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-o- Too late to die young -o-
13 Gennaio 2009

E' stato Israele a rompere la tregua. Persino la CNN se ne accorge.


Una delle maggiori bugie che in questi giorni viene ripetuta per giustificare il massacro degli innocenti di Gaza consiste nel sostenere che sia stata Hamas a rompere la tregua con l’esercito Israeliano, “costringendolo” così a dover rispondere al fuoco nemico.
Ovviamente, anche se così fosse stato, la reazione degli Israeliani sarebbe stata comunque all’infuori di ogni logica umana, laddove ad un numero di morti nell’ordine della decina si è fatta corrispondere una strage dell’ordine del migliaio.
Senza ovviamente mai dimenticare che Gaza soffre da mesi di un crudele embargo, e la sua popolazione vive in uno stato di prigionia.

Per le voci istituzionali tutto ciò porta a concludere che le centinaia di civili e bimbi morti siano da attribuire ad Hamas, “che ha rotto la tregua”.
Questa è una enorme bugia, dal momento che fu l’esercito israeliano a violare questa tregua, uccidendo sei miliziani di Hamas il 4 novembre del 2008.
Ma se questo non rappresenta un mistero per chi ha analizzato in maniera un po’ più approfondita l’evolversi degli eventi, la vera notizia consiste nel fatto che di questa realtà ne ha preso atto persino la CNN.
Nel filmato riportato un giornalista della più autorevole emittente statunitense sbugiarda definitivamente la versione israeliana secondo al quale sarebbe stata Hamas a violare la tregua.

Un grazie al curatore del blog Fuoco Puro che ha segnalato il filmato.

11 Gennaio 2009

Ebrei di ieri e di oggi

I cromosomi di Abramo si trovano nei Palestinesi.
Rabbino Goldstein


Nel toccare il delicato tema delle origini del popolo ebraico, la prima difficoltà in cui si incorre è il tentativo di dare una definizione al termine “ebreo”.
Mentre è facile stabilire chi sia cristiano o musulmano, l’ebraismo è qualcosa che va al di là del semplice essere seguaci di una religione.
Anche gli ebrei non credenti infatti rimangono ebrei, a differenza ad esempio dei cristiani che una volta abbandonata la fede non si considerano più tali.
Wikipedia, la fonte imparziale della rete, dà la seguente definizione di ebraismo:

l’ebraismo è considerato anche, se non soprattutto, un carattere culturale ereditario. Per cui ebreo è anche un termine usato per definire un popolo, non solo “popolo” in senso spirituale, come può essere considerato per persone di etnie diverse ma di un’unica religione, ma anche “popolo” come gruppo parentale, etnico.

Nell’accezione comune moderna, si parla di “ebrei” in caso di

  • persone di origine ebraica (non necessariamente matrilineare) che praticano la religione ebraica
  • persone di origine non ebraica convertite al giudaismo
  • ebrei che non praticano il giudaismo come religione, pur considerandosi ebrei in virtù della discendenza ebraica della propria famiglia (etnica) e della loro identificazione col popolo ebraico dal punto di vista etnico, storico o culturale.

All’interno della comunità ebraica è generalmente considerato ebreo chi nasce da madre ebrea, è questo conferma il fatto che l’ebraismo è un carattere che si trasmette col sangue.
Non a caso, esistono anche istituti che si offrono di compiere delle analisi del DNA per scoprire se si possiedono le caratteristiche genetiche per essere considerati ebrei.
Ma proprio questo soffermarsi sulle caratteristiche genetiche porta a dei sottili paradossi.
Come ben spiega il rabbino Marcello Goldstein, presidente della Scuola talmudica dl Trieste, in questa intervista rilasciata nel 2002:

intervistatore:  Tornando al rapporto tra arabi ed ebrei, sembra che siano state fatte delle analisi del Dna dalle quali risulta che tra israeliani e palestinesi ci sia poca differenza. E’ vero?

Rabbino Golstein:  “Il cromosoma Y, che è tipico del maschio, dalle analisi risulta essere molto simile tra gli ebrei di varie provenienze: quelli biondi della Polonia, gli yemeniti dalla carnagione scura, quelli del Marocco, ecc. E i palestinesi risultano avere lo stesso cromosoma Y”.

Intervistatore:  Questo cosa significa?

Rabbino Golstein:  “Potrebbe significare quello che da tanti è stato detto: il nucleo centrale della popolazione palestinese sarebbe la popolazione rurale che i romani non erano andati a cacciare dai singoli villaggi e che con l’avvento dell’Islam fu islamizzata”.

Intervistatore: Quindi una popolazione . . .

Rabbino Goldstein:  “Una popolazione dal punto di vista razziale di origine ebraica più pura degli stessi ebrei, di origine totalmente abramica.
I cromosomi di Abramo si trovano nei palestinesi”.

Osservando quindi l’attuale conflitto tra gli israeliani e i palestinesi, ci troveremo di fronte ad un curioso paradosso: avremmo da una parte un popolo che rivendica il possesso della Palestina in virtù della sua lontana parentela con le genti che abitarono quella terra 2000 anni fa, ma che probabilmente discende in gran parte da popolazioni caucasiche convertitesi all’ebraismo nel tempo di Carlo Magno; dall’altra parte, nelle vesti del popolo che deve lasciare spazio a queste genti, abbiamo invece i diretti discendenti di quegli israeliti che, sempre secondo le Sacre Scritture, fecero il patto con Dio per possedere quella terra.
I veri discendenti del popolo ebraico, in altre parole.
Come lo stesso Rabbino Goldstein, e gli amanti dei test del DNA sulla purezza genetica ci confermano.

Si veda anche: Come fu inventato il popolo ebreo
di Shlomo Sand, storico e professore all’Università di Tel Aviv

9 Gennaio 2009

Palestina: alle origini di un conflitto

“una terra senza popolo per un popolo senza terra”
Lord Shaftesbury, ideologo del sionismo, 1854

Per comprendere le origini del conflitto in atto in Medio Oriente occorre conoscere la storia della Palestina negli ultimi secoli, e ripercorrere le tappe dell’immigrazione sionista in quella che veniva considerata la terra promessa del popolo ebraico.
Ma ancora più che la storia delle varie forze di occupazione che si sono succedute, una storia che occorre comunque tenere presente per comprendere gli eventi, risulta interessante soffermarsi sulla composizione etnica degli abitanti di quei luoghi.
Sul finire del XIX secolo, la Palestina risultava sotto il dominio dell’Impero Ottomano, e la sua popolazione era composta prevalentemente da arabi musulmani.

Non mancavano abitanti di origine cristiana, e nemmeno ebrei autoctoni che avevano mantenuto la propria religione senza convertirsi a quella dei dominatori.
Nel 1881, entro i confini di quello che sarebbe in futuro diventato lo stato di Israele, vivevano 470.000 arabi e 24.000 ebrei.
Nel 1914, poco prima della disgregazione dell’Impero Ottomano, gli arabi erano 500.000, a fronte di 85.000 ebrei.

L’aumento della popolazione ebraica era dovuto alle prime migrazioni organizzate dal movimento sionista, che progettava una Palestina interamente sotto il controllo ebraico.
La cartina che segue mostra la distribuzione demografica in Palestina nel 1878, al momento della fondazione della prima colonia sionista (in blu, nei pressi di Jaffa).
In rosso sono segnati le città e i paesi abitati interamente da arabi, mentre in nero sono indicate le città in cui arabi ed ebrei autoctoni coabitavano.

Quella che segue è invece la situazione nel 1920, quando a seguito della caduta dell’Impero Ottomano la Palestina fu assegnata all’amministrazione britannica.
Si può notare l’aumento delle colonie sioniste, e la fondazione di alcune importanti città ebraiche, come Tel Aviv.

Il movimento sionista proseguì nell’opera di colonizzazione, e grazie ai fondi dei suoi facoltosi sostenitori iniziò anche una politica di acquisto delle terre dagli arabi.
Furono anche questi gli anni in cui organizzazioni terroriste sioniste compirono numerosi attentati ai danni delle autorità britanniche e della popolazione Palestinese, per favorire la nascita dello Stato di Israele.
Ciò nonostante, ancora nel 1945, sul finire della seconda guerra mondiale, la terra Palestinese di proprietà dei coloni ebrei era ancora una piccola minoranza.

Nel 1947, con la nota risoluzione 181 dell’Onu, la Palestina veniva spartita in due stati, ed alla popolazione ebraica, che all’epoca possedeva il 7% delle terre, veniva assegnato il 56% del territorio.
Nel corso del 1948, e prima ancora che la Gran Bretagna concludesse il suo mandato, le milizie israeliane iniziarono una pulizia etnica all’interno dei confini del loro futuro stato, e nel 14 Maggio del 1948 dichiararono unilateralmente la nascita dello Stato di Israele.
Immediatamente gli stati arabi confinanti dichiararono guerra al neonato stato sionista, ma vennero facilmente sconfitti dall’esercito ebraico.
Tuttora questa vittoria rappresenta uno dei più grandi misteri della storia contemporanea, dal momento che l’esercito di un piccolo stato appena formatosi fu in grado di sbaragliare senza difficoltà gli eserciti organizzati ed uniti di ben cinque nazioni arabe (Egitto, Siria, Libano, Transgiordania e Iraq).
In seguito alla vittoria lo Stato Israeliano prese possesso anche di ampie zone destinate dall’ONU alla popolazione araba, e di fatto controlla da allora l’intera Palestina.

(in rosso i territori occupati da Israele in violazione della risoluzione dell’ONU)

La propaganda sionista di fine ottocento aveva coniato lo slogan “”una terra senza popolo per un popolo senza terra”.
Purtroppo la Palestina non era propriamente una terra senza popolo, ed è sufficiente scorrere le varie cartine per rendersi conto che i coloni sionisti hanno dovuto “sgomitare” parecchio prima di trovare i loro “spazi”.

Uno sgomitare che non si è ancora concluso.

Fonti delle mappe: Maps of Palestine
Si veda anche: The shrinking map of Palestine
6 Gennaio 2009

Il problema è il Sionismo


l’Eterno, il tuo DIO, ti farà ritornare dalla schiavitú, avrà pietà di te e ti raccoglierà di nuovo fra tutti i popoli, fra i quali l’Eterno, il tuo DIO, ti aveva disperso.
Deuteronomio

Nell’osservare l’ evolversi della situazione in medio oriente, pare farsi sempre più forte la convinzione che in quella terra martoriata dagli uomini la pace rimarrà per molto tempo una irraggiungibile chimera.
Ed a seconda dei diversi punti di vista si individua di volta in volta la colpa dell’attuale situazione nelle genti arabe, che non accetterebbero la presenza degli ebrei in Palestina, oppure negli israeliani, che quella terra la vorrebbero tutta per sé.
In verità, la gente comune, il “cittadino semplice”, di qualunque fede o etnia sia, ha come primo desiderio quello di poter vivere in pace e sicurezza su di un lembo di terra che garantisca a lui ed alla sua famiglia sussistenza e benessere.
Nella stessa Palestina, dalla caduta dell’impero romano in poi, sono convissuti fianco a fianco ebrei cristiani e musulmani.
Cambiavano i dominatori, che coinvolgevano le popolazioni nelle loro cruenti lotte per la conquista del potere, ma gli strati più bassi della società in cuor loro desideravano solo portare avanti una esistenza decorosa, e pacifica.
Gli stessi crociati, quando sul finire dell’ XI secolo giunsero a Gerusalemme, si sorpresero e si scandalizzarono nel vedere una città in cui cristiani delle diverse confessioni convivevano e collaboravano con ebrei e musulmani. Noi siamo stati educati a concepire la storia come una continua lotta tra popoli che combattono tra loro per sottomettere gli uni gli altri.
In verità, è una minima parte dell’umanità quella che è spinta dal desiderio di possesso e di sopraffazione nei confronti dei propri simili, e che si esalta e gode del massacro e della distruzione.
Purtroppo, nel corso dei secoli questa piccola minoranza di psicopatici ha saputo accaparrarsi le posizioni di comando, coinvolgendo anche il resto dei suoi simili nelle sue folli visioni di morte e  devastazione.
Bisognerebbe rivedere l’intera storia del genere umano alla luce di questo fatto, e cercare le ragioni per cui gli psicopatici riescono sempre ad imporre la loro distorta visione del mondo al resto della popolazione.
Ed allo stesso modo questa chiave di lettura è l’unica che permette di capire l’origine dell’attuale tragica situazione nel medio oriente.
Non sono né gli ebrei né gli arabi a rappresentare l’origine dei problemi in Palestina, ma quel movimento ideologico moderno che risponde al nome di sionismo.
La propaganda dei media internazionali ha nel tempo associato il sionismo all’ebraismo, usando i due termini quali sinonimi; in tal modo, chiunque si mostrasse critico nei confronti del movimento sionista veniva immediatamente giudicato, di conseguenza, anche anti-semita, con tutto quello che questa infame accusa comporta.
In realtà il sionismo è un movimento di ispirazione laica, nato nel XIX secolo ed inizialmente osteggiato dalla maggioranza degli ebrei, in quanto il suo presupposto risulta blasfemo all’interno della dottrina ebraica stessa.

Come ebbe a dire il Rabbino Aharon Cohen, dell’associazione Neturei karta:

“l’Ebraismo e il Sionismo sono due concezioni totalmente e diametralmente opposte.
L’Ebraismo è un antico modo, che risale a migliaia di anni fa, di vivere secondo la volontà di D-o, pieno di contenuto morale, etico e religioso.
Il Sionismo è relativamente giovane – poco più di cent’anni – ed ha una concezione secolare e nazionalista, completamente priva di etica e di morale.
Tuttavia, bisogna dire che ci sono gruppi religiosi, tra il Popolo Ebraico, che sono stati influenzati ed infettati dalla filosofia nazionalista sionista ed hanno, scorrettamente e falsamente, “attaccato” il Sionismo addosso all’Ebraismo, andando contro gli insegnamenti dell’Ebraismo come è stato tramandato da generazioni.[…]
[Dalla diaspora] fino ai giorni nostri il Popolo Ebraico è, per decreto divino, in esilio, nel quale noi dobbiamo essere leali cittadini delle nazioni in cui ci troviamo e ci è proibito sotto giuramento di tentare di uscire dall’esilio con le nostre forze.
Ci è proibito sotto giuramento di tentare di formare un nostro Stato in Palestina.
Trasgredire questi divieti costituirebbe una ribellione contro i voleri dell’O—ipotente e siamo a conoscenza delle gravissime conseguenze di un tale tentativo. […]

Non si potrà mai capire la natura della tragedia in atto in Palestina, se prima non si comprende che un gruppo inizialmente minoritario all’interno della comunità ebraica ha saputo nel tempo identificare la propria ideologia con l’ebraismo stesso, e in seguito imporre la propria visione a spese delle popolazioni autoctone che da secoli abitavano quella che veniva considerata “la terra promessa”.
Nella visione sionista, dichiaratamente razzista, la presenza araba in Palestina non è contemplata, e qualunque crimine è giustificato alla luce del fine superiore da raggiungere.
Il progetto sionista prevede un unico stato, etnicamente puro, in cui i pieni diritti sono assicurati solo a chi possieda sangue ebraico.
Ed è davvero incredibile come questa visione non susciti indignazione in un occidente che non perde occasione per vantarsi dei propri valori di “fratellanza ed eguaglianza”, un occidente che sulla carta inorridisce al pensiero che qualcuno possa pretendere maggiori diritti in quanto appartenente a qualche etnia o a qualche credo religioso.
Una indignazione che viene meno nei confronti della ideologia sionista, che si fonda apertamente sulla purezza del sangue e sul rifiuto del diverso.
La guerra in Palestina non è questione di popoli, né di religioni, ma di una ideologia fanatica e sanguinaria che per mezzo di governanti psicopatici ha saputo nel tempo imporsi e tenere sotto ostaggio l’intera opinione pubblica mondiale.
Ebrei ed arabi possono coesistere nella stessa terra, lo hanno dimostrato nel corso dei secoli.
Non servono due stati, non servono muri.
Sarebbe sufficiente che finalmente il sionismo venisse apertamente rifiutato dalla maggioranza degli ebrei, seguendo l’esempio degli ebrei anti sionisti, e finalmente considerato dal resto dell’umanità per quello che è: un movimento intollerante e razzista, causa di morte e devastazioni.


4 Gennaio 2009

La verità del Corriere

Comincia a farsi strada la consapevolezza che fra le molte asimmetrie del conflitto c’è anche quella rappresentata dal diverso valore attribuito dai contendenti alla vita umana.
Per gli uomini di Hamas, come per Hezbollah in Libano, la vita (anche quella degli appartenenti al proprio popolo) vale talmente poco che essi non hanno alcun problema a usare i civili, compresi i bambini e le donne, come scudi umani.
Per gli israeliani, le cose stanno differentemente.
Cercano di limitare il più possibile le ingiurie alla popolazione civile anche se, naturalmente, la natura del conflitto esclude che essa non sia coinvolta.
L’attacco dell’esercito, appena iniziato, volto a bloccare definitivamente Hamas, è stato a lungo ritardato.
Tra le ragioni del ritardo c’era anche il timore per l’alto costo in vite di civili che l’attacco potrebbe comportare.
Angelo Panebianco, Corriere della Sera

Jack lo squartatore aveva un animo sensibile, a differenza delle donnacce che graffiandolo lo costringevano a squartarle.


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Si legga anche :
– Ma di che si lamentano i Palestinesi?

di Mark Steel da The Independent
, Traduzione di Gianluca Freda

– Il vero volto di Israele

di Mazzetta
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