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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
12 Maggio 2011

Ancora sul complottismo II


La recente vicenda del presunto assassinio di Osama Bin Laden da parte di un gruppo di militari dell’esercito americano ha riproposto, ancora una volta, la stantia diatriba tra “cospirazionisti” e “non cospirazionisti”.
La novità, nel caso in questione, è rappresentata dal fatto che tale contrapposizione non si è limitata, come solitamente avviene, all’interno dell’autoreferenziale universo della  rete, ma ha aperto anche un dibattito nel mondo dell’informazione “ufficiale” che ha presentato qualche fattore inedito, rispetto al passato.

A grandi linee, si possono infatti suddividere coloro che hanno espresso la loro opinione a proposito dei fatti in questione in tre gruppi:

– coloro che hanno accettato quale veritiera l’opinione fornita dal governo americano;
– i cosiddetti “cospirazionisti”, che dall’inizio hanno dubitato della realtà della operazione, convinti che il personaggio di Bin Laden sia stato negli ultimi anni nient’altro che uno spauracchio utilizzato dagli Usa per diffondere un senso di paura e di allerta nella popolazione;
– infine, le persone che hanno trovato grottesca e poco credibile la versione fornita, ma che hanno tenuto a precisare che dubitare della veridicità di questa morte non fa di loro dei “cospirazionisti”.

E’ evidente che nella prima categoria si possono ascrivere la quasi totalità dei giornalisti dei grandi media, il cui lavoro è ovviamente quello di assecondare e difendere il potere costituito, e che di conseguenza non potevano tenere un comportamento diverso; persone che tengono famiglia, in altre parole.
La reazione più interessante, tuttavia, è quella del terzo gruppo.
Si tratta di persone che in generale hanno ritenuto valida la versione offerta dal governo statunitense a proposito della tragedia dell’11 Settembre, ma che si sono rese conto che avvallare anche il ridicolo resoconto riguardante la morte di Bin Laden sarebbe stato un insulto alla propria intelligenza, dal momento che il racconto risultava troppo grottesco per essere creduto da una persona mediamente razionale.
In quest’ultimo gruppo si ripresentava spesso, quale introduzione ai propri ragionamenti, una premessa emblematica: “non sono un cospirazionista, ma…”

Ecco quindi che, ancora una volta, si ripropone la solita questione, trita e ritrita: ma chi sarebbe, un cospirazionista?
E’ bene chiarire subito un aspetto: il “cospirazionismo”, per come lo intendono coloro che usano tale termine in modo spregiativo, non esiste, o per meglio dire, è fenomeno assai raro, e molto circoscritto.
Chi usa questa espressione per dissociarsi da esso ha in mente una serie di qualità ben precise: il cospirazionista sarebbe colui che in ogni avvenimento che succede intorno a lui vede un complotto, colui che crede a tutte le teorie della cospirazione che prolificano nella rete.
L’11 settembre è stato un auto attentato, i reali del pianeta sono dei rettili, gli aerei sopra di noi ci stanno avvelenando con le scie chimiche, Elvis è ancora vivo, gli alieni controllano il mondo, la massoneria è una creazione dei gesuiti: il cospirazionista, secondo costoro, crede a tutto questo, e a molto ancora, a patto che si tratti di teorie che contrastano con le versioni ufficiali; basta inoltre che una persona accenni un dubbio anche su una sola di tali questioni ed ecco che automaticamente egli abbraccia anche tutte le altre.

Ecco spiegato il mettere avanti le mani da parte delle persone facenti parti del terzo gruppo: il loro è un desiderio di chiarire che il fatto che nutrano dei dubbi sull’operazione americana in Pakistan non significa che siano convinti che nell’Area 51 si sezionino cadaveri di alieni.

Tale atteggiamento è molto interessante, ed è il risultato di un pesante condizionamento che ha avuto inizio sin da quando le prime domande e le prime versioni “alternative” hanno iniziato a comparire su internet.
Se c’è un modo, infatti, per screditare coloro che si pongono domande legittime su fatti poco chiari della storia passata e recente è l’inserirli in un grande calderone largamente disomogeneo e ad esso affibbiare una etichetta degradante: nacque così il gruppo dei “complottisti”, vittime di quel “cospirazionismo” che autorevoli studiosi e pensatori si sono addirittura affrettati nel descrivere quale “disturbo”, una sorta di malattia mentale da cui occorre stare all’erta.

Il rischio di entrare a far parte di questa triste categoria ha fatto sì che molte persone, che in altre circostanze si sarebbero poste delle domande su alcuni episodi poco chiari, abbiano rifiutato a priori qualsiasi disamina che andasse oltre le “versioni ufficiali”.
Magari qualcuno trova un po’ strane alcune scie che gli aerei rilasciano nei cieli gli ultimi anni, ma il rischio di venire accomunato con quelli che nella regina Elisabetta vedono un rettile lo ha convinto ad occuparsi d’altro, per dirne una.

Non ci sarebbe bisogno di far notare la fallacia di tale associazione, nonostante si possa constatare come spesso in tale errore incappino persone sicuramente non stupide.
Sostenere che difficilmente le Torri Gemelle sarebbero potute crollare in modo perfettamente verticale ad una velocità prossima a quella della caduta libera senza l’ausilio di cariche esplosive non implica che si creda anche che il mondo sia segretamente governato dagli alieni, per dirne un’altra.

Cospirazionista è quindi un brutto termine che serve ad etichettare coloro che su argomenti contesi si pongono delle domande, ed a volte, non sempre, dopo una certa analisi arrivano a conclusioni diverse rispetto a quelle offerte dalle “autorità”.
Ed a questo punto si può fare un’altra interessante considerazione: se i “cospirazionisti”, per come vengono solitamente descritti non esistono, potrebbero invece esistere i loro alter ego, gli “ufficialisti”.

Con ufficialisti si potrebbero infatti indicare tutti coloro che sulle diatribe a proposito dei grandi eventi su cui sorgono teorie della cospirazione accettano come vera, a priori, e sempre, la versione sostenuta dalle autorità ufficiali, dai governi e dai mezzi di comunicazione di massa.
Gli ufficialisti sarebbero coloro che fondano ogni loro ragionamento su di un dogma chiaro ed indiscutibile: nonostante i governi dicano spesso bugie, a queste bugie vi è un limite, e bugie enormi non vengono mai dette; e nonostante i governi ogni tanto compiano anche azioni moralmente discutibili, oltre un certo grado di malvagità non possono andare.
Il governo degli Stati Uniti non avrebbe mai potuto uccidere deliberatamente 3000 di suoi concittadini, il governo degli Stati Uniti non avrebbe mai potuto mentire su una tragedia così grande, e così via.

Questo atteggiamento, che assume anche una leggera sfumatura paradossale (i governanti mentono spesso, ma sulle grandi questioni sono sinceri), potrebbe in realtà rappresentare un comprensibile meccanismo di difesa da parte del cittadino comune: ipotizzare che le autorità, coloro che per definizione sono preposti alla difesa della nostra incolumità, possano arrivare all’omicidio di loro concittadini è un pensiero troppo difficile da accettare, un pensiero con cui è impossibile convivere.

L’errore, in ogni caso, sta nell’assumere una opinione a priori: non esiste avvenimento che non possa essere analizzato a mente fredda, studiando il più possibile i fatti e facendosi una opinione su di essi, e non esiste governante al mondo che va creduto sempre ed a prescindere, qualsiasi cosa sostenga.
Ogni versione va valutata, e solo in seguito si potrà esprimere un parere su di essa.

29 Gennaio 2010

Strani antisemiti in Grecia

La sinagoga di Chanià

Giovedì 20 Gennaio l’autorevole Wall Street Journal pubblicava un articolo molto duro nei confronti della nazione greca, dal titolo “La vergogna della Grecia moderna“.
“I ripetuti attacchi incendiari in una sinagoga in Grecia dimostrano che la Turchia non è la sola nazione Mediterranea afflitta da anti-Semitismo.”

Cos’era successo?
Era accaduto, in effetti, qualcosa di assai grave: la sinagoga della città di Chanià, in Creta, era stata attaccata due volte nell’ultimo mese.
Profanata da ignoti già il 3 Gennaio, la sinagoga veniva incendiata nuovamente il 17 Gennaio, con un atto vandalico barbaro e vergognoso.
Il Wall Street Journal, tra gli altri, coglieva l’occasione per sferrare un duro attacco nei confronti della società greca, percorsa, a suo dire, da uno strisciante antisemitismo.
L’articolo citato si soffermava anche nel segnalare come fossero stati dei non greci ad impegnarsi nel salvataggio del luogo di culto, e precisamente un giovane albanese ed un marocchino.Gli attacchi al popolo greco da parte dell’articolista non si risparmiavano:
“La Grecia soffre della mancanza di una leadership morale, religiosa e sociale in grado di denunciare la vergogna dell’antisemitismo, che si tratti di vandalismo o del banale paragonare Israele con i nazisti da parte dei media”
Parole dure, che proseguivano col denunciare l’ignoranza del popolo greco di fronte alla propria storia e al rapporto della comunità greca con quella ebraica in passato.
Una grande lezione di civiltà, non c’è che dire, da parte dell’autorevole giornale americano.
Parole però pronunciate forse con troppa fretta.

E’ successo, infatti, che analizzando i nastri registrati dalle telecamere di sorveglianza di alcuni negozi presenti nella stessa via della sinagoga, si è scoperto che gli autori degli incendi erano degli insospettabili.
Più precisamente, si è scoperto che si trattava di due giovani americani in stanza nella base Nato di Souda, nei pressi di Chanià, aiutati da altri due britannici, anch’essi di stanza nella stessa base, e da un greco che lavora sempre, chi l’avrebbe mai detto, per la medesima base.
Gli alti vertici militari americani si stanno ora muovendo a livello diplomatico per ridimensionare la questione.

Una situazione davvero curiosa.

 

7 Gennaio 2010

Il Fabianesimo e la Finestra dell'inganno

“Questa nuova e completa Rivoluzione che noi contempliamo può essere definita in poche parole. è socialismo mondiale assoluto, scientificamente pianificato e diretto..”
tratto da ‘The New World Order’ (1939) di H.G. Wells


La Società Fabiana fu una associazione elitaria formatasi a Londra sul finire del XIX secolo, un think tank fondato da una compagnia di illustri intellettuali che misero a punto un movimento politico destinato a giocare un ruolo di primo piano nella storia sociale del XX e del XXI secolo, il Fabianesimo.
Riformulando e perfezionando la dottrina socialista, il Fabianesimo si prefiggeva di rimodellare le strutture politiche e sociali dell’intero pianeta con un programma di lungo corso, fatto di lenti e modesti cambiamenti.
Non a caso, l’emblema principale della Società è rappresentato da uno stemma raffigurante un lupo che si cela sotto una veste di agnello.
Nell’articolo che segue, il blogger Rantasipi partendo dall’analisi di una particolare finestra collocata nella prestigiosa London School of Economics, delinea scopi e modus operandi dei fabiani, nelle cui fila non mancarono, e non mancano, nomi assai famosi.

La Finestra dell’Inganno


di Rantasipi

(cliccare sull’immagine per una risoluzione maggiore)

Per chi avesse ancora dubbi riguardo l’esistenza di un preciso disegno dietro al quale si celano politiche economiche e culturali destinate a far precipitare il mondo nella voragine dell’annientamento sociale, forse potrebbe essere utile dare uno sguardo a questa particolare finestra, collocata nel 2006 presso la sede della prestigiosa London School of Economics (LSE).

Si tratta di una finestra realizzata con vetri colorati rilegati a piombo raffigurante una scena che può dire molto sull’origine e la portata degli eventi che questa crisi finanziaria (come quelle precedenti) lascia intravedere. L’opera fu commissionata dal famoso drammaturgo George Bernard Shaw, fondatore, assieme a Sidney Webb e a sua moglie Beatrice Potter, del fabianesimo, corrente politico-filosofica socialista, facente capo alla semisegreta Fabian Society, la quale differisce dall’ortodossia marxista principalmente per questioni di metodo, pur condividendone gli obiettivi ultimi.
Disse infatti Shaw:

“Sotto il Socialismo, non vi sarebbe consentito essere poveri. Sareste nutriti con la forza, sareste vestiti e dotati di un alloggio, sareste istruiti e provvisti di un impiego, sia che vi piaccia oppure no. Se si scoprisse che non possedete carattere e industriosità sufficienti per meritarvi tutto ciò, probabilmente verreste eliminati in modo dolce; ma se vi fosse permesso di vivere, dovreste vivere bene”.

Com’è noto, alla pari del Lucifero biblico, i socialisti rimarcano sempre la “bontà” delle loro intenzioni nell’uso della forza, della coercizione, e dell’intimidazione. E il credente non mancherà di osservare che l’ammissione di Shaw presenta una sinistra analogia con la linea di condotta di Lucifero, scagliato giù dal paradiso per aver cercato di sottrarre all’uomo il libero arbitrio, il diritto di scegliere (quindi di sbagliare) e di essere libero, affinché non commettesse più errori. Suona bene? George Bernard Shaw evidentemente pensava di sì e con lui David Rockefeller, il quale, nel suo libro La mia vita (2002) candidamente ammise:

“Per più di un secolo estremisti ideologici sui due fronti dello spettro politico hanno strumentalizzato su ben noti accadimenti come il mio incontro con Castro al fine di attaccare la famiglia Rockefeller per l’eccessiva influenza che essi ritengono eserciti sulle istituzioni politiche ed economiche americane. Alcuni addirittura credono che facciamo parte di una cabala segreta che opera contro i migliori interessi degli Stati Uniti, dipingendo me e la mia famiglia come ‘internazionalisti’ che assieme ad altri cospirano per costruire una struttura politico-economica globale più integrata – un unico mondo, se preferite. Se questa è l’accusa, mi dichiaro colpevole, e ne sono orgoglioso”.

I fabiani, a differenza dei marxisti ortodossi che hanno fatto della rivoluzione violenta il loro strumento di azione politica, ritengono che il socialismo sia perseguibile attraverso riforme graduali. Essi infatti devono il loro nome al generale romano Quinto Fabio Massimo, detto appunto il Temporeggiatore (Cunctator), il quale, nella lotta contro Cartagine, adottò una strategia di lento logoramento psicologico dell’avversario. Non a caso, uno dei simboli della Fabian Society è la tartaruga.

Nell’incipit dei “Saggi Fabiani”, il testo in cui si esplicita il programma dell’organizzazione, troviamo il motto:

“Il fabianesimo si nutre di capitalismo, il suo escremento è il comunismo”.

La Fabian Society fu la componente essenziale per la creazione del Labour Party britannico e il legame fra le due organizzazioni rimane ad oggi ancora molto forte. Solo verso la metà degli anni ‘30 la Fabian Society conobbe una fase di declino, dovuta alla divergenza di vedute fra i membri in merito all’esperienza del totalitarismo sovietico e alla perdita di influenza del partito laburista in cui si innestavano componenti sindacaliste e, contemporaneamente, fuoriuscivano numerosi elementi attratti dalle camicie blu del British Union of Fascist di Oswald Mosley (anch’egli fabianista).

Tuttavia, la maggior parte degli obiettivi della Fabian Society, possono dirsi raggiunti; le “riforme” adottate da Franklin Delano Roosevelt durante la Grande Depressione e che oggi la Scuola Austriaca di economia sostiene siano alla base delle storture finanziarie e monetarie responsabili delle crisi economiche come quella che stiamo attraversando, sono di chiara impronta fabianista; l’assistenzialismo welfarista imperante nella maggioranza dei sistemi politico-economici mondiali è frutto del lavoro della Fabian Society. E la socializzazione dell’economia (corporativismo) di cui ancora oggi l’Italia (e non solo) mantiene intatta la struttura, nasce durante il fascismo con Nicola Bombacci, anch’esso ispiratosi agli insegnamenti dell’organizzazione britannica.

Questa sommaria descrizione della natura della Fabian Society e del fabianesimo si è resa necessaria per una lettura della raffigurazione contenuta nella finestra commissionata da G. B. Shaw.
La figura, ritrae Shaw e Webb nell’atto di prendere a martellate un mappamondo e per comprendere il significato del gesto è utile risalire ai versi del poeta e astronomo persiano dell’XI secolo
Omar Khayyam:

Amore caro. Potessimo tu ed io cospirare con il destino
per afferrare interamente il dolente disegno di tutte le cose,
Non lo manderemo in frantumi – per poi
rimodellarlo secondo i desideri del cuore?

Si tratta di un breve poemetto romantico, ma di buoni propositi è lastricata la via dell’inferno, per questo, se estrapolata dal contesto, l’ultima strofa riportata in cima alla finestra (Remould it to the hearth’s desire), assume un significato del tutto diverso, non difficilmente riconducibile alla citazione di Shaw sopra riportata.

Sotto ai fondatori del fabianesimo intenti a rimodellare il mondo secondo i loro programmi, troviamo come allegoria delle docili masse una fila di donne genuflesse in adorazione di una pila di tomi socialisti e, alla sinistra di questo gruppo di figure femminili, un beffardo H.G. Wells che le schernisce. Lo scrittore, anch’egli appartenne alla Fabian Society, dalla quale però si allontanò non appena comprese le reali intenzioni dell’organizzazione che denunciò pubblicamente come “un manipolo di nuovi Macchiavelli”.

Ma a chiarire il significato della composizione è un dettaglio che compare sopra ai due illustri esponenti fabiani, ed è l’emblema stesso dell’organizzazione socialista, ovvero il lupo travestito da agnello, simbolo dell’inganno per eccellenza.

Come dicevo, la finestra, inspiegabilmente “scomparsa” e poi altrettanto misteriosamente riapparsa ad un’asta di Sotheby nel 2005, venne installata nel 2006 presso la London School of Economics and Political Science, il prestigioso istituto voluto e finanziato dal filosofo Bertrand Russell e dai fabiani.

Fu l’allora primo ministro britannico Tony Blair (manco a dirlo, fabiano pure lui) che nel solenne discorso di inaugurazione dichiarò come questo “augusto centro di apprendimento” fosse associato alla Società Fabiana, di cui sottolineò l’abilità dissacrante dei membri rispetto al “pensiero tradizionale” dominante.

“Essi dubitavano di ogni forma di saggezza convenzionale” si compiaceva Blair, indicando l’emblema dell’inganno. Inutile dire che il lupo travestito da agnello, simbolo dell’inganno elevato a principio fondante, se posto in un istituto formativo come la LSE diventa esso stesso principio educativo. I margini della libera interpretazione si riducono notevolmente se si considera che dalla LSE sono usciti numerosi personaggi successivamente ritrovatisi alla guida di cruciali istituzioni politiche, economiche ed accademiche. Fra questi spiccano – non certo per bontà delle idee – John Maynard Keynes, George Soros e Romano Prodi.


31 Dicembre 2009

2000 - 2009, l'opera al nero

Ancora poche ore ed avrà termine il primo decennio del III millennio, un decennio particolare, ad iniziare proprio dal nome, dal momento che un nome questo decennio nemmeno ce l’ha.
Abbiamo ancora eco degli anni quaranta, degli anni cinquanta, degli anni sessanta, settanta, ottanta , degli anni novanta, ma questi dieci anni che stanno per finire faticheremo a rievocarli.
Anni zero suona in effetti male, mentre il primo decennio del XXI secolo è formula assai laboriosa e lunga da recitare.
Comunque sia, anche tale decennio sta per finire, e come ogni decennio, anche questo ha portato eventi e date da ricordare, processi sociali, progressi e regressi la cui entità spesso si comprende solo a posteriori.
L’evento per eccellenza, quello che sicuramente si ricorderà nei secoli nei libri di storia, anche nei più sintetici, è rappresentato dall’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
Un attacco che parte da lontano, preannunciato in qualche modo esattamente 11 anni prima, nell’11 settembre del 1990, da George Bush padre, quando in un discorso ormai storico per la prima volta un presidente degli Stati Uniti fece uso in maniera ufficiale del termine “Nuovo Ordine Mondiale”.
Si trattava di un progetto geopolitico a lungo cullatodai più importanti think tank globalisti, un progetto che conobbe una grande accelerazione proprio in seguito all’attacco subito dall’impero nel suo cuore finanziario e militare.
Un progetto che non ha mai avuto come fine ultimo l’egemonia incontrastata degli Stati Uniti sul resto del pianeta, come in molti avevano pensato, ma un programma a lungo termine in cui i poteri nazionali sarebbero passati in secondo piano rispetto alla guida sapiente di un insieme di circoli elitari transazionali, capaci di gestire e direzionare le strutture finanziarie, mediatiche e culturali di gran parte del pianeta.
In questo quadro, l’11 Settembre del 2001 ha rappresentato il giorno del sacrificio, il momento in cui si dette il via alla fase finale della distruzione delle strutture del vecchio ordine.
Così, gli Stati Uniti, concepiti dai padri fondatori come la nuova Israele, perdevano in pochi istanti il segno della loro vocazione messianica, le due torri che come le due colonne del Tempio di Gerusalemme segnavano il varco d’ingresso attraverso cui accedere nello spazio più sacro della Terra Promessa.
Crollavano le Torri e crollava il Tempio, e suonavano le trombe che davano il via ad un decennio di battaglie e devastazioni, una serie di guerre scatenate sulla base di menzogne e falsità palesi a cui l’universo occidentale, quello dei buoni, credeva con poche esitazioni.
Un sacrificio che prevedeva anche l’auto annientamento degli stessi Stati Uniti, scivolati ormai in una decadenza economica e sociale irreversibile.
Guidati per otto dei dieci anni del decennio dal presidente più incompetente della loro storia, un povero uomo schiavo dell’alcolismo e con un quoziente intellettivo di molto inferiore a quello della media del suo popolo, impotente e ignaro dei processi che attorno a lui si verificavano.
La sua presenza rendeva evidente il fatto che le strutture di potere ufficiali avevano un ruolo secondario, mentre diveniva palese anche ai più ingenui che le decisioni venivano prese da entità non immediatamente riconoscibili.
Gli Stati Uniti hanno quindi avuto il compito in questo decennio di porre fine al vecchio ordine, preparando il terreno per quello che sarà un ordine del tutto diverso, un ordine la cui forma è difficilmente prevedibile, e la cui costruzione richiede ancora del tempo.
Allo stesso modo è destinata a mutare l’intera architettura finanziaria che ha caratterizzato, con alti e abissi, la storia degli ultimi 100 anni.
Un’architettura priva di fondamenta, un castello di carte capace di crescere per decenni in maniera spropositata dando l’illusione di poggiare su solide basi.
Un sistema fondato sulla moneta creata dal nulla, su bolle che si gonfiano e si sgonfiano e che vengono sostituite da bolle ancora più grandi, in attesa dello scoppio finale; difficile dire quando il crollo avverrà, così come ignote saranno le modalità e le tempistiche.

Nel 2008 c’è stata una scossa generale, ed ancora adesso la maggioranza delle persone non ha compreso l’entità della “crisi” che si è palesata.
Ma l’inganno potrà ancora andare avanti a lungo, per anni, forse decenni.
Quello che è certo è che le economie fondate sui debiti che crescono in maniera esponenziale e sulla creazione incontrollata di moneta dal nulla non possono durare in eterno: arriva il momento in cui gli schemi ponzi collassano, nonostante per anni si possa avere l’impressione che nel gioco tutti possano guadagnare.
A livello politico-mondiale abbiamo quindi visto in questo decennio l’accentuarsi della decadenza morale ed economica della più grande potenza imperiale del secolo scorso, abbiamo sperimentato gli effetti delle prime crepe del complesso strutturale del sistema finanziario globale ed abbiamo anche assistito alla pianificazione di quel processo battezzato “scontro di civiltà”, preludio all’ atto finale che ci attende nei prossimi decenni.
Atto finale che con grande probabilità avrà come cornice il luogo che da sempre si prepara a tale compito, la Terra Santa per eccellenza.
Ma questo è un copione che deve ancora essere completato.Nel frattempo, siamo tutti spettatori di un momento storico emozionante e complesso, quel finale di partita in cui i giocatori più scaltri possono permettersi di giocare senza maschere, prendendosi il lusso di mostrarsi per quello che sono, nella consapevolezza che pochi saranno, comunque, in grado di riconoscere l’espressione dei loro volti.
Un addio quindi a questo primo decennio del XXI secolo che giunge a termine, un decennio che ha corso in modo molto rapido.
Ed un saluto anche agli anni che ci attendono, che perlomeno avranno un nome.
Viviamo in tempi assai interessanti.

19 Ottobre 2009

Vaccini speciali per i politici

FEBBRE SUINA:
GERMANIA, POLEMICHE SU VACCINO SPECIALE PER POLITICI

Berlino, 19 ott. (Adnkronos/Adnkronos Salute)
L’arrivo oggi delle prime dosi di vaccino pandemico in Germania – dove ne sono state ordinate 50 milioni – non e’ stato motivo di celebrazione.
Questo per via delle notizie diffuse nel fine settimana sul fatto che i politici, i componenti dell’esercito e gli alti funzionari tedeschi riceveranno un vaccino ‘speciale’ contro l’H1N1, generalmente giudicato con meno effetti collaterali.
Lo riferisce oggi il ‘Der Spiegel online’, precisando che politici e militari riceveranno il vaccino pandemico prodotto dalla Baxter, privo di un additivo presente invece nel siero ‘targato’ GlaxoSmithKline (Gsk), che verra’ somministrato alla popolazione.
La sostanza, secondo i critici, puo’ aumentare il rischio di effetti collaterali come febbre e mal di testa.

Ops.