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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
30 Settembre 2008

Ok, Panico

wallstreetitalia

Cortocircuito tra Washington e New York, il no alla Camera affossa Wall Street. Dow Jones -777 punti (peggior crollo di sempre), Nasdaq giu’ 9.14%. Record negativo: il valore di borsa scende di $1.2 trilioni (il costo della guerra in Iraq).
Si apre cosi’ all’improvviso il peggiore degli scenari possibili per l’economia degli Stati Uniti: il credito rimane assolutamente congelato (dai prestiti interbancari, ai mutui immobiliari, al leasing di auto), le banche vengono salvate o falliscono con ritmi frenetici, il caos politico a Washington e’ totale, la Casa Bianca di George Bush non ha credibilita’ ne’ potere, mentre un’elezione presidenziale cruciale si terra’ in poco piu’ di un mese. La crisi americana si avvita su stessa, l’America e’ in ginocchio.

 

28 Settembre 2008

Popolo e conformismo, un appunto

la deviazione moderna […] deve necessariamente corrispondere a un “piano” ben congegnato, e cosciente per lo meno in coloro che dirigono tale “guerra occulta”
René Guénon


A commento del precedente articolo, Psicopatici e potere, Jorge Perro esprime la seguente considerazione:

perchè la parte restante di popolazione, risparmiata dalla sociopatia, incarna tanto spesso il difetto ad essa più utile: la stupidità?
Dividere il mondo in potenti-sociopatici e oppressi-vittime è assai ingenuo: si nota piuttosto come coloro che han mandato al potere i primi non ne siano affatto diversi negli intenti e nelle pratiche, cioè il desiderio di vivere a discapito altrui, ma solo nelle capacità realizzative.

Approfitto nel rispondere a tale appunto per aggiungere qualche ulteriore considerazione al discorso precedentemente iniziato.

______________________


Analizzando la struttura gerarchica della forma del potere, si può osservare che attorno ai sociopatici-psicopatici veri propri, che occupano le stanze decisionali, si ritrova il gruppo dei profittatori-esecutori.

Non psicopatici, ma con poche remore morali, e caratterialmente deboli.

Persone che sanno brillare solo di luce riflessa, abili nell’individuare le personalità influenti e  farsi loro ubbidienti servitori.

Loro compito è quello di esporsi per conto dei veri potenti, “metterci la faccia” ed in cambio ricevere ricchezza e privilegi.

Queste due categorie formano, a grandi linee, la struttura mente-braccio di ogni forma di governo.

Al di sotto, vi sono poi i governati, le “persone comuni”, la grande maggioranza, che hanno come obiettivo nella vita quello di sopravvivere degnamente, con meno preoccupazioni possibili.
Caratteristica principale della grande massa della popolazione, più che la “stupidità” è il conformismo.

L’uomo “comune” è, prima di ogni altra cosa, conformista, attributo che non ha in sé valenza necessariamente negativa.
In una società di virtuosi, per essere accettato egli si comporterebbe, nel limite delle sue possibilità, in modo virtuoso.
Al contrario, in periodi in cui l’elite è composta da criminali, questo  “uomo comune” nel suo piccolo ne assimila i comportamenti: ciò che è giusto e ciò che è sbagliato per la “massa” si deduce in primis dall’esempio che danno i vertici.
La storia ci conferma che i parametri morali variano di molto nel corso dei secoli, e si differenziano anche nelle diverse culture.
Sapere in qualche modo direzionare questi parametri, significa poter definire anche i valori etici della popolazione.
E tentare questa operazione è proprio lo scopo di ogni elite che aspiri al potere.
Si è visto ad esempio, senza andare lontano, come a seguito dell’unità d’Italia la Massoneria abbia avuto come primo obbiettivo quello di prendere controllo dell’ istruzione, riuscendoci egregiamente, con i risultati che oggi possiamo osservare.
L’influenza che le elite possono avere nello creare l’etat d’espirit, e il modo per raggiungere tale risultato, è una scienza oggetto di studio all’interno della elite stessa, una scienza ovviamente difficilmente avvicinabile da chi di quella elite non fa parte.

Indagare i fondamenti su cui quella scienza si basa è attività di primaria importanza, per chi volesse tentare di sottrarsi all’indottrinamento a cui inesorabilmente si è stati sottoposti.

 

17 Luglio 2008

Sociopatici - parte III

For a hill men would kill, why? they do not know


Continua la disamina sul rapporto tra sociopatia e potere.
Si tratta qui brevemente di una scoperta essenziale del generale Marshall sul comportamento dei soldati in guerra, una scoperta che dovrebbe indurci a rivedere la concezione che dell’essere umano ci hanno portato ad avere a seguito di anni di indottrinamento.
L’articolo originale, in inglese, da cui sono tratte le citazioni iniziali è Twilight of the Psychopaths, del dottor Kevin Barrett, segnalato anche nel blog Segni del Tempo.

IL SEGRETO DELLA GUERRA

Nel suo libro “On Killing” Dave Grossman ha riscritto la storia militare, mettendo in evidenza quello che le altre storie nascondono: il fatto che la scienza militare si occupa meno di strategia e tecnologia, piuttosto che scoprire il modo di far superare l’istintiva riluttanza degli uomini ad uccidere membri della loro specie.
La vera “rivoluzione negli affari militari” non fu la spinta di Donald Rumsfield verso l’alta tecnologia nel 2001, ma la scoperta nel 1941 del generale Marshall che solo il 15-20% dei soldati della seconda guerra mondiale in prima linea avrebbero usato le loro armi: Coloro (l’80-85%) che non sparavano non fuggivano e non si nascondevano (in molti casi correvano enormi rischi per salvare i compagni), ma semplicemente non usavano le loro armi contro il nemico, nemmeno quando affrontavano attacchi banzai.
La scoperta di Marshall, e le ricerche conseguenti, dimostrarono che in tutte le guerre precedenti, una piccola minoranza di soldati – il 5% che sono psicopatici naturali, e probabilmente una piccola minoranza di imitatori temporaneamente  insani – furono responsabili di quasi tutte le uccisioni.
Le persone normali si ritrovano semplicemente dentro il movimento, fanno il possibile per evitare di togliere la vita al nemico, anche quando questo implica la perdita della propria vita.
Le guerre sono massacri ritualizzati fatti da psicopatici contro non psicopatici.

Lo studio del generale Marshall ha una importanza fondamentale, e se compreso in fondo rivoluziona totalmente la concezione dell’essere umano che da sempre ci viene propagandata.
Nei libri di storia le guerre sono descritte come inevitabili conseguenze di una serie di fattori, scontri in cui gli eserciti nemici si affrontano nel tentativo di eliminare l’avversario.
E viene fatto credere che la guerra, il massacro, sono insiti nell’essere umano. Questo è falso, decisamente falso.
E chi detiene il potere, e i vertici militari, lo sanno molto bene.
Come afferma il colonnello Grossman, le scienze militari si occupano essenzialmente di scoprire il modo per far superare al soldato medio la naturale riluttanza nell’uccidere un altro essere umano.
Perchè la maggioranza degli esseri umani, con tutte le loro miserie e i loro difetti, preferisce il quieto vivere e la tranquillità alle guerre.
Ed ogni qualvolta i grandi poteri decidono per una guerra, devono spendere molte energie per far superare questo blocco istintivo a quelli che diverranno i soldati da sacrificare sul tavolo dei loro piani.

Le guerre di massa come è noto sono fenomeni moderni; in passato, in epoca pre-moderna, la guerra era affare di una piccola parte della società.
Dall’antichità dei guerrieri, passando per i nobili medioevali e per gli eserciti mercenari guerra significava lo scontro fra due eserciti composti da persone che non si dedicavano ad altro nella vita, se non combattere e prepararsi a farlo.
La prima Guerra Mondiale fu la prima che coinvolse i grandi strati della popolazione europea, e ci vollero decenni di propaganda romantica che esaltava il sacrifico e l’amor di patria per diffondere quello stato d’animo necessario a far partire milioni di giovani lanciati verso il massacro.
Quei giovani capirono presto che la guerra non aveva nulla di eroico e di romantico, come era stato loro raccontato, ma ormai era tardi.
Una minoranza di psicopatici in qualche modo riesce sempre a fare in modo che la grande maggioranza sia convinta, costretta, ad andare contro il proprio naturale istinto pacifico e partecipare a questi massacri.

Come diviene possibile tutto questo?
E chi sono questi sociopatici?

Parte prima: Ponerologia – La scienza del male
Parte seconda: Sociopatia

 

 

Combatte la sua battaglia sulla collina
All’ inizio del giorno
Un gelo costante nell’ anima
Pistole che sparano, avanzano di corsa
Nel grigio infinito
Continuano a combattere perchè hanno ragione,
Sì, ma chi lo può dire?
Perchè uomini dovrebbero uccidere per una collina?
Non lo sanno
Ferite da cicatrici ne dimostrano il coraggio
Uomini duri, ancora vivi nell’ impeto del furore
Il dolore che di certo conoscono li ha resi pazziPer chi suona la campana
Il tempo incombe
Per chi suona la campanaDà un’ occhiata al cielo un’ attimo prima di morire
è l’ ultima volta che lo farà
Un ruggito tetro, furioso riempe il cielo squarciato
Il bersaglio fallito gli riempe l’ anima
Di un grido disperato
I suoi occhi ignorano questo mistero
Ascolta il silenzio così rumoroso
Irrompe l’ alba, è tutto finito
Tranne la voglia di vivere
Adesso vedono ciò che sarà, occhi accecati per vedere
Per chi suona la campana
Il tempo incombe
Per chi suona la campana 


6 Giugno 2008

Ancora sul complottismo

  Complotti, complottisti e lucertoloni mutanti.

La Regina Elisabetta mentre si dichiara scettica riguardo le teorie di David Icke.


Ciclicamente si ritorna a parlare del concetto di “complottismo“, e non potrebbe essere altrimenti in un luogo come questo, un luogo dove si cerca di comprendere le origini degli avvenimenti che osserviamo intorno a noi.
Come si è più volte detto, il termine “complottismo” in sé è fuorviante, spesso si riduce ad un contenitore vuoto all’interno del quale ognuno, a seconda della sua propensione, vi può inserire i sentimenti che questa parola suscita.

In verità, se tutta la storia fosse già stata scritta in maniera definitiva, se fosse vero che i mezzi di comunicazione di massa ci propagano tutta la verità, e nient’altro che la verità, senza nulla tralasciare, allora effettivamente ogni tentativo di ulteriore ricerca, e di ulteriore analisi, risulterebbe vano, e coloro che si ostinano a portare avanti tale operazione sarebbero dei semplici perditempo, nella migliore delle ipotesi.
Non credo però che ci sia qualcuno che se la senta di sostenere che tutta la storia sia già stata scritta, o peggio ancora che si senta di affermare che l’informazione ufficiale non tralasci alcuna verità.
E’ evidente che non sia così.
Quindi, guardare oltre, cercare di analizzare criticamente quello che ci viene propinato, è atto necessario, se lo scopo è capire quali situazioni e quali persone realmente determinano gli eventi.
Potrebbe comunque trattarsi di operazione difficile da portare a termine, oppure di un percorso che allontani ulteriormente dalla “verità”.
Potrebbe, ovviamente.
Ma è un’azione lecita, e ciò dimostra che denigrare in toto questo tentativo, caratterizzandolo con un termine supponente quale “complottismo”, è atteggiamento poco razionale.

Detto questo, proprio per il fatto di muoversi in terreni spesso scivolosi, sarebbe buona norma per coloro che tentano di effettuare ricerche in tal senso mantenere il più possibile un andamento prudente e ragionato, attento, scrupoloso e ponderato.
Accade invece a volte che inoltrandosi nei sentieri della cosiddetta controinformazione ci si lasci prendere un po’ la mano,nel tentativo di trovare a tutti i costi delle spiegazioni a dei collegamenti di cui a malapena si intravede la trama.
Si discuteva ad esempio recentemente della figura di David Icke, forse il più “celebre” tra i cosiddetti “complottisti” a livello mondiale, sicuramente il più letto ed il più seguito.
David Icke è personaggio singolare: i suoi libri contengono una notevole quantità di informazioni supportate da fatti non smentibili; si è occupato della truffa e delle origini del denaro creato dal nulla, della storia e delle strutture dei gruppi bancari più influenti, ha compiuto ricerche sulle famiglie che realmente posseggono ed esercitano il potere.

Una ricerca a tratti notevole, se non fosse che Icke tende a ricondurre tutti questi legami ad una unica “stirpe”, un unico grande centro di controllo da cui tutti gli altri dipendono.
Non solo, per Icke questa stirpe sarebbe differente rispetto al resto dell’umanità anche geneticamente.
In passato aveva sostenuto che queste persone, i veri “potenti”, fossero in realtà dei rettili mutanti, capaci di assumere le sembianze umane per confondersi e passare inosservati.
Arrivati a questo punto, probabilmente i lettori più razionali avranno già decretato che Icke come minimo possiede una “fervida immaginazione”, per usare un eufemismo.
In questo modo anche tutte le sue precedenti affermazioni vengono viste come non degne di credito, e il suo lavoro corre il rischio di venire accantonato in toto, da chi affronta queste tematiche per la prima volta.
Non esiste modo migliore infatti per screditare una verità scomoda che associarla ad una palese menzogna; vi è infatti anche chi sostiene che tutta l’opera di Icke abbia in realtà questo scopo, ovvero raggruppare tutte le informazioni sconvenienti che puntualmente emergono ed accoppiarle con teorie assai bislacche, per fare in modo che nel calderone che si crea il tutto venga ampiamente screditato.

Personalmente non credo che Icke e coloro che appoggiano teorie estreme facciano questo di proposito, ma ritengo alquanto probabile che questo tipo di ricerche siano viste di buon occhio da chi ha tutto l’interesse affinché non vengano prese sul serio delle verità potenzialmente pericolose.
L’agire migliore resta sempre il rimanere ancorati sui fatti, limitarsi a riportarli e lasciare che ognuno vi ragioni sopra con la propria mente, facendo i collegamenti necessari laddove questi collegamenti risultano palesi.

In fondo, vi sono realtà lassù in alto sufficientemente interessanti, senza bisogno di scomodare lucertoloni mutanti, o simili.

3 Maggio 2008

Il concetto di Complotto

di Roberto Quaglia


Lo strumento base per la manipolazione
della realtà è la manipolazione delle parole. Se puoi controllare il significato delle parole, puoi controllare le persone che devono usare le parole.

Philip K. Dick.

Tutti crediamo di sapere cosa sia un complotto, o una cospirazione.
Così come tutti crediamo di sapere cosa sia un cospiratore.
In realtà, come vedremo tra poco, queste parole hanno lievemente mutato significato nelle nostre menti, rispetto al loro significato originario, e adesso vogliono dire qualcos’altro.

La differenza è piccola, ma, come vedremo, sostanziale. Il fenomeno diventa più facilmente visibile e comprensibile se alla parola complotto (o cospirazione) aggiungiamo il vocabolo «teoria».
Tutti noi sappiamo anche cosa è una teoria.
Eppure, l’espressione combinata «teoria del complotto» significa qualcosa di sostanzialmente differente da ciò che dovrebbe significare.
In inglese è anche più evidente.

Provate a menzionare l’espressione Conspiracy theory ad un qualsiasi individuo anglofono appena appena erudito e vedrete nel 99% dei casi un sorrisino ironico dipingersi sul suo viso.
Non lasciatevi disarmare.
Insistete nel vostro esperimento e provate a pretendere di raccontargli di una cospirazione realmente avvenuta o addirittura in atto.
Il sorrisino del vostro interlocutore con tutta probabilità si arricchirà di tutti gli altri semantemi espressivi della commiserazione: nel migliore dei casi verrete osservati con il compatimento che naturalmente si destina al solito tapino squilibrato che cerca di propinare al prossimo la strampalata farneticazione paranoide di turno.

Potete effettuare questo esperimento anche in lingua italiana con soggetti italiani.
Dovrebbe funzionare anche in italiano, anche se probabilmente non tanto quanto in inglese.
Poiché l’esperimento è ripetibile da chiunque ed i risultati ottenuti in linea di massima si equivarranno per tutti, questa può valere da dimostrazione scientifica del fatto che la parola «cospirazione» ha nel tempo smarrito il suo significato originario, soprattutto nella lingua inglese. Conspiracy ormai non è più un vocabolo serio che voglia dire ciò che il dizionario pretende che esso significhi.
Conspiracy è ormai un vocabolo che contiene in sé anche l’accezione della propria falsità.
Parlate ad un anglofono (ed in misura minore ad un italiano) di una cospirazione ed egli immediatamente comprenderà che vi state riferendo a qualcosa di falso, un teorema infondato, forse addirittura un delirio paranoico, prima ancora che abbiate iniziato ad esporre la vostra tesi.
Se alla parola Conspiracy aggiungete anche il vocabolo Theory (teoria), la frittata è completa.
Il concetto di teoria, associato a quello di cospirazione, suggella in modo pressoché definitivo la falsità di quanto venga ipotizzato.
Si scrive Teoria della Cospirazione, si legge Teoria Falsa e Paranoide della Cospirazione.

Per inciso, l’uso stesso della parola «teoria», associata a cospirazione, è completamente fuori luogo.
Le teorie attengono al campo della scienza, ne viene dimostrata l’autenticità o la falsità, ma rimangono teorie anche dopo essere state provate.
Come il filosofo Popper insegna, per essere degna di tal nome un teoria deve essere falsificabile, poiché rappresenta solo uno dei possibili modi di interpretare un aspetto della realtà.
Quindi, una teoria è per definizione associata ad un senso di provvisorietà.
L’idea che in un dato caso criminale possa esserci stata una cospirazione a monte è invece una ipotesi.
In casi come questo, la domanda dovrebbe quindi essere non tanto se la teoria della cospirazione è fondata (come potrebbe mai esserlo, dato che non è una teoria?), quanto se l’ipotesi che ci sia stata una cospirazione è vera.
Ipotizziamo che ci sia stata una cospirazione, non teorizziamo che essa ci sia stata.

Invece, oggi si parla comunemente, e a sproposito, di Teoria della Cospirazione.
Tutto ciò è curioso.

Per caso o per dolo, il semantema che per secoli o millenni ha significato il concetto di cospirazione adesso virtualmente significa cospirazione immaginaria.
Scrivi cospirazione, leggi cospirazione immaginaria.
Come è mai potuto accadere qualcosa del genere?
E, soprattutto, se mai una cospirazione davvero venisse tramata o messa in atto da qualcuno da qualche parte, come potrebbe mai essere possibile discuterne con lucidità, se il fatto stesso di nominarla si tira dietro il significato della infondatezza di ciò di cui si sta parlando?
È perfettamente possibile – e per inciso assai probabile – che tale trasmutazione semantica sia interamente casuale.
Tuttavia… non è più affascinante pensare per un attimo – anche solo per gioco o per divertimento intellettuale – che dietro a questo curioso fenomeno possa celarsi un astuto progetto, un diabolico artifizio allo scopo di disarmare i tam tam verbali di coloro che di una importante cospirazione venissero a conoscenza, ovvero – anche se indubbiamente ciò suona fantascientifico – una raffinatissima impalpabile arma di guerra psichica?
Eliminare dal linguaggio i significati che potrebbero venire usati contro di te, sostituendoli con significati infettati con il germe della negazione di loro stessi…

Qui siamo in pieno Orwell, ma al quadrato, al cubo… ed in più una vocina maliziosa ci tormenta ricordandoci che la realtà prima o poi supera sempre la fantasia!
D’altra parte, non sarebbe questa la ripetizione del solito vecchio trucco?
La manipolazione semantica ha già trasformato la parola «pace» in guerra («le missioni di pace»), la parola «libertà» in una informe creatura tentacolare che ormai non so più bene spiegare neanch’io, e potremmo continuare con gli esempi a lungo.
Inoltre, porto alla vostra attenzione il fatto che anche e soprattutto la versione dei fatti ufficiale è una «teoria del complotto», anche se quasi nessuno la chiama così.

Non ha forse Osama Bin Laden, assieme alla sua rete terroristica di Al Qaeda e soprattutto diciannove terroristi armati di tagliacarte portato a compimento un complotto senza precedenti allo scopo di mettere gli Stati Uniti d’America in ginocchio, motivati dal loro sconfinato odio per la libertà?
[…]


Roberto Quaglia