I testi di storia ci insegnano che l’umanità scoprì l’agricoltura tra il 10.500 e l’8.000 a.C.
Una prima conseguenza di questa fondamentale rivoluzione fu un radicale cambiamento nel modo in cui l’umanità stessa si rapportava con il suolo e con la terra.
In precedenza le varie popolazioni vivevano di quello che la terra offriva loro e una volta esaurite le risorse di un luogo si spostavano, alla ricerca di nuove distese da sfruttare.
Questo era il ben noto modo di vivere naturale dei popoli pre–storici, il nomadismo.
Ma con la scoperta dell’agricoltura la rivoluzione fu grande: una stessa porzione di terra poteva fornire sostentamento per molte generazioni, e alcuni popoli misero termine al loro pellegrinare.
Conseguenza ultima del nuovo vivere sarebbero state le città: l’urbanizzazione fu la definitiva consacrazione dei popoli sedentari.
Ma non tutti i popoli scelsero questa via: per millenni intere etnie continuarono nei loro spostamenti, e quando nomadi e sedentari entravano in contatto lo scontro era inevitabile.
La questione fondamentale, irrisolvibile, era una sola: con che diritto i popoli sedentari prendevano possesso della terra?
Non era una questione semplice; la proprietà privata degli oggetti era universalmente accettata e non era messa in discussione, ma il suolo era per definizione universale, creato dagli dei a beneficio di tutti gli uomini.
Chi si fosse trovato su un determinato luogo aveva diritto di goderne i frutti e ricavarne sostentamento, ma non aveva nessun diritto sul suolo stesso.
Con che pretesto quindi i popoli sedentari rivendicavano il possesso di quel suolo per sempre?
La storia ha risposto in maniera molto semplice: chi prendeva possesso della terra basava le sue ragioni esclusivamente sull’uso della forza; il suo diritto svaniva nel momento in cui una popolazione più forte glielo toglieva.
Vediamo ora cosa ci dicono i testi antichi, attraverso i miti che ci hanno tramandato, riguardo questo proposito.
Un’interessante chiave di lettura vedrebbe lo scontro tra nomadi e sedentari descritto sotto forma allegorica nella Bibbia, nel noto episodio di Caino e Abele.
Nella Genesi si narra di due fratelli che conducono due esistenze differenti: Abele è un pastore, accompagna le sue greggi nei loro spostamenti; è un nomade, non lavora la terra.
Caino invece è un agricoltore, e nel racconto biblico rappresenterebbe i primi popoli sedentari.
Lo scontro fra Abele e Caino descrive quindi l’inevitabile contrapposizione tra i due modi di vivere che si andavano delineando, e poiché Abele è la vittima il racconto biblico ci dà anche l’indicazione su chi effettivamente uscì vincitore da questo scontro.
Dopo il delitto Dio costrinse Caino alla fuga, e ci viene detto che la sua opera successiva fu la fondazione di una città, inevitabile conseguenza del modo di vita che conduceva.
Ritroviamo le stesse caratteristiche del racconto della Genesi nella leggenda di Romolo e Remo e della nascita di Roma.
Romolo, dopo un auspicio divino, acquista il diritto di fondare una città e di darle il suo nome; il fratello Remo non accetta questa prevaricazione e irridendo il solco che Romolo stava tracciando quale confine invalicabile della nuova città lo sfida.
Romolo ritiene di avere il diritto di uccidere il fratello, e così fa.
Sono quindi riproposti alcuni aspetti fondamentali comuni alla storia di Caino ed Abele: anche in questa allegoria abbiamo due fratelli che si ritrovano a condurre due esistenze diverse.
Romolo fonda una città, come Caino, e si arroga il diritto di prendere possesso del suolo dove la città sorge.
Remo non riconosce questo diritto, ma esce sconfitto dallo scontro.
Con la differenza che la vittoria di Romolo avviene con il benestare della divinità, assente invece nel mito di Caino e Abele (Dio anzi gradisce le offerte di Abele, e respinge quelle di Caino).
Questo sembrerebbe sancire la vittoria definitiva dei popoli stazionari sui popoli nomadi, vittoria ottenuta con l’uso della forza, sulla quale viene a basarsi l’intera storia di Roma e dell’occidente europeo.
E’ interessante notare come la proprietà della terra sia associata in entrambi i miti ad un delitto.
Oggi infatti il diritto sulla terra non viene più messo in discussione, ma il mezzo attraverso il quale si esercita questo diritto non è affatto mutato: è sempre la forza.
Bella questa disamina in stile John Locke.
Chapeau :-)
Ciao Warren
la questione del fondamento del diritto della proprietà della terra mi incuriosisce da tempo.
E’ il fondamento stesso della nostra civiltà, nel bene e nel male.
Blessed be
bello, potremmo ritornare in argomento su magistra… soprattutto sull’aspetto del diritto comparato…
Un saluto
Ciao Santa.
Io direi che se modifichi la terra (coltivandola, costruendoci) diviene tua. Così come gli oggetti, anche per la terra la propietà dipende dalle modifiche personali alla stessa. Solo “pensieri in libertà” :)
Kirbmarc.
Ciao Kirbarc
in effetti l’atto del “lavorare” la terra crea un legame tra il suolo e colui che “se ne prende cura”.
Da questo il passo al concetto di “proprietà” non è del tutto improprio.
Ma nelle regole delle civiltà sedentarie entra in ballo un ulteriore, essenziale, aspetto: l’ereditarietà.
Il suolo si “tramanda”.
Qui il discorso si fa complesso, e necessita di un ulteriore post. :-)
A presto
Blessed be
I PAPI DEL XVI SECOLO.
[..] Le religioni hanno sempre influito nelle decisioni di re, imperatori, governanti, decisioni riguardanti l’ordine sociale e politico, ma anche culturale. Peculiare importanza hanno avuto certi pontefici nel trascorso della storia moderna – m [..]
I PAPI DEL XVI SECOLO.
[..] Le religioni hanno sempre influito nelle decisioni di re, imperatori, governanti, decisioni riguardanti l’ordine sociale e politico, ma anche culturale. Peculiare importanza hanno avuto certi pontefici nel trascorso della storia moderna – m [..]
I PAPI DEL XVI SECOLO.
[..] Le religioni hanno sempre influito nelle decisioni di re, imperatori, governanti, decisioni riguardanti l’ordine sociale e politico, ma anche culturale. Peculiare importanza hanno avuto certi pontefici nel trascorso della storia moderna – m [..]
I PAPI DEL XVI SECOLO.
[..] Le religioni hanno sempre influito nelle decisioni di re, imperatori, governanti, decisioni riguardanti l’ordine sociale e politico, ma anche culturale. Peculiare importanza hanno avuto certi pontefici nel trascorso della storia moderna – m [..]
lo trovato molto interesante.
la prof oggi ci ha dato tanti compiti ma xke non fa un po di soldi e se ne va al paese dell’italiano
A giudicare da quanto dicono le statistiche degli ingressi, in questa pagina giungono molti studenti che cercano materiale sul tema “nomadi e sedentari”.
Spero che queste riflessioni possano essere di qualche utilità
interessante analisi
c'è da fare solo un doveroso ridimensionamento dei presupposti di questa analisi:
10.000 anni fa, si stima che la popolazione mondiale assommasse a non più di 1.000.000 di abitanti ovvero un milione sparso in tutto il pianeta, anche se non in maniera uniforme
ciò significa che di territori selvaggi e fertili ce n'erano per chiunque in (stra)abbondanza per cui non valeva neanche la pena di darsi da fare per sloggiare gli improbabili residenti…
per il resto sono d'accordo su la quasi totalità de… gli scritti di questo pregevole blog!
Tommy
Ciao Tommy
ciò significa che di territori selvaggi e fertili ce n'erano per chiunque in (stra)abbondanza per cui non valeva neanche la pena di darsi da fare per sloggiare gli improbabili residenti…
Questo è vero, in parte.
Dal momento che i primi popoli divennero sedentari vi fu un primo incremento demografico, con la conseguenza che i sedentari occupavano sempre più spazio, finché per i nomadi non rimase più posto.
Ma occorre ricordare che con l'agricoltura primitiva i suoli si impoverivano in fretta, ed anche i sedentari erano costretti periodicamente allo spostamento.
Inoltre, la grande maggioranza del suolo era incoltivabile, composto da monti, paludi e sopratutto foreste.
Anche in tempi antichissimi, quindi, gli spazi davvero adatti per lo stanziamento di grandi popolazioni non erano così numerosi.
Non si era in grado all'epoca di bonificare terreni e di sfruttare al meglio il suolo.
Non si spiegherebbe altrimenti il motivo per cui interi popoli effettuarono migrazioni, circa 5-6 mila anni, fa di migliaia di chilometri.
Si pensi ai popoli indoeuropei, partiti dal caucaso ed arrivati fino in Portogallo ed in India.
Se davvero gli spazi erano illimitati, sarebbe bastato spostarsi di qualche chilometro.
I primi popoli che colonizzarono la pianura padana, ad esempio, circa 5.000 anni fa, si trovarono di fronte una interminabile e fitta foresta, e dovettero procedere con un lungo e faticoso disboscamento.
Man mano che il suo si impoveriva, si spostavano più a ovest, disboscando in cerca di nuove terre.
Questo processo durò circa 500 anni.
A presto
Per chi non l'abbia già letto consiglio il discorso di abdicazione di Nuvola Rossa, capo Lakota. Fra i vari punti che tocca ce ne è uno che tocca con estrema precisione la tematica riportata in quersto post. L'uomo bianco, che ha invaso i territori dei pellerossa e si comporta come se ne fosse il padrone, lavora per vivere, non caccia, scalfisce il manto della madre terra per costringerla a dare frutti e la trafigge con steccati per delimitarne il possesso. Toccante.
“L’uomo bianco, che ha invaso i territori dei pellerossa e si comporta come se ne fosse il padrone, lavora per vivere, scalfisce il manto della madre terra per costringerla a dare frutti e la trafigge con steccati per delimitarne il possesso. Toccante.”
Guarda caso è lo stesso modo in cui venivano/vengono ancora trattate le donne.
Quello tra i nativi americani e i coloni europei è stato storicamente l'ultimo grande scontro tra nomadi e sedentari, un momento in cui le due visioni si sono drammaticamente affrontate.
A presto
Bella analisi del mito di Romolo e Remo,che mostra fin dalla nascita su cosa si è poi basata la civiltà romana,sullo spargimento di sangue..nel mito di Caino e Abele però l’omocidio non avviene per sottolineare il possesso su un territorio..
la Kienge ha detto che la terra è di tutti..