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-o- Too late to die young -o-
17 Maggio 2008

Guardie e ladri

…to serve and to protect…

Il tema della “sicurezza” è l’ultimo tormentone in ordine di tempo che i grandi media hanno deciso di propinarci.
Andando oltre le comuni considerazioni e le “analisi” che gli stessi media ci propongono, l’amico Giorgio Mattiuzzo in un ottimo articolo offre alcuni spunti di riflessione che a mio parere centrano il cuore della questione.
La vera domanda infatti è la seguente: perchè le forze dell’ordine danno l’impressione di perseguire più gli onesti che i delinquenti?
E’ davvero solo un’impressione?

da  “Annozero”, commedia in atto unico,
di Giorgio Mattiuzzo

…l’immaginario collettivo divide il mondo in guardie e ladri.
Il ladro scappa e la guardia insegue.
La guardia acchiappa e punisce, il ladro viene preso e restituisce il maltolto.
Questo è quello che deve succedere, nell’immaginario delle persone.
Questa è la teoria.
Ma la pratica è diversa.
Nell’esperienza delle persone i ladri non scappano, la polizia non li insegue e nessuno viene punito.
Questo ce lo dicono anche le statistiche, non è certo un’invenzione degli xenofobi.
In Italia il crimine paga, anche quello di strada.
La situazione è dunque quella di una teoria che non regge alla prova sperimentale, o meglio l’esperienza non conferma la teoria.
La logica ovviamente impone, quando la teoria non viene confermata dal dato sperimentale, di modificare la teoria; ma questo è molto difficile.
Modificare la propria teoria, cioè la propria visione del mondo, è infinitamente più difficile che ignorare quello che la nostra esperienza ci dice.
Ed è proprio questo il caso. La teoria della ggente è che la guardia insegue il ladro.
E’ ovvio che sia così.
Qualsiasi persona di buon senso non ha alcun bisogno di dimostrare una verità tanto palese.
Lo insegnano fin da bambini a scuola, nelle lezioni di educazione civica; lo si vede in tutti i film e telefilm, che la guardia insegue il ladro.
E’ così che deve funzionare, accidenti! E’ ovvio!
E allora cosa sta succedendo se dove vado io i ladri non scappano e la polizia non li insegue?
Perché no? Cosa c’è che non va? Ma è ovvio! Vuol dire che non ci sono abbastanza poliziotti, vuol dire che non ci sono leggi abbastanza severe, vuol dire che questi se ne fregano della polizia, e allora mandiamoli via, tutti! Tutti!
Perché la guardia insegue il ladro. La guardia insegue il ladro. La guardia insegue il ladro.
La guardia insegue il ladro, vero?
Però sono appena venuti a rubare in casa mia, chiamo i Carabinieri e questi per poco non si mettono a ridere.
Ridono, ma io potevo anche rimanerci.
Vedo gli spacciatori davanti alla stazione, come li vedo io li vedrà anche la Polizia, perché non vanno lì a fermarli?

Anni e anni di educazione civica e televisione hanno istruito il cittadino a negare qualsiasi dato sperimentale che non si adatti alla teoria della “guardia che insegue il ladro”.
E’ questo un concetto talmente radicato nella mente del cittadino che nessuna realtà lo scuote.
E’ inutile tacciare di xenofobia chi, invece, è semplicemente vittima del processo di rimozione inculcato dall’educazione.
Perché quando il “razzista” si incazza e grida perché la polizia se la prende con i cittadini onesti e lascia stare i delinquenti, ha ragione.
Solo che il “razzista” non ne trae la conclusione che volontariamente la polizia, cioè lo Stato, persegue gli onesti e lascia in pace i delinquenti, ma – forzato da anni di educazione a carico dello Stato – chiede che ci sia più polizia, cioè più Stato.
Bisogna invece prendere atto, tutti quanti, che le guardie non inseguono i ladri.
Le guardie se ne fottono dei ladri. Le guardie sono lì per controllare noi, non i ladri.
Bisogna ritornare ai tempi in cui i cittadini erano contadini ignoranti e analfabeti, e sapevano che la guardia era lì per loro.
Dobbiamo re-imparare da principio la funzione della polizia.
La polizia è il monopolio della violenza esercitato dallo Stato per perpetuare sé stesso.
La polizia serve a reprimere ogni moto e tendenza che possa incrinare il potere.
La criminalità non mette in discussione lo Stato ed il potere.
Sono i cittadini a farlo.
Sono i cittadini che, smettendo di offrire un consenso non informato al loro stesso sfruttamento, possono mettere in discussione lo Stato.
Sono i lavoratori, gli operai, le cassiere, gli artigiani, gli imprenditori (quelli veri, non quelli che campano di sussidi statali) a poter mettere in discussione lo Stato.
E sono loro a dover essere controllati attraverso la polizia, che svolge questo ruolo coerentemente.
Lo Stato non perseguiterà mai il criminale, perché esso è troppo utile allo Stato stesso: grazie al criminale il cittadino invoca più polizia e più Stato, chiede di mettere le telecamere in città, chiede arresti facili, chiede poteri di polizia anche per i netturbini.
Grazie al criminale, il cittadino scava da solo la fossa della propria libertà.

articolo completo: “Annozero”, commedia in atto unico, di Giorgio Mattiuzzo

 

14 Maggio 2008

Non svegliare il gregge che dorme

Nella foto: un comico, il presidente del senato, una soubrette, un ex magistrato, una torta

Il tema dominante della settimana passata nei mezzi di informazione è stato l’intervento del giornalista Marco Travaglio, che in una trasmissione televisiva ha accennato ai rapporti avuti in passato dal neopresidente del senato Schifani con alcuni imprenditori in seguito condannati per associazione mafiosa.
Senza entrare nel merito delle affermazioni di Travaglio, per altro ben documentate, né sulla simpatia o antipatia che il giornalista può suscitare, l’aspetto più interessante emerso è stato proprio il ruolo della televisione quale “divulgatrice di realtà”.
In fondo, ciò che Travaglio ha detto non rappresenta una novità, gli stessi collegamenti denunciati nella trasmissione televisiva erano stati ampiamente trattati in un libro dello stresso giornalista, senza che per questo scattassero delle querele.
Qui emerge un altro aspetto delle nostre democrazie moderne e della “libertà di espressione” che esse tutelano.
A differenza delle dittature del passato, i sistemi democratici permettono infatti il libero esprimersi delle idee, ma il tutto è frutto di un attento calcolo.
Chi governa sa che le cosiddette “informazioni scomode” sono innocue se condivise da un numero limitato di persone, e l’ignorare tali informazioni è assai più proficuo che reprimerle.
La televisione in tutto questo svolge un ruolo essenziale, i notiziari e i canali di informazione della rete televisiva rimangono per la stragrande maggioranza delle persone l’unica fonte autorevole di “verità”: finchè una notizia non passa per il tubo catodico, rimarrà una semplice voce, un sentito dire.
Ed è così che i rappresentanti della nostra democrazia, da destra a sinistra, ad eccezione del solo Di Pietro, corrono ai ripari contro Travaglio, che ha rotto il tabù diffondendo “alla gente” notizie che minano la credibilità dell’intero sistema.
Perchè è proprio il fatto che Travaglio faccia questo “in televisione” che allarma e fa gridare allo scandalo; finchè la denuncia rimane nell’ambito del libro o della rete di internet è tranquillamente tollerata, ma il mezzo televisivo, creatore delle verità di comodo da predicare “alla gente”, non può essere contaminato simili interventi.
Sull’argomento Gianluca Freda ha scritto un ottimo articolo, a cui rimando, un articolo che coglie perfettamente con grande acutezza i fattori in gioco di questa vicenda.

La televisione come “auctoritas”, come creatrice di realtà.
Quando una comunità non sa che pesci prendere riguardo la “realtà” di una determinata questione, rimette ad un’auctoritas – considerata attendibile per tacito accordo da tutti i membri, sia pure con diversi gradi di fiducia – la decisione su ciò che è o non è reale. La funzione di “auctoritas” – funzione demiurgica e letteralmente generatrice del mondo – è stata assegnata dalle comunità umane a diversi soggetti nel corso della storia. Il sacerdote, il sovrano, la Chiesa, la stampa, la radio e infine la TV. Se la TV dice che gli uomini vanno a passeggio sulla Luna e che il mondo è minacciato da un non meglio definito “terrorismo”, c’è poco da fare: è questa la realtà, almeno fino a quando a una nuova auctoritas, più agguerrita e stimata, non verrà conferito il mandato di scalzare la precedente.
[…]
Trascinandola in TV, Travaglio ha donato alla malandrineria di Schifani il soffio della vita. La collusione intrallazziera e canagliesca della seconda carica dello Stato, sospesa fino a ieri nel limbo dell’irrealtà, tra luce ed ombra, è oggi una realtà che vive, respira e cammina tra di noi. Schifani e i suoi protettori di destra e di sinistra non possono più sopprimere questa sgradevole creatura senza prima avere accesso alla fucina catodica da cui ha origine il mondo che vediamo. E’ per questo che invocano piagnucolando il “contraddittorio”. E’ per questo che s’incazzano.

16 Aprile 2008

Aspen Institute

Il “metodo Aspen” privilegia il confronto ed il dibattito “a porte chiuse”

Identità

Aspen Institute Italia è un’associazione privata, indipendente, internazionale, apartitica e senza fini di lucro dedicata alla discussione, all’approfondimento e allo scambio di conoscenze, informazioni e valori.[…]
The Aspen Institute nasce negli Stati Uniti nel 1950 per iniziativa di un gruppo di intellettuali e uomini di affari americani; in Italia l’Istituto nasce nel 1984 e ha oggi una sede centrale a Roma e un ufficio a Milano.
La missione dell’Istituto è l’internazionalizzazione della leadership imprenditoriale, politica e culturale del paese e la promozione del libero confronto tra culture diverse, allo scopo di identificare e valorizzare idee, valori, conoscenze ed interessi comuni.
L’Istituto concentra la propria attenzione verso i problemi e le sfide più attuali della società e della business community, e invita a discuterne leader del mondo industriale, economico, finanziario, politico, sociale, culturale in condizioni di assoluta riservatezza e di libertà espressiva.

Metodo

Il “metodo Aspen” privilegia il confronto ed il dibattito “a porte chiuse”, favorisce le relazioni interpersonali e consente un effettivo aggiornamento dei temi in discussione.
Lo scopo non è quello di trovare risposte unanimi o semplicemente rassicuranti, ma di evidenziare la complessità dei fenomeni del mondo contemporaneo e stimolare quell’approfondimento culturale da cui emergano valori ed ideali universali capaci di ispirare una leadership moderna e consapevole.

Comitato Esecutivo

Luigi Abete
Giuliano Amato
Lucia Annunziata
Alberto Bombassei
Francesco Caltagirone
Giuseppe Cattaneo
Fedele Confalonieri
Francesco Cossiga
Maurizio Costa
Gianni De Michelis
Umberto Eco
John Elkann
Pietro Ferrero
Jean-Paul Fitoussi
Franco Frattini
Cesare Geronzi
Piero Gnudi
Gian Maria Gros-Pietro
Enrico Letta
Gianni Letta
Emma Marcegaglia
Francesco Micheli
Paolo Mieli
Mario Monti
Tommaso Padoa Schioppa
Corrado Passera
Riccardo Perissich
Angelo Maria Petroni
Mario Pirani
Roberto Poli
Ennio Presutti
Romano Prodi
Gianfelice Rocca
Cesare Romiti
Paolo Savona
Carlo Scognamiglio
Domenico Siniscalco
Lucio Stanca
Robert K. Steel
Giulio Tremonti
Giuliano Urbani
Giacomo Vaciago

Romano Prodi, Tommaso Padoa Schioppa, Gianni Letta, Cesare Romiti, Fedele Confalonieri, Gianni de Michelis, Giulio Tremonti.
Solo un distinto salotto, un luogo tranquillo in cui smessi i panni della rivalità politica le eminenze grigie della nazione discutono in un clima sereno, a porte chiuse, delle direttive da dare al “sistema paese”.
Nel frattempo c’è chi vota  per “rinnovare il parlamento.
“.
..ma cos’è la destra… cos’è la sinistra…”

Si veda anche: L’Aspen Institute italiano, ovvero il cuore del potere

13 Aprile 2008

La Volpe e il rovo

(post editato: aggiunte riflessioni sul concetto di “partecipazione”)

Una volpe, nel saltare una siepe, scivolò e, stando per cadere, s’aggrappò, come sostegno, a un rovo.
“Ahimè!”, gli disse tutta indolorita, quand’ebbe le zampe insanguinate dalle sue spine, io mi rivolgevo a te per avere un aiuto, e tu mi hai conciato ben peggio”.
“L’errore è tuo, mia cara”, le rispose il rovo, “hai voluto aggrapparti proprio a me che, d’abitudine, son quello che si aggrappa a tutto”.

Detta anche la favola dell’elettore e del politico.

_______________________________

Partecipazione sarebbe quindi apporre una x su un simbolino?
è questo “fare politica”?
Personalmente, ne dubito.

Il sistema democratico è strutturato in modo tale da convincere l’elettore suddito di poter decidere per la propria sorte.
Gli ultimi 50 anni non sono stati sufficienti a dimostrare che ciò non corrisponde al vero. Veltroni non mi pare che “stacchi dal passato”.
Curioso poi che tutti i politici tendano a presentarsi quale “nuovo che avanza”, ammettendo così esplicitamente che l’operato di chi li precedette è stato fallimentare.
E stiamo parlando di quegli stessi partiti e personaggi che ancora formano questi “nuovi schieramenti”
Ma la truffa della democrazia è identica negli anni.

Periodicamente vengono scelti dei personaggi più o meno “vergini” (più o meno) che metteranno in atto gli stessi, identici programmi di sempre.
Quale candidato ha denunciato la truffa del denaro stampato dal nulla, per esempio?
E la strapotenza degli “apparati finanziari sovranazionali”?
Non mi pare che nemmeno veltroni l’abbia fatto.
Veltroni che propone nel suo team quel dalema che mandò i nostri caccia a uccidere civili innocenti nei balcani. Ce ne siamo dimenticati?
L’Italia in teoria ripudia la guerra.
La Serbia non ci aveva invaso, noi l’abbiamo bombardata.

Facevo parte di un gruppo politico giovanile di sinistra all’epoca, e mi ricordo ancora i volti delusi e imbarazzati di noi ragazzi che credevamo davvero in valori come “pace” e “giustizia” di fronte alle scelte del “partito di riferimento” che compiva un gesto così criminale.
Quegli uomini sono ancora tutti qui, al fianco del veltroni.
Questo sarebbe il meno peggio?
Partecipazione, ovvio.

Ma siamo sicuri che “partecipare” significhi fare una x che legittimi in tutto e per tutto i gesti criminali che i nostri futuri governanti metteranno in atto?
Partecipare significa denunciare, far sentire la propria voce.

Sottrarsi a questo ricatto.
Partecipare significa non legittimare i criminali.

8 Aprile 2008

Venti di follia

Cristiani che “in quanto cristiani” ritengono doveroso dare la loro preferenza ad un massone.
Pacifisti che con la bandiera della pace in mano sostengono a suon di bonghi i compagni che hanno approvato le guerre in lontani “stan”.
(e no, non basta chiamarle “missioni di pace” per lavarsi la coscienza).
Moralisti tuttidunpezzo che in quanto moralisti si schierano con i difensori della famiglia.
(difensori della famiglia e della fede incidentalmente divorziati e concubinanti con giovani ereditiere).
Verdi ambientalisti poco interessati alle emissioni degli aerei che scorrazzano in lungo e in largo pecorari e ascani.
Compagni di altre epoche che ancora si commuovono dinanzi alla lotta di classe affidata agli stipendiati della Goldman Sachs.
Non resta che attendere che i venti di follia passino anche stavolta.