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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
18 Gennaio 2010

L'invenzione del futuro

Carcassone, Francia (1)
L’idea di progresso nell’immaginario collettivo, all’interno del percorso storico dell’umanità, è di origine relativamente recente.
Prima del XVIII secolo la stessa concezione della storia era nebbiosa, e gli uomini, colti e meno colti, vivevano all’interno di un presente percepito come praticamente immutabile; la terra andava arata e seminata nello stesso modo in cui si faceva da millenni, i poveri erano votati alla fatica e i governanti, benedetti dalla sorte, godevano di uno status privilegiato.
Era l’ordine naturale delle cose, uguale e stabile nei secoli, e gli avvenimenti si riproponevano secondo cicli precisi: la realtà non si evolveva, cambiava semplicemente veste rimanendo immutata nell’essenza.
Il tempo stesso non scorreva in avanti, ma viaggiava su linee circolari, descrivendo spirali sospese in uno spazio inconoscibile.
I semi dell’illuminismo sparsi nel XVIII secolo portarono nel XIX ad un deciso cambio di paradigma.
Il primo segno di questo cambiamento fu la riscoperta del passato: fu nel XIX secolo che nacque l’archeologia come noi la intendiamo, ed improvvisamente nei vecchi ruderi si intravidero vestigia di passate civiltà.
Quelli che fino a poco tempo prima erano considerati edifici in rovina venivano ora studiati con rispetto e riverenza.
La Grecia, mentre si accingeva a liberarsi della dominazione ottomana, veniva invasa, questa volta “culturalmente”, da orde di giovani archeologi alla ricerca di monumenti e sculture che gli stessi greci avevano dimenticato, sepolti dal tempo nell’indifferenza generale.(2)
Quei greci che per tutto il medioevo si facevano chiamare “romei”, romani, per distinguersi dai loro antenati elleni, considerati pagani ed idolatri.
A Roma i fori venivano liberati dalle capre che vi pascolavano, e il Colosseo veniva ora visto come una opera architettonica di grande pregio, non più come una cava a cielo aperto da cui attingere marmi a volontà.Con il movimento romantico anche i paesi del nord Europa scoprivano il loro passato, creando una immagine idilliaca di un medioevo immaginario nella realtà mai esistito.
Lo stesso concetto di restauro nacque nel XIX secolo; prima di allora, riparare o completare un edifico, per quanto antico fosse, significava procedere utilizzando lo stile e i materiali presenti nella propria epoca, come si era sempre fatto.
Si iniziava una chiesa secondo lo stile gotico, si procedeva utilizzando tutte le innovazioni disponibili, e magari si concludeva il lavoro con una facciata rinascimentale.

Nello stesso modo, se nel ‘700 occorreva rifare un portale di un edifico romanico, non si trovava nessuna contraddizione nell’usare allo scopo un ritmo barocco (nel campo della rappresentazione pittorica, tale concezione del “non tempo” è evidente nelle raffigurazione di personaggi del passato: i santi dei primi secoli del cristianesimo vengono riprodotti dai pittori medioevali  in ambientazioni medioevali, senza tenere conto dei secoli trascorsi, così come Carlo Magno nel rinascimento è raffigurato con abiti rinascimentali, senza che nessuno si preoccupi delle incongruenze storiche).

L’idea del restauro ottocentesco sostenne invece la necessità di riportare gli edifici antichi necessitanti di manutenzione al loro aspetto originale, o perlomeno nell’idea che di quell’aspetto si aveva, riproducendo lo stile dell’epoca in cui gli edifici stessi erano stati originariamente costruiti.
In un qualche modo gli europei di allora scoprirono il loro “passato”, visto come un qualcosa di staccato, di separato, perché solo ciò che è distinto ed altro si può analizzare.
Il tempo assumeva sempre più una concezione lineare, e la ri-scoperta del passato non poteva che avere come conseguenza l’invenzione del futuro, visto ora come “progresso”.
Si iniziò quindi ad immaginare il futuro, concepito come un infinito campo di possibilità.
Un futuro inizialmente radioso, foriero di speranza e di magnifiche sorti e progressive, e poi via via sempre più cupo, sempre più incerto.
La prima Guerra Mondiale e le dittature totalitarie che ne seguirono segnarono il passaggio definitivo dall’utopia alla distopia, il momento in cui nel guardare il proprio futuro l’umanità iniziò a vedervi sempre più ombre.
La rappresentazione del futuro nella cultura popolare negli ultimi decenni, in particolar modo, ha assunto toni cupi e catastrofisti come mai si erano concepiti in passato.
Quest’ultima circostanza, più che sul futuro, ci dice molte cose sul nostro presente, e sullo spirito con cui percepiamo i cambiamenti intorno a noi.

Andare all’opera nell’anno 2000, litografia del 1882

 

note
1) La cittadella di Carcassone, edificata in vari momenti in epoca alto-medioevale, cadde successivamente in rovina finchè verso la metà del XIX secolo il governo francese ne decise il restauro.
Fu incaricato dei lavori l’architetto Viollet-le-Duc, convinto che nel recupero di un edifico storico più che la fedeltà assoluta alla forma originaria fosse importante riportare in vita l’idea dell’epoca storica in cui era stato concepito.
Molti degli interventi sugli edifici nascevano di conseguenza direttamente dalla fantasia del restauratore: le torrette a forma di cono, ad esempio, sono una invenzione di Viollet-le-Duc, e non furono mai utilizzate nelle costruzioni difensive dell’età di mezzo.
Paradossalmente, l’idea che in epoca romantica, e fino ai giorni nostri, si ebbe del medioevo era in gran parte influenzata dall’immaginario dei restauratori che ricostruivano le rovine secondo i propri personali schemi.

2)Si veda Vandenberg Philipp(1985) L’Ellade sepolta. La riscoperta della Grecia antica, Dall’Oglio

 

9 Gennaio 2010

La terra dei liberi


Trattando degli Stati Uniti, vi è a parere di chi scrive un dato molto significativo che non viene mai tenuto nella giusta considerazione, ovvero la percentuale della popolazione detenuta nelle carceri nazionali.
Più di un cittadino adulto su 100 dell’unione vive infatti dietro le sbarre, una percentuale di per sé elevatissima, che sale ulteriormente se si prendono in considerazione le persone di colore: circa un nero su 15 infatti negli Stati Uniti si ritrova in carcere(più del 6 %).
Per fare un paragone, in Italia il numero dei carcerati nel Settembre del 2009 era di 64.000 persone, ovvero circa lo 0.15% della popolazione adulta.
Tralasciando tutte le considerazioni sui sistemi giudiziari differenti, risulta chiaro che l’origine di tale disparità vada ricercata in cause più profonde.
Il 25 % dei carcerati di tutto il mondo si trova negli Stati Uniti, mentre la popolazione totale degli states rappresenta solamente il 5 % del totale della popolazione mondiale.

Un sistema di governo che priva delle libertà più basilari più di un cittadino su 100 è chiaramente un sistema che di quella libertà di cui si dice portatore non conserva nemmeno le apparenze.

(cliccare qui per una risoluzione maggiore)
7 Gennaio 2010

Il Fabianesimo e la Finestra dell'inganno

“Questa nuova e completa Rivoluzione che noi contempliamo può essere definita in poche parole. è socialismo mondiale assoluto, scientificamente pianificato e diretto..”
tratto da ‘The New World Order’ (1939) di H.G. Wells


La Società Fabiana fu una associazione elitaria formatasi a Londra sul finire del XIX secolo, un think tank fondato da una compagnia di illustri intellettuali che misero a punto un movimento politico destinato a giocare un ruolo di primo piano nella storia sociale del XX e del XXI secolo, il Fabianesimo.
Riformulando e perfezionando la dottrina socialista, il Fabianesimo si prefiggeva di rimodellare le strutture politiche e sociali dell’intero pianeta con un programma di lungo corso, fatto di lenti e modesti cambiamenti.
Non a caso, l’emblema principale della Società è rappresentato da uno stemma raffigurante un lupo che si cela sotto una veste di agnello.
Nell’articolo che segue, il blogger Rantasipi partendo dall’analisi di una particolare finestra collocata nella prestigiosa London School of Economics, delinea scopi e modus operandi dei fabiani, nelle cui fila non mancarono, e non mancano, nomi assai famosi.

La Finestra dell’Inganno


di Rantasipi

(cliccare sull’immagine per una risoluzione maggiore)

Per chi avesse ancora dubbi riguardo l’esistenza di un preciso disegno dietro al quale si celano politiche economiche e culturali destinate a far precipitare il mondo nella voragine dell’annientamento sociale, forse potrebbe essere utile dare uno sguardo a questa particolare finestra, collocata nel 2006 presso la sede della prestigiosa London School of Economics (LSE).

Si tratta di una finestra realizzata con vetri colorati rilegati a piombo raffigurante una scena che può dire molto sull’origine e la portata degli eventi che questa crisi finanziaria (come quelle precedenti) lascia intravedere. L’opera fu commissionata dal famoso drammaturgo George Bernard Shaw, fondatore, assieme a Sidney Webb e a sua moglie Beatrice Potter, del fabianesimo, corrente politico-filosofica socialista, facente capo alla semisegreta Fabian Society, la quale differisce dall’ortodossia marxista principalmente per questioni di metodo, pur condividendone gli obiettivi ultimi.
Disse infatti Shaw:

“Sotto il Socialismo, non vi sarebbe consentito essere poveri. Sareste nutriti con la forza, sareste vestiti e dotati di un alloggio, sareste istruiti e provvisti di un impiego, sia che vi piaccia oppure no. Se si scoprisse che non possedete carattere e industriosità sufficienti per meritarvi tutto ciò, probabilmente verreste eliminati in modo dolce; ma se vi fosse permesso di vivere, dovreste vivere bene”.

Com’è noto, alla pari del Lucifero biblico, i socialisti rimarcano sempre la “bontà” delle loro intenzioni nell’uso della forza, della coercizione, e dell’intimidazione. E il credente non mancherà di osservare che l’ammissione di Shaw presenta una sinistra analogia con la linea di condotta di Lucifero, scagliato giù dal paradiso per aver cercato di sottrarre all’uomo il libero arbitrio, il diritto di scegliere (quindi di sbagliare) e di essere libero, affinché non commettesse più errori. Suona bene? George Bernard Shaw evidentemente pensava di sì e con lui David Rockefeller, il quale, nel suo libro La mia vita (2002) candidamente ammise:

“Per più di un secolo estremisti ideologici sui due fronti dello spettro politico hanno strumentalizzato su ben noti accadimenti come il mio incontro con Castro al fine di attaccare la famiglia Rockefeller per l’eccessiva influenza che essi ritengono eserciti sulle istituzioni politiche ed economiche americane. Alcuni addirittura credono che facciamo parte di una cabala segreta che opera contro i migliori interessi degli Stati Uniti, dipingendo me e la mia famiglia come ‘internazionalisti’ che assieme ad altri cospirano per costruire una struttura politico-economica globale più integrata – un unico mondo, se preferite. Se questa è l’accusa, mi dichiaro colpevole, e ne sono orgoglioso”.

I fabiani, a differenza dei marxisti ortodossi che hanno fatto della rivoluzione violenta il loro strumento di azione politica, ritengono che il socialismo sia perseguibile attraverso riforme graduali. Essi infatti devono il loro nome al generale romano Quinto Fabio Massimo, detto appunto il Temporeggiatore (Cunctator), il quale, nella lotta contro Cartagine, adottò una strategia di lento logoramento psicologico dell’avversario. Non a caso, uno dei simboli della Fabian Society è la tartaruga.

Nell’incipit dei “Saggi Fabiani”, il testo in cui si esplicita il programma dell’organizzazione, troviamo il motto:

“Il fabianesimo si nutre di capitalismo, il suo escremento è il comunismo”.

La Fabian Society fu la componente essenziale per la creazione del Labour Party britannico e il legame fra le due organizzazioni rimane ad oggi ancora molto forte. Solo verso la metà degli anni ‘30 la Fabian Society conobbe una fase di declino, dovuta alla divergenza di vedute fra i membri in merito all’esperienza del totalitarismo sovietico e alla perdita di influenza del partito laburista in cui si innestavano componenti sindacaliste e, contemporaneamente, fuoriuscivano numerosi elementi attratti dalle camicie blu del British Union of Fascist di Oswald Mosley (anch’egli fabianista).

Tuttavia, la maggior parte degli obiettivi della Fabian Society, possono dirsi raggiunti; le “riforme” adottate da Franklin Delano Roosevelt durante la Grande Depressione e che oggi la Scuola Austriaca di economia sostiene siano alla base delle storture finanziarie e monetarie responsabili delle crisi economiche come quella che stiamo attraversando, sono di chiara impronta fabianista; l’assistenzialismo welfarista imperante nella maggioranza dei sistemi politico-economici mondiali è frutto del lavoro della Fabian Society. E la socializzazione dell’economia (corporativismo) di cui ancora oggi l’Italia (e non solo) mantiene intatta la struttura, nasce durante il fascismo con Nicola Bombacci, anch’esso ispiratosi agli insegnamenti dell’organizzazione britannica.

Questa sommaria descrizione della natura della Fabian Society e del fabianesimo si è resa necessaria per una lettura della raffigurazione contenuta nella finestra commissionata da G. B. Shaw.
La figura, ritrae Shaw e Webb nell’atto di prendere a martellate un mappamondo e per comprendere il significato del gesto è utile risalire ai versi del poeta e astronomo persiano dell’XI secolo
Omar Khayyam:

Amore caro. Potessimo tu ed io cospirare con il destino
per afferrare interamente il dolente disegno di tutte le cose,
Non lo manderemo in frantumi – per poi
rimodellarlo secondo i desideri del cuore?

Si tratta di un breve poemetto romantico, ma di buoni propositi è lastricata la via dell’inferno, per questo, se estrapolata dal contesto, l’ultima strofa riportata in cima alla finestra (Remould it to the hearth’s desire), assume un significato del tutto diverso, non difficilmente riconducibile alla citazione di Shaw sopra riportata.

Sotto ai fondatori del fabianesimo intenti a rimodellare il mondo secondo i loro programmi, troviamo come allegoria delle docili masse una fila di donne genuflesse in adorazione di una pila di tomi socialisti e, alla sinistra di questo gruppo di figure femminili, un beffardo H.G. Wells che le schernisce. Lo scrittore, anch’egli appartenne alla Fabian Society, dalla quale però si allontanò non appena comprese le reali intenzioni dell’organizzazione che denunciò pubblicamente come “un manipolo di nuovi Macchiavelli”.

Ma a chiarire il significato della composizione è un dettaglio che compare sopra ai due illustri esponenti fabiani, ed è l’emblema stesso dell’organizzazione socialista, ovvero il lupo travestito da agnello, simbolo dell’inganno per eccellenza.

Come dicevo, la finestra, inspiegabilmente “scomparsa” e poi altrettanto misteriosamente riapparsa ad un’asta di Sotheby nel 2005, venne installata nel 2006 presso la London School of Economics and Political Science, il prestigioso istituto voluto e finanziato dal filosofo Bertrand Russell e dai fabiani.

Fu l’allora primo ministro britannico Tony Blair (manco a dirlo, fabiano pure lui) che nel solenne discorso di inaugurazione dichiarò come questo “augusto centro di apprendimento” fosse associato alla Società Fabiana, di cui sottolineò l’abilità dissacrante dei membri rispetto al “pensiero tradizionale” dominante.

“Essi dubitavano di ogni forma di saggezza convenzionale” si compiaceva Blair, indicando l’emblema dell’inganno. Inutile dire che il lupo travestito da agnello, simbolo dell’inganno elevato a principio fondante, se posto in un istituto formativo come la LSE diventa esso stesso principio educativo. I margini della libera interpretazione si riducono notevolmente se si considera che dalla LSE sono usciti numerosi personaggi successivamente ritrovatisi alla guida di cruciali istituzioni politiche, economiche ed accademiche. Fra questi spiccano – non certo per bontà delle idee – John Maynard Keynes, George Soros e Romano Prodi.


2 Gennaio 2010

Un maestro di vita

Ho già confessato in passato la simpatia che nutro nei confronti dei felini, ma il gatto protagonista di questo filmato è diventato per me un esempio da seguire, un maestro da osservare in rispettoso silenzio nella speranza di assimilarne i preziosi insegnamenti.
E’ una grande lezione quella che ci offre, ci indica la via sul come affrontare le pressioni che ci circondano in questo mondo.

Massimo rispetto per questo Maestro felino.

31 Dicembre 2009

2000 - 2009, l'opera al nero

Ancora poche ore ed avrà termine il primo decennio del III millennio, un decennio particolare, ad iniziare proprio dal nome, dal momento che un nome questo decennio nemmeno ce l’ha.
Abbiamo ancora eco degli anni quaranta, degli anni cinquanta, degli anni sessanta, settanta, ottanta , degli anni novanta, ma questi dieci anni che stanno per finire faticheremo a rievocarli.
Anni zero suona in effetti male, mentre il primo decennio del XXI secolo è formula assai laboriosa e lunga da recitare.
Comunque sia, anche tale decennio sta per finire, e come ogni decennio, anche questo ha portato eventi e date da ricordare, processi sociali, progressi e regressi la cui entità spesso si comprende solo a posteriori.
L’evento per eccellenza, quello che sicuramente si ricorderà nei secoli nei libri di storia, anche nei più sintetici, è rappresentato dall’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
Un attacco che parte da lontano, preannunciato in qualche modo esattamente 11 anni prima, nell’11 settembre del 1990, da George Bush padre, quando in un discorso ormai storico per la prima volta un presidente degli Stati Uniti fece uso in maniera ufficiale del termine “Nuovo Ordine Mondiale”.
Si trattava di un progetto geopolitico a lungo cullatodai più importanti think tank globalisti, un progetto che conobbe una grande accelerazione proprio in seguito all’attacco subito dall’impero nel suo cuore finanziario e militare.
Un progetto che non ha mai avuto come fine ultimo l’egemonia incontrastata degli Stati Uniti sul resto del pianeta, come in molti avevano pensato, ma un programma a lungo termine in cui i poteri nazionali sarebbero passati in secondo piano rispetto alla guida sapiente di un insieme di circoli elitari transazionali, capaci di gestire e direzionare le strutture finanziarie, mediatiche e culturali di gran parte del pianeta.
In questo quadro, l’11 Settembre del 2001 ha rappresentato il giorno del sacrificio, il momento in cui si dette il via alla fase finale della distruzione delle strutture del vecchio ordine.
Così, gli Stati Uniti, concepiti dai padri fondatori come la nuova Israele, perdevano in pochi istanti il segno della loro vocazione messianica, le due torri che come le due colonne del Tempio di Gerusalemme segnavano il varco d’ingresso attraverso cui accedere nello spazio più sacro della Terra Promessa.
Crollavano le Torri e crollava il Tempio, e suonavano le trombe che davano il via ad un decennio di battaglie e devastazioni, una serie di guerre scatenate sulla base di menzogne e falsità palesi a cui l’universo occidentale, quello dei buoni, credeva con poche esitazioni.
Un sacrificio che prevedeva anche l’auto annientamento degli stessi Stati Uniti, scivolati ormai in una decadenza economica e sociale irreversibile.
Guidati per otto dei dieci anni del decennio dal presidente più incompetente della loro storia, un povero uomo schiavo dell’alcolismo e con un quoziente intellettivo di molto inferiore a quello della media del suo popolo, impotente e ignaro dei processi che attorno a lui si verificavano.
La sua presenza rendeva evidente il fatto che le strutture di potere ufficiali avevano un ruolo secondario, mentre diveniva palese anche ai più ingenui che le decisioni venivano prese da entità non immediatamente riconoscibili.
Gli Stati Uniti hanno quindi avuto il compito in questo decennio di porre fine al vecchio ordine, preparando il terreno per quello che sarà un ordine del tutto diverso, un ordine la cui forma è difficilmente prevedibile, e la cui costruzione richiede ancora del tempo.
Allo stesso modo è destinata a mutare l’intera architettura finanziaria che ha caratterizzato, con alti e abissi, la storia degli ultimi 100 anni.
Un’architettura priva di fondamenta, un castello di carte capace di crescere per decenni in maniera spropositata dando l’illusione di poggiare su solide basi.
Un sistema fondato sulla moneta creata dal nulla, su bolle che si gonfiano e si sgonfiano e che vengono sostituite da bolle ancora più grandi, in attesa dello scoppio finale; difficile dire quando il crollo avverrà, così come ignote saranno le modalità e le tempistiche.

Nel 2008 c’è stata una scossa generale, ed ancora adesso la maggioranza delle persone non ha compreso l’entità della “crisi” che si è palesata.
Ma l’inganno potrà ancora andare avanti a lungo, per anni, forse decenni.
Quello che è certo è che le economie fondate sui debiti che crescono in maniera esponenziale e sulla creazione incontrollata di moneta dal nulla non possono durare in eterno: arriva il momento in cui gli schemi ponzi collassano, nonostante per anni si possa avere l’impressione che nel gioco tutti possano guadagnare.
A livello politico-mondiale abbiamo quindi visto in questo decennio l’accentuarsi della decadenza morale ed economica della più grande potenza imperiale del secolo scorso, abbiamo sperimentato gli effetti delle prime crepe del complesso strutturale del sistema finanziario globale ed abbiamo anche assistito alla pianificazione di quel processo battezzato “scontro di civiltà”, preludio all’ atto finale che ci attende nei prossimi decenni.
Atto finale che con grande probabilità avrà come cornice il luogo che da sempre si prepara a tale compito, la Terra Santa per eccellenza.
Ma questo è un copione che deve ancora essere completato.Nel frattempo, siamo tutti spettatori di un momento storico emozionante e complesso, quel finale di partita in cui i giocatori più scaltri possono permettersi di giocare senza maschere, prendendosi il lusso di mostrarsi per quello che sono, nella consapevolezza che pochi saranno, comunque, in grado di riconoscere l’espressione dei loro volti.
Un addio quindi a questo primo decennio del XXI secolo che giunge a termine, un decennio che ha corso in modo molto rapido.
Ed un saluto anche agli anni che ci attendono, che perlomeno avranno un nome.
Viviamo in tempi assai interessanti.