l’asino è morto.” Billy rispose: “Allora dammi indietro i miei 100 dollari” E il contadino: “Non posso, li ho già spesi”. A quel punto Billy si fece pensieroso, poi disse al contadino: “Va bene, allora dammi l’asino morto.” – “E che te ne fai di un asino morto, Billy?” – “Organizzo una lotteria e lo metto come premio” Il contadino gli disse ironico: “Non puoi vendere biglietti con un asino morto in palio”. Allorché Billy rispose: “Certo che posso, semplicemente non dirò a nessuno che è morto”.
Un mese dopo il contadino incontrò di nuovo Billy, così gli chiese: “Come è andata a finire con l’asino morto?” – “L’ho messo come premio ad una lotteria, ho venduto 500 biglietti a due dollari l’uno e così ho guadagnato 998 dollari” – “E non si è lamentato nessuno?” – “Solo il tipo che ha vinto la lotteria, e per farlo smettere di lagnarsi gli ho restituito i suoi due dollari”
Un disk jockey rumeno, una melodia azera rivestita di un beat techno-pop occidentale, un video patinato girato nel cuore dell’Egeo, antiche stradine di sassi ed umili case bianche col trucco pesante a beneficio delle cartoline e dei turisti.
Una immagine scintillante, artefatta al punto giusto, che cela una sostanza appena percepibile.
L’oriente che si traveste da occidente.
Una perfetta immagine di quello che erano, o che avrebbero voluto essere, i Balcani in questi anni appena conclusi.
La riunione straordinaria dei ministri dell’economia dell’Unione Europea a Bruxelles rappresenta la conferma della gravità della situazione economica attuale, una situazione precipitata nell’ultima settimana.
E’ oramai chiaro che ci troviamo dinnanzi alla conclusione di un lungo percorso, un processo distruttivo irreversibile che si tenta di far durare il più a lungo possibile.
Nei giorni appena trascorsi, osservando l’andamento dei mercati, abbiamo avuto conferma che dietro le quinte delle transazioni finanziarie si stanno affrontando guerre e battaglie di cui noi osservatori esterni poco riusciamo a comprendere, e le mosse dei governanti e dei governatori tradiscono chiaramente il panico che come una scura e bassa nube aleggia sopra le loro (e soprattutto le nostre) teste.
Seguendo quindi l’esempio americano, anche i vertici dell’Unione europea hanno deciso di rispondere all’aggravarsi di una crisi causata dall’eccesso di debito con l’immissione di ulteriore debito; pare che si stia preparando un piano da 600 miliardi di euro, da utilizzare a favore delle nazioni che rischieranno il collasso, come successo alla Grecia nelle settimane scorse.
Così, se una persona fa uso di eroina col passare del tempo sentirà il bisogno di assumere una quantità sempre maggiore della sostanza da cui è dipendente.
Mano a mano che accrescerà la quantità della dose assunta aumenterà anche le possibilità di andare incontro ad una morte precoce, circostanza a cui non potrà sfuggire.
L’eroinomane, quindi, ha solo due possibilità di scelta: può tentare di disintossicarsi, affrontando un percorso duro e doloroso, quasi insostenibile, fatto di lunghe sofferenze ed estenuanti crisi di astinenza, oppure può continuare a drogarsi aumentando costantemente le dosi, andando così incontro a morte certa.
I nostri governanti hanno scelto la seconda possibilità, ed hanno deciso di “curare” le sorti dell’economia debito-dipendente con iniezioni di ulteriore debito, in dosi ancora più massicce.
E l’economia, come il povero tossicomane, troverà le forze per rialzarsi ancora per un poco, forse, aspettando il giorno della dose letale.
Presupposto per il successo di una qualsiasi lotta è il sapere il motivo per cui ci si sta battendo, così come il conoscere bene il nemico da sconfiggere.
L’ondata di proteste che ha travolto la Grecia non possiede nessuna di queste caratteristiche, e per questo motivo essa non potrà generare nulla di positivo.
Le persone comuni esasperate, così come i manifestanti pacifici scesi in strada per gridare il loro malcontento, protestano contro il taglio delle loro entrate, nella convinzione di subire una enorme ingiustizia nel dover pagare per colpe di altri, politici ed affaristi che non vedranno intaccati minimamente i loro patrimoni.
In molti vedono anche una grande manovra internazionale che si è dipanata a danno della nazione greca, un vero e proprio attacco sferrato da speculatori, banche internazionali, enti sovranazionali che mirano a ledere la sovranità dello stato ellenico.
All’estero, inoltre, non sono pochi coloro che vedono nelle proteste del popolo greco una forma di “resistenza” nei confronti del perverso sistema economico internazionale, che da anni si adopera per sottrarre la ricchezza delle masse e consegnarla in mano agli stregoni dell’alta finanza.
C’è del vero in ognuna di queste rivendicazioni.
C’è molto di vero.
Ma, ancora una volta, in questi momenti così caotici, pochi sono in grado di vedere l’origine di tutti questi mali.
Come un animale feroce ed affamato dentro una gabbia, il popolo greco, così come ogni popolo d’Europa, sbatte con violenza contro le sbarre, dimenticandosi il modo in cui dentro quella gabbia è stato condotto.
Perché non sono stati usati dei bastoni per condurre il gregge nel recinto, ma carote, una pioggia di carote.
E’ giusto e sacrosanto essere indignati nei confronti dei corrotti e dei ladri, è naturale provare rabbia dinanzi alle macchinazioni finanziarie dei giganti economici, ma per onestà bisognerebbe anche comprendere che questa è solo la conclusione di un processo, un processo che la maggioranza aveva accettato ed alimentato con entusiasmo.
Perché in pochi si erano chiesti come fosse possibile che da un giorno all’altro le strade del paese si fossero intasate di automobili comprate a rate, di come magicamente anche un impiegato comunale potesse farsi una vacanza alle maldive (pagata a rate), di come le vie del centro si fossero riempite di negozi che vendevano abiti italiani firmati e all’ultima moda.
Tutto così semplice, tutto così in fretta.
Perché i politici corrotti, oggi dileggiati, fino a ieri erano i “furbi”, quelli che “chiunque farebbe lo stesso al loro posto”; gli stessi politici alle cui porte si bussava per chiedere una raccomandazione per il figlio, quelli a cui in cambio si era dato il proprio voto.
Ma finchè i posti c’erano, finchè le rate della macchina erano basse, andava bene. C’era il sole, e ci si sapeva divertire.
E poi c’era la televisione, con i suoi Big Brother e il gioco con la valigia piena di soldi, c’era l’Eurovision Contest Festival, c’erano i dischi di fiori da 50 euro da spargere sulla pista dove cantava la diva del momento.
Non per tutti era così, ma la maggioranza aveva ormai imposto il suo modello.
Così come la maggioranza di coloro che oggi protestano lo fa in verità per riavere tutte queste carote, per poter continuare a vivere come gli europei, perché una volta che ci si abitua non si torna più indietro.
Ma se protesta ci deve essere, questa non deve avere come scopo la pretesa di quel falso benessere materiale, non compatibile con i propri mezzi: sarebbe una lotta assurda quella di chi scende in piazza per poter continuare a guardare i reality sul suo schermo piatto da 42 pollici (comprato a rate).
Non bisogna fare la fine delle bestie feroci che nella gabbia gridano e ruggiscono per poter avere una doppia razione di bistecche.
Perché la vera questione, il vero problema, è la gabbia stessa.
Una gabbia fatta di un benessere comprato a debito, condito con una ipnosi di massa fatta di pessima televisione e infimi spettacoli circensi messi in piedi a beneficio della plebe.
La vera protesta dovrebbe avere un’altra direzione.
Non sono le carote quelle che occorre rivendicare, non sono le ballerine del circo; qui occorre riprendesi l’anima, quell’anima che la gente ha venduto a rate.
Immagine di apertura: la cantante Elena Paparizou vince l’Eurovision Contest Festival nel 2005.
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
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