Blessed be

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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
3 Novembre 2009

Cavalcando l'iperbole


Ho passato la mia adolescenza senza il telefono cellulare, mentre ho spedito il mio primo sms quando avevo già 20 anni.
Tra i miei coetanei, all’epoca, fui tra gli ultimi a dotarmi del prezioso apparecchio portatile: l’idea di essere rintracciabile in ciascun momento mi pareva semplicemente delirante, e mi inquietava non poco.
A  coloro che sono nati dalla seconda metà degli anni 80 in poi potrà sembrare difficile da concepire, eppure ancora 10-12 anni fa vi erano numerose persone poco entusiaste di questa nuova tecnologia.
In fondo si era sempre vissuto senza telefoni portatili, e non era per nulla impossibile immaginarsi una vita senza di essi.

Si  sa, comunque, che da quando esiste il mondo le diverse generazioni si fronteggiano e si scontrano, e gli usi e i costumi dei giovani sono guardati con insofferenza dai più adulti: accade per le nuove leve dei nostri tempi così come accadeva durante l’impero romano.
La frase “ai miei tempi” risuona nei discorsi degli “anziani” da quando esiste il pianeta terra, accompagnata dallo sbuffare degli adolescenti un po’ annoiati nel sentire sempre le stesse prediche.
Eppure, l’impressione è che nel nostro di tempo gli strappi generazionali siano stati molto più marcati che in ogni tempo del passato.Nella mia esperienza personale, simile a quella di molte altre persone nate sul finire degli anni 70, questo “strappo” ha avuto dei contorni ben definiti.
Essendo inoltre nato in Grecia, dove la “rivoluzione tecnologica” tardò ad arrivare, ed avendo trascorso in terra ellenica la mia infanzia, ho potuto vivere tali cambiamenti ancora più a fondo.
In Grecia, da bambino, trascorrevo i pomeriggi a giocare nelle strade del quartiere a calcio o a guardie e ladri, e tornavo ogni sera a casa sporco di terra e di fango, specialmente d’autunno e d’inverno quando le strade erano piene di pozzanghere (mia madre che mi sgridava e che minacciava di non lasciarmi più uscire a giocare rappresenta tuttora uno dei ricordi più vivi di quegli anni).
A quell’epoca in Grecia l’offerta televisiva consisteva in soli due canali pubblici, che trasmettevano perlopiù programmi assai noiosi (di cultura), e di nessun interesse per un bambino.
I giochi della mia infanzia, di conseguenza, non erano molto dissimili da quelli di mio padre o dei miei nonni.
E per quanto si possa andare indietro nel tempo, ovunque si troveranno dei bambini che giocano e si rincorrono all’aria aperta, più o meno sporchi di terra e fango.
Penso che si possa affermare senza rischi di esagerazioni che la mia generazione sia stata l’ultima in ordine di tempo, nel mondo occidentale, a trascorrere così tanto tempo all’aria aperta.
Ed in questo caso non si tratta solo di sottolineare le diverse abitudini di una generazione rispetto a quella seguente: quella che si è interrotta è una consuetudine che accomunava i bambini dalla notte dei tempi.
La televisione e i videogiochi nel processo di formazione nel mondo dei piccoli hanno realmente prodotto una netta rottura con quella che era l’esperienza dei decenni, dei secoli, dei millenni precedenti.
Fu così che le generazioni nate dagli anni settanta in poi vissero un cambiamento di paradigma come mai si era verificato nei secoli precedenti.

Ma questo cambiamento impallidisce dinanzi all’ulteriore salto che la generazione seguente avrebbe a sua volta sperimentato.
I telefoni portatili e l’esplosione di internet hanno creato un mutamento comportamentale che può essere colto appieno solo da chi aveva già un’età adulta mentre tutto questo si verificava.

Chiaramente, non si tratta qui di fare un discorso nostalgico sui bei tempi andati.
Risulta utile, invece, cercare di riflettere sull’evoluzione che possono avere dei mutamenti così rapidi.
Come sintetizza la presentazione ideata da Karl Fisch, questi che stiamo vivendo sono realmente dei tempi esponenziali, e non è facile prevedere le future tendenze dei processi in ballo.

E l’universo di internet è emblematico, a tale riguardo.
I siti online sono passati da migliaia a milioni nel giro di pochi anni, e da milioni a miliardi in un periodo ancora più breve.
Le informazioni a disposizione si moltiplicano ad una velocità tale che non è nemmeno possibile studiare l’entità di tale sviluppo, dal momento che ogni indagine risulta obsoleta già nel momento in cui viene portata a termine.
E questo è davvero qualcosa che non si era mai verificato nelle epoche precedenti.

Si tratta di un flusso costante, ininterrotto, uno stare a cavallo di una iperbole nel momento in cui si avvicina agli asintoti e si impenna, cambiando il suo moto da orizzontale a verticale.
Viviamo davvero in tempi interessanti.
12 Ottobre 2009

Il giorno delle nozze

La sposa era bellissima.
Aveva voluto indossare l’abito bianco, come si usava nei vecchi tempi, nonostante sapesse che le autorità non avrebbero visto di buon occhio queste manifestazioni di sentimentalismo nostalgico.
Antonio, lo sposo, attendeva sull’uscio della chiesa, e sorrideva a parenti ed amici mentre nervosamente si aggiustava per l’ennesima volta i polsini della camicia che spuntavano di qualche centimetro di troppo sotto le maniche un po’ corte della giacca.
Farsi fare gli abiti su misura era privilegio di pochi, ed i negozi di vestiti non erano molto forniti: ci si doveva accontentare.
Magda si stava avvicinando, accompagnata dallo zio Pietro.
Si era imposta di essere forte e solare, ma in quel momento non poté non pensare a suo padre, morto esattamente un anno prima durante un attacco suicida; stava aspettando il treno nella stazione di San Giovanni, quel treno che lo avrebbe riportato a casa dopo un anno di prigionia.
Pensò che il vecchio Marino la stava comunque osservando dall’alto, e quel pensiero le diede la forza di mantenere il sorriso con il quale salutava la folla degli invitati che si apriva al suo passaggio.
Avrebbe voluto che ci fosse anche Marco, il suo giovane fratello minore.
Marco, Marco il ribelle.
Una parte di lei non gli aveva mai perdonato il fatto di avere abbandonato la famiglia per entrare a far parte della resistenza.
Era partito con altri giovani quando non aveva nemmeno 16 anni, e da allora non aveva più saputo niente della sua sorte.
Non avrebbe mai potuto perdonarlo per questo, anche se in fondo alla sua anima provava una grande ammirazione nei suoi confronti, per il modo in cui aveva deciso di sacrificare tutto quello che aveva nel nome di un ideale maggiore.
Magda si fece forza: quello era, in ogni caso, il giorno più bello della sua vita.
Antonio l’accolse con una carezza, ed insieme entrarono nella chiesa dove Don Vittorio li stava già aspettando, in piedi dinanzi all’altare.
Prima di entrare, il giovane sposo diede un’ultima occhiata al cielo dietro le sue spalle.

La chiesa era stata preparata nel miglior modo possibile, e le donne del paese avevano lavorato tutta la settimana  per dare un senso di dignità al loro piccolo tempio, con tanto di fiori e teli colorati che ricoprivano le falle delle pareti bersagliate dai bombardamenti dei mesi precedenti.
C’era stato un tempo in cui un edificio come quello sarebbe stato dichiarato “non agibile”, ma quelle formalità erano ormai un ricordo custodito nei libri di storia.
“Antonio e Magda, davanti a noi tutti, celebrano l’unione del loro amore, e noi tutti, davanti a loro, prendendo il loro amore quale esempio, celebriamo la vittoria della vita sulla morte, quella vita di cui Antonio e Magda si fanno oggi simbolo.”
I fedeli conoscevano bene la passione di Don Vittorio per i discorsi retorici, e le sue omelie erano spesso oggetto di scherno nel bar del paese.
Ma quel giorno nessuno sorrise all’udire le sue parole.
Quello tra Antonio e Magda era il primo matrimonio che si celebrava a Magenta da tre anni a quella parte, e nessun discorso sarebbe apparso troppo retorico per una occasione del genere.
La cerimonia si concluse in fretta, e finalmente gli sposi con i loro invitati raggiunsero la cascina di Franco, il fratello di Antonio che aveva messo a disposizione la sua corte per il banchetto.
Al cibo ci avrebbe pensato lo zio Pietro, che il giorno prima aveva ucciso Pallino, il maiale che da tempo faceva crescere e che fino a quel momento rappresentava la sua più grande ricchezza.
Ma per lo zio non si trattava di un sacrificio, e avrebbe fatto il possibile per garantire alla sua giovane nipote un pranzo nuziale degno di questo nome.
I musicisti, ingaggiati dallo zio in cambio di un piatto di carne, diedero inizio ai festeggiamenti, ed una musica ritmica e trascinante si diffuse nell’aria di quel caldo pomeriggio estivo.
Per qualche momento il tempo pareva essersi fermato, e nessuno pensava alle truppe d’occupazione dell’esercito dell’Unione Asiatica, ai blocchi dei soldati cinesi ed al coprifuoco imposto dalle autorità locali.
Quella era una festa, una vera festa, come non se ne vedevano a Magenta da anni, da quando la coalizione Asiatica aveva invaso la penisola per deporre il governo del dittatore Micheletti.

Tutto era iniziato dieci anni prima, quando Il Consiglio dei Saggi d’Oriente, l’organo che guidava l’Unione Asiatica, aveva accusato Micheletti di dare protezione ai membri del Database, l’organizzazione terroristica che aveva avvelenato la rete idrica di Honk Kong provocando 20.000 vittime.
Micheletti aveva negato, con grande sdegno, e, come non bastasse, aveva accusato il Consiglio dei Saggi di aver provocato l’incidente per avere un pretesto per invadere le nazioni europee che ancora si rifiutavano di entrare a far parte della Federazione Mondiale, di cui l’Unione Asiatica era il membro più influente.
La risposta asiatica fu quindi immediata, e nulla poté il debole esercito italiano contro l’offensiva dei potenti mezzi cinesi e coreani.
Nonostante le facili vittorie iniziali, però, gli asiatici non riuscirono mai ad avere il totale controllo della penisola, e a dispetto della presenza di oltre 200.000 soldati dagli occhi a mandorla sul suolo italico, i giovani della resistenza, i terroristi, come venivano chiamati dagli occupanti, erano  ben lontani dal deporre le armi.
Ma quel giorno nessuno pensava agli occupanti, e ognuno cercava per quanto poteva di godersi la musica e la carne di maiale, sapientemente cotta ai ferri.
I balli si fecero sempre più frenetici, l’oblio era infine riuscito a conquistare anche il più malinconico degli invitati, e tutti si sentivano come sospesi nel tempo, in un luogo in cui vi era posto solo per la gioia e per la speranza che l’unione dei due giovani rappresentava.

Antonio e Magda si guardarono, ed ognuno vide negli occhi dell’altro il vero motivo per continuare a lottare contro una sorte e contro un mondo che nessuno avrebbe mai voluto affrontare.
Si guardarono a lungo, avvolti dalla musica e dalle grida di gioia dei loro amici, finchè Antonio alzò gli occhi al cielo, e vide il drone che si preparava ad eseguire la sua missione.
“Mio Dio, non oggi…”
Poi vi fu lo scoppio.

Il consiglio dei saggi ha annunciato questa mattina che un’altra operazione contro i terroristi del Database è stata portata a termine nella giornata di ieri con successo.
L’operazione ha avuto luogo in una cascina nei pressi di Magenta, da tempo sospettata di essere un covo delle forze eversive.
Nell’operazione sono stati eliminati 95 membri del Database.

Marco spense la radio, dopodiché scoppiò in lacrime.

6 Ottobre 2009

California, terzo mondo?


La Remote Area Medical è un’associazione di medici volontari con base nel Tennesse, negli Stati Uniti, e dal 1985 offre le proprie competenze nei luoghi più poveri del pianeta, dove le persone sono prive dell’assistenza sanitaria di base.

Per anni i medici della RAM hanno operato in Africa e in Sud America, raggiungendo luoghi remoti e distanti dalla cosiddetta civiltà occidentale, con una squadra specializzata composta da medici, oculisti, infermieri, dentisti e veterinari.
Allo stesso modo, i medici della RAM hanno istituito anche un programma di assistenza dedicato alle zone più disagiate degli Stati Uniti, in particolar modo le aree rurali distanti dai grandi centri abitati.

Da qualche mese a questa parte, però, questi medici volontari stanno concentrando i loro sforzi in luoghi assai meno isolati, luoghi che fino a pochi mesi fa non rientravano affatto nelle loro priorità.

Così, dalle foreste amazzoniche e dai deserti infuocati dell’Africa, la fondazione RAM si è ritrovata ad operare nel cuore della California, lo stato più ricco dell’Unione, quello che se fosse indipendente rappresenterebbe l’ottava economia del mondo.

O forse rappresentava.
Perché attualmente lo stato della California è prossimo alla bancarotta, nello stesso modo in cui un paziente in coma irreversibile è vicino alla morte.
Da circa tre mesi i dipendenti pubblici vengono retribuiti con cambiali, mentre i licenziamenti e le ferie non retribuite forzate sono all’ordine del giorno; nel mentre, decine di migliaia di famiglie si sono ritrovate per strada dopo aver perso la casa a seguito dello scoppio della bolla immobiliare, ed ancora maggiore è il numero di cittadini totalmente privi di una qualsiasi forma di assistenza sanitaria.
Ed è per venire incontro a queste persone che la Remote Area Medical ha stabilito una propria base operativa a Los Angeles, attrezzando l’ Inglewood Forum come un enorme ambulatorio.
Così, a partire dalla notte fonda migliaia di persone si radunano intorno all’arena, nella speranza di poter ricevere il tagliando che garantirà loro una visita gratuita.
Sono infatti 1500 i pazienti che possono venire visitati in un giorno, e i tagliandi, che vengono distribuiti a partire dall’una di notte, si esauriscono prima delle 4 del mattino: chi ne resta sprovvisto viene invitato a tornare a casa.
Scene di sicuro non propriamente comuni nella nazione più ricca del pianeta, fino a pochi mesi fa.

Scene del mondo nuovo, intento a mostrare una delle sue migliori facce proprio nella città degli Angeli.

9 Luglio 2009

Il G8, un nuovo ordine tra le macerie e la terra dei morti viventi


I grandi tra le macerie

L’immagine simbolo del G8 del 2009, l’icona che di questo evento si tramanderà vede il presidente americano Barack Obama mentre si aggira per le rovine della città de L’Aquila,  accompagnato dal presidente del consiglio italiano.
Una immagine dal forte impatto emotivo, che sintetizza la volontà dei potenti del mondo di prendere atto del  disastro accaduto, nella speranza di una veloce e concreta ricostruzione.
Dal punto di vista simbolico l’aquila ha sempre rappresentato l’autorità imperiale, e non a caso i principali imperi che l’occidente ha conosciuto nella sua storia hanno avuto questo nobile rapace nelle loro insegne e nei loro stemmi, a partire dall’ Impero Romano passando per l’ Impero Bizantino e quello Russo dei zar, fino al Sacro Romano Impero ed agli stessi Stati uniti d’America.Le macerie del vecchio ordine
La riunione dei grandi della terra che si svolge in questi giorni in Italia ha luogo quindi in uno dei momenti storici più cruciali degli ultimi due secoli, un momento storico in cui la potenza imperiale del momento sta per cedere il passo ad un nuovo ordine, mentre l’intero apparato economico internazionale fondato su fallaci fondamenta vacilla e pare giunto alla conclusione naturale del suo ciclo.

Un periodo in cui gli stessi grandi della terra invocano ripetutamente ed a gran voce la costituzione di un qualcosa che va sotto il nome di Nuovo Ordine Mondiale, quel nuovo ordine che fino a poco tempo fa era descritto dai soli teorici della cospirazione, un ordine che nelle visioni più preoccupate sarebbe dovuto sorgere in un mondo di allegoriche macerie, dove gli antichi poteri avrebbero dovuto cedere il passo a dei progetti molto più ambiziosi di qualsiasi sogno di dominio apparso nel corso dei secoli.
Appare quindi particolarmente emblematico che questa decisiva riunione dei grandi della terra si svolga proprio nel mezzo di una città devastata, e gli uomini che hanno il compito di rappresentare il potere visibile si mostrano mentre camminano tra le macerie, questa volta non allegoriche, tra messaggi che evocano la ricostruzione e un nuovo inizio.

Tovaglie preziose e tendopoli

E nonostante l’immagine da gran galà che i mezzi di comunicazione tentano di diffondere, con tanto di attente analisi sui menù degli invitati, sui ricchi e preziosi regali scambiati, sul “clima informale” e sui dettagli dei vestiti delle first ladies, l’icona che emerge, e che non si può facilmente nascondere, ha un sapore assai più tetro.
I volti sorridenti e pettinati dei corrispondenti non possono infatti celare lo sfondo in cui l’incontro ha luogo: una serie di edifici super accessoriati e tecnologi circondati da rovine, tavole imbandite con ogni lusso a pochi chilometri dalle tendopoli dei terremotati, ricche colazioni e grandi galà a poca distanza dagli aquilani che fanno la fila per un pasto caldo alle mense della protezione civile.
Il tutto circondato e sorvegliato da un apparato militare che non si era mai visto in epoca di pace, una protezione che ha fatto degli edifici della riunione un luogo inaccessibile, totalmente separato dalla città stessa e dai suoi abitanti.

La distanza tra i vari capi di stato e i semplici cittadini non potrebbe essere più grande, e per quanto venga descritta come normale prassi, lo spiegamento dell’esercito utilizzato per sorvegliare i cittadini e creare una barriera tra questi e i loro governanti non può che essere recepito come un chiaro segno che in quegli edifici non sono certo gli interessi del popolo ad essere perseguiti.


Una città in rovina presidiata dai militari

Curiosamente, nella stessa giornata in cui il G8 si inaugurava, la rete televisiva Italia 1 trasmetteva il film dell’orrore La Terra dei morti viventi, del regista George Romero.
Nel film, che riprende il classico tema degli uomini non-morti che terrorizzano i vivi, il mondo è invaso dagli “appestati”, esseri che pur essendo morti non lo sanno, e continuano a ripetere meccanicamente le attività che portavano avanti da vivi.
Gli esseri umani sopravvissuti si sono barricati all’interno di una città, presidiata militarmente ed isolata dall’esterno.

I potenti separati dai miserevoli

La città dei vivi, a sua volta, in gran parte in rovina, è divisa in due parti, con la maggioranza dei suoi abitanti che vive nel massimo degrado, ed una piccola minoranza di super ricchi che vive all’interno di una grande grattacielo dotato di ogni confort e lusso.
E’ noto che i non morti possono essere visti come una metafora della grande maggioranza dell’umanità stessa, che vive sotto una sorta di ipnosi persa nelle sue abitudini e nella sua ripetitiva quotidianità, incapace di riflettere a fondo sulla sua reale essenza.

Distrazioni per la popolazione

Romero inoltre aggiunge degli ulteriori piccoli particolari di genio, come l’episodio dei fuochi d’artificio sparati nel cielo della notte dai vivi per distrarre i non-morti.
Alla vista dello spettacolo pirotecnico infatti gli zombies si imbambolano e non possono fare a meno di fermarsi e guardarli totalmente assorti, un chiaro riferimento al modo in cui il potere usa l’intrattenimento e la televisione per intontire e deviare l’attenzione della popolazione.
Nonostante quello che ci si potrebbe aspettare da un racconto di questo genere, nel film  la vera contrapposizione non ha luogo tra i vivi e i non-morti, accomunati dal cercare entrambi uno spazio in cui portare avanti la propria misera esistenza.

I due mondi che realmente si scontrano sono quello dei miserabili, vivi e non-morti, e il mondo dei super ricchi isolati nella loro torre lussuosa.
Sarà questo lo scontro finale, ben simboleggiato in una delle ultime scene del film dove uno dei protagonisti, che da umano diviene non-morto dopo essere stato contaminato da uno degli appestati e di conseguenza ha in sé entrambe le nature, si reca ad uccidere il capo dei super ricchi, il padrone dell’intera città.

Il racconto e la realtà

Ecco quindi che ci si trova di fronte, nell’assistere a questo film, alla storia di una massa di disperati  che si aggirano all’esterno ed alla periferia di una città devastata e militarizzata, blindata, una città in cui i super ricchi ed i potenti vivono isolati ad una distanza di sicurezza dal resto della popolazione.
Nel film però i cattivi sono i super ricchi, che portano avanti le loro esistenze nel lusso e nella corruzione disinteressandosi delle sorti dei loro simili, mentre nella realtà dei nostri giorni i potenti che pranzano con posate d’argento nel centro di una città in macerie vengono descritti dai nostri mezzi di comunicazione come coloro che si impegnano per il nostro bene.
Mentre nel cielo brillano i fuochi d’artificio.

26 Giugno 2009

Il parlamento europeo e la nuova Torre di Babele


Come pesci che nuotano alla ricerca dell’acqua, spesso cerchiamo conferme sul mondo che ci circonda dimenticando di guardare proprio gli aspetti più evidenti.

Così, nel tentativo di comprendere la reale natura del sistema di potere che regola le nostre vite accade di cercare risposte nei meandri più nascosti, alla ricerca di indizi da interpretare, di eventi da decifrare.
E più si procede nella ricerca, più si scopre che gli indizi non sono affatto nascosti, ma vengono ostentati  con un certa divertita sfrontatezza. Accadde così che le società segrete che contribuirono alla nascita di quello che sarebbe diventato il paese più potente ed importante del XX secolo descrissero chiaramente il loro progetto politico e lo diffusero apertamente, stampandolo addirittura sull’oggetto più diffuso della loro nazione, la banconota per mezzo della quale ogni giorno milioni di persone operano i loro scambi.
La piramide tronca, simbolo di una società gerarchica in fase di costruzione, attentamente guidata da una elite di iniziati, simboleggiata dall’occhio onniveggente, passa sotto gli occhi dei cittadini americani ogni giorno, diverse volte al giorno. 


Per comprenderne il significato occorre però avere delle minime conoscenze sulla valenza dei simboli, e nella nostra società questo linguaggio è totalmente trascurato.
Abbiamo così una situazione paradossale: da una parte una elite che fa ampio uso del simbolismo per comunicare i suoi piani ed i suoi obbiettivi e dall’altra una grande maggioranza di persone che di quel linguaggio ne ignora totalmente l’importanza.
I pochi che avranno intuito qualcosa di questo linguaggio avranno comunque il loro bel da fare nel convincere i loro simili che di un linguaggio effettivamente si tratta.

“Sono solo dei disegni”, “sono solo coincidenze”.

Dal momento che l’interpretazione dei simboli è venuta totalmente a mancare dall’educazione comune che ogni cittadino riceve, convincere uno scettico della valenza di tale linguaggio è compito che presenta spesso delle difficoltà.

E’ questo è ancor più vero quando ad essere analizzati non sono dei frammenti archeologici appartenenti a civiltà scomparse oppure testi antichi compilati secoli fa, ma oggetti ed edifici che fanno parte del nostro vivere quotidiano.
Non è facile per un cittadino americano, ad esempio, accettare il fatto che sull’oggetto che più spesso ha usato in vita sua è descritto il progetto per una nuova società di ispirazione luciferiana, così come può essere difficile da credere che i loghi degli oggetti che usa più spesso hanno una ispirazione esoterica ben precisa.

Allo stesso modo, risulta complicato accorgersi che la sede del parlamento europeo, nella capitale della nuova Europa, trae ispirazione da un episodio biblico in cui si narra di uno dei più grandi drammi vissuti dal genere umano, una vicenda che si racconta sia accaduta migliaia di anni fa.
Narra quindi la Bibbia che laggiù dove sorse Babilonia un re di nome Nimrod radunò il suo popolo e volle edificare una torre dalle dimensioni mai viste, una costruzione che si ergesse a lambire i cieli.
La tradizione giudeo-cristiana descrive tale opera come frutto della superbia del genere umano, che dimentico del suo creatore volle sfidare apertamente la sua autorità, e per questo motivo fu dallo stesso creatore punito.
Come sempre, i miti arcaici rivelano sotto forma di racconto eventi della storia umana più complessi, trasmessi ai posteri secondo il linguaggio proprio delle antiche civiltà.

La distruzione della Torre di Babele ha diverse chiavi di lettura, la più evidente delle quali narra il percorso di una umanità ancestrale che si ritrovò divisa per etnie e civiltà, differenziandosi negli usi e nel linguaggio.
Una diversità che contrastava con l’unità primordiale del genere umano a cui si credeva, una diversità tra le varie genti la cui origine venne tramandata sotto forma di mito.Ad un livello più profondo, quello stesso racconto descrive anche il desiderio e la necessità del genere umano di elevarsi, di ritrovare le sue origini divine e di riappropriarsi della sua condizione celeste ormai persa.
Tale mito è quindi affine ad un altro racconto della Genesi, ovvero la storia della tentazione di Adamo ed Eva: come i seguaci del re babilonese, anche i primi uomini creati da Dio vollero raggiungere una condizione superiore, e per ottenere ciò non esitarono a disubbidire al loro creatore.
Ed esattamente come nel mito della caduta, anche il racconto della torre può essere oggetto ad una diversa interpretazione.
Si è visto come secondo la visione gnostico luciferiana la punizione inflitta ai capostipiti dell’umanità fu una punizione ingiusta, inflitta da un Dio geloso della sua conoscenza, timoroso che questa potesse essere condivisa dalle sue creature.

L’esoterismo luciferiano considera per questo motivo la figura del serpente–Satana come una figura desiderosa di portare la conoscenza all’umanità, un angelo portatore di luce perseguitato da un Dio malvagio.
Allo stesso modo, secondo tale concezione, nel racconto della torre il medesimo Dio crudele non volle che l’umanità da lui creata potesse realizzare le sue aspirazioni, e per evitare che questo accadesse divise le genti della terra in popoli dalle diverse lingue, in modo che non potessero intendersi tra di loro.
Ancora una volta quindi gli esseri umani sono le vittime di un creatore malvagio, che cerca in tutti in modi di ostacolare il loro percorso verso la conoscenza.
Questa diversa concezione degli eventi biblici, questa religione alternativa, ha origini antiche, ed ha trovato nei secoli rifugio all’interno dei movimenti che la storiografia attuale definisce “gnostici”, in una catena ininterrotta che va dai primi movimenti eretici cristiani, passando per l’eresia bogomila e catara, fino ad approdare negli insegnamenti nascosti dei movimenti esoterici della modernità e nella massoneria contemporanea.

Occorre tenere presente che si tratta a tutti gli effetti di una religione, una religione che nel tempo ha evitato di presentarsi come tale, quella religione che con ogni evidenza è professata dall’elite del potere occidentale, come le stesse opere di questa stessa elite non mancano mai di ricordare.
Quantomeno, questo dovrebbe essere ormai evidente a coloro che iniziano a comprendere il significato del linguaggio simbolico di cui tale elite fa uso.
Così, non dovrebbe oramai sorprendere il constatare come la sede del potere visibile della nuova Europa tragga ispirazione da quella torre che uomini antichi tentarono di edificare, fermati nel loro progetto dall’intervento divino.

La sede del parlamento europeo di Strasburgo, nella sua particolare architettura “incompiuta”, si rifà palesemente all’immagine che della Torre di Babele si è tramandata, ripresa da diversi pittori del passato, tra cui il celebre Bruguel.

 

Parlamento Europeo, Strasburgo

Torre di Babele, particolare, Bruguel

Il simbolismo evocato appare quindi evidente: l’elite che nell’ultimo secolo si è adoperata per la costruzione del superstato europeo dichiara apertamente il suo programma più ambizioso, quello di completare il compito che l’antica umanità aveva fallito di portare a termine, punita dall’ira della divinità.
Si tratta del solito progetto più volte analizzato, quello della creazione di una nuova umanità, una nuova era per il genere umano in cui una elite illuminata conduce i popoli verso una nuova unità, in aperta sfida alla vecchia divinità ed alla ormai obsoleta visione del mondo stesso.
Nel manifesto che segue tale progetto è mostrato ancora più apertamente: vi sono addirittura delle gru all’interno della torre che ne riprendono la costruzione, ed in primo piano delle figure stilizzate di uomini, dipinti come automi, lavorano felici al progetto comune.

Sopra il tutto veglia l’ emblema dell’Unione Europea, le 12 stelle, la punta delle quali è rivolta in modo significativo verso il basso.

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Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole.
Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono.
Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco».
Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento.
Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra».
Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo.
Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile.
Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro».
Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città.
Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.

Genesi   11, 1-9

 

si veda anche: Sinister Sites, the EU Parliament