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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
19 Ottobre 2018

Pensiero debole e schizofrenia dei tempi


Secondo Albert Camus la principale domanda che la filosofia deve porsi riguarda la vita stessa: vale la pena vivere?
Tutto il resto è secondario, ogni ulteriore domanda viene molto dopo, in termini di importanza.
Ed è un pensiero coerente, il punto di arrivo del pensiero moderno che passo dopo passo ha voluto stabilire l’assenza di qualunque metafisica (intesa qui nel suo senso etimologico, ovvero ciò che va oltre il mondo fisico, tangibile).
La rivoluzione del pensiero moderno parte da lontano, ma fissa le sue sentenze e diffonde le sue conclusioni parallelamente alla rivoluzione scientifica settecentesca ed ottocentesca.
E l’epoca dei lumi, a cui seguì la rivoluzione industriale, è ancora oggi considerata, ufficialmente, il punto di svolta definitivo che diede inizio al nostro mondo.
Da lì in poi il processo scientifico divenne la vulgata ufficiale.
Le scienze empiriche si occuperanno da lì in poi quindi solo dei fatti sperimentali, ovvero quei fatti che possono essere osservati, misurati, ed eventualmente riprodotti, come si vedrà in seguito.
Nonostante la fisica quantistica abbia messo in crisi questi fondamenti, essi continuano a definire il nostro mondo, per un motivo molto semplice: nella pratica, le scienze empiriche, funzionano, danno risultati concreti.
Osservando, misurando, riproducendo i fenomeni, la scienza moderna ha creato le locomotive, le automobili, i grattacieli in ferro e vetro, le lavatrici e l’aria condizionata.
La materia è stata addomesticata, sezionata e riassemblata per creare nuovi oggetti che rispondo ai comandi loro assegnati.
Le scienze empiriche quindi hanno funzionato nel concreto, da qui la loro indiscussa vittoria.
Vi era un solo soggetto in cui tali scienze parevano trovare qualche difficoltà di applicazione: l’essere umano.
In un universo in cui tutto poteva essere misurato, in cui il comportamento di ogni tipo di materia poteva essere predetto, una volta avuti dati a sufficienza, l’essere umano rimaneva una incognita.

Fu così che in pieno positivismo scientifico furono due particolari scienze che tentarono di colmare anche questa lacuna: la biologia e la psicologia.
La biologia, in seguito influenzata anche dalle teorie darwiniane, iniziò a studiare l’homo sapiens nel suo insieme, come essere vivente.
Secondo tale paradigma, nello stesso modo in cui gli esseri viventi seguono dei percorsi comuni così anche l’essere umano in fondo non fa che ricalcare lo schema degli organismi viventi: nasce, si nutre, cresce, cerca di riprodursi, muore.
Le menti più scientifiche si spinsero ancora oltre: quelle che l’essere umano chiama emozioni, o sentimenti, sono semplici processi ormonali che guidano l’organismo verso i suoi compiti; ciò che viene chiamato amore, ad esempio, non sarebbe altro che una risposta a degli stimoli ormonali, laddove un organismo prova attrazione nei confronti del sesso opposto affinché la riproduzione possa avere luogo.
Processi ormonali, quindi, nulla più.
La complessità dell’essere umano, ciò che lo rendeva apparentemente diverso dagli altri fenomeni osservabili e misurabili, dipendeva solo da una maggiore quantità di fattori in ballo, di dati da analizzare.
Una volta avuta conoscenza di tutti questi fattori, anche l’uomo poteva essere studiato, e i suoi comportamenti “previsti”.
Questo fu in sintesi il pensiero della psicanalisi, che vide nell’anima stessa un ulteriore oggetto di studio, alla pari degli altri fenomeni fisici: un oggetto che semplicemente presentava delle ulteriori difficoltà.
Una macchina, solo un po’ più complessa.

Ogni epoca quindi ha una sua narrativa, una sua spiegazione sulla realtà del mondo, un sapere ufficiale accettato che viene trasmesso ed insegnato, e questo sapere ufficiale non sempre coincide col sentimento popolare diffuso, ma è in grado di influenzare e direzionare il pensiero dei molti.
La nostra narrativa, erede del positivismo ottocentesco, viene insegnata nei licei e nelle università, trasmessa poi da operatori accreditati in trasmissioni divulgative come superquark, o attraverso le pagine dei giornali negli interventi degli esperti, si basa su alcuni capisaldi universalmente accettati quali “fatti incontenstabili”.
Il primo di questi fatti incontestabili è, in maniera alquanto ridondante, la piena fiducia nel metodo scientifico: si può discutere di fatti solo in presenza di fenomeni misurabili.
Una legge scientifica si potrà poi stabilire quando un fatto osservabile è anche riproducibile, come da premessa.
Osservabile e riproducibile: ciò che esula da tali circostanze non potrà essere oggetto di trattazione (scientificamente parlando).
Questo semplice, ma basilare, punto di partenza esclude quindi dalla nostra corrente narrativa la possibilità di argomentare su concetti che hanno caratterizzato la ricerca umana per millenni: cosa sia l’anima, cosa è il bene, qual è il senso di una esistenza.
Non che tali argomenti siano tabù: semplicemente, esulando dall’ambito del prettamente scientifico, vengono ora trattati in un ambiente a parte.
Vi è la scienza, vi sono le certezze dei fatti che vengono insegnate quali realtà, e vi sono poi gli argomenti che non rientrano in quei parametri, sui quali si potrà discutere a piacimento avendo ben presente che una opinione equivarrà ad un’altra.

Ritornando però ai “fatti” accettati quali certezze dalla nostra narrativa, emerge un modello della realtà ben preciso, che a sua volta porta già in sè una risposta assai dettagliata ai problemi “metafisici”, “astratti”.
Per il sapere moderno ad esempio è un fatto assodato l’evoluzionismo darwiniano: gli esseri umani sono il risultato di miliardi di mutazioni casuali che si sono verificate in milioni di anni, portando dei microorganismi primitivi nel corso delle ere ad assumere le forme che noi ci ritroviamo ad avere.
Milioni di anni fa, ad esempio, avevamo un antenato in comune con le grandi scimmie che ancora oggi popolano alcune foreste: il fatto che loro vivano sugli alberi e che noi ci spostiamo in automobile è dato solo da una casualità.
Poteva succedere, come pare sia successo, che un nostro antenato si alzasse su due gambe e svilupasse il linguaggio, così come poteva non accadere.
E parlando di scopo, toccherà quindi alla biologia fornire le regole che spiegano i comportamenti delle specie viventi: esse rispondono alle necessità date dal bisogno di sopravvivere e di riprodursi.
Sopravvivenza e riproduzione: questi gli imperativi, anche i nostri, in quanto esseri viventi.

E tutti quegli aspetti del nostro vivere che supponevamo ci distinguessero, l’amore, l’amicizia, la bontà, la creatività, altro non sono che strumenti con i quali la legge della natura ci ha fornito per assicurarci quei due imperativi.
L’amore stesso, tanto celebrato, altro non sarebbe che il risultato di alcuni impulsi ormonali, stimoli che mettono in moto alcune aree del cervello, strumenti per assicurare la continuità della specie.
La felicità e la tristezza, anche loro, dipendono in gran parte dall’equilibrio o dallo squilibrio di alcuni neurotrasmettitori: serotonina, dopamina, ossitocina i principali.
Non a caso, la medicina ufficiale cura “disfunzioni” quali la depressione con pillole che agiscono direttamente su questi ormoni.

Per quanto riguarda infine la realtà oltre la morte, la narrativa ufficiale non si esprime.
Per quanto ne sappiamo, con i dati che abbiamo a disposizione, con la morte cessano di funzionare gli organi, si spegne il cervello (che è la fonte di tutte le nostre sensazioni e pensieri), e di conseguenza si va semplicemente incontro ad un grande vuoto, un nulla.

Ora, il fatto che questa sia la versione accetata e scientifica della realtà non implica che sia anche quella popolarmente ed universalmente accettata dalla moltitudine.
Uno studente interrogato nell’ora di biologia racconterà per filo e per segno come la dopamina influenzi l’umore di un essere umano, e magari subito dopo scriverà un messaggio alla ragazza di cui è innamorato raccontandole di come le loro anime siano destinate a stare insieme per l’eternità.
E tra gli otto milioni di spettatori che seguono rapiti le spiegazioni di Piero Angela sul big bang, ce ne sarà una buona metà che il giorno dopo consulterà l’oroscopo, come prima azione della giornata.
La verità è che la visione ufficiale della realtà che la nostra epoca tramanda quale scientifica, se accetata in toto e vissuta senza diffidenza alcuna, conduce l’essere umano in un obbligato nichilismo.
Quello che emerge è un uomo formatosi per caso, venuto al mondo per caso, un animale come tutti gli altri che ha solo la particolarità di aver sviluppato (per caso) il linguaggio.
Il cui scopo, al pari di tutti gli altri animali, è quello di sopravvivere e di riprodursi, per poi dissolversi nel nulla.
Un essere i cui sentimenti altro non sono che delle risposte chimiche, degli stimoli che giungono al cervello programmato per compiere determinate funzioni, a beneficio della specie.
In tutto questo non vi è alcuno spazio per concetti quali etica o morale, nello stesso modo in cui non si può parlare di etica nel mondo animale davanti a prede e predatori.

L’individuo che volesse essere coerente con i dettami del pensiero ufficiale non dovrebbe porsi problemi nel sopraffare il suo prossimo, nel momento in cui ne avesse la possibilità, e potendone guadagnare vantaggio.
La schizofrenia della nostra epoca nasce e degenera anche e soprattutto da questa dicotomia, da questa dissonanza cognitiva: da un lato vengono propagandate come certezze idee che convincono l’individuo di essere un mero frutto di casualità, senza scopo alcuno se non quello di continuare la specie, destinato a dissolversi nel nulla dopo la morte, e dall’altro lo si istiga ad essere virtuoso ed obbediente, e dedito ai buoni sentimenti.
Ma la virtù e i buoni sentimenti sono del tutto incompatibili con la narrativa scientifica ufficiale, e il tentativo di farli coincidere ha prodotto e continua a produrre un non senso paradossale che conduce ad una società schizofrenica.

21 comments to Pensiero debole e schizofrenia dei tempi

  • Anonimo

    Ciao Santaruina.

    Un articolo ben fatto, scorrevole e denso di concetti molto ben legati.

    Un gioiello da conservare e rileggere ai nostri posteri.

    Carmine

  • Anonimo

    Ciao….ho trovato il tuo articolo molto stimolante…bello…bravo…aee

  • Giovanni

    Grazie per gli sprazzi di Luce che ci diffondi che sono per me di grande aiuto, in momenti particolari di vita.
    Ti sottopongo un fatto di cronaca, da me inventato (ma non troppo)
    – Un signore entra in un bar, estrae una pistola, ammazza 2 bambini, un pensionato ed il barista, poi si spara alla testa!!!
    Riflessione:
    Sarebbe bellissimo potersela cavare con una semplice rivoltellata in testa!!
    Il dolore generato, la rabbia, la voglia di vendetta, il senso di impotenza di fronte al male ed al dolore……
    Allora penso a Dante, alle pene per analogia o contrappasso, penso alle reincarnazioni, al Karma, al desiderio di “autoespiazione”, una volta presa coscienza del dolore causato.
    Possiamo scappare a tutte le Polizie del mondo, ma alla nostra coscienza…..(Manzoni, l’Innominato, Padre Cristoforo)
    Lasciamo quindi che la Scienza produca nuovi beni materiali al fine di facilitare l’esistenza terrena, anzi approfittiamone, sicuri che la Divina Provvidenza, sollecitata dalle nostre preghiere ed invocazioni sia Lei a lasciar correre nella giusta direzione gli eventi cosiddetti “casuali”
    Saluti Giovanni

  • Ciao Giovanni
    mi sono interrogato spesso anche io a proposito di situazioni simili a quella da te descritta.
    Alla fine posso dire che non so, il tutto rientra nella questione più grande del motivo dell’ esistenza del male.
    Malvagità, espiazione, punizione, giustizia, forse sono solo questioni umani, e nel cielo si ragiona in maniera diversa, o forse con la nostra piccola mente intuiamo qualcosa di una realtà enormemente più grande.

    A presto

  • daouda

    Direi che non solo la scienza ma anche l’arte è a disposizione del potere. E come sappiamo, o forse supponiamo, lo stesso nichilismo disgregante dopo la tabula rasa esigerà di darsi come senziente.

    Sul male andrebbe applicato il modulo del troppo/poco e del meglio/peggio, d’altronde credo non sia mai statala dualità il problema ma l’in-agire di un complemento integrativo. Preso così l’albero del dualismo ( non quindi dualità in sè ) è sempre tra male e male essendo che la virtù è nel mezzo, lo stesso albero della Vita e non della Morte. Ma il male in sè non è mai esistito insegna la matematica/metafisica. Eccosì che l’esso od il difetto e parimenti l’estrema raffinatezza od il peggior grezzume ( per usare una specifica coppia accidentale aristotelica ossia quella tra qualità e quantità ) comportano nella relatività il “male”. DIO stesso disse di non levare la zizzania per non sprecare e perdere il grano, giacché in questa condizione pretendere di sradicare il male significa negare, semplicemente, la possibilità di esistere data la situazione. Non è strano che ancora una volta i traditori siano sovversivi o reazionari, i boetiani erodiani oppure i rivoluzionari zeloti sul piano politico per dire. Combattere non vuol dire né oltranzismo nè complicismo

  • Antonio

    Grazie Carlo, come sempre una bella scossa alla coscienza (almeno parlo della mia) intontita dal nulla dilagante in ogni direzione…. Grazie ancora!

  • […] Fonte e gráfico: Tra Cielo e Terra […]

  • Giovanni

    Da qualche tempo mi sto ponendo questa domanda:
    E se il Bene ed il Male fossero semplicemente “Categorie della Conoscenza”, come la Fisica, la Biologia, la Medicina?!
    E nostro compito scoprirne le Regole per poi comportarci di conseguenza?
    Supponiamo che Chi fa male (chi reca danno) subisce danno e chi fa bene (chi reca giovamento) riceve giovamento senza alcun limite spazio temporale, in quanto noi umani soggetti alla legge delle nascite e morti.
    Allora noi potremmo semplicemente evitare il Male per non subire danno e perseguire il Bene per ottenere giovamento.
    Una linea morale semplice.
    Tuttavia la nostra Ignoranza, somma ignoranza, ci e’ di ostacolo ed allora sono costretto ad avere Fede, perche’ non posso rassegnarmi al pensiero corrente che tu ben descrivi nell’articolo.
    Spero tanto che nel Cielo si ragioni in maniera diversa e che uno sprazzo di Luce ci abbia colpiti.
    …….
    Certo e’ che se io avessi una pistola carica e decidessi di tirare il grilletto, in piena consapevolezza, non credo possa essere un fenomeno inquadrabile nel “calcolo delle probabilita’” che l’attuale scienza vorrebbe farci credere.
    Spero tanto che una di quelle scimmie, scenda dall’albero e guidi una nostra auto…
    Saluti e Grazie per la cortesia di ascoltarmi

  • Allora noi potremmo semplicemente evitare il Male per non subire danno e perseguire il Bene per ottenere giovamento.
    Una linea morale semplice.

    Forse la linea è ancora più semplice: Allora noi potremmo semplicemente evitare il Male[…] e perseguire il Bene[…].
    Forse nei cieli si va anche oltre le questioni di causa ed effetto.
    E il bene si persegue semplicemente perchè è quello che occore fare, a prescindere.

    E’ desolante che la ragione sembri il nostro unico mezzo per venirne a capo, eppure non vi si avvicina nemmeno.
    Forse c’è una capacità in noi di comprendere a priori, offuscata.

    Non so.

    A presto  :-)

  • Giovanni

    “forse c’e’ in noi una capacita’di comprendere a priori offuscata”
    – Il Peccato Originale?!…………….
    Ti sottopongo una mia definizione della lingua, del linguaggio in generale:
    -Una immensa prigione, disposta su vari livelli e nello stesso tempo la Chiave per uscirne.
    Prigione, perche’ noi essendo italiani siamo obbligati alla lingua italiana per comunicare.
    Immensa perche’ tantissimi sono i vocaboli che possiamo utilizzare.
    Su vari livelli, perche’ esiste il linguaggio dei Fisici, dei Biologi, Avvocati, Economisti, Politici……ognuno dei quali diventa una nuova prigione
    La Chiave per uscirne, perche’ speriamo sempre di trovare la giusta espressione per stabilire che il Bianco che vedo io e’ il medesimo Bianco che vedi tu.
    Nel Vangelo si legge: In pricipio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.
    A volte penso sia meglio rinunciare a pensare di “pensare” e vivere in tutta umilta’ l’esistenza che ci e’ concessa cercando di godere delle cose piu’ semplici.
    Saluti Giovanni

  • daouda

    In realtà si potrebbe ben dire che più DIO segue qualcuno più lo castiga, più invece lo abbandona, ebbene questi mondanamente và alla grande. Si noti che non scrivo di amore/onore , ma , volendo, il discorso è riducibile a questione di aderenza al Bene. Certo il problema è sapere cosa sia il bene in sè, cosa sia il Bene per me, e farne il risultante per non esser né infame né coglione ma potrei scrive che un giusto se soffre è molto apprezzato, mentre se prospera ha solo quel che è doveroso. Di converso una merda, oppure un empio iniquo, se ha tanto e sta bene allora ha carboni ardenti sul capo mentre se sguazza nella melma si merita adeguatamente quel che vive. Insomma noi dobbiamo stare attenti a noi, non al resto, per un motivo molto semplice: l ‘Essere , ed il derivato sussistere nella creazione, comporta sì il conoscere sì la beatitudine sì la conferma, secondo la tripartizione umana, ma proprio per questo io sono io e non l’altro, e si sà quanto abbia fatto male lo pseudo orientalismo islamiciccio oppure budino buddista delle terre indiane con la locuzione illusoria “tu sei quello, quello sei tu”. Pensiamo sempre che i peggio diavoli potrebbero salvarsi, ma è solo proiezione incoscia. In realtà dovremmo capire che ogni respiro dato, ogni bicchiere d’acqua bevuto, è segno della nostra condanna. Insomma non lo scrivo per dire quel che ho scritto, semmai il succo è che un ladrone starà in paradiso con le puttane, mentre altri ben più devoti no. Ovviamente nulla togliendo ai veri giusti, e chiaramente non nengando pene e dolori ai criminali veri e cogenti. D’altronde la questione si risolve sull’analisi del Male. Se non può esistere creatura malvagia in sé, solo dalla sua libertà essa può comportare il Male. Ma il male non esiste! Di conseguenza se la virtù è nel mezzo , troppo bene e poco bene non sono il Bene opportuno. Si capirà subito che, moltiplicando e proprozionando il discorso, delle varie “grezze” degli umani noi oggi ereditiamo una confusione totale ( tant’è che alle volte facciamo il “male” credendo il bene opportuno e calibrato, mentre crediamo il bene dato od escogitato operando in realà il male ). Il che sconfessa ogni velleità di rivoluzione ma come anche di ogni tipo di consuetudine mortifera, che per chi è avvezzo non è Tradizione ( sempre se questa realtà possa valere per non cristiani ). Il “male” è relazione. Non credo sia opportuno interrogarsi eccessivamente sul male degli angeli e dell’inanimato , queste cose molto collegate e che riguardano il vivente umano, per come è messo, molto poco o semmai poco molto. L’umano oltre a scegliere subisce in sè e determina attraverso sè il destino delle generazioni future. Il Male non esiste. E’ chiaro che è una bugia, lo vediamo tutti i giorni, e se fossimo onesti dimorerebbe ben più in noi che fuori, visto che ne fuori vibriamo noi. Il Male non è. Non essendo l’annosa questione è perché sia. Sinceramente è una domanda un po’ stupida innanzi ad un Essere oltre tempo e spazio e la dimostrazione è che se Lui è Libertà absoluta, noi non potevamo non partecipare alla sua Libertà nel modo proprio che la nostra natura lo permette. Diventa tutto chiaro allora! Dio è  DominIddio. La dicotomia mondo migliore o mondo peggiore non ha senso…eh beh…il patto lo fece Lui con noi unilateralmente e dunque o si ha Fede e si rispetta il Patto, oppure si è schiavi, stando a Paolo. Credo proprio che alle volte converrebbe essere protestanti per trarre le dovute conseguenze dalla Bibbia.

    Saluti, Davide

  • la questione del male che non esisterebbe in sè mi ha sempre dato molto da pensare.
    Forse non è reale il male, ma di certo sono reali le sue conseguenze.
    Il dolore, lo sconforto, la disperazione sono reali.
    Ed mi rende dubbioso anche il concetto che noi dal nostro punto di vista limitato non saremmo in grado di comprendere il bene assoluto, e di conseguenza chimiamo male quello che da un punto di visto più elevato è “necessario”.
    E’ assai probabile che le cose stiano proprio così, non lo nego, ma qui in basso, ancora una volta, gli effetti di questo male sono tangibili.

    Siamo limitati, questo è tutto, abbiamo una visione parziale delle cose.
    Se così non fosse, dovremmo solo prendere atto del fatto che stiamo vivendo nell’inferno.

     

    • daouda

      È congruo dire che il male in sè non esista, ma se il male angelico prettamente intellettivo ha comportato la destabilizzazione della materia ilica complementaristicamente, la scelta umana nel mondo ha portato ai viventi una deviazione, comprese quelle categorie di angeli non prettamente noetici. Ciò non è molto interessante in sè stesso, qualcun altro potrebbe addure altre visioni, ma per rifarci all’albero od all’occasione che permise a Satana ed i suoi compari di ribellarsi, dobbiamo per forza collegare il tutto alla possibilità della scelta da cui il male dipende e dunque rientriamo nella categorizzazione dell’eccessività o della miseria che sono speculari. È però opportuno soffermarsi per me su quale sia stata l’intenzione divina che collega questi due falli/penalty diciamo. Se difatti DIO voleva rendere l’umano partecipe di sè, non poteva ugualmente non incarnarsi in Eden. Insomma ciò che certi angeli rifiutarono in nome di un monoteismo assoluto ( che per definizione non sarebbe potuto essere manifestativo ) gli umani non hanno avuto la pazienza di attendere lasciandosi sobillare. Difatti essendo l’albero della Vita lo stesso albero della dualità, doveva costituire primordialmente il limite ontologico della separazione tra l’Adam Kadmon ( che germoglia “evoluzionisticamente” nell’umano ma è in quanto tale il Kosmo stesso ) e DIO. Il Verbo si sarebbe dunque fatto carne ( dunque sia nous, che psiche e soma a dispetto di coloro che reputano il nous privo di peccato ed infallibile ) mangiando dell’Albero e poi donandolo all’umano. Non essendo pronto, non avendo atteso la mediazione di DIO stesso, l’umano non poteva gestire la situazione. In cosa consista tale apertura degli occhi troppi hanno congetturato dal più asettico al più libidinoso. Fondamentale per me è ricordare che il male di per sè è questione di relazione e di rapporto con sè, gli altri e DIO stesso. Una volta innescato il processo il tutto diviene irreversibile. D’altronde la venuta di Cristo Gesù ha ricollegato l’umano a sè tramite la Grazia  restituendogli l’antica libertà e dignità ma non ha evidentemente ripristinato alcuna restaurazione che potrà esserci solo con la cessazione di questo cielo e questa terra. Togliere la zizzania prima del tempo comporta soltanto far andare in malora tutto il raccolto. Ora che tali rapporti fallaci, miseri o strabordanti ossia disequilibrati siano necessari ciò è un non sequitur logico. Sono ormai semplicemente un dato di fatto la cui eliminazione presuppone la consumazione totale della creazione stessa. Se dunque in sè non lo sono, essendo il male però un malo utilizzo giust’appunto, che comporta l’ingiustizia del trattamento, tra brame e rivalse, più i peccati sono commessi più la degenerazione aumenta. La zizzania succhia la linfa che spettava al grano e mentre quella sviluppa l’altro non può che stentare. Quel che fu necessario non fu la scelta tra bene e male che è porre la domanda in modo antimetafisico e significa bestemmiare dicendo che infondo DIO concepì il male cosa ovviamente impossibile. Fu invece fatto di rendere partecipi le crature del progetto divino per testarle nella libertà, e questa era necessaria sì altrimenti DIO non avrebbe avuto bisono di creare alcunché in realtà, non gli servivano gli automi. Il dubbio o la distrazione sorge solo nel non comprendere che DIO è solo Bene ed il male è stato nel rifiuto ossia non certo nello sminuire l’onnipotenza divina che anzi è confermata dalla possibilità dell’insubordinazione non negata da LUI. Tale rifiuto ha proposto la storia della salvezza per risolvere tale dilemma nella convinzione che una vita qualunque essa sia è imparagonabile a LUI ed alla beatitudine da LUI promanante per cui come dice Paolo le sofferenze o le gioie rispetto a DIO sono nulle nell’uno o nell’altro caso. Non parlo certo da santo o da illuminato vigente nell’atarassia! Il male è stato solo un mal utilizzo del bene, un chiudersi. DIO ne ha preso atto. Chiedersi il perché palesa due cose 1) la non fiducia 2) la propria stupidità perché altrimenti non si sarebbe potuti esistere.

      Il male è pura creazione noetico fisica e poi dell’umano che ha portato il dramma fra i viventi.

      Infondo c’è ancoralegame spirituale da poter ottenere qui ed ora in vita rinodulando i piaceri dei 3 mondi pur nella tribolazione. L’inferno anche però certamente si può assaggiare ma credo sarà molto molto peggio

      • Anonimo

        E perche’ la Liberta’ nell’uomo?
        E’ un corollario della capacita’ di Amare.
        Non si puo’ Amare senza la Liberta’, liberamente ci si dona e si dona in Amore.
        Per potere avere un rapporto con Dio bisogna essere creati per potere amare cioe’ anche liberi.
        Dalla liberta’ nasce la possibilita’ anche di non amare e di fare, farsi del male, che seppure non categoria metafisica, esercita conseguenze nel creato derivando dalla applicazione della Liberta’.
        Aggiungo una riflessione a questo pensiero: l’esercizio sbagliato della liberta’ porta al dolore e alla sofferenza, ma proprio donando, in Cristo, questi mali si puo’ ottenere grazia e salvezza con e per Cristo, così il Sacrificio eleva, sublima e sacralizza la conseguenza peggiore della Liberta’, riassorbendola nell’Amore.
        Un’ulteriore riflessione: una sofferenza e un dolore senza sbocco,perpetua, senza speranza, senza Cristo, una Creazione urlante in agonia e’ un manifestarsi di una volontà satanica.

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