Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
Cercare di spiegare cosa vi sia di terribile in tutto questo è inutile, se non lo si percepisce “a pelle”.
Ma una questione emerge limpida, e non può essere ignorata nemmeno dai più accondiscendenti, convinti che tutto questo sia fatto “per il nostro bene” : l’umanità è sempre più divisa in due gruppi, i controllati e coloro che controllano.
I primi devono sempre adeguarsi alle indicazioni che giungono dall’alto, sempre nel timore di fare qualcosa di sbagliato, sempre impegnati a comprendere cosa sia permesso e cosa no, in un raggio d’azione sempre più limitato.
Coloro che controllano invece tutto possono, e dispongono delle vite dei loro simili quasi fossero esseri umani di un livello superiore.
Ma chi ha stabilito che fossero tali?
E come ha fatto il divario tra i primi e i secondi a raggiungere una tale estensione?
“gli statalisti guardano il proprio vicino e pensano: Non mi fido di te come vicino, ma mi fido di te come padrone.”, ovvero l’assurda premessa della necessità di ogni “governo” Molti di coloro che credono nello Stato lo descrivono apertamente come motivo per cui esso sia necessario: perché non ci si può fidare della gente, perché è nella natura umana rubare, litigare etc. Gli statalisti spesso affermano che senza un’autorità vigilante, senza un “governo” che crei e faccia applicare le leggi della società a tutti, ogni discussione finirebbe in un bagno di sangue, non ci sarebbe cooperazione, il commercio cesserebbe del tutto di esistere, ci si troverebbe in una situazione di “ognuno per sé” e l’umanità degenererebbe in un’esistenza da cavernicoli stile Mad Max. […] Tuttavia la scusa più comune per il “governo” – ovvero che le persone siano malvagie e abbiano bisogno di essere controllate – inavvertitamente manifesta la follia intrinseca a tutti gli statalismi. In altre parole, se gli esseri umani sono così menefreghisti, stupidi e perfidi che non ci si può fidare che possano compiere la cosa migliore da soli, come potrebbe mai la situazione essere migliorata prendendo un sottoinsieme di questi stessi esseri umani menefreghisti, stupidi e perfidi e concedono loro il permesso della società di controllare gli altri con la forza? […]Gli autoritari non perseguono una mera riorganizzazione degli esseri umani, ma il coinvolgimento di una qualche entità sovrumana dotata di diritti e virtù che gli esseri umani non posseggono, che possa essere usata per tenere in riga tutti gli uomini inaffidabili. […] Ciò che coloro che credono nello Stato vogliono davvero è un enorme e inarrestabile potere che venga usato per fare del bene. […] Aspettarsi che il potere venga utilizzato solamente a beneficio di coloro che sono controllati e non di colui che controlla è ridicolo. Ciò che lo rende ancora più folle è che gli statalisti sostengano che eleggere dei comandanti è l’unico modo per far fronte alle imperfezioni e all’inaffidabilità dell’uomo. Gli statalisti guardano ad un mondo pieno di sconosciuti e dalle ragioni discutibili e di dubbia moralità e hanno paura di cosa questi possano fare.
Di per sé, sarebbe una preoccupazione perfettamente ragionevole. Senonché, come protezione contro ciò che alcune di queste persone possano fare, gli statalisti sostengono il dare ad alcune di queste persone di dubbia virtù un’enorme quantità di potere e il permesso della società di dominare tutti, nella vana speranza che per qualche strano miracolo, queste persone decidano di usare il proprio recentemente acquisito potere solo per fare del bene. In altre parole, gli statalisti guardano il proprio vicino e pensano: “Non mi fido di te come vicino, ma mi fido di te come padrone.” E’ bizzarro notare come quasi tutti gli statalisti ammettano che i politici siano i più disonesti, corrotti, subdoli ed egoisti fra tutti, ma ancora insistono che la civilizzazione possa esistere solo se si dà a queste persone particolarmente inaffidabili sia il potere che il diritto di controllare tutti gli altri con la forza. Coloro che credono nello Stato credono davvero che l’unica cosa che possa mantenerli al sicuro dalle imperfezioni della natura umana sia prendere alcuni di questi umani imperfetti – o alcuni dei più imperfetti – e nominarli dei, con il diritto di dominare tutta l’umanità, nell’assurda speranza che, dandogli questo eccezionale potere, lo usino solo per fare del bene. Il fatto che questo non sia mai successo nella storia del mondo non ferma gli statalisti dall’insistere che questo “debba” succedere per assicurarsi una società pacifica”
Larken Rose, La più pericolosa delle superstizioni.
Gli esseri umani si dividono in due grandi famiglie: coloro che sentono la necessità di una qualsivoglia forma di autorità, e coloro che l’autorità la soffrono.
Per la grandissima maggioranza del genere umano l’autorità, ovvero qualcuno che detta le regole, che indica e dirige l’agire delle persone, e che punisce chi contravviene alle regole comuni, è imprescindibile per una società “civile”.
Queste persone non vedono il potere come una imposizione: essere guidati, avere qualcuno che detta le leggi da seguire, per essi rappresenta una grande facilitazione nel vivere quotidiano.
Chi quindi considera legittima, e necessaria, la presenza di un potere, si limiterà a discutere, in maniera profonda, su quale sia il sistema politico che offra più garanzie di “giustizia”, sia più equo.
Dal lato opposto, ci sono le persone che giudicano ogni forma di potere come una imposizione.
Che non riescono ad accettare che altri esseri umani, pari a loro in dignità, impongano ad essi il loro volere.
Per questi ultimi, dovere sottostare agli ordini di qualcun altro, chiunque essi sia, senza il proprio consenso, equivale ad una forma di schiavitù.
Il dialogo tra questi due gruppi, quando viene affrontato il tema del “potere”, è pressoché impossibile, dal momento che il senso di oppressione percepito da chi non accetta l’autorità di un uomo su di un suo simile è qualcosa che va al di là di una mera questione “pratica”.
In fondo, l’accettazione del potere, il seguirne le indicazioni e l’inserirsi nel sistema così creatosi è un qualcosa che garantisce benefici materiali (ospedali, scuole pubbliche, forze dell’ordine, pensioni): è sufficiente seguire le regole che il potere indica.
L’insofferenza nei confronti del potere è invece un qualcosa che va al di là delle questioni pratiche e materiali, è una questione di principio che tocca a fondo la coscienza e la dignità stessa del singolo, e per tale motivo risulta un concetto difficilmente comprensibile da chi ha come priorità il quieto vivere e la “sicurezza”.
“Sul versante sociale, fra l’altro, a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti, e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale”.
Presidente Sergio Mattarella
La fine del blocco dei licenziamenti rappresenta il classico elefante nella stanza che da mesi si fa finta di non vedere.
Le conseguenze del crollo dell’economia nazionale, infatti, non si sono ancora manifestate appieno per via di alcuni provvedimenti artificiosi, che per loro natura non potranno essere eterni.
Il blocco dei licenziamenti è uno di quelli, una questione talmente spinosa da essere totalmente ignorata nel dibattito politico degli ultimi mesi.
Sarà il momento in cui centinaia di migliaia di italiani si sveglieranno da un sonno profondo, perché quando mancherà il pane in tavola tutto il resto passerà in secondo piano.
Mattarella nel suo discorso ha mostrato che nei piani alti sono ben consapevoli della questione, tanto da citare la fine del blocco dei licenziamenti come uno dei tre motivi (insieme alla gestione della pandemia e dei fondi degli aiuti europei) per cui serve un governo “deciso” e autorevole sin da subito, un governo in grado di affrontare l’emergenza sociale.
Siamo quindi da oggi entrati ufficialmente nella Fase 2: dopo la devastazione, provocata dalle misure intraprese con la scusa della pandemia, ci sarà da gestire la tensione sociale.
I “costruttori”, quelli che dovranno edificare il mondo nuovo, quello della nuova normalità, verranno subito dopo.
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CROLLANO LE TORRI
Il Vecchio della Montagna si destò: mirò il piano e la febbre del piano, percorse cogli occhi torri e pinnacoli, tracciò sulla terra secca uno strano segno, e così parlò nella notte:
Come in una falsa notte una falsa tregua, così in questa lunga agonia secolare i costruttori di torri fanno nidi al vento della loro stoltezza: ma a ogni fiato di nuova tormenta precipitano le torri.
O costruttori di torri, precipitano le torri.
Da secoli tessete l’inganno, il vostro inganno, o costruttori di torri; e i secoli vi divorano; in fondo ai secoli invero, nell’invisibile deserto che corre parallelo alla vostra strada corrotta e titubante, sta l’eternità, costruttori di torri, o costruttori di torri.
Zero, Guido De Giorgio, La Torre, 1930
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There is no conspiracy, non c’è quindi nessuna cospirazione.
Dopo la ormai celebre copertina del prestigioso Time si è potuto finalmente parlare apertamente di “grande Reset” senza essere tacciati di complottismo.
In fondo bastava accedere alla pagina ufficiale del World Economic Forum, dedicata a questo grande progetto, per sapere nel dettaglio la direzione verso cui stiamo andando.
In sintesi, il sistema finanziario internazionale è ormai ingestibile: sopravvissuto alla grande crisi del 2008 grazie allo spropositato intervento delle banche centrali, la situazione è andata peggiorando, con spirali di debito in crescita esponenziale, creazione di denaro dal nulla fuori controllo, spazzatura finanziaria prossima all’esplosione.
L’unico modo che i grandi centri di potere (FMI, banche centrali, l’elite dei miliardari e i loro club) avevano per prevenire l’imminente collasso era ridisegnare da capo lo scenario, con nuove regole.
E’ la nuova normalità, il sogno dell’elite che finalmente ha trovato il terreno giusto per compiersi.
Ma per procedere occorreva fermare l’economia mondiale.
Questo lo scopo dei lockdown e delle misure prese (che appaiono folli, ma che seguono questo preciso modello). Il covid fu solo il giusto pretesto.
E’ come se fossimo tutti dentro un treno lanciato a folle velocità, un treno destinato a deragliare.
Chi sta nei vagoni di prima classe sa che i binari vanno sostituiti, serve una nuova rotta.
Per fare ciò occorre fermare il treno per un certo periodo.
Così loro si legano alle loro cinture di sicurezza, in comodi sedili, e tirano il freno d’emergenza.
E nei vagoni di seconda e di terza classe succede il finimondo, le persone finiscono gambe all’aria.
Questa è l’unica lettura coerente degli avvenimenti che stiamo vivendo, in tale modo tutto acquista un senso preciso.
Non c’è nessun complotto: è tutto nero su bianco: si tratta di un programma politico sociale fatto da gente che pensa di avere i mezzi per attuarlo.
Un programma globale.
Draghi è una pedina importante, di un livello superiore rispetto ai nostri piccoli politicanti.
Draghi è quindi l’esecutore a livello locale di un ampio piano globale.
Se dovessi definire l’intelligenza, direi che si tratta essenzialmente della capacità di osservare, analizzare i dati a disposizione e di trarne una logica deduzione, avvicinandosi il più possibile al quadro di insieme.
Ancora più nello specifico, si potrebbe dire che la capacità di cogliere un quadro di insieme ampio è una qualità che va oltre il concetto stesso di intelligenza.
Ci sono infatti tantissime persone dalle spiccate capacità intellettive che però concentrano tutte le loro energie in un singolo settore, e quando si allontanano da esso quasi smarriscono ogni capacità interpretativa.
Questo, nello specifico, è un fenomeno tipicamente moderno, laddove il nostro stesso progresso si fonda nella iper-specializzazione.
Abbiamo infatti, nella nostra società, innumerevoli esperti nei campi più disparati, eccellenze nel loro campo di applicazione, che però poco si intendono, o si interessano, dei fenomeni, spesso essenziali, che muovono l’intero meccanismo del nostro sistema.
Come se ognuno di questi esperti sapesse tutto del proprio ingranaggio, poco o niente dell’ingranaggio suo prossimo, e ancora meno della macchina nel suo complesso.
In ogni caso, ritornando all’intelligenza in sè – definita quale capacità di interpretare diversi dati e indizi per trarne un veritiero quadro di insieme (essere in grado di unire i puntini, come si dice in gergo)- possiamo notare come questa capacità, che sulla carta dovrebbe essere appannaggio della maggioranza delle persone, possiede quattro grandi nemici.
Il primo nemico dell’intelligenza è la sopracitata iper-specializzazione.
Tutte le energie e le capacità del singolo vengono convogliate su di un singolo argomento, e tutto ciò che lo circonda rimane perlopiù ignoto.
Semplificando, è la situazione in cui si trova chi passa la sua vita a contare ogni singola cellula di un albero e non si rende mai conto di trovarsi dentro una foresta.
Il secondo nemico dell’intelligenza, ed è un difetto che tocca tutti, in gradi diversi, è il pregiudizio, l’ideologia, la predisposizione mentale.
Se nel caso della iper-specializzazione il quadro di insieme non veniva colto perchè ci si concentrava esclusivamente su di un singolo punto, per colpa del pre-giudizio ci si trova invece nella situazione di avere già in mente un risultato finale a cui si vuole giungere.
Così, con un quadro di insieme già delineato, si finisce per selezionare solo gli indizi che si adeguano ad esso, e che non ne rovinano la struttura.
Questo meccanismo in psicologia si chiama “bias di conferma”, e consiste propriamente nel dare enfasi agli avvenimenti ed ai dati che confermano la nostra idea iniziale, ignorando tutti quelli che la contraddicono.
E’ importante osservare che tutti siamo vittime di questo meccanismo: diviene quindi essenziale esserne consapevoli, e cercare in ogni modo di arginare il fenomeno.
Il terzo nemico dell’intelligenza, in qualche modo legato al secondo, è il conformismo.
Il fare propria l’opinione condivisa agisce su degli strati profondi ed ancestrali della nostra psiche, assicurandoci un senso di protezione, lo stesso che i nostri progenitori, e anche noi stessi, ricaviamo dallo stare in gruppo, dal sentirci, una volta inseriti in un contesto più ampio, più sicuri di noi e più protetti, grazie al “numero”.
A causa del conformismo non si sente più la necessità di fare lo sforzo per interpretare i dati e trarne una conclusione: si aspetta solo che venga fornita una interpretazione comunemente accettata e la si fa propria.
Il quarto grande nemico dell’intelligenza, diretta conseguenza del terzo, è quindi semplicemente la pigrizia.
Perchè il pensare comporta uno sforzo, uno sforzo reale, e spesso non si hanno energie sufficienti per farlo, oppure si preferisce dedicare quelle stesse energie ad altre attività che hanno un rendiconto più piacevole.
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
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