Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
Donne arrestate per aver indossato costumi da bagno che violavano le normative. Chicago 1920
Non omne quod licet honestum est
Non tutto ciò che è lecito è onesto.
Ed allo stesso modo, non tutto ciò che la legge vieta è immorale.
Il concetto secondo il quale “ci sono delle leggi, vanno rispettate”, concetto che spesso viene ripetuto, specialmente in questo periodo di restirzioni, contiene indubbiamente una notevole fallacia.
Le leggi vanno rispettate se non si vuole incorrere in sanzioni, ma la loro mera esistenza non ne garantisce in automatico anche una intrinseca moralità.
La storia umana è attraversata da una lunga serie di governi e poteri vari che hanno imposto norme ingiuste ed abbiette, e non occorre spingersi indietro di secoli per ricordarne qualche esempio, nemmeno limitarsi a considerare i regimi cosidetti “tirannici”.
Negli Stati Uniti, paese simbolo della democrazia per eccellenza, ad esempio, fino al 1967 in certi stati erano ancora proibiti i matrimoni misti tra bianchi e neri.
Storicamente parlando, il 1967 è dietro l’angolo.
E anche all’epoca, dove vigeva la segregazione razziale, c’era chi affermava “è giusto che i neri stiano fuori da questo locale, ci sono delle leggi, vanno rispettate”.
Noi occidentali democratici di fine millennio siamo infine stati educati col pensiero che la questione delle “leggi ingiuste” appartenga al passato: l’idea che ci è stata trasmessa è che con una continua ed inarrestabile avanzata il progresso ci abbia finalmente portato in una era in cui la libertà e la democrazia hanno trionfato, in cui certe aberrazioni appartengono solo al passato, e che finalmente siamo giunti in un periodo in cui le leggi rappresentano il culmine della probità e della moralità.
Tutto questo in un momento storico in cui quelle stesse leggi limitano le basilari libertà degli esseri umani, dalla libertà di spostamento, di lavoro, di aggregazione.
E mai come oggi risuona stridente il vecchio mantra delle “leggi che ci sono e che vanno rispettate”.
L’uomo come macchina sterile, l’oblio del concetto di salute “psico-fisica”, il grande tradimento della medicina contemporanea.
Un aspetto innegabile della gestione dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo è rappresentato dal grande balzo all’indietro compiuto dalla medicina moderna nel rapportarsi con la salute dell’individuo.
La medicina moderna si definisce sostanzialmente a partire dal XIX secolo, quando venne individuata con sempre maggiore precisione l’esistenza dei microrganismi e il loro rapporto con lo svilupparsi delle malattie.
Si scoprì gradualmente che molte patologie erano causate da piccoli parassiti, che gli stessi microrganismi erano responsabili delle infezioni, e col tempo si misero a punto rimedi atti a contrastare la loro opera (sterilizzazione, antibiotici, norme basilari di igiene).
Basti ricordare, a titolo di esempio, il modo in cui la mortalità delle madri e dei neonati nel momento del parto crollò vertiginosamente quando i medici iniziarono a lavarsi le mani tra un intervento e l’altro, evitando così di infettare i nascituri e le partorienti.
Questi progressi fecero fare alla medicina un balzo in avanti enorme, e furono centinaia di milioni le vite umane che da allora furono salvate.
Di lì a poco si entrò in un’epoca in cui a livello scientifico il positivismo e il meccanicismo si imposero come teoria dominante: ogni aspetto del mondo tangibile, compreso l’essere umano, poteva essere investigato e compreso a partire da principi fisici e meccanici. L’uomo stesso finì per essere considerato come una macchina, un organismo che necessità di determinate sostanze per funzionare, e che risponde alle leggi meccanicistiche del mondo materiale.
Il benessere dell’individuo, di conseguenza, dipendeva dal mantenimento di un equilibrio delle funzioni vitali corporee.
Questa visione strettamente meccanica, pur fondandosi su alcuni assiomi indiscutibili, si dimostrò nel tempo incompleta: in particolar modo per quanto riguarda l’essere umano, vi erano anche altre componenti che entravano in ballo, e che si scoprì che non potevano essere ignorate.
Non bastava garantire il sostentamento e gli altri bisogni basilari all’uomo per renderlo “efficiente e soddisfatto”: la mente umana risultava più complessa, e la felicità umana richiedeva innumerevoli altre componenti, aspetti che abbracciavano il campo non strettamente materiale.
Si tentò allora di studiare anche queste componenti non materiali in maniera “scientifica”, e si svilupparono a tal proposito le scienze psicologiche; queste altro non furono che un tentativo di far rientrare anche gli aspetti non quantificabili e non misurabili del vivere umano all’interno di un paradigma coerente con la scienza contemporanea.
Col tempo la medicina comprese quindi che nel garantire la salute dell’individuo non si poteva prescindere anche dalla sua situazione “psicologica”.
Il concetto di equilibrio personale si ampliò e si iniziò a parlare di salute “psico-fisica”.
Una corretta alimentazione, una condotta prudente nei confronti degli agenti esterni, un continuo monitorare le proprie condizioni fisiche era considerato prioritario, ma altrettanto importante per la salute del singolo era considerata la sua condizione “sociale”, i suoi affetti, le soddisfazioni del vivere quotidiano, la sua socialità.
Si scoprì addirittura che il benessere psicologico rafforza lo stesso sistema immunitario: psiche e corpo lungi dall’essere due attori separati risultarono essere parte di un unico processo.
Ora, nell’affrontare l’emergenza sanitaria attuale, la medicina nel suo complesso pare aver dimenticato tutte queste realtà che fino a pochi mesi fa venivano considerate verità assodate e pluridimostrate in ambito medico.
Cancellando in un solo colpo i progressi di più di un secolo, il mondo medico è tornato a considerare l’individuo una mera composizione materica.
La risposta che è stata data al diffondersi dell’epidemia è stata infatti esclusivamente meccanicistica: totale isolamento per non andare incontro al patogeno, bando di ogni interazione sociale, dispositivi per filtrare l’aria che si respira, una igienizzazione ossessiva e compulsiva dell’ambiente circostante.
In tutto questo le necessità psicologiche sono state del tutto ignorate.
Le interazioni sociali, il semplice contatto con la natura all’aria aperta, le esigenze ricreative, tutti aspetti che erano considerati indispensabili per la corretta salute di ogni essere umano sono state bandite, criminalizzate.
Tutto ciò che fino a ieri ci rendeva realmente umani è stato demonizzato.
L’uomo è tornato ad essere considerato una semplice macchina, senza altre componenti, senza ulteriori bisogni se non il cibo e il non venire a contatto con pericolosi parassiti.
Un tradimento epocale di tutto il mondo medico, un rinnegamento criminale di tutto ciò che rende gli uomini “umani”.
Cercare di spiegare cosa vi sia di terribile in tutto questo è inutile, se non lo si percepisce “a pelle”.
Ma una questione emerge limpida, e non può essere ignorata nemmeno dai più accondiscendenti, convinti che tutto questo sia fatto “per il nostro bene” : l’umanità è sempre più divisa in due gruppi, i controllati e coloro che controllano.
I primi devono sempre adeguarsi alle indicazioni che giungono dall’alto, sempre nel timore di fare qualcosa di sbagliato, sempre impegnati a comprendere cosa sia permesso e cosa no, in un raggio d’azione sempre più limitato.
Coloro che controllano invece tutto possono, e dispongono delle vite dei loro simili quasi fossero esseri umani di un livello superiore.
Ma chi ha stabilito che fossero tali?
E come ha fatto il divario tra i primi e i secondi a raggiungere una tale estensione?
“gli statalisti guardano il proprio vicino e pensano: Non mi fido di te come vicino, ma mi fido di te come padrone.”, ovvero l’assurda premessa della necessità di ogni “governo” Molti di coloro che credono nello Stato lo descrivono apertamente come motivo per cui esso sia necessario: perché non ci si può fidare della gente, perché è nella natura umana rubare, litigare etc. Gli statalisti spesso affermano che senza un’autorità vigilante, senza un “governo” che crei e faccia applicare le leggi della società a tutti, ogni discussione finirebbe in un bagno di sangue, non ci sarebbe cooperazione, il commercio cesserebbe del tutto di esistere, ci si troverebbe in una situazione di “ognuno per sé” e l’umanità degenererebbe in un’esistenza da cavernicoli stile Mad Max. […] Tuttavia la scusa più comune per il “governo” – ovvero che le persone siano malvagie e abbiano bisogno di essere controllate – inavvertitamente manifesta la follia intrinseca a tutti gli statalismi. In altre parole, se gli esseri umani sono così menefreghisti, stupidi e perfidi che non ci si può fidare che possano compiere la cosa migliore da soli, come potrebbe mai la situazione essere migliorata prendendo un sottoinsieme di questi stessi esseri umani menefreghisti, stupidi e perfidi e concedono loro il permesso della società di controllare gli altri con la forza? […]Gli autoritari non perseguono una mera riorganizzazione degli esseri umani, ma il coinvolgimento di una qualche entità sovrumana dotata di diritti e virtù che gli esseri umani non posseggono, che possa essere usata per tenere in riga tutti gli uomini inaffidabili. […] Ciò che coloro che credono nello Stato vogliono davvero è un enorme e inarrestabile potere che venga usato per fare del bene. […] Aspettarsi che il potere venga utilizzato solamente a beneficio di coloro che sono controllati e non di colui che controlla è ridicolo. Ciò che lo rende ancora più folle è che gli statalisti sostengano che eleggere dei comandanti è l’unico modo per far fronte alle imperfezioni e all’inaffidabilità dell’uomo. Gli statalisti guardano ad un mondo pieno di sconosciuti e dalle ragioni discutibili e di dubbia moralità e hanno paura di cosa questi possano fare.
Di per sé, sarebbe una preoccupazione perfettamente ragionevole. Senonché, come protezione contro ciò che alcune di queste persone possano fare, gli statalisti sostengono il dare ad alcune di queste persone di dubbia virtù un’enorme quantità di potere e il permesso della società di dominare tutti, nella vana speranza che per qualche strano miracolo, queste persone decidano di usare il proprio recentemente acquisito potere solo per fare del bene. In altre parole, gli statalisti guardano il proprio vicino e pensano: “Non mi fido di te come vicino, ma mi fido di te come padrone.” E’ bizzarro notare come quasi tutti gli statalisti ammettano che i politici siano i più disonesti, corrotti, subdoli ed egoisti fra tutti, ma ancora insistono che la civilizzazione possa esistere solo se si dà a queste persone particolarmente inaffidabili sia il potere che il diritto di controllare tutti gli altri con la forza. Coloro che credono nello Stato credono davvero che l’unica cosa che possa mantenerli al sicuro dalle imperfezioni della natura umana sia prendere alcuni di questi umani imperfetti – o alcuni dei più imperfetti – e nominarli dei, con il diritto di dominare tutta l’umanità, nell’assurda speranza che, dandogli questo eccezionale potere, lo usino solo per fare del bene. Il fatto che questo non sia mai successo nella storia del mondo non ferma gli statalisti dall’insistere che questo “debba” succedere per assicurarsi una società pacifica”
Larken Rose, La più pericolosa delle superstizioni.
Gli esseri umani si dividono in due grandi famiglie: coloro che sentono la necessità di una qualsivoglia forma di autorità, e coloro che l’autorità la soffrono.
Per la grandissima maggioranza del genere umano l’autorità, ovvero qualcuno che detta le regole, che indica e dirige l’agire delle persone, e che punisce chi contravviene alle regole comuni, è imprescindibile per una società “civile”.
Queste persone non vedono il potere come una imposizione: essere guidati, avere qualcuno che detta le leggi da seguire, per essi rappresenta una grande facilitazione nel vivere quotidiano.
Chi quindi considera legittima, e necessaria, la presenza di un potere, si limiterà a discutere, in maniera profonda, su quale sia il sistema politico che offra più garanzie di “giustizia”, sia più equo.
Dal lato opposto, ci sono le persone che giudicano ogni forma di potere come una imposizione.
Che non riescono ad accettare che altri esseri umani, pari a loro in dignità, impongano ad essi il loro volere.
Per questi ultimi, dovere sottostare agli ordini di qualcun altro, chiunque essi sia, senza il proprio consenso, equivale ad una forma di schiavitù.
Il dialogo tra questi due gruppi, quando viene affrontato il tema del “potere”, è pressoché impossibile, dal momento che il senso di oppressione percepito da chi non accetta l’autorità di un uomo su di un suo simile è qualcosa che va al di là di una mera questione “pratica”.
In fondo, l’accettazione del potere, il seguirne le indicazioni e l’inserirsi nel sistema così creatosi è un qualcosa che garantisce benefici materiali (ospedali, scuole pubbliche, forze dell’ordine, pensioni): è sufficiente seguire le regole che il potere indica.
L’insofferenza nei confronti del potere è invece un qualcosa che va al di là delle questioni pratiche e materiali, è una questione di principio che tocca a fondo la coscienza e la dignità stessa del singolo, e per tale motivo risulta un concetto difficilmente comprensibile da chi ha come priorità il quieto vivere e la “sicurezza”.
“Sul versante sociale, fra l’altro, a fine marzo verrà meno il blocco dei licenziamenti, e questa scadenza richiede decisioni e provvedimenti di tutela sociale adeguati e tempestivi, molto difficili da assumere da parte di un governo senza pienezza di funzioni, in piena campagna elettorale”.
Presidente Sergio Mattarella
La fine del blocco dei licenziamenti rappresenta il classico elefante nella stanza che da mesi si fa finta di non vedere.
Le conseguenze del crollo dell’economia nazionale, infatti, non si sono ancora manifestate appieno per via di alcuni provvedimenti artificiosi, che per loro natura non potranno essere eterni.
Il blocco dei licenziamenti è uno di quelli, una questione talmente spinosa da essere totalmente ignorata nel dibattito politico degli ultimi mesi.
Sarà il momento in cui centinaia di migliaia di italiani si sveglieranno da un sonno profondo, perché quando mancherà il pane in tavola tutto il resto passerà in secondo piano.
Mattarella nel suo discorso ha mostrato che nei piani alti sono ben consapevoli della questione, tanto da citare la fine del blocco dei licenziamenti come uno dei tre motivi (insieme alla gestione della pandemia e dei fondi degli aiuti europei) per cui serve un governo “deciso” e autorevole sin da subito, un governo in grado di affrontare l’emergenza sociale.
Siamo quindi da oggi entrati ufficialmente nella Fase 2: dopo la devastazione, provocata dalle misure intraprese con la scusa della pandemia, ci sarà da gestire la tensione sociale.
I “costruttori”, quelli che dovranno edificare il mondo nuovo, quello della nuova normalità, verranno subito dopo.
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CROLLANO LE TORRI
Il Vecchio della Montagna si destò: mirò il piano e la febbre del piano, percorse cogli occhi torri e pinnacoli, tracciò sulla terra secca uno strano segno, e così parlò nella notte:
Come in una falsa notte una falsa tregua, così in questa lunga agonia secolare i costruttori di torri fanno nidi al vento della loro stoltezza: ma a ogni fiato di nuova tormenta precipitano le torri.
O costruttori di torri, precipitano le torri.
Da secoli tessete l’inganno, il vostro inganno, o costruttori di torri; e i secoli vi divorano; in fondo ai secoli invero, nell’invisibile deserto che corre parallelo alla vostra strada corrotta e titubante, sta l’eternità, costruttori di torri, o costruttori di torri.
Zero, Guido De Giorgio, La Torre, 1930
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There is no conspiracy, non c’è quindi nessuna cospirazione.
Dopo la ormai celebre copertina del prestigioso Time si è potuto finalmente parlare apertamente di “grande Reset” senza essere tacciati di complottismo.
In fondo bastava accedere alla pagina ufficiale del World Economic Forum, dedicata a questo grande progetto, per sapere nel dettaglio la direzione verso cui stiamo andando.
In sintesi, il sistema finanziario internazionale è ormai ingestibile: sopravvissuto alla grande crisi del 2008 grazie allo spropositato intervento delle banche centrali, la situazione è andata peggiorando, con spirali di debito in crescita esponenziale, creazione di denaro dal nulla fuori controllo, spazzatura finanziaria prossima all’esplosione.
L’unico modo che i grandi centri di potere (FMI, banche centrali, l’elite dei miliardari e i loro club) avevano per prevenire l’imminente collasso era ridisegnare da capo lo scenario, con nuove regole.
E’ la nuova normalità, il sogno dell’elite che finalmente ha trovato il terreno giusto per compiersi.
Ma per procedere occorreva fermare l’economia mondiale.
Questo lo scopo dei lockdown e delle misure prese (che appaiono folli, ma che seguono questo preciso modello). Il covid fu solo il giusto pretesto.
E’ come se fossimo tutti dentro un treno lanciato a folle velocità, un treno destinato a deragliare.
Chi sta nei vagoni di prima classe sa che i binari vanno sostituiti, serve una nuova rotta.
Per fare ciò occorre fermare il treno per un certo periodo.
Così loro si legano alle loro cinture di sicurezza, in comodi sedili, e tirano il freno d’emergenza.
E nei vagoni di seconda e di terza classe succede il finimondo, le persone finiscono gambe all’aria.
Questa è l’unica lettura coerente degli avvenimenti che stiamo vivendo, in tale modo tutto acquista un senso preciso.
Non c’è nessun complotto: è tutto nero su bianco: si tratta di un programma politico sociale fatto da gente che pensa di avere i mezzi per attuarlo.
Un programma globale.
Draghi è una pedina importante, di un livello superiore rispetto ai nostri piccoli politicanti.
Draghi è quindi l’esecutore a livello locale di un ampio piano globale.
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
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