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-o- Too late to die young -o-
12 Gennaio 2008

Nostra Signora di Chartres

Ci sono dei luoghi in cui alita lo Spirito


La Cattedrale di Chartres è un immenso scrigno, un sigillo di pietra che custodisce uno dei luoghi più sacri d’Europa.
Profondamente ancorata nella terra, si innalza a toccare il cielo, unendo in modo indissolubile ciò che sta in alto con ciò che sta in basso.
Che la cattedrale di Nostra Signora di Chartres sia un monumento fuori dal comune lo si intuisce già in lontananza, quando compare imponente dominando la pianura circostante, totalmente fuori scala, secondo i canoni dell’architettura moderna, con l’abitato che le fa da cornice.
La cittadina di Chartres contava all’epoca dell’edificazione dell’attuale cattedrale poche migliaia di abitanti: un piccolo paese ad Ovest di Parigi si ritrovò ad ospitare uno dei templi più grandi d’Europa.
Per i nostri testi di storia dell’architettura non vi è nulla di notevole in questo.
Ma per ribadire meglio tale particolarità occorre ricorrere ad un paragone forse irrispettoso alla funzione sacra della cattedrale, un paragone che comunque renderà chiara la questione di cui si sta trattando.
Non approfondire le dimensioni di questa cattedrale in rapporto con la popolazione dell’abitato in cui sorge sarebbe come arrivare nei nostri giorni in un paese di poche migliaia di anime e ritrovarsi davanti ad uno stadio da 80.000 spettatori.
Una persona mediamente razionale si chiederebbe per quale motivo tale impianto si trovi proprio in quel luogo, talmente “fuori misura” rispetto al contesto.
E resterebbe alquanto sorpreso.
Uno stupore che la storiografia ufficiale non conosce, per quanto riguarda le questioni di cui non potrà mai avere risposta.

La Cattedrale vista in lontananza

Ma le risposte si trovano.
Occorre però prima porsi le domande.
Louis Charpentier, nel suo prezioso testo “I misteri della Cattedrale di Chartes” fornisce numerose nozioni, utili a comprendere l’importanza di questo luogo.
Chartres fu luogo di culto da tempi remoti; già al tempo dei celti il santuario che vi sorgeva era noto per la sua antichità.
La meta dei pellegrini era una grotta in cui si venerava una Vergine Madre; vicino alla grotta si trovava un pozzo, profondo 33 metri, in cui venivano praticate le abluzioni e i riti di iniziazione.
Quel pozzo esiste ancora oggi, nei sotterranei della cattedrale.
In sua corrispondenza, in maniera speculare, la navata della cattedrale raggiunge i 33 metri di altezza.
Un asse che unisce la profondità della terra con il cielo.

Quando i primi cristiani giunsero nella grotta vi trovarono una statua di una Vergine Nera, scolpita in legno di pero, raffigurante la Santa Vergine con in braccio un bambino.
Si raccontava che fosse stata scolpita dai Druidi, che avevano previsto la nascita di un bambino divino da una Vergine.
Sopra quella grotta sorsero i luoghi di culto cristiani, e diversi templi si succedettero fino ad arrivare all’attuale cattedrale, costruita in meno di 50 anni a seguito del rogo della cattedrale romanica preesistente, rogo avvenuto nel 1194.
Vi è quindi una continuità di Chartres come luogo sacro che travalica i vari culti, una sacralità della cui origine si è persa traccia.
La toponomastica proposta da Charpentier aggiunge dei particolari importanti: secondo l’autore il nome Chartres deriverebbe da Carnute – Is, ovvero luogo sacro dei Carnuti.
I Carnuti erano una popolazione che abitava la Francia dal III al I millennio avanti Cristo.
Siamo all’epoca dei dolmen.
Carnutes corrisponde a “Guardiani della Pietra”, un popolo il cui compito era proteggere la Terra Sacra.
E la Terra Sacra per eccellenza di tutta la Francia, si trovava nel luogo in cui sorge l’attuale Chartres.

L’altare della cripta della Cattedrale.
In questo luogo sorgeva la grotta sacra in cui da millenni convergevano i pellegrini; la statua della Vergine col Bambino è una copia fedele di quella venerata dai tempi precristiani.
La statua originale venne bruciata dai seguaci della Ragione durante la rivoluzione Francese.

 

I luoghi sacri nell’antichità non venivano scelti arbitrariamente; per noi risulta difficile comprendere la conoscenza che nelle epoche passate si possedeva riguardo la vita e le dinamiche della terra.
Le culture passate sapevano che il suolo è attraversato da delle “correnti”, un fenomeno che anche la scienza ufficiale sta timidamente cominciando a trattare.
Queste correnti che “serpeggiavano” nel suolo trasportavano lo “Spirito”, la sostanza vitale per eccellenza.
E nel sottosuolo di Chartes queste forze convergono in modo potente.
Le correnti telluriche venivano spesso raffigurate come serpenti che si muovevano nel sottosuolo.
Il santuario di Delfi, ad esempio, secondo la leggenda nasce dopo che Apollo uccide il serpente Pitone conficcandolo nel suolo, ovvero “catturando” in un preciso luogo questo “Spirito serpeggiante” e facendo in modo che i suoi benefici possano risalire in superficie.
Nello stesso modo sono numerose le rappresentazioni della Vergine nell’atto di schiacciare col piede un serpente.

 

Nostra Signora della Medaglia Miracolosa, Rue de Bac, Parigi

La vittoria della madre di Dio su Satana, sicuramente, ma anche il fissare le forze telluriche, il renderle “innocue” e accessibili agli uomini.
E non a caso tale compito è affidato alla Nostra Signora, mediatrice tra gli uomini e il Divino.
La Cattedrale di Nostra Signora di Chartres deve essere vista come la Vergine che schiaccia il serpente.
Un enorme scrigno, posto a protezione di un enorme tesoro, una Terra Sacra la cui custodia in antichità fu affidata ad un intero popolo, ed ora ad un maestoso Tempio.

La maestosa facciata

 

Si veda anche:
– Stelle e Cattedrali
– I Misteri della Cattedrale di Chartres, di Louis Charpentier (pdf)
– La Cattedrale di Chartres, di Marisa Uberti.

La foto della Nostra Signora della Medaglia Miracolosa è tratta dal sito www.chapellenotredamedelamedaillemiraculeuse.com/IT/A.asp
Le restanti immagini si possono usare liberamente.
La citazione iniziale è di M. Barrés.

22 Novembre 2007

Magenta

10 Settembre 2007

L'altra faccia del simbolo della pace

Vi sono simboli in cui ci imbattiamo quotidianamente, simboli la cui origine è poco nota, a dispetto della frequenza con cui vengono utilizzati.
Uno di questi è sicuramente il simbolo della pace.

Questa è la versione più nota sulla sua origine:Il simbolo della pace nasce come simbolo della campagna inglese per il disarmo nucleare (Campaign for Nuclear Disarmament (CND)) e venne ideato e disegnato da Gerald Holtom, nel 1958, un artista del Royal College of Arts, a partire dalla lettere N e D come rappresentate dal codice dei segnali con bandierine:


[…]Il primo utilizzo pubblico del simbolo risale alla marcia di Aldermaston in Inghilterra durante il 1958, come descritto in un articolo sulla manifestazione dal Manchester Guardian.
Circa 10 anni dopo il simbolo comincia ad essere utilizzato come riferimento generale alla Pace dal movimento studentesco contro la guerra, diventando probabilmente il più noto simbolo della cultura giovanile degli anni sessanta.
Una interpretazione leggermente diversa è la seguente.
Le due linee inclinate corrispondono al segnale con bandierine della lettera D che sta per “disarmo”, la linea verticale corrisponde alla lettera N che sta per “nucleare”, mentre il cerchio rappresenta la parola “globale”.

Dunque il significato è Disarmo Nucleare Globale.

Secondo alcuni il simbolo deriva da due simboli storici cristiani: il cerchio esterno indica la terra (desolata e vuota, Gen 1:2) mentre il disegno interno “piede della strega/zampa di corvo”, indica “DIO discende” (con il dono di salvezza, Giovanni 3:16).
Secondo altri le due braccia con bandierine, senza il cerchio, assomigliano ad una figura stilizzata con le braccia aperte – “il gesto di un essere umano disperato”; il cerchio rappresenta l’utero o le generazioni non nate, come pure il mondo; il colore nero rappresenta l’eternità.
Un’altra spiegazione, presumibilmente “non ufficiale”, è che essa rappresenta la croce del cristo con le braccia abbassate in segno di disperazione. Infatti il simbolo è anche la Runa della Morte nell’alfabeto runico Futhark.

da “Il simbolo della pace e il suo significato”

 

Soffermandoci sull’analogia con l’alfabeto runico, riportiamo alcune considerazioni tratte da Il Loto e la Croce :

Le vie attraverso cui la controiniziazione tenta di infiltrarsi nella vita degli uomini sono, in prima battuta, quelle dei Simboli, esotericamente intesi.
Si appropria quindi di tutti quei sigilli che veicolano la Verità, cercando bene di plasmarne il significato, modificarlo ad usum delphini, snaturandolo in senso opposto a quello “benefico” nonché “originario” (il significato è volutamente doppio semanticamente).
Punto di partenza è la Runa Algiz/Eiwaz (nella serie lunga).

Nella serie runica breve viene chiamata invece Man.
Questa Runa è collegato ad un significato fausto, positivo, in primo luogo collegato con animali sacri quali il cigno (in protogermanico: alkaz) e l’alce (indoeuropeo: olkis).
Il Cigno è animale in cui si tramutano le Valkyrie: esse possiedono e trasmettono i segreti celesti, sono simbolo dell’epifania del divino; per questo sono dette bianche e luminose.
Le corna dei cervidi, invece, simboleggiano l’eterno ritorno, il risveglio primaverile, in ambito celtico non è difficile perciò pensare a Kernumnos, dio della fertilità e della ricchezza.
O ancora, oltre allo stesso cigno, anche il cervo è sacro all’Apollo iperboreo, in questo senso ci si può riferire alla resurrezione come ritorno al Centro Spirituale originario, la runa assume così anche il significato dell'”orante”, l’uomo che saluta il Sole con le braccia levate.

La similitudine morfologica e semantica più significativa c’è nell’avvicinare l’Algiz al greco Alké che il Benveniste traduce con: fare fronte al pericolo senza mai indietreggiare; non cedere all’assalto, resistere validamente nel corpo a corpo.
Ma l’alké è ben diversa dalla pura forza fisica (sthenos): sono gli dei e Zeus in particolare, che concedono l’alké immutabile, qualunque sia il Destino individuale.
Per questo si può sintetizzare l’Algiz come runa tipicamente sacerdotale, essa è l’archetipo dell’uomo aperto alle influenze celesti, superne, attraverso cui viene permesso di resistere spiritualmente, proteggendo da qualsiasi attacco nefasto.

Pace senza Valore

Torniamo al simbolo della “pace”, segno grafico ereditato da quel movimento identificato come beat generation.
Il simbolo in questione, depurato dei necessari adattamentio grafici per camuffarlo adeguatamente, rivela di essere nient’altro che una Algiz rovesciata: la runa chiamata Yr.

Il significato di Yr è l’esatto opposto di quello Solare di Algiz, il nome con cui è meglio conosciuta è toten-rune, runa della Morte.
Essa rappresenta la Luna che scompare, calante, mutevole[…]
La runa Yr dunque è la runa dell’errore, della confusione, sia attraverso l’eccitamento della passione (amore, gioco, bere), sia attraverso le parole false, che cercano di piegare l’oppositore con parole pretestuose piuttosto che con reali ragioni.
L’uomo di Yr, pertanto è “rovesciato”, aperto alle influenze subliminali, notturne ed infere.[…]

Riferimenti:
Mario Polia – Le Rune e gli dei del nord – Il Cerchio
Guido Von List – Il segreto delle rune – Società Editrice Barbarossa


7 Settembre 2007

La Ruota della fortuna

di Vautrin


…Il tema della Ruota della Fortuna avrà, nel corso del Medioevo, un successo per certi aspetti strabiliante.
Questo concetto chiave per la mentalità medievale, in particolare per quanto riguarda la storiografia, è ereditato, indirettamente, dalla tarda antichità, attraverso uno dei testi che più avrà successo nel mondo intellettuale dell’età di mezzo: la Consolatio Philosophiae di Severino Boezio. […]:
“[..] Se abbandonassi le vele ai venti, avanzeresti non già nella direzione voluta , ma là dove i venti ti spigono; se affidassi la semente al terreno arato, metteresti in conto la possibilità che l’annata sia di volta in volta feconda o sterile.
Ti sei affidato al governo della fortuna: devi sottostare agli umori della tua padrona. Tu ti sforzi invece di fermare il movimento impetuoso della Ruota che gira?
Ma, o stolidissimo tra i mortali, se principia a star ferma, la sorte cessa di essere.”…

 

3 Settembre 2007

Il Serpente Piumato

Quetzalcoatl, il dio serpente, signore della creazione, del sapere e del vento, era il re della città degli dèi.
Era totalmente puro, innocente e buono. Nessun compito era troppo umile per lui. Spazzava persino i sentieri degli dèi della pioggia, così che essi potessero venire a portare acqua alla terra.
L’astuto fratello di Quetzalcoatl, Tezcatlipoca, il dio dei guerrieri, del cielo notturno e del fulmine, era infuriato per la sua assoluta bontà.
Così decise, con alcuni amici, di fargli un brutto scherzo, trasformandolo in un furfante in cerca di piaceri. “ Gli daremo un volto ed un corpo umani !” sogghignò.
Mostrarono a Quetzalcoatl il suo nuovo aspetto umano in uno specchio fumoso.
Appena Quetzalcoatl vide il suo nuovo volto, si sentì posseduto da tutti i desideri materiali che affliggono il genere umano.
Allora Quetzalcoatl gridò inorridito “ Non sono più adatto ad essere un re! Non posso comparire davanti al mio popolo in questo modo! ”
Il dio chiamò a sè Xolotl, il coyote. Questi era legato a Quetzalcoatl come fosse la sua stessa ombra, gli fece un manto di piume verdi, rosse e bianche prese dall’uccello quetzal.
Gli fece anche una maschera di turchesi, una parrucca e una barba di piume blu e rosse. Poi gli dipinse le labbra di rosso, colorò la fronte di giallo e fece in modo che i suoi denti sembrassero quelli di un serpente.
Quetzalcoatl assunse così le sembianze del leggendario serpente piumato.
Leggenda azteca

Il serpente dotato di piume, o di ali, è una figura simbolica comune a diverse culture, una figura che integra in sé le due opposte aspirazioni dell’animo umano.
Nella racconto sufi “Il Serpente e il Pavone” i due animali evocavano rispettivamente gli impulsi terreni che trattengono l’uomo ancorato nella realtà materiale e l’aspirazione al ricongiungimento con il mondo celeste.
Aspetti che divengono negativi quando si assolutizzano.
Così una esistenza esclusivamente materiale implica la decadenza dell’essere umano, e la sua “caduta” nel regno animale, mentre un’aspirazione al celestiale dimentica delle origini “terrene” fa perdere il contatto con la realtà, come insegna il mito di Icaro.
La figura del serpente piumato unisce in sé entrambe queste due qualità, in una armonia perfetta e difficile da raggiungere.
Il serpente che acquisisce piume, o ali, rappresenta l’essenza terrena dell’uomo che prende coscienza di sé, e senza rinnegare se stessa conquista la capacità di elevarsi oltre la sua condizione materiale, senza per questo dimenticare le sue origini e il suo percorso.