Blessed be

Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli, storia e metastoria, mondi vecchi e mondi nuovi, e di cospirazioni che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso, e non si abbandona mai la fiaccola.

Articoli in rilievo


Autorità, coscienza ed obbedienza
Psicopatici e potere
La scienza della persuasione
I prodromi della diffusione
del pensiero occulto

Pensiero magico ed evocazione
Il flusso del potere
Folle e condottieri
Popolo e conformismo
PNL:comunicazione e persuasione
Benvenuti nella Tela



La più folle di tutte le teorie cospirazioniste
Il finale di partita
Società segrete
Illuminati
Potere ed esoterismo
Gruppo Bilderberg
La fine delle risorse
Il Crollo dell'economia mondiale
I Murales dell'aeroporto di Denver
Il progetto MK-Ultra
TranceFormation of America
Mazzini e la Massoneria
Massoneria e istruzione pubblica
Stato di polizia alle porte
Signoraggio, il falso problema
The Golden Age Empire
Verso Denver
2000-2009, l'opera al nero
Il Fabianesimo e la finestra dell'inganno
La grande onda
Il Vaticano e il Nuovo Disordine Mondiale



Una profezia, un passato perduto
Contro Darwin
Contro le colpe collettive
Qualunquismo, ovvero verità
Senza stato, una storia reale
Il Tacchino cospirazionista
Il problema è il Sionismo
Palestina:le origini del conflitto
Massoneria a Striscia la Notizia
Il parlamento europeo e la nuova Torre di Babele
Un nuovo ordine dalle macerie
Il giorno delle nozze
Il paradosso del potere
Grecia, all'origine della crisi
L'isola: un quesito sulla natura dell'uomo
Iper realtà
Il Sacrificio



Eggregore
Eggregore IV
Antigone
Esoterismo - una premessa
Frammenti di simbolismo
Storia e metastoria
Nomadi e sedentari
Melchisedek
Il labirinto
Assi e cicli
Stelle e cattedrali
Magia e teurgia
Il simbolo della pace
Nostra Signora di Chartres
Ebrei di ieri e di oggi
Cenni di numerologia
Avatar, new age e neospiritualismo
Quale Amore



L'essenza del Satanismo
Il Portatore di Luce
L'occhio che vede tutto
Sabbatai Zevi
Aleister Crowley
Demoni vecchi e nuovi
Le Sette torri del Diavolo
Il Patto con il Serpente
Angeli caduti
Satanismo e deviazione moderna
Hellfire Club
Dal materialismo
al neospiritualismo

I poveri diavoli
Prometeo e Lucifero, i caduti



L'iniziazione di Rihanna
Sadness e la porta degli inferi
Lady Gaga, occultismo per tutti
Kerli e controllo mentale
Jay Z, da Rockafella and
da niu religion

Cristina Aguilera e il pentacolo
30 Seconds to Mars
e il Bafometto in latex

Il giudizio massonico su MTV
Morte e rinascita di Taylor Momsen
Robbie Williams e il viaggio nella psiche
L'anima al Diavolo

En katakleidi


Cristo accompagna un amico
- Icona egizia del VI Secolo -




Santa su Luogocomune

Massoneria
- scheda storica -


Nuovo Umanesimo
ovvero Culto di Lucifero.
La Religione del
Nuovo Ordine Mondiale.


Verso il Governo Mondiale,
il volto oscuro
delle Nazioni Unite.


Con la scusa dell’ Ambientalismo.
Progetti di sterminio.






¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
15 Settembre 2021

Lupi e allevamenti


Non si era mai vista un’epoca dove banchieri, miliardari, generali, e politici – che fino al giorno prima avevano come unico scopo nella vita il rimane aggrappati ad una poltrona – si dessero tanto da fare per il bene del popolino.
Stiamo davvero vivendo la fine della storia, le millenarie lotte di classe sono concluse.
Ora i banchieri lavorano per il proletario.
Ora il lupo si sacrifica per l’agnello, i nostri governanti tengono così tanto al nostro bene da obbligarci ad esso.

_____________________________

C’è un luogo ben definito in cui la salute dei membri viene prima di ogni altra cosa, un posto in cui le condizioni di salute degli ospiti è continuamente monitorata, dove prima ancora dell’alimentazione vengono forniti i farmaci e i vaccini necessari affinchè alcuna malattia sorga.
Un luogo in cui la libertà di movimento è rigorosamente limitata, e in cui la sicurezza degli ospiti è garantita.
Si tratta degli allevamenti intensivi.
L’unica differenza con la nostra attuale situazione consiste nel fatto che negli allevamenti intensivi i membri della comunità che non recano beneficio alla produzione vengono eliminati.
(ma su questo si potrebbe anche discutere)

6 Gennaio 2014

Nuovi palcoscenici per vecchie recite

Non era saggio, per gli antichi greci, suscitare l’invidia degli dei.
E quando le cose per un comune umano andavano particolarmente bene era buona cosa fingere qualche malessere immaginario, oppure lasciarsi andare a qualche lamento teatrale, piangendo un po’ sulla propria misera sorte.
Si pensava infatti che dall’alto dei cieli gli dei seguissero le vicissitudini dei mortali, e come spettatori in una dorata platea celeste godessero dello spettacolo che veniva loro offerto.
Così, sapendo di essere sempre osservati, gli uomini intrattenevano i loro signori dell’oltremondo, e, nel caso, celavano il loro benessere, perché non era saggio, appunto, suscitare l’invidia degli dei.
Il mondo stesso era visto allora come un enorme palcoscenico, e i mortali erano piccoli attori che godevano di un illustre pubblico.
La vita era una sorta di recita, ed ogni rapporto personale si fondava su di una teatralità che ai nostri occhi apparirebbe quasi grottesca, ma che all’epoca faceva parte del naturale corso delle cose.
E cos’era l’uomo se non una persona, come anche i latini ben sapevano, una maschera, un personaggio, come la stessa origine del nome ancora ci rammenta?

Ma gli dei dei greci e dei romani erano fatti ad immagine e somiglianza degli umani, e come loro potevano osservare solo la superficie.
Che ne sapeva Zeus di cosa veramente passava per il cuore di un povero contadino dell’Elide?
Zeus e i cuoi compagni potevano solo osservarlo mentre faticava o si riposava, e lo stesso contadino lo sapeva bene.
Come altrimenti avrebbe pensato di ingannare i suoi signori fingendo di patire per la sua misera sorte, mentre si trovava al settimo cielo avendo appena trovato un sacchetto pieno di monete d’oro abbandonato nel suo campo?
Erano dei umani, troppo umani, come il collerico e geloso dio dell’Antico Testamento, che pur avendo solo due esseri umani da tenere d’occhio si distrasse e non si accorse che là sotto all’albero della conoscenza stavano per disobbedirgli.
”Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare? “, chiede poi il Signore ad Adamo: non proprio la domanda che ci si aspetterebbe da un dio onnisciente, che tutto vede e tutto sa.

Venne poi il Dio cristiano, e questa volta gli uomini ebbero a che fare con un dio che veramente vedeva e sapeva tutto.
Di più, un dio che stigmatizzava l’ipocrisia, un dio in grado di leggere nei reconditi più nascosti dell’essere umano, un dio a cui non si poteva nascondere nulla, che non si poteva ingannare.
Ma gli esseri umani mantennero comunque le loro qualità di persone, rimasero sempre dei commedianti a spasso in un enorme palcoscenico, solo che ora la platea non stava più in cielo, ma era diventata il resto del mondo.
Perché ogni uomo per definirsi ha sempre sentito il bisogno di uno sguardo, perché come un albero che cade in un bosco lontano non produce rumore, così il mortale teme che egli stesso potrebbe cessare di esistere se nessuno lo guarda.
E’ l’eterno bambino che salta e fa rumore per attirare l’attenzione dei genitori, il moccioso che si lamenta con la madre perché non lo stava guardando mentre faceva le capriole sul tappeto del salotto.
E’ la stessa trinità che ancora si manifesta, io, l’altro da me e il rapporto che ci unisce, lo sguardo che ci lega, la particella primitiva della creazione sopra cui ogni altra cosa si fonda.

Ed ogni epoca ha la metafisica che si merita, ogni tempo esprime il proprio bisogno di trascendenza con i mezzi che trova a disposizione.
C’erano gli dei, una volta, ad intrattenersi con la recita dei mortali, poi ci fu il mondo intero con tutti gli altri uomini, ed infine venne l’universo virtuale, quel metamondo dove ogni attore può esprimere il meglio di se stesso, in una recita impostata offerta ad una platea eterea e potenzialmente sconfinata.
E se dietro la persona della commedia antica c’era comunque un essere umano a muoversi sul palco, nel mondo virtuale sembra che siano rimaste solo le maschere.

3 Gennaio 2014

Il mondo in un click, forse.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente scritto di Antonio Pani che offre alcune interessanti riflessioni su un tema centrale dei nostri tempi.



di Antonio Pani per Tra Cielo e Terra

Premessa

Questo scritto rappresenta un breve momento di riflessione, che ha il solo e semplice scopo di aiutarci a capire meglio alcuni aspetti del mondo di cui facciamo parte.
Non sempre, infatti, siamo in grado di decifrare in modo completo ciò che quotidianamente si pone di fronte ai nostri sensi.

Il mondo reale e quello virtuale

Potrà sembrare strano ma, talvolta, non siamo neppure in grado di apprezzare l’esistenza o co-esistenza di due mondi assai distinti: quello reale e quello virtuale.
Ci muoviamo frastornati da suoni e colori che provengono da ogni dove, immersi nel classico “vivere sempre di corsa”, sovente senza un concreto “perché” che giustifichi il nostro agire.
Confusi, ci troviamo di fronte a un mondo vero, concreto e tangibile, nel quale non c’è tempo neppure per rendersi conto che, magari, stiamo facendo seriamente fatica anche solo a respirare.
Nello stesso momento, con piccoli e semplici “tocchi”, è possibile immergersi in una realtà/dimensione fantastica, dove tutto è bello, facile e, soprattutto, condiviso e divertente (1); sempre che si possa disporre di adeguate quantità di “energia e credito”.
Non appaia strano, quindi, che in questo caos quotidiano i “nuovi insegnanti” vincano con estrema facilità la loro “battaglia educativa” nei confronti dei grandi e, soprattutto, dei più piccoli.

Il riferimento è al caleidoscopico mondo dei mass-media, nuovi tutor ed educatori delle masse.
Oggi il migliore dei genitori è costretto a confrontarsi con loro, i “nuovi insegnanti” appunto, che operano a tempo pieno, incessantemente e a ritmi vertiginosi e frustranti.
Anche la scuola paga dazio, soffocata da classi troppo numerose e scarse risorse, sia in termini di tempo sia per quanto attiene a dotazioni strumentali e infrastrutture.
Di fatto, è oramai quasi completamente mutata in una sorta di sala giochi / ludoteca.
L’ultima (e unica) proposta per migliorarla, portandola al passo con i tempi (sic), è quella di una sua informatizzazione (2).
Libri elettronici, lavagne interattive e questionari “in linea”, agevoleranno l’apprendimento e la conoscenza dei futuri cittadini; cosa accadrà alla spontaneità, alla creatività, alla fantasia e all’immaginazione delle giovani menti non è però dato sapere.
Ecco, quindi, manifestarsi un interessantissimo esperimento che riguarda tutti noi:  un mondo essenzialmente “sfumato/confuso”, che si può accendere e spegnere a piacimento.

L’importanza e lo spessore dei ricordi: un confronto fra i due mondi

I due mondi a cui si accennava prima non sono uguali, così come profondamente diversi sono i ricordi e le esperienze che ad essi sono correlati.
Nella realtà “vera” un’esperienza è caratterizzata da una miriade di informazioni e percezioni aggiuntive che la rendono unica, ricca, piena e, molto spesso, indimenticabile.
Un ricordo (vero) ha maggiori possibilità di diventare indelebile; si pensi al parlare con qualcuno ascoltando con attenzione il tono della viva voce, cogliendone mimica e gestualità, toccandolo, apprezzando al contempo i luoghi, i colori, gli spazi e i profumi nei quali si è immersi.
Questo insieme di dati, per essere colto, abbisogna di una presenza completa, dove tutti i sensi sono chiamati a interagire e confrontarsi con gli accadimenti.
Domani un aroma o uno strano rumore “già sentiti”, riporterà alla mente e al cuore lo spessore e l’intensità delle esperienze vissute.
Questo è il grande dono che la vita reale offre a chi ha interesse a coglierlo: la ricchezza dei suoi ricordi, da respirare appieno, nel bene e nel male.

Nel mondo virtuale non è così.
Ci si può mettere comodi e restare semplicemente seduti a guardare lo “spettacolo”, ci si può connettere per filmare, fotografare, condividere, votare, “twitterare, chattare, linkare facebookare” e via discorrendo, ma è tutto lì.
Uno stile di vita “mordi e fuggi”, generalmente povero di pensieri meditati e di lavoro introspettivo.
Non ci sono cose o persone da toccare, aria, spazi, colori, fragranze e intensi aliti di vita ad arricchire il nostro animo e a dare profondità di significato ad azioni ed emozioni.
Mentre ci si preoccupa di comunicare al mondo della nostra esistenza, ci si dimentica di vivere appieno ogni passo del nostro cammino.
Il mondo virtuale è uno “strano dolcetto” : la buccia è bellissima, ma manca la caramella.

Conclusioni

L’idea di vivere in un mondo che si accende e si spegne a comando pare, di primo acchito, accattivante, pratica e seducente.
Tuttavia, le strade da percorrere in modo proficuo e meno “vuoto” sembrano essere altre.
Oggi non è facile individuare in modo corretto i contorni e le giuste posizioni; altrettanto difficoltoso è collocare ogni “realtà” al suo posto, così da poterle identificare agevolmente e sperare di interagire con loro in modo ottimale e positivo.
Di certo, ritagliare spazi più importanti da dedicare a noi stessi e ai nostri giovani/piccoli rappresenta un buon inizio.
Limitare al massimo il vivere una vita “delegata”, impegnandosi in un concreto e attivo “fare in prima persona”, sembra essere un elemento essenziale per migliorare la qualità della nostra esistenza.
Si pensi ad esempio al fenomeno dell’”homeschooling”, appena presente in Italia  ma fiorente e radicato negli Stati Uniti, dove i genitori possono svolgere attivamente e autonomamente il ruolo di primi insegnanti per i loro figli.

Si aggiunga, inoltre, che questi ragazzi eccellono nelle varie materie e ottengono valutazioni più alte rispetto agli studenti che si formano presso la scuola pubblica.
Con una sana “presenza familiare” è possibile creare un terreno fertile per sviluppare il senso critico e le naturali inclinazioni personali dei vari soggetti coinvolti, agevolando la crescita della conoscenza e non solo della cieca obbedienza.
Da sottolineare e valutare attentamente, inoltre, l’importanza dell’ascolto, quello vero, attuato dando il meglio di sé: “Un ragazzo non è perso quando non lo troviamo dove speravamo di incontrarlo, ma quando abbiamo smesso di cercarlo” (3).
Per agevolare una sana crescita personale è altresì prioritario rinvigorire il valore di concetti come rinuncia e sacrificio, indispensabili per dare gusto all’esistenza.
Un’istituzione scolastica che impostasse il proprio operare tenendo debitamente in considerazione alcuni fra i concetti appena richiamati, sarebbe anch’essa di grande aiuto.

Infine, nella società odierna, sembra mostrare tutti i suoi limiti anche l’adagio del “vietato vietare”, che si è affermato e consolidato negli ultimi decenni.
Qualche “barriera”, invece, potrebbe essere utile; magari ispirata anche dal vivere con la consapevolezza che c’è “qualcosa che ci supera ed è più grande di noi”, sia esso Dio, l’anima, la forza della natura, l’energia dell’amore e/o dell’universo e via discorrendo.
Un cordiale saluto e un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno “incrociato” queste riflessioni.


Riferimenti e letture:

1) “Italia più vecchia, legge poco ma guarda sempre più la tv sul web”, redazione Tiscali del 19/12/2013; in evidenza, fra le altre: “…6 case su dieci in Italia sono connesse al Web…, …Boom di Web e telefonia…, … Alta, sottolinea l’Istat, è anche la percentuale delle famiglie che possiede un cellulare abilitato alla connessione Internet (43,9%)…, …ben 14 milioni e 893 mila, la quasi totalità (delle famiglie italiane), ha una connessione a banda larga…, …Si legge sempre meno…, …Nel 2013 il 54,3% della popolazione di 3 anni e più dichiara di utilizzare il personal computer e il 54,8% di quella di 6 anni e più dichiara di fare uso di Internet…”.

2) “La catastrofe dell’informatizzazione delle attività scolastiche”, di Matteo D’Amico, www.effedieffe.com.

3) “Album di famiglia”, di Lorenzo Braina, Edizioni il Camarillo Brillo, anno 2010.

_________________

Di Antonio Pani vedi anche

Capacità umane, pulsioni emotive e gestione delle masse.
Sorridi, è una foto economica.

30 Gennaio 2013

Mondo Social

A dire il vero, se volevo rimanere davanti al computer me ne stavo in casa.
Se sto uscendo, è perché, forse, volevo, appunto, uscire.
Quante cose essenziali, imperdibili, potranno mai capitare su facebook, nelle due, tre ore in cui starò lontano dalla rete?
Domande che una volta potevano avere un senso, ma ora non più.

Da quando esiste la sociologia si è usato infinite volte il concetto di “cambiamento epocale”, così risulta ormai difficile trovare un termine adeguato per descrivere quello che la nostra società sta sperimentando negli ultimi anni.
Si parlava in passato di come la televisione offrisse alle persone la fruizione di una realtà filtrata, un mondo osservato per mezzo di un vetro opaco che ne ridefiniva i contorni.
Ma c’era il televisore, e c’era, fuori di casa, il mondo vero, per il quale il mezzo privilegiato di esplorazione rimanevano comunque gli occhi, i sensi.
Gli ultimi sviluppi della tecnologia invece hanno permesso di trasportare questo filtro ovunque.
Così come una volta nei concerti si portavano gli accendini per creare l’atmosfera, ed ora spuntano ovunque una miriade di braccia alzate che riprendono lo spettacolo per mezzo degli smartphone.
Per quanto la presenza dello spettatore sia reale, la fruizione dell’evento avviene per mezzo del piccolo schermo del proprio gioiellino tecnologico.
Lo stesso concetto di “visione dal vivo” pare perdere il suo significato.

E questo piccolo velo è diventato per le nuove generazioni la nuova realtà.
Il mondo vero, fisico, si è ridotto ad un mero supporto, un luogo preferenziale di raccolta dati da “caricare” nel nuovo mondo vero, quello virtuale.
Sembra che le feste esistano solo per poterne dare testimonianza su facebook, i viaggi sono diventati l’opportunità di creare e condividere una nuova gallery di immagini, le serate in discoteca un modo per ottenere fotografie da sbronzi in cui essere taggati.

Ovviamente non c’è alcun moralismo e alcuna nostalgia per i bei tempi andati in queste considerazioni, si tratta solo di una semplice osservazione di un fenomeno.
Un fenomeno non solo sociale, ma metafisico.
Perché è una nuova metafisica quella che si sta imponendo; invece di squarciare il velo di Maya per cercare di comprendere la reale essenza del creato, la modernità ha finito per creare un ulteriore velo, ancora più spesso, che aggiunge un nuovo filtro ai nostri sensi, allontanandoci ancora di più da quello che Platone chiamò il mondo delle idee.
Noi, qui, abbiamo finito per dedicarci ad esplorare le ombre delle ombre.

 

si veda anche

Iper Realtà
Benvenuti nella Tela

 

 

____________________

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2 Febbraio 2012

Iper Realtà

come potete sapere che ogni Uccello che fende le vie dell’aria non sia un universo di delizie, chiuso dai vostri cinque sensi?
William Blake

Omar Ortiz

Un giorno un re riunì alcuni ciechi e propose loro di toccare un elefante per constatare come fosse fatto.
Alcuni afferrarono la proboscide e dissero: “Abbiamo capito: l’elefante è simile a un timone ricurvo”.
Altri tastarono gli orecchi e dichiararono: “È simile a un grosso ventaglio”.
Quelli che avevano toccato una zanna dissero: “Assomiglia a un pestello”.
Quelli che avevano accarezzato la testa dissero: “Assomiglia a un monticello”.
Quelli che avevano tastato il fianco dichiararono: “È simile a un muro”.
Quelli che avevano toccato una gamba dissero: “È simile a un albero”.
Quelli che avevano preso la coda dissero: “Assomiglia a una corda”.
Ognuno era convinto della propria opinione. E, a poco a poco, la loro discussione divenne una rissa.
Il re si mise a ridere e commentò: “Questi ciechi discutono e altercano. Il corpo dell’elefante è naturalmente unico, e sono solo le differenti percezioni che hanno provocato le loro diverse valutazioni e i loro errori”.

Questa nota storiella zen esprime meglio di mille testi filosofici il rapporto che gli uomini hanno con la realtà.
Come i ciechi della storia, gli uomini possono interpretare la realtà solo rapportandosi con una piccola frazione della sua totalità, ciò è inevitabile.
L’errore in cui spesso si cade è l’elevare il proprio parziale a paradigma, sentenziando sulla totalità in base alla propria piccola limitata esperienza.
E più grave ancora è il credere di aver compreso la natura profonda della realtà basandosi esclusivamente sui propri cinque sensi.
I ciechi hanno quattro sensi, la quasi totalità del resto dell’umanità ne possiede cinque.
Ma anche essi, in fondo, potrebbero non essere sufficienti, per comprendere.

L’ iperrealismo

Steve Mills

L’iperrealismo è, probabilmente,  la corrente artistica più bistrattata dalla critica specializzata.
Nata negli anni settanta, questa tecnica si contraddistingue per la riproduzione esasperatamente fedele della realtà, il più delle volte partendo proprio da delle immagini fotografiche, immagini delle quali si ripropongono persino gli effetti ottenuti dalle macchine più professionali.
Come è noto, l’invenzione della fotografia segnò un vero e proprio spartiacque nella storia della pittura: non vi poteva più essere confronto tra la volontà del pittore di rappresentare la realtà così come era percepita e la resa fotografica; gli artisti quindi nelle loro opere cercarono dell’altro, e dopo aver dato spazio all’espressione della loro interiorità, delle percezioni che il reale offriva, investigarono l’introspezione stessa, l’essenza della realtà e il suo impatto emotivo.
La realtà così si astrasse, e si arrivò infine all’arte concettuale, in cui ogni vecchio riferimento era superato nel nome della idea pura, che si materializzava.
Così l’iperrealismo, all’interno di questo percorso “rivoluzionario” della pittura, si presenta come una rivoluzione nella rivoluzione.
Gli iperrealisti ritornano alle origini.
Di fronte alla pittura, chi con l’arte ha un rapporto più diretto e meno intellettuale tende ad apprezzare le opere che maggiormente esprimono la capacità dell’artista di rappresentare il reale con maestria, “avvicinandosi” al vero.
Così come primo passo di chiunque si cimenti in questa arte è il tentativo di approcciarsi a questa realtà, alla ricerca di una verosimiglianza.
Gli iperrealisti portano a termine questo processo, in maniera oltremodo rivoluzionaria, proprio perchè il loro essere da un certo punto di vista “reazionari” non può che apparire estremamente rivoluzionario, in una epoca in cui la rivoluzione e la “provocazione” sono diventati la norma.
Non a caso diviene massima provocazione fare della pittura una perfetta simulazione del reale, e portare questo percorso agli estremi.

In una epoca dominata dalla fotografia questo tentativo può apparire oltremodo insensato, ed in effetti, andando oltre, gli iperrealisti non solo riproducono il reale, ma ricopiano delle fotografie, ovvero delle riproduzioni del reale.
In questo, probabilmente, il movimento iperrealista è quello che meglio rappresenta la nostra epoca, in cui reale, non reale, copia del reale e riproduzione della realtà si fondono.
Più reale del reale.

Le idee celesti e le idee terrene

solve et coagula, … et solve …

Secondo la concezione cosmologica di Platone, il mondo “reale”, quello che a tutti gli effetti può considerarsi tale, è il mondo delle idee.
Un mondo in cui ogni cosa è presente nella sua pura essenza, un mondo del quale il nostro non rappresenta che una mera riproduzione di livello inferiore.
Tale concezione è tipica della mentalità arcaica pre-aristotelica.
Con Aristotele si compie invece quella rivoluzione che darà il via a tutta la mentalità moderna.
La realtà, da Aristotele in poi, verrà cercata nella materia, al suo interno, e il mondo metafisico lentamente si ecclissa.
E’ noto come Platone considerasse il mondo materiale come pallida imitazione del mondo “vero”; di conseguenza, nelle rappresentazioni artistiche, nella pittura e nella scultura, il maestro Ateniese vi vedeva una ulteriore imitazione, di livello ancora più basso.
Una riproduzione di una imitazione.
Se Platone avesse avuto la possibilità di osservare delle fotografie, probabilmente le avrebbe giudicate allo stesso modo: copie di copie.
Secondo questa concezione, quindi, l’opera degli iperrealisti che riproducono su tela il più fedelmente possibile delle foto, risulterebbe una copia di una copia di una copia.
Ed in ogni passaggio una “frazione” della “realtà” metafisica verrebbe persa.
E’ interessante a questo punto notare come la modernità , con il suo frazionare e il suo concentrarsi sulla materia, abbia portato avanti un lungo percorso di “materializzazione” dell’esistente.
Questo percorso però nei nostri giorni ha subito una evoluzione: dopo aver attraversato un lungo periodo di materializzazione, è iniziato infatti il processo di “dissolvimento”, o “smaterializzazione” della realtà.
Ha fatto infatti la sua comparsa l’universo del “virtuale”, che ricalca, ribaltandolo, il mondo immateriale delle idee.
Le idee stesse tornano ora a riproporsi prive del loro supporto fisico.
Un processo del quale gli iperrealisti sono stati precursori, forse inconsapevoli, con la loro opera di riproduzione di un qualcosa che del reale fisico era a sua volta una rappresentazione.

La dissoluzione del reale

Dalle prime testimonianze della creatività umana, e per tutta la storia a seguire, vi è stata una costante che ha accomunato tutte le produzioni che prendevano vita.
Dai primi murales, ai primi ossi incisi, fino alle tele, ai libri di carta: ogni creazione umana necessitava di un supporto materiale per potersi manifestare.
Questa considerazione, a prima vista scontata, cela in sé in verità una questione più ampia.
Per Platone il mondo delle idee era intangibile e perfetto, e  il nostro ne era una semplice riproduzione materiale.
Da Aristotele in poi la metafisica inizierà il suo lungo percorso di declino, finché Nietzsche in epoca moderna ne decreterà definitivamente la scomparsa.
Vediamo quindi gli uomini che per creare necessitano della materia, di un supporto sul quale manifestare la propria idea, nello stesso modo in cui per Platone il mondo materiale era la manifestazione della Idea del creato del Principio Supremo.
In contemporanea, si assiste all’oblio della concezione metafisica, e il legame con il celeste viene sempre meno.
Il reale si materializza sempre più.
Il processo pare inarrestabile, e vi è un momento in cui, estratta tutta l’anima dal reale, non rimane che una mera massa.
Ma il processo non si ferma, nulla nel regno del divenire si può fermare.
E quando l’ uroboros si morde la coda, il ciclo riprende, sempre simile e mai eguale a se stesso.
Ottenuta quindi la pura materia, inizia il processo inverso.
La smaterializzazione.

Solve et coagula erano i passi fondamentali dell’alchimia medioevale, dissolvi e coagula.
Ora tutto è coagulato, ed è tempo di solve.
E il regno di questo processo, il massimo paradigma di questa rivoluzione, è proprio il luogo in cui anche questi scritti si muovono: l’etere del terzo millennio, la rete.
L’informatica, e la rete di internet, hanno dato il via al processo di smaterializzazione del reale.
Per la prima volta un pensiero, un’ opera, uno scritto, non necessitano di un supporto materiale per essere condivisi.
Per osservare un quadro, occorreva necessariamente osservare la tela in cui quel quadro fosse stato dipinto.
Per leggere un libro occorreva tenere in mano il supporto cartaceo.
L’idea era strettamente legata alla materia che la sosteneva.

Con l’informatica l’idea si slega dalla materia.
L’idea ora viaggia da sola, dopo un invio si riproduce all’infinito, scompare e ricompare, non è più materia, si è di nuovo smaterializzata.
E, a differenza di quanto fino ad ora è stato, basta un semplice black out, e tutto questo mondo di idee, questa nuova metafisica capovolta, scompare, si dilegua, senza lasciare ai posteri la minima traccia.

Omar Ortiz

.