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-o- Too late to die young -o-
2 Febbraio 2018

La questione della proprietà della terra

Nel maggio del 1626 Peter Minuit sbarcò a Nuova Amsterdam, nel luogo dove oggi sorge la città di New York.
Lì era presente una colonia di mercanti olandesi che commerciavano con i nativi americani locali e spedivano poi in Europa i beni che raccoglievano nel nuovo mondo.
La situazione non era sempre facile, i rapporti tra locali e olandesi erano a volte tesi, così la Compagnia olandese delle Indie Occidentali mandò in quelle terre lontane il Minuit affinchè organizzasse meglio la comunità dei suoi connazionali.
Minuit individuò il luogo ideale in cui far sviluppare la colonia – la punta finale dell’attuale città di New York, ovvero Manhattan – e volendo fare le cose per bene (era pur sempre un esponente dello spirito mercantilista europeo, ne rappresentava l’eccellenza) propose ai nativi un regolare contratto di compravendita.
I nativi, ovviamente, non sapevano che farsene del denaro europeo, ma accettarono di buon grado della merce in cambio della concessione della terra: specchi, utensili, asce, per un valore di 60 fiorini (circa mille euro attuali).
Così gli olandesi entrarono in possesso, attraverso un libero e legittimo scambio, di un terreno che attualmente risulta uno dei più preziosi al mondo; c’è chi definì quella compravendita come l’affare più vantaggioso di tutti i tempi.
Questo, almeno, è quello che gli olandesi si raccontarono, affinché la loro coscienza di onesti mercanti non rimanesse turbata.
In realtà, quello che i nativi americani credevano di aver barattato con i nuovi venuti era un semplice diritto di sfruttamento del suolo: pensavano che gli olandesi stessero chiedendo loro il permesso di cacciare e di raccogliere legna nella loro terra.
Questo perché per i nativi americani l’idea di “vendere” la terra era inconcepibile.
Semplicemente, nella loro cultura si trattava di un concetto che non poteva nemmeno essere preso in considerazione: la terra non aveva proprietari, al pari dei fiumi, delle montagne, del cielo, e al massimo quello che gli uomini potevano fare era sfruttarne le risorse.
E per quanto a noi possa apparire strano, tale concetto era universalmente condiviso anche in Europa, fino a qualche secolo prima dell’era moderna.
Ne sono testimonianza i primi documenti di estimo a nostra disposizione, risalenti alla fine del medioevo: in essi vengono stimati i beni posseduti da privati e da associazioni, e vi si calcola il valore di case, immobili vari, ma mai del terreno.
Viene stabilita la rendita di un possedimento in base ai frutti che offre (la produzione di grano, di vino, il numero di alberi presenti ecc.), oppure dal numero di animali che vi possono pascolare, ma mai vengono fatte stime del valore in sé della terra.
Questo perché la terra non era considerata un bene materiale oggetto di compravendita: nessuno ne poteva rivendicare la proprietà, per come la intendiamo noi oggi.
Prima dell’era moderna, infatti, la terra veniva al massimo data in concessione.

Lo stesso Re, a capo della piramide sociale, non era proprietario della terra, ma la “amministrava” per conto di Dio, essendo egli sovrano per volontà divina.
A noi moderni questa distinzione appare risibile, quasi un eufemismo per celare la realtà dei fatti, ma all’epoca si trattava di un fatto assodato, che non poteva essere messo in discussione: la terra non aveva proprietari, nello stesso modo in cui nessuno poteva rivendicare la proprietà del cielo.
Nello schema piramidale medioevale, in cima vi era quindi il Re che amministrava la terra del suo regno per conto di Dio; a sua volta il Re concedeva ai signori, ai conti, ai marchesi, il diritto di gestire parte di questo territorio: essi avevano il compito di custodirlo e amministrarlo per conto del Re, e concedevano ai lavoratori, ai contadini, spicchi di questa terra affinché la sfruttassero.
I contadini liberi che lavoravano la terra potevano costruirci sopra degli edifici per viverci e per poter portare avanti le loro attività, e questi edifici erano a tutti gli effetti di loro proprietà.
Ma non la terra su cui gli edifici sorgevano.

Ad esempio, quando i papi fecero ritorno a Roma sul finire del XIV secolo, in seguito alla cattività avignonese, si ritrovarono in una città per larghi tratti poco popolata, che poco aveva a che fare con la gloriosa Urbe dell’età classica.
Per incentivare l’arrivo di nuovi cittadini e la rinascita urbana, vennero concessi diversi lotti a prezzi quasi irrisori, con contratti di enfiteusi.
In pratica, il lotto veniva dato in affitto ai nuovi venuti, per periodi principalmente di 99 anni, a patto che vi venissero edificati degli immobili e venissero aperte nuove attività.
Ancora una volta, la terra non veniva venduta, non era concepibile, ma veniva concessa per un determinato periodo di tempo, con favorevoli opzioni affinché l’affittò stesso potesse venire rinnovato al termine del contratto.
Fu così che Roma fu ricostruita, fino a diventare la città che conosciamo ora, piena di splendidi edifici rinascimentali.

Pietro del Massaio, Pianta di Roma, 1472 (1473)

Pietro del Massaio, Pianta di Roma, 1472 (1473)

Il concetto della terra quale bene non oggetto di compravendita sopravvisse fino a tutto il periodo medioevale e trovò la sua massima espressione nelle terre demaniali: questi erano ampi tratti di terreno che non “appartenevano” a nessuno, ovvero nessuno poteva rivendicarne l’amministrazione e il godimento esclusivo dei beni presenti.
Si trattava di boschi, campi aperti, dove chiunque poteva recarsi, far pascolare i suoi animali, raccogliere legna.
Non erano spazi “comunali” o “pubblici” come noi li intendiamo, perché nemmeno il comune, o il signore, o il Re stesso, potevano impedirne a chiunque l’accesso.
Così, il momento in cui il parlamento inglese vara la legge delle enclosures nel XVIII secolo può essere visto come l’atto simbolico che pone fine in Europa alla vecchia concezione dell’impossibilità del possesso della terra: con le enclosures, infatti, si rese obbligatoria la recinzione dei terreni liberi (open fields e common lands) che avevano rappresentato una risorsa essenziale per i piccoli contadini e gli allevatori inglesi.
Da quel momento in poi ogni lembo di terra venne delimitato, sezionato, e venduto con contratti regolari che ne stabilivano il pieno possesso per come noi lo intendiamo oggi: era l’inizio dell’era moderna, caratterizzata dall’industrializzazione a cui avrebbe contribuito in primis proprio quella massa di contadini che si ritrovò ora incapace di portare avanti la sua vecchia attività.

si veda anche: Nomadi e sedentari

32 comments to La questione della proprietà della terra

  • nimue

    Ma ci prendi in giro?

    La proprietà privata della terra è molto più antica di quel che scrivi. Basti pensare al “dominium ex iure quiritium”, degli antichi romani, che riguardava i fondi usque ad celum et usque ad inferos.

    L’apparente cancellazione della proprietà privata nel medioevo dissimula una realtà assai amara in cui, come nella peggior distopia neoglobalista, tutto appartiene a un unico “centro” (il re, il faraone, apple, microsoft) che concede agli schiavi l’utilizzo per un determinato tempo (enfiteusi) dei parte dei proprio beni, di cui non si spossessa mai. Un po’ come accade oggi con i software che nonvengo onvenduti, ma si devono utilizzare a pagamento, online, per un tempo limitato. Questo tipo di accentramento fu la causa della decadenza dell’antico egitto. Per esempio.

    Non mi ero resa conto che dietro tutte queste belle foto che pubblichi  e “cultura” che diffondi si nascondesse l’animo di un globalista neofeudale. Senza offesa, eh.

  • Globalista neofeudale però suona anche bene,mi piacciono questi nonsense. :-)

  • “Globalista neofeudale” non è un non senso, solo lo svelamento dell’inganno e della manipolazione del linguaggio per cui ci troveremmo in un’epoca neoliberista. Il nome corretto della nostra epoca è neo-comunismo. Ovvero neofeudalesimo, regime in cui in cui al posto dello stato comunista, o dell’assimilabile faraone-imperatore del sacroromano intero-re di francia (eccetera) ci stanno le multinazionali e il potere finanziario. In ogni caso di accentramento si tratta, ovvero di trasformazione della popolazione in schiavi e persecuzione delle idee e delle libertà borghesi (proprietà privata, libertà di pensiero, democrazia, pluralismo, rispetto dei diritti individuali, eccetera).

    Hai idea di quanti piccoli e onesti commercianti sono morti a causa della diffusione dei Grandi Centri Commerciali? Non è feudalesimo questo?

    Oh, si che lo è. E’ feudalesimo becero sostenuto dai proletari oramai arricchiti e con la pancia piena che non sono riusciti a liberarsi dalla loro atavica invidia, e piuttosto che vedere prosperare il vicino chiamano le armate francesi (eccetera) a colonizzare la nostra terra.

    Sono fenomeni storici che ritornano. E siccome sono cose già accadute, ricadere nell’errore è semplicemente stupido.

  • Nimue

    Solo quello degli altri.

  • Io invece ancora attendo che Costantino XI Paleologo Dragases riappaia tra i vivi e ci conduca alla riconquista della Città.

    Nel frattempo mantengo la mia posizione di anarchico cristiano.

    • Hiei

      Anarchico è chi non riconosce padroni, tu come cristiano il padrone ce l’hai dato che sei nelle mani del dio onnipotente, anche tu a nonsense te la cavi mica male. :’D

      • Dio ovviamente sta oltre.
        Ti riporto però quanto sosteneva Tolstoj, pensiero sul quale mi ritrovo assai:
        “Il cristianesimo nel suo vero significato distrugge lo stato.
        Esso fu compreso così fin dal principio ed è per ciò che il Cristo fu crocifisso.
        È stato compreso così in ogni tempo dagli uomini non legati dalla necessità di giustificare lo stato cristiano.
        Solo quando i capi dello stato accettarono il cristianesimo nominale esterno, si cominciarono ad inventare le teorie sottili secondo le quali il cristianesimo si può conciliare con lo stato.
        Ma, per ogni uomo sincero del tempo nostro, non può non essere evidente che il vero cristianesimo — la dottrina della rassegnazione, del perdono, dell’amore — non può conciliarsi con lo stato, col suo dispotismo, con la sua violenza, con la sua giustizia crudele e con le sue guerre. Non solo il vero cristianesimo non permette di riconoscere lo stato, ma ne distrugge i principî stessi.”

        • Hiei

          Ok, quindi abbasso lo stato, cosa che approvo…con regni e imperi ad esempio che feeling hai? Sai, per quel “venga il tuo regno” che mi pare di ricordare…

        • Ti manca il pezzo del “Il mio regno non è di questo mondo” :-)

        • Bloodpath

          “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; sono venuto a portare non pace, ma spada. Sono infatti venuto a separare l’uomo da suo padre e la figlia da sua madre e la nuora da sua suocera; e nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa.”

          Tolstoj ha scritto una cazzata.
          Non ce niente di più contrario al cristianesimo della rassegnazione.

        • Hiei

          Sempre regno è, quale che sia il mondo…o sei anarchico, o sei suddito – specie se per entrare in quel regno la cui esistenza non è provata nemmeno già sei suddito in questo… :’D

  • Daouda

    Giustamente Santa…ma è bene spiegare che il federalismo imperiale, legittimo secondo il sacro ma lasciamo erdere, è comunque intonso in termini di rappresentanza regionalista e dunque democratica diretta. E’ poi oligarchica quanto basta come il consiglio degli anziani in un monastero od un sentato a Roma. E’ poi monacale in quanto unica e sola. E’ qui che il sacro la fa da padrone. Ad ogni modo riassume tutti i tipi di governo giacché le tre funzioni hanno diete a cui riferirsi, sindacalmente.

    • Ciao  Daouda.

      Quello che mi preoccupa è un certo sentimentalismo nostalgico che vorrebbe riproporre quelle funzioni nel nostro tempo.

      Penso che qualsiasi cosa simile appaia oggi non rappresenterebbe che una pallida parodia.

      A parte ovviamente se ricomparisse Costantino Paleologo in persona :-D

      • Daouda

        Un ministerium non è mai ereditabile per linea di sangue nel mondo cristiano. Il sangre lindo è solo di Cristo in un certo senso, ed in Lui noi sue cellule ne siamo partecipi nel piano reintegrato dell’umano inglobato ulteriormente nel divino.
        Siamo tutti amministratori, nella corretta visione, non siamo proprietari ma usufruttuari della nostra stessa individualità tricotomica in quanto creature.
        Il Suolo è poi di per se stesso un bene comune, non una proprietà.

  • Sick bou

    Spezzo una lancia a favore di Santa. Leggersi Karl Polanyi “La Grande Trasformazione”, spiega bene il fenomeno.

     

    Si puó non condividere ma Santa non ha detto vaccate

    • Ciao sick boy

      In effetti in quanto ho scritto non ci sono “opinioni personali”.

      Non ho dato valutazioni di merito, ho semplicemente descritto un fenomeno.

      Sono cose studiate in università, e si basano sullo studio dei documenti storici di estimo giunti fino a noi

      A presto.

       

  • Nimue che non ha capito bene

    quindi si dimostra che in certe università si insegnano vaccate. o comunque, verità parziali.

    a sto punto  meglio wikipedia: https://it.wikipedia.org/wiki/Dominium_ex_iure_Quiritium

    a meno chè non si voglia sostenere che il diritto (medievale) dei barbari dell’europa continentale, che “mentre i romani già erano gay stavano ancora sugli alberi”, sia l’unico diritto mai esistito, pertanto abile ad essere posto a fondamento di ogni futura e universale norma morale o positiva che si auspichi possa influenzare i futuri ordinamenti post socialliberisti ed escatologici che verranno

  • Tu Nimue ne fai una questione ideologica, e trai delle deduzioni in base a quanto scritto nell’articolo, arrivando a delle tue conclusioni sul dove “il discorso vuole andare a parare”.
    E’ una classica fallacia.

    Nell’articolo si parla della situazione in europa nel medioevo (e non durante l’epoca romana) e di come la concezione della proprietà della terra mutò nell’epoca moderna.
    Non esprimo alcuna valutazione di “merito”, ma riporto dei dati di fatto.
    Il discorso “ideologico” non l’ho affrontato, e non sono state nemmeno date delle valutazioni di merito.

  • Nimue che ha forse esagerato

    Sì hai ragione, infatti mi sono firmata “nimue che non ha capito bene”. Avevo infatti il dubbio che la tua chiara esposizione potesse essere prodromo di valutazioni cattocomunisiticheggianti unite a vaneggiamenti neoglobalisti. Era un dubbio. Chiedo venia.

  • Anonimo

    Bentornato Santa complimenti per l articolo :)

    SoylentGreen

  • Giovanni

    Il tuo articolo mi fa tornare in mente un problema ormai “dimenticato”

    Sono cattolico e la mia religione prevede che un giorno ci sara’ il Giudizio Universale.

    Domanda: come fara’ Dio a giudicare i ladri?

    Il ladro presuppone un furto ed un proprietario che lo ha subito.

    Dio, per stabilire il proprietario dovra’ fare riferimento agli Atti di proprieta’, ai Rogiti Notarili, agli scontrini Fiscali….

    dovra’ in un certo senso “sottostare” ai dettami delle leggi umane?

    Dovra’ riconoscere come Legali le occupazioni dei Romani, dei Barbari, di tutti i popoli che hanno occupato altri territori?

    Dovra’ tenere conto dei cambi di valuta, dell’inflazione, dell’imposizione fiscale tipica di ogni Stato……?

    …Ma se Dio e’ proprietario di Tutto, in quanto Creatore, si puo’ affermare in modo pacifico che ogni nostra azione tesa a prendere qualche cosa sia un furto oppure la legittima “presa” di qualche cosa che ci viene “regalato” dal Creatore.

    Pensiamo alle mele che cadono dall’albero e che rischiano di marcire….

    Quando avevo 20 anni volevo riformare il mondo in un modo molto semplice:

    -allora eravamo 2 miliardi di abitanti e dicevo 1 miliardo lavora 6 mesi, mentre l’altro miliardo fa vacanza, a turno.

    Basta abolire il denaro e dare una tessera che certifica il proprio lavoro per la comunita’.

    Il tutto nell’ottica che noi restiamo sulla terra 70-80 anni per i fortunati e lo scopo sarebbe quello di attrezzarci al meglio per la sopravvivenza, la salute, la liberta’, il divertimento, la meditazione, la cultura….la preghiera…

    …Con l’attuale tecnologia si potrebbe limitare il lavoro a 3 mesi

    pro-capite…per 7 miliardi di persone.

    Ci manca solo il dono della Intelligenza….

    Pero’ puo’ darsi che sia tutto giusto cosi’ come e’ il mondo, perche’ dobbiamo prima conoscere la sofferenza, il Male, per poterlo poi Evitare.

    Abbiamo di fronte Infiniti Anni.

    Saluti

  • Ciao Giovanni

    Non possiamo conoscere il metro di giudizio di Dio, possiamo solo sperare nella sua misericordia.

    Inoltre, la nostra stupidità di esseri imperfetti potrebbe essere una attenuante, forse…

    A presto

    • Hiei

      Poi mi spiegherai come fa a essere anarchico uno che si reputa troppo stupido per pensare da solo…alla faccia della suprema creazione peraltro… :’D

  • Ioannis

    L’esempio portato nell’articolo è fallace: un popolo nomade e cacciatore come gli indigeni dell’America è ovvio che non concepiscano la “proprietà” della terra e non vi è nulla di anticristano nel rivendicarla, vedasi Rerum Novarum, nella quale essa viene definita naturale. Le idee escatologiche sul Giudizio Divino al riguardo della proprietà privata lasciamole agli hippie che suonano i bonghi e che si guardano bene dal cimentarsi della fatica della zappa. Retto è appunto come evidenzia l’enciclica condannare certe sperequazioni ma non certo il solido fondo storico che ha la proprietà privata della terra.

    “Naturale diritto dell’uomo è, come vedemmo, la privata proprietà dei beni e l’esercitare questo diritto é, specialmente nella vita socievole, non pur lecito, ma assolutamente necessario. È lecito, dice san Tommaso, anzi necessario all’umana vita che l’uomo abbia la proprietà dei beni (S. Th. III-II, q. 66, a. 2)” (Leone XIII, Rerum Novarum, n. 19).

    L’affermazione quindi che prima dell’era moderna la terra era data solo in concessione è apodittica. Quello che è cambiato è semmai il mancato riferimento a Dio che una volta veniva sentito come “ultimo proprietario”.

    Deuteronomio 19,14: “Non sposterai i confini del tuo vicino, posti dai tuoi antenati, nell’eredità che ti sarà toccata nella terra che il Signore, tuo Dio, ti dà in possesso.”

     

    • Citare una enciclica come prova finale della leggittimità della proprietà privata della terra è alquanto debole.
      L’enciclica Rerum Novarum è poi del tardo XX secolo, mentre i casi analizzati risalgono all’epoca medievale.
      La proprietà sui frutti della terra da parte di chi vi lavorava non erano mai stati messi in discussione, così come il diritto di vivere su un lembo di terra senza potervi allontanati.
      Ma il possesso della terra stessa è un argomento più complesso.
      La storia del catasto e dell’estimo è illuminante a tal proposito.
      Io mi sono soffermato sulla visione occidentale durante il medioevo, e il caso della distribuzione dei lotti liberi nella città di Roma per mezzo della enfiteusi è ampiamente documentata e dimostrata.
      Poi ripeto, per noi possono apparire distinzioni futili (cosa cambia il dare in affitto per 99 anni un lotto piuttosto che venderlo?), ma all’epoca si trattava di distinzioni sottili di grande importanza.

    • Hiei

      “L’esempio portato nell’articolo è fallace: un popolo nomade e cacciatore come gli indigeni dell’America è ovvio che non concepiscano la “proprietà” della terra e non vi è nulla di anticristano nel rivendicarla, vedasi Rerum Novarum, nella quale essa viene definita naturale.”

       

      Fa piacere sapere che non vi sia nulla di anticristiano nel derubare altri popoli sulla base del “e’ naturale, l’ho detto io” praticando il genocidio. Nessuno ha NULLA da ridire qui? :’D

      Curiosamente i popoli sudamericani sterminati dagli spagnoli con la stessa benedizione cristiana erano tutt’altro che nomadi e la loro terra la rivendicavano eccome in modo assai “naturale”. Vediamo come la spieghi questa.

      • Ioannis

        Leggere meglio! Se si vuol sostenere la tesi che esisteva un bel mondo bucolico in cui non si rivendicava la proprietà della terra  l’esempio è fallace per quanto ho detto: un popolo nomade per sua stessa natura non può concepirla, un popolo stanziale sì e non vi è nulla di anticristiano nel sostenere che la proprietà della terra sia un male o un ingiustizia e questo a prescindere. Inoltre non mi pare che nel caso citato vi siano state ruberie, gli olandesi hanno in buona fede “comprato” secondo la loro forma mentis quindo non hanno rubato un bel niente.

        E’ meglio poi studiare bene la storia, in quanto non vi fu alcuna bendizione cristiana nelle stragi degli spagnoli, anzi fu proprio la Chiesa a difenderli ribadendo che fossero uomini quando i conquistadores sostenevano che gli indios fossero animali.

        Poi andiamo a vedere come furono convertiti e civilizzati dai Gesuiti quelli veri e tosti di una volta, che partivano per il Nuovo Mondo sapendo che quasi al 100% non sarebbero tornati, e che costruirono chiese in legno che sono ancora lì senza usare un chiodo ascolta qualche brano di musica sacra per capire come venivano istruiti per esempio da Domenico Zipoli. La Teologia della Liberazione francamente, oltre ad essere stata dichiarata eretica (anche se sta tornando in auge con l’attuale inquilino del Vaticano) è roba da anni ’70 con gli hippie che suonano i bonghi e fumano canne e voglia di zappare la terra ben poca. Idem dicasi per il mito del buon selvaggio.

         

         

        • Hiei

          Ecco un esempio di buona argomentazione, avrei delle riserve sui conquistadores ma magari ci si mette chi e’ piu’ studiato di me sullo specifico argomento.

  • Ioannis

    L’enciclica Rerum novarum non è che stabilisca ex-novo il diritto alla proprietà, difatti viene citato San Tommaso che risale a ben prima idem dicasi per il Deuteronomio, semplicemente vista l’epoca con il diffondersi del socialismo, lo ribadisce così come è sempre stato. Quindi non solo è cristiano ma non è neppure debole. . L’enfiteusi è un contratto di affitto in cui la proprietà della terra non viene certo messa in discussione.

    Basarsi sul catasto ed estimo è un metodo storico se vogliamo usare un eufemismo alquanto improrpio: ti assicuro che fino a 70/80 anni fa qui da noi l’eredità veniva spartita con una stretta di mano dopo averci sputato sopra, quindi esisitevano degli usi e delle tradizioni, come ben si evince dal Deuteronomio, per stabilire i confini della proprietà senza bisogno di atti scritti.

     

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