21 Aprile 2021 Non occorre essere veggenti per sapere già addesso cosa succederà in seguito alle prime riaperture “concesse” dal governo.
Le persone approfitteranno dell’allentamento delle catene per uscire di casa, per riprendere le vie delle città, per soffermarsi davanti alle vetrine dei negozi, per frequentare, ove permesso, bar e ristoranti.
I telegiornali in coro apriranno le loro edizioni avendo come prima notizia quella degli “assembramenti”.
Le riprese dalle varie città mostreranno strade affollate, viavai di persone per le vie dei centri abitati.
Verranno intervistati dei passanti che esprimeranno tutta la loro preoccupazione.
Il tema dominante sarà: “ci sono state concesse delle libertà, ma così rischiamo di rovinare tutto”, seguito da “quest’anno non ci ha insegnato nulla, con questo comportamento ci toccherà richiudere tutto presto”.
Questi saranno i concetti che ribadiranno ad nauseam anche tutti gli esperti e tutti i virologi invitati in prima serata nelle trasmissioni di “approfondimento”.
Ed in questa particolare narrativa si nasconde precisamente l’idea più insidiosa che è stata veicolata nel corso degli ultimi mesi, una idea pericolosa, che è stata instillata nelle menti della gente con costanza e reiterazione, come un chiodo percosso senza sosta, fatto penetrare giorno dopo giorno sempre più in profondità nel cranio della massa.
L’idea in questione consiste nel sostenere che le nostre libertà non siano scontate, naturali, intoccabili, ma che siano delle concessioni che arrivano dall’alto, e che da bravi sudditi dobbiamo dimostrare di aver “meritato”.
Nell’ultimo anno il concetto di libertà è stato totalmente ribaltato: quelli che prima erano diritti inalienabili del singolo, diritti basilari come quello di spostarsi liberamente, di avere una attività che permette una esistenza dignitosa, e di decidere personalmente sulla gestione del proprio corpo, si sono trasformati in privilegi che lo Stato rilascia in cambio di una buona condotta.
Lo stato naturale del singolo è risultato capovolto: prima si trattava di essere liberi, e nel caso in cui le regole della società fossero state infrante, se ne pagava le conseguenze.
Ora il punto di partenza è la prigionia, ed eventuali permessi vengono concessi come le giornate di libera uscita di cui usufruiscono i carcerati nei casi in cui dimostrano una buona condotta.
Il modo in cui tutto questo sia stato accettato ed introiettato in un periodo temporale talmente ristretto dovrebbe far riflettere sul modo in cui anche prima concepivamo il nostro modo di stare all’interno della società.
Così come merità profonda riflessione il modo in cui con tanta semplicità uno stato di prigionia generalizzata sia stato assimilato come lo stato naturale dell’esistenza.
17 Aprile 2021 “Mai nella storia dell’uomo, si è iniettato in pochissimo tempo decine di milioni di dosi di vaccini, senza saperne esattamente l’esito. Se non quello sperimentale che ha portato all’approvazione da parte della comunità scientifica“
Generale Figliuolo Uno degli aspetti più curiosi di questo periodo è rappresentato dal fatto che nei posti chiave della gestione dell’emergenza si ritrovano persone particolari che non brillano per intelligenza, per usare un eufemismo.
A cominciare dal presidente del consiglio Draghi, per anni considerato una volpe della finanza internazionale, una delle menti eccelse partorite dal nostro paese, e che nel momento in cui si è dovuto pronunciare in una serie di discorsi rivolti al parlamento e alla nazione ha dimostrato una assenza di carisma ed una impreparazione imbarazzanti e sorprendenti.
Accennare poi al ministro Speranza sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, tanto la natura è stata crudele nei suoi confronti, eppure nonostante le sue limitate capacità intellettive (oppure, come si vedrà in seguito, grazie ad esse) si ritrova a decidere della sorte di sessanta milioni di persone, imponendo loro le sue visioni ipocondriache e la sua patologica e distorta concezione del reale.
In questo scenario risulta quindi coerente la scelta del Generale Figliuolo quale “commissario straordinario per l’attuazione e il coordinamento delle misure occorrenti per il contenimento e contrasto dell’emergenza epidemiologica COVID-19.”
Già dall’espressione che normalmente sfoggia potevano sorgere dei dubbi sulle sue effettive capacità cognitive, dubbi che vengono immediatamente confermati non appena prende la parola.
Nel “discorso” qui riportato il generale si vanta del fatto che per la prima volta nella storia sia stata portata avanti una massiccia campagna vaccinale senza saperne l’esito.
Dice proprio così.
Sta parlando della inoculazione di un medicinale di cui non si conoscono gli esiti, fatto di conseguenza su una massa di persone che assurgono al ruolo di cavie.
Non si rende quindi nemmeno conto che sta confessando la perpetuazione di un crimine contro l’umanità, uno di quelli per cui il tribunale dell’Aia avrebbe piena giurisdizione (se fosse utilizzato come sulla carta fu concepito). In effetti queste persone occupano i posti che sono stati loro assegnati perchè in questa enorme farsa a qualcuno sarebbe toccato il compito dell’esecutore materiale, e questi ruoli vengono svolti solitamente dalla categoria dei “narcisisti”, persone che si gloriano dei titoli e delle cariche, vivendo in funzione della propria ambizione, e che fungono da perfetti esecutori nella convinzione di essere importanti.
Va da sè che un narcisista patologico difficilmente sarà anche dotato di una particolare intelligenza: caratteristica infatti di questa qualità è la capacità di saper misurare le proprie doti e i propri limiti, conoscendo il proprio posto del mondo, consapevolezza che ai narcisisti manca del tutto.
Se poi dovesse mai esserci in futuro una nuova Norimberga (poco probabile, purtroppo) riguardo la gestione del Covid, questi personaggi sarebbero i primi a finire davanti all’accusa, dal momento che hanno messo la faccia e la firma in tutte le nefandezze proliferate in questo periodo.
Chi dall’alto li manipolava invece potrebbe anche trovarsi in quel momento dalla parte degli accusatori. 12 Aprile 2021 Osservando i vari video presenti sulla rete con cui il World Economic Forum e gli altri grandi enti globalisti promuovono il loro famigerato progetto denominato “Grande Reset” si possono avanzare alcune considerazioni. Innanzitutto è evidente che ci troviamo di fronte ad una propaganda di “basso livello”, nel senso che pare pensata per un pubblico di bambini delle scuole elementari.
In effetti il rivolgersi ai membri più “semplici” della massa rappresenta una delle caratteristiche fondamentali della propaganda, ma in questo caso l’asticella pare ulteriormente abbassarsi.
Laddove le piattaforme che ospitano tali messaggi permettono dei riscontri immediati da parte degli utenti, con meccanismi quali “mi piace” o “non mi piace” si nota poi una enorme predominanza dei giudizi negativi, con un rapporto medio di 10 valutazioni contrarie rispetto a 1 positiva.
Quando inoltre gli utenti possono anche esprimere il proprio parere per mezzo di commenti, questi sono nella quasi totalità fortemente critici rispetto agli scenari proposti.
Questo dipende dal fatto che l’utenza che ricerca e analizza tali contributi è formata principalmente da persone che per il solo fatto di interessarsi a queste tematiche dimostra una certa attenzione alle dinamiche globali, e possiede quindi un grado di discernimento che permette di cogliere immediatamente il carattere distopico e inquietante della trattazione offerta.
Mentre la grande maggioranza delle persone, che considerato il basso livello narrativo con cui il discorso è impostato sembrerebbe il pubblico a cui tali messaggi sono rivolti, di queste tematiche si disinteressa, e di conseguenza non arriva ad usufruire di tali filmati.
Sembrerebbe quindi di trovarsi di fronte ad un paradosso: un messaggio di propaganda calibrato verso il basso, senza che il pubblico di riferimento venga raggiunto, mentre coloro che ne usufruiscono, e che non fanno parte del “target”, colgono subito l’inganno dell’intera operazione.
Forse una spiegazione si può trovare proprio considerando una delle tattiche della stessa scienza della propaganda, ovvero il passaggio noto come “tastare il terreno”.
Quando una idea particolarmente “innovativa” vuole essere resa popolare da parte di una elite, spesso si procede a piccoli passi nella sua diffusione, ed in un primo momento si testa la reazione del pubblico diffondendone gradualmente alcuni concetti, osservando come questi vengono accolti, e correggendo in seguito il tiro.
Ma anche in questo caso sarebbero molte le cose che non tornano, dal momento che i progetti della elite globalista procedono spediti disinteressandosi totalmente della opinione della “massa”.
Il continuo propagandare questi concetti di ri-costruzione sociale paiono piuttosto una compiaciuta operazione di auto-esaltazione.
Il fatto che ci sia una piccola percentuale (sul totale della “massa”) che si pone in maniera critica nei confronti di tutto questo faceva parte del programma stesso, ed era ampiamente previsto.
Di più: potrebbe essere che tali video proposti nei social abbiano lo scopo di misurare ed individuare l’entità della dissidenza. 3 Aprile 2021
Between the iron gates of fate,
Si è ormai arrivati ad un momento in cui pare che il tempo delle spiegazioni sia finito. Quello che abbiamo vissuto come società occidentale a partire dalla fine della seconda guerra mondiale è stata una sorta di tregua. Le libertà quindi, così come erano state “concesse”, sono state di nuovo negate, la tregua tra governanti e governati è finita, il potere sta di nuovo recriminando la sua proprietà sulle vite dei sudditi. A scanso di equivoci, quando si parla di “Potere” è bene non rimanere troppo nel vago. Uno degli ultimi punti da scardinare è l’inviolabilità del corpo del singolo, e su questo piano pare giocarsi la scommessa più ardita. 18 Marzo 2021 A questo punto occorre andare oltre la dicotomia Biden-Trump, cercando di stabilire chi dei due candidati rappresentasse “il meno peggio”, e concentrarsi totalmente su Biden, sul fatto che una persona simile sia attualmente il Presidente della più grande potenza economica e militare del mondo.
Chiunque avesse seguito all’epoca la campagna elettorale negli Stati Uniti, e avesse assistito ai comizi di Biden, si sarebbe stupito di quanto il candidato democratico fosse in palese difficoltà.
Biden soffre di evidenti problemi cognitivi, non è in grado di completare una frase di senso compiuto, si dimentica costantemente del luogo in cui trova, non ricorda i nomi dei suoi collaboratori più stretti e delle persone che gli stanno intorno.
La situazione era assai palese a chiunque osservasse gli avvenimenti in maniera oggettiva, ma tutti i grandi mezzi di informazione, compattamente schierati contro Trump, si comportavano come se la questione non sussistesse.
Ora, ad elezioni vinte, qualche cronista timidamente si chiede il motivo per cui il presidente a tutt’oggi non abbia ancora affrontato alcuna conferenza stampa con i giornalisti, e se questo possa avere a che fare con questioni riguardanti lo stato della sua salute. Sembra di essere catapultati all’interno della celebre fiaba del Re che se ne va in giro nudo, con tutti i sudditi che applaudono alla manificenza delle sue vesti, finchè un bambino, nella sua innocenza, fa presente che il Re non indossa nulla.
Qui invece si tratta di ammettere che il presidente è totalmente annebbiato da una grave forma di demenza senile.
Il fatto che una persona con questa grave forma di invalidità mentale possa essere stata scelta ed infine eletta alla carica più importante degli Stati Uniti la dice lunga sulla palese farsa che ormai rappresenta la democrazia nei paesi che si definiscono tali.
Gravi poi saranno le conseguenze se a questa persona si permette di fare commenti che riguardano la politica internazionale, come nel caso di questa intervista, dove Biden chiama assassino il presidente della nazione più potente al mondo, subito dopo la sua.
In tempo di pace un simile attacco non si era mai verificato, ed è chiaro che Biden non si rende nemmeno conto della portata delle sue parole.
Il suo discorso, più che di un presidente pare quello di un ubriaco al bar, e l’intero spettacolo è triste e penoso, oltrecchè preoccupante.
Diversi analisti sostengono che presto Biden verrà messo da parte, a causa delle sue condizioni di salute, e la presidenza andrà saldamente in mano alla sua vice Kamala Harris: questo, si sostiene, era il programma fin dall’inizio.
E di sicuro, se si arrivasse a tanto, la situazione non migliorerebbe, essendo la Harris espressione della corrente più guerrafondaia ed elitista del deepstate statunitense.
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