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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
31 Dicembre 2009

2000 - 2009, l'opera al nero

Ancora poche ore ed avrà termine il primo decennio del III millennio, un decennio particolare, ad iniziare proprio dal nome, dal momento che un nome questo decennio nemmeno ce l’ha.
Abbiamo ancora eco degli anni quaranta, degli anni cinquanta, degli anni sessanta, settanta, ottanta , degli anni novanta, ma questi dieci anni che stanno per finire faticheremo a rievocarli.
Anni zero suona in effetti male, mentre il primo decennio del XXI secolo è formula assai laboriosa e lunga da recitare.
Comunque sia, anche tale decennio sta per finire, e come ogni decennio, anche questo ha portato eventi e date da ricordare, processi sociali, progressi e regressi la cui entità spesso si comprende solo a posteriori.
L’evento per eccellenza, quello che sicuramente si ricorderà nei secoli nei libri di storia, anche nei più sintetici, è rappresentato dall’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001.
Un attacco che parte da lontano, preannunciato in qualche modo esattamente 11 anni prima, nell’11 settembre del 1990, da George Bush padre, quando in un discorso ormai storico per la prima volta un presidente degli Stati Uniti fece uso in maniera ufficiale del termine “Nuovo Ordine Mondiale”.
Si trattava di un progetto geopolitico a lungo cullatodai più importanti think tank globalisti, un progetto che conobbe una grande accelerazione proprio in seguito all’attacco subito dall’impero nel suo cuore finanziario e militare.
Un progetto che non ha mai avuto come fine ultimo l’egemonia incontrastata degli Stati Uniti sul resto del pianeta, come in molti avevano pensato, ma un programma a lungo termine in cui i poteri nazionali sarebbero passati in secondo piano rispetto alla guida sapiente di un insieme di circoli elitari transazionali, capaci di gestire e direzionare le strutture finanziarie, mediatiche e culturali di gran parte del pianeta.
In questo quadro, l’11 Settembre del 2001 ha rappresentato il giorno del sacrificio, il momento in cui si dette il via alla fase finale della distruzione delle strutture del vecchio ordine.
Così, gli Stati Uniti, concepiti dai padri fondatori come la nuova Israele, perdevano in pochi istanti il segno della loro vocazione messianica, le due torri che come le due colonne del Tempio di Gerusalemme segnavano il varco d’ingresso attraverso cui accedere nello spazio più sacro della Terra Promessa.
Crollavano le Torri e crollava il Tempio, e suonavano le trombe che davano il via ad un decennio di battaglie e devastazioni, una serie di guerre scatenate sulla base di menzogne e falsità palesi a cui l’universo occidentale, quello dei buoni, credeva con poche esitazioni.
Un sacrificio che prevedeva anche l’auto annientamento degli stessi Stati Uniti, scivolati ormai in una decadenza economica e sociale irreversibile.
Guidati per otto dei dieci anni del decennio dal presidente più incompetente della loro storia, un povero uomo schiavo dell’alcolismo e con un quoziente intellettivo di molto inferiore a quello della media del suo popolo, impotente e ignaro dei processi che attorno a lui si verificavano.
La sua presenza rendeva evidente il fatto che le strutture di potere ufficiali avevano un ruolo secondario, mentre diveniva palese anche ai più ingenui che le decisioni venivano prese da entità non immediatamente riconoscibili.
Gli Stati Uniti hanno quindi avuto il compito in questo decennio di porre fine al vecchio ordine, preparando il terreno per quello che sarà un ordine del tutto diverso, un ordine la cui forma è difficilmente prevedibile, e la cui costruzione richiede ancora del tempo.
Allo stesso modo è destinata a mutare l’intera architettura finanziaria che ha caratterizzato, con alti e abissi, la storia degli ultimi 100 anni.
Un’architettura priva di fondamenta, un castello di carte capace di crescere per decenni in maniera spropositata dando l’illusione di poggiare su solide basi.
Un sistema fondato sulla moneta creata dal nulla, su bolle che si gonfiano e si sgonfiano e che vengono sostituite da bolle ancora più grandi, in attesa dello scoppio finale; difficile dire quando il crollo avverrà, così come ignote saranno le modalità e le tempistiche.

Nel 2008 c’è stata una scossa generale, ed ancora adesso la maggioranza delle persone non ha compreso l’entità della “crisi” che si è palesata.
Ma l’inganno potrà ancora andare avanti a lungo, per anni, forse decenni.
Quello che è certo è che le economie fondate sui debiti che crescono in maniera esponenziale e sulla creazione incontrollata di moneta dal nulla non possono durare in eterno: arriva il momento in cui gli schemi ponzi collassano, nonostante per anni si possa avere l’impressione che nel gioco tutti possano guadagnare.
A livello politico-mondiale abbiamo quindi visto in questo decennio l’accentuarsi della decadenza morale ed economica della più grande potenza imperiale del secolo scorso, abbiamo sperimentato gli effetti delle prime crepe del complesso strutturale del sistema finanziario globale ed abbiamo anche assistito alla pianificazione di quel processo battezzato “scontro di civiltà”, preludio all’ atto finale che ci attende nei prossimi decenni.
Atto finale che con grande probabilità avrà come cornice il luogo che da sempre si prepara a tale compito, la Terra Santa per eccellenza.
Ma questo è un copione che deve ancora essere completato.Nel frattempo, siamo tutti spettatori di un momento storico emozionante e complesso, quel finale di partita in cui i giocatori più scaltri possono permettersi di giocare senza maschere, prendendosi il lusso di mostrarsi per quello che sono, nella consapevolezza che pochi saranno, comunque, in grado di riconoscere l’espressione dei loro volti.
Un addio quindi a questo primo decennio del XXI secolo che giunge a termine, un decennio che ha corso in modo molto rapido.
Ed un saluto anche agli anni che ci attendono, che perlomeno avranno un nome.
Viviamo in tempi assai interessanti.

6 Ottobre 2009

California, terzo mondo?


La Remote Area Medical è un’associazione di medici volontari con base nel Tennesse, negli Stati Uniti, e dal 1985 offre le proprie competenze nei luoghi più poveri del pianeta, dove le persone sono prive dell’assistenza sanitaria di base.

Per anni i medici della RAM hanno operato in Africa e in Sud America, raggiungendo luoghi remoti e distanti dalla cosiddetta civiltà occidentale, con una squadra specializzata composta da medici, oculisti, infermieri, dentisti e veterinari.
Allo stesso modo, i medici della RAM hanno istituito anche un programma di assistenza dedicato alle zone più disagiate degli Stati Uniti, in particolar modo le aree rurali distanti dai grandi centri abitati.

Da qualche mese a questa parte, però, questi medici volontari stanno concentrando i loro sforzi in luoghi assai meno isolati, luoghi che fino a pochi mesi fa non rientravano affatto nelle loro priorità.

Così, dalle foreste amazzoniche e dai deserti infuocati dell’Africa, la fondazione RAM si è ritrovata ad operare nel cuore della California, lo stato più ricco dell’Unione, quello che se fosse indipendente rappresenterebbe l’ottava economia del mondo.

O forse rappresentava.
Perché attualmente lo stato della California è prossimo alla bancarotta, nello stesso modo in cui un paziente in coma irreversibile è vicino alla morte.
Da circa tre mesi i dipendenti pubblici vengono retribuiti con cambiali, mentre i licenziamenti e le ferie non retribuite forzate sono all’ordine del giorno; nel mentre, decine di migliaia di famiglie si sono ritrovate per strada dopo aver perso la casa a seguito dello scoppio della bolla immobiliare, ed ancora maggiore è il numero di cittadini totalmente privi di una qualsiasi forma di assistenza sanitaria.
Ed è per venire incontro a queste persone che la Remote Area Medical ha stabilito una propria base operativa a Los Angeles, attrezzando l’ Inglewood Forum come un enorme ambulatorio.
Così, a partire dalla notte fonda migliaia di persone si radunano intorno all’arena, nella speranza di poter ricevere il tagliando che garantirà loro una visita gratuita.
Sono infatti 1500 i pazienti che possono venire visitati in un giorno, e i tagliandi, che vengono distribuiti a partire dall’una di notte, si esauriscono prima delle 4 del mattino: chi ne resta sprovvisto viene invitato a tornare a casa.
Scene di sicuro non propriamente comuni nella nazione più ricca del pianeta, fino a pochi mesi fa.

Scene del mondo nuovo, intento a mostrare una delle sue migliori facce proprio nella città degli Angeli.

5 Settembre 2009

La crisi e i turchi sotto le mura


L’estate scorreva tranquilla e mi sono ritrovato spesso ad osservare le persone intorno a me che si godevano il sole e il mare.
Ogni tanto al kafenio si accennava alla “crisi”, ed immancabilmente c’era chi faceva notare che nonostante tutto le spiagge ed i locali erano sempre affollati.

Nel frattempo, un giornale locale abbandonato ad un tavolino a lato, lasciato aperto in una pagina a caso, raccontava dei negozi di souvenir di Patrasso che stavano registrando un calo delle vendite del 50% rispetto all’anno precedente.

Chi ne avesse sfogliato le pagine avrebbe ritrovato molte notizie simili.

Ma le spiagge in cui si faticava a trovare una sdraio erano una realtà tangibile, mentre le dichiarazioni dei commercianti e le varie statistiche economiche apparivano come voci giunte da mondi assai distanti, e noi tutti siamo come piccole formiche, col nostro sguardo che immancabilmente copre una piccola porzione del mondo circostante, e cerchiamo di interpretare l’insieme partendo dalla nostra limitata esperienza.
Succede poi nel corso della storia che enormi cambiamenti siano in qualche modo annunciati, a volte inevitabili, e nonostante tutto impieghino diversi decenni prima di compiersi; a volte diverse generazioni si susseguono mantenendo inalterato il proprio stile di vita e le proprie abitudini, mentre eventi destinati a cambiare le sorti del mondo procedono verso il loro compimento.

Mi capita spesso di cercare di immaginare, ad esempio, come poteva essere la vita a Costantinopoli nella seconda metà del XIV secolo, nei decenni che precedettero la definitiva caduta della Città del 1453.
La massima potenza della capitale era una questione che ormai apparteneva ai secoli passati, ed i turchi ottomani acquisivano anno dopo anno nuove porzioni del territorio di quello che rimaneva dello sterminato Impero d’Oriente.
Eppure, dentro le mura della Città, allora come da quasi un millennio, la vita continuava, le strade erano trafficate ed i mercanti ancora portavano avanti le loro attività, in qualche modo.
Con i turchi a pochi chilometri di distanza, una persona poteva nascere, vivere e morire dentro le mura della Città col pensiero che nulla sarebbe mai cambiato, che la vita a Costantinopoli sarebbe sempre stata la stessa, così come lo era da un millennio a quella parte. E mentre osservavo il mare e le persone che si rilassavano nelle loro vacanze, mi sembrava a volte di cogliere quella stessa spensieratezza degli abitanti della Città, convinti che nessun esercito nemico avrebbe mai potuto sovvertire un ordine che reggeva da secoli.
Oggi non ci sono invasori che premono contro le mura, e l’ordine attuale è minacciato da fattori ben diversi.
Ed oggi come allora la possibilità che da un giorno all’altro il corso delle proprie esistenze possa subire degli sconvolgimenti pare una eventualità lontana, voci di sventura a cui è bene non porre troppo ascolto.
Si poteva, nella seconda metà del XIV secolo, nascere, vivere e morire a Costantinopoli nella convinzione che le mura della Città avrebbero retto in eterno.

E si può oggi, nell’Occidente del XXI secolo, nascere e vivere con la sicurezza che il nostro modo di vita, il nostro sistema sociale ed economico possa sopravvivere nei secoli, nonostante qualche temporaneo intoppo.
E’ sufficiente non affacciarsi alle mura delle Città, ed ignorare l’accampamento dei turchi là fuori.

8 Giugno 2009

134 miliardi di dollari sequestrati


Nel pomeriggio di Giovedì  4 Giugno, presso la stazione ferroviaria di Chiasso, sono stati fermati due distinti giapponesi nelle cui valigette i finanzieri elvetici hanno trovato 259 titoli di credito Usa per un valore di 134 miliardi di dollari.

134 miliardi di dollari.
A distanza di due giorni la notizia è stata confermata, ed al momento gli esperti svizzeri sono al lavoro per stabilire se i titoli in questione siano veri oppure falsificati.

L’entità della cifra sequestrata risulta difficile da concepire: 134 miliardi di dollari sono 96 miliardi di euro, l’equivalente di 7 finanziarie.
Oppure il prodotto interno lordo del Marocco, per avere un ulteriore termine di paragone.
In una valigia sono state trovate 249 obbligazioni della Federal Reserve da 500 milioni di dollari ciascuna, mentre nella seconda erano presenti 10 “Kennedy Bond”, titoli di stato americani dal valore nominale di 1 miliardo ciascuno.

Per entità simili il fatto che si tratti di titoli veri o falsi non fa alcuna differenza.
Risulta difficile immaginare un falsario che produce dei titoli di stato da un miliardo di dollari e poi scende in strada cercando di piazzarli.
Magari comprando un caffè al bar sotto casa e pagandolo con un Kennedy Bond, ed aspettando che il barista si procuri i 999 milioni e 999 mila e 999 dollari di resto.
In verità, falsari specializzati ad operare tali truffe esistono, ma si tratta di organizzazioni criminali talmente pericolose che non è prudente farne il nome (le chiameremo in codice “banche centrali”).
Come ha dichiarato uno “specialista nel ramo”, «Di bond da un miliardo di dollari, io non ho mai sentito neanche parlare. Se esistono, credo che circolino solo nei rapporti tra Stati».

In effetti non esiste altra possibilità, ed a questo punto sarebbe da stabilire perché tale cifra fosse nascosta in due semplici valigie di due anonimi cittadini giapponesi che hanno fatto di tutto per passare inosservati, mentre tentavano di passare il confine italo svizzero a bordo di un treno di pendolari.
Una scena del genere, se vista in un film apparirebbe oltremodo ridicola, talmente inverosimile da risultare grottesca.
L’intera faccenda appare alquanto bizzarra, senza dubbio.

4 Giugno 2009

Il debito USA e le risate cinesi


Apprendiamo dall’autorevole Telegraph della recente visita in Cina del Segretario del Tesoro Americano, signor Geithner:

Nella sua prima visita ufficiale in Cina da quando è diventato Segretario del Tesoro, il signor Geithner a Pechino  ha assicurato ai politici ed agli accademici locali che egli continuerà a sostenere un dollaro americano forte, ed ha  insistito sul fatto che i trilioni di dollari degli investimenti cinesi non rischiano a causa della crisi economica.
Parlando alla Peking University, il signor Geithner ha assicurato: “Gli investimenti cinesi sono molto sicuri”
Il commento ha suscitato sonore risate nella platea degli studenti. […]

Per la cronaca, ecco come l’agenzia Ansa ha riportato la medesima notizia:

(ANSA) – PECHINO 2 GIUGIl segretario al Tesoro Usa Timothy Geithner ha rassicurato pubblico e dirigenti cinesi sulla solidita’ dei loro investimenti in dollari. Secondo Geithner la politica espansiva seguita in questi mesi dall’amministrazione Obama e’ una necessaria risposta alla crisi, ma in futuro Washington riportera’ in alto il valore del dollaro. Per il presidente Hu Jintao, la Cina e gli Usa ”condividono il peso di importanti responsabilita’ in tutti i campi per far fronte alla crisi internazionale”.

Tutto corretto, con il piccolo dettaglio dell’omissione della risata generale della platea all’udire le “rassicurazioni” del segretario del tesoro Usa.
Ovviamente non è solo l’Ansa ad aver dimenticato di riferire tale piccolo incidente: la quasi totalità delle agenzie di stampa ed i principali quotidiani occidentali hanno preferito sorvolare sull’episodio.
La situazione quindi è la seguente: il ministro del tesoro della (ormai ex) più grande potenza economica e militare del mondo si reca in Cina, nazione nei confronti della quale gli Stati Uniti sono debitori di qualche trilione di dollari, tentando di rassicurare i creditori che il suo governo prima o poi saprà onorare i propri debiti.

Come risposta, una platea di giovani studenti cinesi gli ride dietro sonoramente.
Sembrerebbe quasi la scena di una commedia delle maschere, in cui Geithner recita la parte di  Arlecchino con le pezze al sedere che si reca dallo strozzino assicurandolo sul fatto che saprà pagare i suoi debiti, ed ottiene come risposta una serie di sberleffi.

Sembrerebbe, se non fosse che a differenza di  un Arlecchino qualunque gli Stati Uniti sono ancora la più grande potenza militare del pianeta e godono ancora del prestigio che si riserva ai nobili decaduti, poco prima che i vecchi sottoposti perdano la pazienza e li tolgano di mezzo.
Quello che è successo in Cina resta comunque un evidente sintomo di un cambiamento di epoca, dal momento che il secolo di egemonia americano sta volgendo al termine.

Una caduta che non coinvolgerà solamente gli Stati Uniti.
Per la prima volta nella storia a noi nota, infatti, l’economia mondiale è talmente interconnessa da farci supporre che non stiamo assistendo ad un semplice passaggio di testimone tra una potenza imperiale ed un’altra, come molte volte è accaduto in passato, ma alla fine di un intero paradigma, ed alla probabile nascita di un nuovo ordine dai confini ancora da definire.

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Un articolo di approfondimento da non perdere sull’argomento:

Una risata ci seppelirà?

Epperò: se Pechino è preoccupata (e forse ride, per non piangere); anche a Washington pare che ci sia ben poco da stare allegri. I grandi media a stelle e strisce – o almeno così scrive oggi il celebre blog del Financial Times, FtAlphaville – hanno oscurato la notizia della risata. Mentre rimane avvolta nel mistero più fitto la risposta al punto interrogativo più grande di questo 2009: chi – oltre ai cinesi – dovrebbe comprare la raffica di titoli di stato che gli Stati Uniti si apprestano a stampare? Un mistero, appunto, che però dovrà essere, per forza di cose, svelato presto. Poco più di una settimana fa, il giornalista britannico Ambrose Evans-Pritchard si è armato di pallottoliere. E, sempre sulle colonne del Telegraph, ha scritto nero su bianco che – per coprire i costi dei salvataggi delle banche e del piano di stimolo dell’economia – gli Usa entro la fine dell’anno dovranno trovare investitori disposti a dargli ben 2 trilioni di dollari. Di cui – pronti e via – ben 900 miliardi di dollari entro settembre. Come a dire: non proprio noccioline.


si veda anche: Preoccupazioni Cinesi