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-o- Too late to die young -o-
23 Gennaio 2013

La gioiosa pantomima

Nel nostro ridente belpaese si è ormai consolidata da tempo una simpatica tradizione, un gioioso passatempo collettivo che coinvolge con allegria tutti gli abitanti della penisola.
Si tratta, come è noto a tutti, del rituale laico delle elezioni nazionali, preceduto da diverse settimane di spettacoli teatrali e televisivi, portati avanti dai migliori cabarettisti del paese che danno il meglio di sé per intrattenere le platee nel corso della cosiddetta campagna elettorale.
Si tratta di un evento talmente amato dalla cittadinanza che, benché si fosse inizialmente deciso di metterlo in scena con una cadenza quinquennale, col tempo è divenuta usanza anticipare sempre più la festività, tanto che ormai difficilmente passano più di due anni senza che il popolo possa godere di questa eccezionale occasione di svago.
Ed il popolo tutto, non essendo composto certo da sprovveduti, ogni volta si attende dai capocomici delle esibizioni sempre più memorabili, e, occorre ammetterlo, quasi mai questa attesa viene delusa.

Le televisioni e i giornali nazionali fanno del loro meglio per assicurare alla vasta platea la migliore delle coperture, ed in questo modo ben assolvono al compito a cui sono preposti, intrattenendo con simpatia e buonumore le famiglie nei loro momenti liberi.
I bar di paese si animano, anche il più umile dei cittadini vuole infatti sentirsi protagonista in questa grande festa, e nemmeno i bar virtuali vogliono essere da meno.
Ognuno dà il proprio giudizio sul comico migliore, si cerca di stabilire quale pantomima televisiva sia stata la meglio riuscita, chi tra i simpatici giullari delle tribune elettorali sia stato il più spregiudicato, chi l’abbia sparata più grossa, chi sia stato quello con la migliore faccia di bronzo.
L’allegria dilaga, si vorrebbe che queste campagne elettorali non finissero mai, c’è chi arriva a proporre di svolgere le elezioni con cadenza annuale.
E poi, purtroppo, ci sono anche coloro che non capendo bene quello che sta succedendo, non si rendono conto di assistere ad un simpatico spettacolo ben allestito, e addirittura si convincono quasi che la faccenda rappresenti qualcosa di effettivamente serio.
Nel qual caso, meglio non disturbarli.
Non è cosa da poco, avere delle illusioni, al giorno d’oggi.

6 Dicembre 2012

Mammiferi addomesticati


Una delle principali circostanze storiche che ha permesso ai popoli europei del passato di progredire dal punto di vista tecnologico è stata la possibilità di addomesticare con successo un grande numero di specie animali in precedenza selvatiche.
Gli animali domestici hanno infatti nei secoli offerto agli uomini aiuto in diversi campi del vivere quotidiano, dall’approvvigionamento del cibo, all’utilizzo in campo agricolo quale forza lavoro, ad un decisivo contributo nelle arti belliche.
Il continente euro-asiatico presentava a tal scopo una grande varietà di mammiferi potenzialmente addomesticabili, il cui ruolo è stato determinante nello sviluppo della nostra attuale civlità, per come oggi la conosciamo.
Ma cosa rende un animale addomesticabile?
Perchè con alcune specie si ha successo, mentre con altre ogni tentativo risulta vano?
Perchè ad esempio si è potuto addomesticare i cavalli e gli asini, mentre non è stato possibile ottenere lo stesso risultato con le zebre, loro parenti prossimi?
Ancora una volta a venirci in aiuto è il biologo statunitense Jared Diamond, il quale nel suo libro Armi, acciaio e malattie dedica un capitolo per esporre la sua teoria a proposito.

Innanzitutto, occorre tenere presente la differenza tra addomesticare, domare ed addestrare.

Per quale motivo le tigri non tirano gli aratri o non alleviamo rinoceronti come fonte di cibo e forza lavoro? E come mai i ghepardi non fanno la guardia alle nostre case? Occorre infatti distinguere tra la possibilità di ammaestrare (un orso), di domare (un leone), d’addomesticare (una mucca, una gallina, un cane).
Le prime due sono forme di rapporto in cui l’uomo insegna all’animale a fare qualcosa che a questo non è congeniale attraverso un insegnamento del tipo premio-punizione che attiva i suoi riflessi condizionati.
L’animale acquista così delle capacità, non ereditabili, che tende a ripetere a un dato segnale.
Nel terzo caso, l’addomesticamento, alcuni individui, appartenenti a specie animali e vegetali scelte dall’uomo per caratteristiche a lui favorevoli e da questi presentati nella versione più adatta, sono sottoposti a selezione artificiale e, nel tempo, si selezionano – fino a formare nuove specie – individui con caratteri ereditabili quali aspetti anatomici, fisiologici, comportamentali, genetici, molto diversi da quelli degli antenati selvatici.

Diamond individua sei condizioni, tutte necessarie, affinchè una specie possa essere addomesticata:

Le abitudini alimentari

Solo alcuni tra gli erbivori e gli onnivori sono adatti a essere addomesticati, poiché i carnivori richiederebbero per sfamarsi altri animali che a loro volta debbono mangiare.
Se per avere una mucca da 500 chilogrammi dobbiamo utilizzare 5 tonnellate di mais, per ottenere un carnivoro dello stesso peso avremmo bisogno di 50 tonnellate.
Inoltre gli animali addomesticabili non devono avere una dieta specializzata, ma adattarsi a consumare diversi tipi di foraggio e di cibi.

Il tasso di crescita.

Solo animali a rapida crescita possono essere utili, specialmente nelle prime fasi del processo. Diamond prende ad esempio l’elefante: è un mammifero grande e robusto, dall’alimentazione molto varia, ma per ottenere un individuo adulto ci vogliono ben 15 anni. Per questo, laddove sono usati, gli elefanti sono catturati già grandi e poi ammaestrati, mai allevati.

La riproduzione in cattività

Alcuni animali proprio non riescono a riprodursi avendo uomini intorno, anche se questi provvedono impeccabilmente alle loro necessità e li mantengono in perfetta salute. Ne sanno qualcosa coloro che cercano di far riprodurre il Panda Gigante Ailuropoda melanoleuca  per motivi di conservazione. Tra i vari tentativi di indurre gli animali all’accoppiamento, si è arrivati anche a proiettare filmati  “a luci rosse”.

Il brutto carattere

La causa più ovvia, verrebbe da dire. Quale pazzo cercherebbe di addomesticare un grizzly (Ursus arctos horribilis). E che dire delle zebre? Veloci, forti, erbivore. Purtroppo sono più indomabili del più imbizzarrito dei cavalli. Sono addirittura mordaci, e anche solo prenderle al lazo è un’impresa. Molti animali quindi, sia pure strettamente imparentati con specie addomesticate, nonostante gli sforzi non si sono mai piegati all’uomo. 

La tendenza al panico

Il successo di una specie deriva anche da come reagisce al pericolo. Alcune si danno alla più disperata delle fughe, altre si trovano a vivere in branchi piuttosto coesi che, nei momenti di pericolo, si addensano come un esercito di soldati a formare una  testuggine romana. Nel primo caso, non c’è alcuna speranza. L’istinto della fuga è così radicato che l’animale arriverà a farsi del male impigliandosi nelle recinzioni pur di non obbedire a un comando dell’uomo che vuole addomesticarlo, alle volte fino alla morte.

La struttura sociale

Perché l’uomo possa procedere con la domesticazione, bisogna che la socialità della specie sia tale da permetterle di accettare in qualche modo le leggi del branco. Questo esclude per definizione non solo tutti gli animali solitari, ma anche quelli troppo territoriali. Ora, se anche trovassimo una specie che soddisfa tutti i criteri finora elencati, potrebbe non diventare domestica se non possiede l’ultimo, il più ovvio di tutti. Alcuni animali non si sottomettono: non si riconoscono infatti in nessun “leader” né della loro specie, né di un’altra.

L’ultima condizione risulta particolarmente interessante.
Tutte le specie di grandi mammiferi addomesticate infatti rispondono a tale criterio: vivono in branchi, grandi o piccoli, sottostanno ad una struttura gerarchica, hanno un leader riconosciuto e non sono territoriali.
L’uomo quindi non deve fare altro che prendere il posto del leader, del capobranco, e potrà essere obbedito dal resto dei componenti del gruppo.
L’esempio più comune a cui pensare è quello della domesticazione dei cani, che nei loro padroni individuano quello che per i loro antenati lupi era il maschio alfa, l’esemplare dominante, a cui riservavano totale dedizione.
Lo stesso accade per i cavalli, che nello stato selvaggio vivono in piccoli branchi rigidamente gerarchici facenti capo alla femmina più anziana, o con le pecore, laddove il pastore diviene guida indiscussa.
Una specie i cui esemplari non costituiscano un branco con un leader riconosciuto non potrà mai essere domesticata, per quanti tentativi si facciano.

Andando oltre le considerazioni di Diamond, potremmo riflettere sulle sue deduzioni applicandole anche a noi stessi.
Anche gli esseri umani, in fondo, sono dei grandi mammiferi.
Ma di quale gruppo fanno parte?
Non sono forse anche gli esseri umani potenzialmente “addomesticabili” ?
Forse qualche esemplare del genere umano ha compreso tutto questo molto tempo addietro, ed ha trovato il modo per attuare una pratica antichissima sui suoi stessi simili.

7 Giugno 2012

Grecia: il dibattito democratico

La Grecia si sta preparando a delle nuove elezioni, a pochissima distanza dalle ultime, svoltesi circa un mese fa, e conclusesi con un nulla di fatto, sostanzialmente.
Uno dei fattori che aveva destato maggior interesse era rappresentato dall’entrata in parlamento del gruppo di estrema destra Chrisi Afghì,  Alba Dorata, apertamente nazista e razzista.
A pochi giorni dalle nuove elezioni, quindi, si è in Grecia nel cuore della campagna elettorale, e come capita in ogni paese civile e democratico i dibattiti televisivi tra i rappresentani dei diversi partiti abbondano.
Nel video che segue, Ilias Kasiriadis, portavoce e candidato parlamentare di Alba Dorata, ha uno scambio di opinioni acceso con Liana Kaneli del partito comunista e Rena Duru del Siriza (partito di sinistra).
Tema della discussione le risorse non sfruttate della Grecia, ma ben presto Kasiriadis si lascia andare ad epiteti più che coloriti nei confronti delle sue colleghe, fino al climax finale.



(la parte migliore inizia dopo circa un minuto e 5 secondi)
 

Si potrebbero fare delle facili considerazioni sul fatto che tutto questo accade nella nazione che si vanta di aver dato vita al concetto di “democrazia”, nella terra dove il pensiero filosofico più sottile è stato per secoli affinato, e dove l’arte oratoria e il dialogo erano materie di studio nelle scuole.
E’ un lungo capitolo che sta per chiudersi, e come è giusto che sia il tutto deve finire in farsa, tendenza caratterizzante i nostri tempi.

1 Giugno 2012

Tra libertà e sicurezza

And did you exchange a walk on part in the war for a lead role in a cage?

Vi è una linea ideale all’interno della quale si muove l’esistenza di ogni uomo, una linea le cui estremità si chiamano libertà e sicurezza.
Libertà da una parte, sicurezza al suo opposto.
Definire la libertà non è semplice, e mai lo è stato.
Vi sono innumerevoli definizioni che a tale concetto si sono date nel corso dei secoli, così come vi sono diversi piani in cui l’idea di libertà si può applicare: quello fisico, quello mentale, quello più propriamente intimo.
E l’essere liberi in assoluto è una chimera, dal momento che in ogni aspetto del nostro vivere sono presenti regole e costrizioni, più o meno grandi, doveri e legami, più o meno sentiti.
Più semplice, al contrario, descrivere la sicurezza, poichè il suo campo è più prettamente ‘materiale’, concreto, terreno ed utilitaristico.
La sicurezza è un sentimento strettamente connesso con l’istinto primario di ogni essere animale, ovvero la sopravvivenza, e l’uomo, come si suol dire, non fa eccezione in questo.
Per l’essere umano, nello specifico, il concetto di sicurezza si traduce concretamente nella possibilità di soddisfare i suoi bisogni primari, e vitali.
La sensazione di sicurezza è quindi garantita dalla possibilità di avere del cibo, un riparo, dei vestiti, e prima ancora, dal non doversi preoccupare per la propria incolumità fisica.
Vivere senza temere di essere in pericolo di vita, prima di ogni altra cosa.
Si può facilmente constatare come questa necessità primaria sia stata, dalla notte dei tempi, la giustificazione per ogni forma di potere che nei secoli ha avuto il compito di guidare la vita delle varie società.
La presenza di qualcuno che “garantisca la sicurezza” è da sempre il motivo principale, infatti, per il quale gli uomini delegano a quel qualcuno l’esercizio del potere.
Uno degli esempi classici che descrivono tale fenomeno, e che in qualche modo sintetizza tale processo, è quello dell’europa alto-medioevale, laddove gli ex sudditi dell’ex impero romano ormai scomparso si mettevano volontariamente al servizio dei signori locali, in cambio della protezione che questi ultimi potevano assicurare.
Si cedeva parte della propria libertà, affinchè fosse garantita la protezione.
Libertà in cambio di protezione: quello era, questo è, il prezzo che si doveva, e si deve, pagare.
Due estremi che delimitano un segmento, e gli esseri umani nel mezzo non possono avvicinarsi ad uno di essi senza inevitabilmente allontanarsi dall’altro.

L’immaginario democratico descrive i cittadini moderni quali “liberi”, ma in verità la sorte dell’uomo comune non si è mai distanziata, nella sostanza, da quella dell’uomo medioevale.
Lo scambio da fare è rimasto sempre lo stesso, facendosi nel tempo forse più raffinato, meno percepibile, ed a tratti più subdolo.
Nello stesso modo, vi sono anche diversi metodi in cui questo scambio può avvenire: si può, in altre parole, stare più o meno vicini ad uno dei due estremi.
Perchè la vera scelta che ogni essere umano affronta nella sua vita non consiste nello scegliere se essere un uomo libero o meno, ma quanta della sua libertà è disposto a cedere.
Nella società contemporanea, ragionando per casi estremi, si potrebbe prendere ad esempio di “massima libertà” quello di un senzatetto per scelta, senza lavoro, senza famiglia, senza obblighi, senza carta di identità.
Un caso estremo, appunto, in cui la “libertà”, intesa ora come assenza totale di vincoli, è massima, e la sicurezza minima.
Sul versante opposto, sempre ragionando per estremi, l’esempio di massima sicurezza è rappresentato da un ergastolano in una prigione norvegese: cibo abbondante e vestiti puliti tutti i giorni, cella con la televisione e possibilità di usufruire di biblioteche e palestre, circondati da secondini urbani che garantiscono la propria incolumità fisica.

Massima sicurezza, appunto, nessuna preoccupazione per il domani, ed assenza totale di “libertà”.
Tra questi due estremi, la massima libertà e la gabbia dorata, si posiziona l’esistenza di ogni uomo.
A livello simbolico, e non solo.
Nessuno può dirsi completamente “libero”, ed ognuno decide quanta libertà è disposto a cedere in cambio della sicurezza.
Per poter mangiare si è disposti a cedere il proprio tempo ad un datore di lavoro, rinunciando alla libertà di trascorrere le proprie giornate riposando o girovagando, e per poter continuare a vivere nella propria casa, senza essere trascinati di forza davanti ai giudici, si è disposti a cedere parte dei propri guadagni agli esattori dello “stato”, che tra le altre cose garantisce anche, teoricamente, la propria incolumità fisica.
Si diviene ‘cittadini’, ci si fa schedare, catalogare, censire, monitorare, il tutto in cambio della propria “sicurezza”.
Ma per quanto tale sicurezza sia il bisogno primario, la maggioranza degli esseri umani non potrebbe nemmeno reggere il modello della gabbia dorata: in quella linea ideale in cui ci si posiziona, vi è un limite che non si riesce a superare.
Dove sta questo limite?
Per ognuno, come è ovvio, si trova in un punto diverso.
Alcuni tale limite lo posizionano solamente laddove inizia la costrizione fisica, mentre per altri già la limitazione della libertà di espressione è intollerabile.
In epoca fascista, ad esempio, la quasi totalità dei professori universitari non si fece problema ad adottare il pensiero egemone, con tanto di giuramento, pur di mantenere il proprio posto e la propria pagnotta.
Furono, in altre parole, disposti a cedere una enorme fetta della propria libertà personale in cambio della sicurezza del buon vivere.
Altri, pur di poter esprimere le proprie idee, andarono incontro al carcere (assai diverso da quello norvegese) ed addirittura alla morte.
Per questi ultimi il punto limite era posizionato assai prima.
Il nostro, quindi, di limite, dove sta?

8 Febbraio 2012

Potenti e pierini


Gli uomini di potere, comunemente intesi, sono coloro che hanno la possibilità di decidere delle sorti della popolazione, le persone le cui decisioni  immancabilmente condizionano il vivere quotidiano degli altri.
Il concetto di potere, però,  può essere interpretato da diverse angolazioni.
Nella piramide del potere, infatti, vi è una distinzione, più volte ribadita, della quale occorre sempre tenere conto: non bisogna mai confondere coloro che le decisioni le prendono con coloro che invece quelle decisioni le devono solo attuare.
L’universo politico nella sua interezza è composto dal secondo gruppo, quello degli esecutori, poiché chi il potere lo detiene realmente non si espone, e manda avanti dei prestavolto utili ad attirarsi le ire dei sudditti in cambio della visibilità, della sensazione di essere importanti che alimenta il loro piccolo ego.

Quelli che noi crediamo “potenti” non sono altro che dei poveri diavoli, individui che hanno ceduto la loro dignità e la loro anima in cambio di misere gratificazioni, proni omuncoli che elemosinano cariche e lustrini,  alimenti per il loro ego corrotto ed irrimediabilmente compromesso.
Un chiaro esempio della piccolezza di questi personaggi di rappresentanza si può osservare nel seguente filmato, in cui quello che in teoria dovrebbe essere l’uomo che detiene il maggior potere decisionale nel nostro paese si mette a farfugliare cose senza senso dinnanzi ad una domanda “scomoda” di una giornalista, come un pierino qualsiasi colto dalla maestra con i compiti non fatti.
E l’argomento in questione, tra parentesi, dimostra ancora una volta il paradosso dell’attuale momento economico che stiamo vivendo, e la assoluta immoralità di cui il nostro governo, come qualsiasi governo, si fa rappresentante.
Si parla dei 15 miliardi di euro spesi per dei caccia F35, e al nostro presidente del consiglio viene chesto se questi soldi siano spesi bene.
In un momento in cui milioni di persone restano senza lavoro, in cui gli organi dello stato rastrellanno i beni delle famiglie inventando nuove tasse e balzelli,  pizzi da estorcere per “evitare il peggio”, al nostro rappresentante del governo viene chiesto se questa spesa fosse necessaria.
E, davvero, quale altra risposta ci potrebbe stare, se non “certo che sono soldi spesi bene, noi siamo dei criminali, ed i criminali è questo che fanno: rubano alle persone e poi le prendo pure per il c…


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