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rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
6 Ottobre 2009

California, terzo mondo?


La Remote Area Medical è un’associazione di medici volontari con base nel Tennesse, negli Stati Uniti, e dal 1985 offre le proprie competenze nei luoghi più poveri del pianeta, dove le persone sono prive dell’assistenza sanitaria di base.

Per anni i medici della RAM hanno operato in Africa e in Sud America, raggiungendo luoghi remoti e distanti dalla cosiddetta civiltà occidentale, con una squadra specializzata composta da medici, oculisti, infermieri, dentisti e veterinari.
Allo stesso modo, i medici della RAM hanno istituito anche un programma di assistenza dedicato alle zone più disagiate degli Stati Uniti, in particolar modo le aree rurali distanti dai grandi centri abitati.

Da qualche mese a questa parte, però, questi medici volontari stanno concentrando i loro sforzi in luoghi assai meno isolati, luoghi che fino a pochi mesi fa non rientravano affatto nelle loro priorità.

Così, dalle foreste amazzoniche e dai deserti infuocati dell’Africa, la fondazione RAM si è ritrovata ad operare nel cuore della California, lo stato più ricco dell’Unione, quello che se fosse indipendente rappresenterebbe l’ottava economia del mondo.

O forse rappresentava.
Perché attualmente lo stato della California è prossimo alla bancarotta, nello stesso modo in cui un paziente in coma irreversibile è vicino alla morte.
Da circa tre mesi i dipendenti pubblici vengono retribuiti con cambiali, mentre i licenziamenti e le ferie non retribuite forzate sono all’ordine del giorno; nel mentre, decine di migliaia di famiglie si sono ritrovate per strada dopo aver perso la casa a seguito dello scoppio della bolla immobiliare, ed ancora maggiore è il numero di cittadini totalmente privi di una qualsiasi forma di assistenza sanitaria.
Ed è per venire incontro a queste persone che la Remote Area Medical ha stabilito una propria base operativa a Los Angeles, attrezzando l’ Inglewood Forum come un enorme ambulatorio.
Così, a partire dalla notte fonda migliaia di persone si radunano intorno all’arena, nella speranza di poter ricevere il tagliando che garantirà loro una visita gratuita.
Sono infatti 1500 i pazienti che possono venire visitati in un giorno, e i tagliandi, che vengono distribuiti a partire dall’una di notte, si esauriscono prima delle 4 del mattino: chi ne resta sprovvisto viene invitato a tornare a casa.
Scene di sicuro non propriamente comuni nella nazione più ricca del pianeta, fino a pochi mesi fa.

Scene del mondo nuovo, intento a mostrare una delle sue migliori facce proprio nella città degli Angeli.

30 Settembre 2009

Il contagio della follia

 

Il signore che con entusiasmo incita l’accaldata platea è Ennio Doris, noto al grande pubblico grazie alle pubblicità di Banca Mediolanum, di cui è presidente, e le cui qualità ci tiene a presentare in prima persona.
Ennio Doris è convinto di essere un grande comunicatore, ed i successi avuti nel campo in cui opera tenderebbero a confermare la sua convinzione.
E’ stato tra i primi in Europa ad utilizzare le “convention” quale strumento di motivazione per i propri dipendenti, con tanto di orazioni infuocate, musiche trionfali e un tifo da stadio da parte dei presenti.

Visto dal fuori il tutto pare oltremodo pomposo, a tratti delirante.

Doris con grida rotte dalla commozione definisce i propri dipendenti degli eroi, li descrive quali highlander che hanno portato a termine una straordinaria impresa.

Ovvero hanno venduto ai loro clienti dei prodotti finanziari.

Quello che nel filmato è realmente degno di nota, più del discorso simil-psicopatico di Doris, è la risposta del suo pubblico.

Nel palazzetto regna una esaltazione collettiva che si direbbe possa avere poco a che fare con l’argomento di cui effettivamente nella riunione si parla, ovvero, giova ricordarlo, della vendita di alcuni prodotti finanziari.
Sarebbe anche interessante cercare di capire quanto ognuno di quei singoli highlander abbia contribuito, nel suo piccolo, ad alimentare la crisi finanziaria che stiamo vivendo; il filmato è del 2007, infatti, e sicuramente tra le persone del pubblico che gridano e si abbracciano molti stanno esultando crogiolandosi al pensiero di aver rifilato investimenti patacca ad un gran numero di clienti polli.
Perchè,
come anche la recente crisi ha definitivamente dimostrato, è aria fritta quella che gli eroi come loro vendono, a prescindere dalla società in questione,
E forse queste poche immagini spiegano meglio di venti articoli il modo in cui la follia si propaga per contagio, e come le visioni distorte di pochi possano divenire l’incubo di molti.
25 Settembre 2009

La filosofia della libertà

Definire in cosa consista la libertà, e quali possano essere i fondamenti per una società veramente libera, è compito evidentemente non semplice.
E sono innumerevoli i tentativi, da parte di persone in buona fede o meno, di definire quale debba essere il migliore “sistema” che gli esseri umani possano attuare affinché la convivenza risulti il più possibile soddisfacente per sé e per i propri simili.
Spesso, in tali tentativi, quello che realmente viene meno è la riflessione sui fondamenti della libertà stessa e della dignità di ogni uomo, e peggio ancora si cercano delle regole che possano funzionare per delle imprecisate masse, perdendo di vista la singolarità di ogni essere umano, che in ogni caso dovrebbe avere la priorità su ogni ulteriore ragionamento.In questo breve filmato vengono elencati, in modo semplice ed intuitivo, i diritti inalienabili e fondamentali di ogni persona, e viene descritta in maniera altrettanto diretta la ragione per cui i problemi che affliggono la nostra società e le nostre forme di governo emergono nel momento in cui tali diritti vengono meno.
Concetti semplici che danno vita ad un vero e proprio manifesto della libertà, una pacata e difficilmente confutabile critica contro il dominio dei pochi sui molti, così come contro quello dei molti sui pochi; un dominio non meno odioso, quest’ultimo, nonostante quanto sostengano le retoriche dei governi democratici e collettivisti.
A seguito del filmato, segnalato sull’ottimo sito di riferimento
La mappa del Pirata, ho riportato la trascrizione dei vari passaggi, per coloro che volessero riprendere e diffondere il testo.

 

di Ken Schoolland 

La filosofia della libertà è basata sul principio della proprietà di se stessi.
Noi siamo i proprietari della nostra vita.
Negarlo significa che altri hanno sulla nostra vita una pretesa maggiore di quella che abbiamo noi.
Nessuna altra persona, o gruppo di persone, è proprietario della nostra vita, e nemmeno noi possiamo esserlo della vita di altri.
Noi esistiamo nel tempo, passato, presente, futuro.
Perdere la vita è perdere il futuro.
Perdere la libertà è perdere il presente.
E perdere il frutto della nostra vita e della nostra libertà è perdere quella parte del passato che l’ha prodotto.Un prodotto della vita e della libertà è la proprietà.
La proprietà è il frutto del nostro lavoro, del nostro tempo, delle nostre energie  e del nostro talento.
La proprietà è quella parte della natura che noi trasformiamo in qualcosa di utile e che ha valore.
La proprietà è anche la proprietà di altri che ci viene data attraverso uno scambio volontario e consensuale.
Due persone che scambiano la proprietà volontariamente ne hanno un vantaggio altrimenti non lo farebbero.
Solo loro possono prendere questa decisione per se stessi.
Talvolta qualcuno usa la forza o la frode per sottrarre beni ad altri, senza la loro volontà e senza il loro consenso.

Usare per primi la forza per togliere la vita agli altri è omicidio.
Togliere la libertà è schiavismo.
Togliere la proprietà è furto.
E’ lo stesso se tali azioni sono compiute da un singolo, da molti contro pochi, o anche da funzionari pubblici in eleganti uniformi.

Noi abbiamo il diritto di proteggere dall’aggressione di altri la nostra vita, la nostra libertà e la proprietà, legittimamente acquisita.
E possiamo chiedere ad altri di aiutarci a difenderci.

Ma non abbiamo il diritto ad usare per primi la forza contro la vita, la libertà e la proprietà di altri.
Ugualmente, non abbiamo il diritto a incaricare altri di dare inizio alla forza per conto nostro.
Noi abbiamo il diritto di scegliere chi ci guidi, ma non abbiamo alcun diritto di imporre governanti ad altri.

Indipendentemente da come vengono scelti i funzionari pubblici sono solo degli esseri umani, e non hanno alcun diritto a pretendere di essere considerati superiori a noi.

Indipendentemente dalle fantasiose etichette date alla loro funzione, o dal numero di persone che li sostengono, i pubblici funzionari non hanno diritto di uccidere, di rendere schiavi o di rubare.Non possiamo concedere loro alcun diritto che noi stessi non abbiamo.
Siamo noi i proprietari della nostra vita, e ne siamo i responsabili.
La nostra vita non l’abbiamo presa in prestito da altri che possono pretendere da noi obbedienza.
Né siamo gli schiavi di altri che possono pretendere il nostro sacrificio.
Siamo noi a scegliere i nostri obiettivi, basati sui nostri valori.
Il successo e il fallimento sono stimoli necessari per imparare a crescere.
L’azione in nome di altri è virtuosa solo quando deriva da una scelta consensuale e reciproca.
Dal momento che la virtù può esistere solo se vi è libera scelta, questa è la base per una società veramente libera.
Non è solamente il fondamento più utile per le azioni umani, ma anche il più etico.

I gravi problemi che gli stati provocano usando per primi la forza hanno una soluzione.

La soluzione, per i popoli della terra, è di cessare di chiedere ai rappresentanti degli stati di dare il via all’uso della violenza in loro nome.

Il male non nasce solamente dalle persone realmente cattive, ma anche da quelle buone che tollerano l’uso della forza da parte di altri come mezzo per raggiungere i loro fini.
In questo modo,nel corso della storia, i buoni hanno messo il potere nelle mani dei cattivi.Credere in una società libera è affidarsi al processo di scoperta nel mercato dei valori, piuttosto che a una visione e a un traguardo imposto da altri.
Permettere che lo stato usi la forza per imporre una determinata visione è inerzia mentale, e in genere ha conseguenze indesiderate e perverse.
Perseguire una società libera richiede il coraggio di pensare, di parlare e di agire.
Specialmente quando è più facile non far niente.

23 Settembre 2009

Cyber topi e apprendisti stregoni

 

A prima vista sembra un semplice giocattolino, una sorta di piccola macchinina telecomandata.
Ed in effetti tale piccolo apparecchio si muove proprio grazie a dei comandi a distanza, con la differenza che non è un bambino a guidarlo, e nemmeno un essere umano, ma un cervello di topo.
Dei neuroni di topo, per la precisione, prelevati da un piccolo feto.Sono stati prelevati prima di tutto un fascio di nervi da un feto di topo. Il fascio è stato poi trattato per sciogliere le connessioni fra i neuroni. Questi ultimi sono stati posti in un MEA (Multi Electrode Array), una piattaforma composta da una rete di sessanta elettrodi in grado di raccogliere gli impulsi elettrici generati dalle cellule, le quali guidano a distanza i movimenti del robot. Non c’è nessuno altro input umano o dal computer: grazie al segnale Bluetooth, lo stesso usato sui cellulari, robot e neuroni interagiscono scambiandosi stimoli. Il cyber-topo è così in grado di deambulare evitando (più o meno) gli ostacoli.

In pratica, i sensori posti sul robottino trasmettono dei segnali ai neuroni prelevati dal cervello del topo, e questi, interpretando tali segnali, indicano al robottino stesso come muoversi a distanza.
I neuroni usati sono attivi per un tempo limitato, vivono, si potrebbe dire, per qualche mese, così il team di scienziati che ha implementato tale tecnologia ha utilizzato cellule prelevate da diversi feti, col risultato che il robot acquisisce anche diversi “caratteri”, a seconda della predisposizione dei “donatori”.
Come ha dichiarato Kevin  Warwick, ideatore del progetto: “È singolare, perché riscontriamo differenze fra i singoli ‘cervelli’. Ne abbiamo uno sbruffone e attivo, mentre ce n’è un altro che invece sappiamo già che non arriverà dove vuole andare”.

Kevin Warwick, professore di cibernetica all’Università di Reading del Regno Unito, conduce da anni studi nel campo della robotica e della ibridazione uomo-macchina,  e già nel 2002 si fece impiantare nel corpo un microchip con il quale comandava a distanza gli apparecchi elettronici della propria casa e dell’ufficio, riuscendo ad aprire a comando le porte, ad accendere i computer e ad interagire con diverse macchine semplicemente trasmettendo impulsi elettrici.
Kevin Warwick è anche un convinto sostenitore del movimento transumanista, ed assicura che nel futuro gli uomini grazie a diversi impianti tecnologici saranno in grado di sviluppare enormemente le proprie capacità; la telepatia stessa alla luce di queste ricerche diviene una eventualità del tutto fattibile.

L’esperimento riuscito del piccolo cyber-topo robot risale al 2008, ed ha aperto delle prospettive sicuramente impensabili fino a pochi anni fa, confinate com’erano nell’ambito della narrativa di fantascienza.
Inoltre, la straordinaria constatazione del fatto che il robot assume anche un “carattere” a seconda del tipo di donatore dimostra chiaramente che in un ambito simile si va al di là di un qualsiasi apparecchio programmato che semplicemente esegue delle disposizioni.

Aprendo anche ulteriori, inquietanti interrogativi su quali siano i confini della vita stessa, e sul diritto degli esseri umani di cimentarsi in ambiti che forse vanno al di là delle loro competenze.

si veda anche:
Fantascienza, ancora lo diciamo? di Iafet
More human than human
(seguendo i collegamenti)

21 Settembre 2009

Crolli e mammuth

Fin dai primi anni scolastici siamo abituati a suddividere le epoche storiche entro rigidi compartimenti stagni, con imperi che si susseguono e date da memorizzare che segnano le svolte.
Dal blog
Ottagono Irregolare, che da poco si è affacciato nel variegato mondo della rete, un interessante punto di vista sul concetto di "crollo", ed un invito a non perdere mai di vista la reale complessità delle vicende storiche, passate e presenti.

di Tommy Angelo

Scrivo questo post in fretta perché tra poco crolla il mondo come lo conosciamo e da domani sarò costretto a cacciare antilopi per sfamare la mia tribù.
… … …

Se avessi pubblicato un incipit del genere qualche anno fa, sicuramente sarebbe stato interpretato come un divertissement o, dai più seriosi, come la prima riga dell’ennesimo romanzo distopico. Oggi il rischio è che in troppi mi prendano sul serio.
Il più diffuso argomento di discussione da bar di questi mesi – la crisi economica – sta convertendo al millenarismo un numero elevatissimo di persone (a proposito, si sono già stancati tutti dell’Iran? Gli ultimi rumour lo davano in procinto di annientare l’imperialismo yankee). Non saprei spiegarmi del tutto questo atteggiamento, ma una qualche ragione credo di averla individuata.

Do per inteso che non sto scrivendo di chi si interessa della crisi economica e dei suoi riflessi sociali e politici, ma di chi propone profondissime analisi del tipo “l’impero americano sta crollando, esattamente come è crollato l’impero romano” oppure “siamo al capolinea, fra qualche settimana torneremo a vivere nelle caverne e a cacciare mammuth. Ma i mammuth si sono estinti. Ommioddio senza cibo moriremo tutti!”

Perché così tante persone credono che a breve tutto finirà? Da dove traggono l’idea? In parte credo l’abbiano imparato a scuola; più precisamente, durante le ore di storia. Facciamo uno sforzo di memoria.
C’era l’uomo primitivo, poi ha scoperto l’agricoltura e ha fondato l’impero assiro-babilonese. Poi l’impero assiro-babilonese è crollato, avanti veloce, impero egizio. Avanti veloce, in Grecia nascono le polis. Arriva l’impero persiano (ma quando l’hanno fondato quello, che non c’è scritto nel libro?) ma Atene lo sconfigge e crea il suo piccolo impero anche lei. Avanti ancora, l’impero ateniese crolla. Arriva Alessandro Magno, che crea l’impero di Alessandro Magno, che poi crolla. Avanti veloce, arrivano i romani, che fanno l’impero. Che poi crolla.

Questo è quello che – fino a poco tempo fa – si imparava di storia tra gli 8 e i 9 anni. Capite che se ad un bambino di 8 anni insegnate una cosa del genere (che è anche parecchio truculenta, se ci pensate) non ci sarà verso di togliergliela dalla testa. Si chiama imprinting, ed è irreversibile.
E’ naturale che anni più tardi, quando sentirà nominare l’impero britannico – crollato! – o l’impero americano – crollato! – non potrà che operare secondo l’ovvio sillogismo: tutti gli imperi sono crollati, l’impero americano è un impero, l’America (e noi con lei, che siamo il suo impero) crollerà. E non abbiamo nemmeno un mammuth da cacciare.

C’è un unico problema però. Che nessun impero, nessuna organizzazione sociale è mai “crollata”.
La parola “crollo” implica una caduta repentina, una distruzione totale, un avvenimento talmente veloce da essere appena appena percepibile con i sensi. Ma niente di tutto questo è veramente avvenuto.

[…] il nostro concetto di “crollo”, di “fine” è una semplificazione che ci serve a schematizzare il mondo per renderlo facilmente comprensibile; è una scorciatoia linguistica che ci aiuta nell’economizzare la fatica di comunicare; ma non esiste una realtà intesa come “crollo”.
Se potessimo viaggiare nel tempo e andare a parlare con un abitante della Grecia del 153 d.C. e gli spiegassimo che il sistema delle polis è crollato 490 anni prima, probabilmente vi guarderebbe con aria smarrita e cercherebbe di capire di cosa diavolo state parlando (sempre che – vedendovi sbucare da una lacerazione del continuum spazio-temporale – non si prostri a terra adorandovi come un dio e dica “sì” a qualunque cosa diciate).
Così come, se un viaggiatore del tempo arrivasse dal futuro e ci spiegasse che nei suoi libri di storia gli stati Europei sono “crollati” dopo la seconda guerra mondiale, “dissolvendosi” nelle due nuove strutture politiche, l’impero Usa e il blocco sovietico, noi non capiremmo cosa intenda (e andremmo in cerca di un IBM 5100 nel tentativo di farlo star buono).
Eppure non avrebbe tutti i torti: in un’Europa in cui gli Stati erano da secoli in lotta, le due potenze emergenti hanno imposto la propria forma di governo, hanno stabilito dei presidi militari e hanno cercato di creare uno spazio di uniformità economica all’interno dei loro domini. Che è esattamente quello che hanno fatto i romani quando sono arrivati in Grecia.

Il medesimo ragionamento vale per la caduta dell’impero romano. Non c’è mai stato nessuno “crollo”, ma una progressivo cambiamento di assetto politico che ha richiesto parecchi decenni per completarsi e che noi definiamo “crollo”. Senza mai dimenticare che l’impero romano d’Oriente, nella persona di Costantinopoli, è stato definitivamente preso nel 1453, circa mille anni dopo la data che di solito si indica come “caduta” dell’impero romano. Per dire, in occidente ci siamo fatti tutto il medioevo, le crociate, i comuni, i sacriromanimperi e l’umanesimo, nel frattempo.

Questo per dire che è improbabile che dall’oggi al domani la realtà come la conosciamo finisca e ci si ritrovi tutti in un mondo tipo Mad Max. Ci saranno cambiamenti, ci sono sempre. Ma non li percepiremo, perché esisteranno solo nella mente dei redattori di testi scolastici del 2500 d.C.

La crisi continuerà ad essere un grosso problema, e francamente perdere il lavoro per me sarebbe molto peggio che il crollo dell’impero romano. Ma il mondo continuerà, continuerà la società e non vedremo quattro scalmanati percorrere il cielo in groppa a cavalli radioattivi.

Anche se so che qualcuno lo spera. Putroppo però il mondo non brucerà solo perché noi non siamo riusciti a renderlo quello che volevamo fosse.

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