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¿te quedarás, mi pesadilla
rondándome al oscurecer?


-o- Too late to die young -o-
29 Ottobre 2009

Le fenditure


Per quanto oltre abbia potuto spingersi, la
«solidificazione» del mondo sensibile non ha mai potuto esser tale da fare di quest’ultimo un « sistema chiuso », come lo pensano i materialisti; essa ha d’altronde dei limiti imposti dalla natura stessa delle cose, e più si avvicina a tali limiti più lo stato che rappresenta è instabile.
Di fatto, come abbiamo appena visto, il punto che corrisponde alla massima «solidità» è ormai oltrepassato, e le apparenze di « sistema chiuso » non possono che diventare sempre più illusorie e inadeguate alla realtà.
Abbiamo anche parlato di «fenditure» attraverso le quali già s’introducono, e andranno in misura sempre maggiore introducendosi, certe forze distruttive; secondo il simbolismo tradizionale, queste « fenditure » si producono nella « Grande Muraglia » che circonda il nostro mondo e lo protegge contro l’intrusione delle influenze malefiche dell’ambito sottile inferiore.

Per capire questo simbolismo a fondo e sotto tutti gli aspetti, è opportuno osservare che una muraglia costituisce insieme una protezione ed una limitazione; in un certo qual senso si potrebbe perciò dire che essa ha dei vantaggi e degli inconvenienti; sennonché, se si tiene presente che essa è essenzialmente destinata ad assicurare la difesa contro gli attacchi provenienti dal basso, i vantaggi hanno di gran lunga il peso maggiore, e tutto sommato è molto meglio, per quel che si trova racchiuso nel recinto di cui si tratta, esser limitato dalla parte inferiore, che essere incessantemente esposto alle devastazioni del nemico, se non addirittura ad una distruzione più o meno completa.
Del resto, in realtà, una muraglia non è mai chiusa dall’alto, e di conseguenza non impedisce la comunicazione con i campi superiori, anche se questo corrisponde allo stato normale delle cose; è durante l’epoca moderna che il « guscio » senza vie d’uscita Costruito dal materialismo ha chiuso questa comunicazione.

Ora, secondo quanto da noi detto, a causa del fatto che la «discesa» non è ancora stata interamente compiuta, tale « guscio »può soltanto permanere intatto verso l’alto, vale a dire verso la parte da cui precisamente il mondo non ha bisogno di protezione, e da cui al contrario non può se non ricevere influenze benefiche; le «fenditure» si producono esclusivamente dal basso, perciò nella muraglia protettrice vera e propria, e le forze inferiori che si introducono attraverso di esse incontreranno tanto minor resistenza in quanto, nelle presenti condizioni, nessuna potenza di natura superiore può intervenire per opporvisi efficacemente; il mondo si trova dunque abbandonato senza nessuna difesa a tutti gli attacchi dei suoi nemici, e tanto più per il fatto che, a causa dello stato della mentalità attuale, ignora completamente i pericoli da cui è minacciato.

René Guénon, Le fenditure della grande muraglia


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per un’analisi del video “Run this town” di Jay Z e Rihanna:
Jay-Z’s “Run This Town” and the Occult Connections

21 Settembre 2009

Crolli e mammuth

Fin dai primi anni scolastici siamo abituati a suddividere le epoche storiche entro rigidi compartimenti stagni, con imperi che si susseguono e date da memorizzare che segnano le svolte.
Dal blog
Ottagono Irregolare, che da poco si è affacciato nel variegato mondo della rete, un interessante punto di vista sul concetto di "crollo", ed un invito a non perdere mai di vista la reale complessità delle vicende storiche, passate e presenti.

di Tommy Angelo

Scrivo questo post in fretta perché tra poco crolla il mondo come lo conosciamo e da domani sarò costretto a cacciare antilopi per sfamare la mia tribù.
… … …

Se avessi pubblicato un incipit del genere qualche anno fa, sicuramente sarebbe stato interpretato come un divertissement o, dai più seriosi, come la prima riga dell’ennesimo romanzo distopico. Oggi il rischio è che in troppi mi prendano sul serio.
Il più diffuso argomento di discussione da bar di questi mesi – la crisi economica – sta convertendo al millenarismo un numero elevatissimo di persone (a proposito, si sono già stancati tutti dell’Iran? Gli ultimi rumour lo davano in procinto di annientare l’imperialismo yankee). Non saprei spiegarmi del tutto questo atteggiamento, ma una qualche ragione credo di averla individuata.

Do per inteso che non sto scrivendo di chi si interessa della crisi economica e dei suoi riflessi sociali e politici, ma di chi propone profondissime analisi del tipo “l’impero americano sta crollando, esattamente come è crollato l’impero romano” oppure “siamo al capolinea, fra qualche settimana torneremo a vivere nelle caverne e a cacciare mammuth. Ma i mammuth si sono estinti. Ommioddio senza cibo moriremo tutti!”

Perché così tante persone credono che a breve tutto finirà? Da dove traggono l’idea? In parte credo l’abbiano imparato a scuola; più precisamente, durante le ore di storia. Facciamo uno sforzo di memoria.
C’era l’uomo primitivo, poi ha scoperto l’agricoltura e ha fondato l’impero assiro-babilonese. Poi l’impero assiro-babilonese è crollato, avanti veloce, impero egizio. Avanti veloce, in Grecia nascono le polis. Arriva l’impero persiano (ma quando l’hanno fondato quello, che non c’è scritto nel libro?) ma Atene lo sconfigge e crea il suo piccolo impero anche lei. Avanti ancora, l’impero ateniese crolla. Arriva Alessandro Magno, che crea l’impero di Alessandro Magno, che poi crolla. Avanti veloce, arrivano i romani, che fanno l’impero. Che poi crolla.

Questo è quello che – fino a poco tempo fa – si imparava di storia tra gli 8 e i 9 anni. Capite che se ad un bambino di 8 anni insegnate una cosa del genere (che è anche parecchio truculenta, se ci pensate) non ci sarà verso di togliergliela dalla testa. Si chiama imprinting, ed è irreversibile.
E’ naturale che anni più tardi, quando sentirà nominare l’impero britannico – crollato! – o l’impero americano – crollato! – non potrà che operare secondo l’ovvio sillogismo: tutti gli imperi sono crollati, l’impero americano è un impero, l’America (e noi con lei, che siamo il suo impero) crollerà. E non abbiamo nemmeno un mammuth da cacciare.

C’è un unico problema però. Che nessun impero, nessuna organizzazione sociale è mai “crollata”.
La parola “crollo” implica una caduta repentina, una distruzione totale, un avvenimento talmente veloce da essere appena appena percepibile con i sensi. Ma niente di tutto questo è veramente avvenuto.

[…] il nostro concetto di “crollo”, di “fine” è una semplificazione che ci serve a schematizzare il mondo per renderlo facilmente comprensibile; è una scorciatoia linguistica che ci aiuta nell’economizzare la fatica di comunicare; ma non esiste una realtà intesa come “crollo”.
Se potessimo viaggiare nel tempo e andare a parlare con un abitante della Grecia del 153 d.C. e gli spiegassimo che il sistema delle polis è crollato 490 anni prima, probabilmente vi guarderebbe con aria smarrita e cercherebbe di capire di cosa diavolo state parlando (sempre che – vedendovi sbucare da una lacerazione del continuum spazio-temporale – non si prostri a terra adorandovi come un dio e dica “sì” a qualunque cosa diciate).
Così come, se un viaggiatore del tempo arrivasse dal futuro e ci spiegasse che nei suoi libri di storia gli stati Europei sono “crollati” dopo la seconda guerra mondiale, “dissolvendosi” nelle due nuove strutture politiche, l’impero Usa e il blocco sovietico, noi non capiremmo cosa intenda (e andremmo in cerca di un IBM 5100 nel tentativo di farlo star buono).
Eppure non avrebbe tutti i torti: in un’Europa in cui gli Stati erano da secoli in lotta, le due potenze emergenti hanno imposto la propria forma di governo, hanno stabilito dei presidi militari e hanno cercato di creare uno spazio di uniformità economica all’interno dei loro domini. Che è esattamente quello che hanno fatto i romani quando sono arrivati in Grecia.

Il medesimo ragionamento vale per la caduta dell’impero romano. Non c’è mai stato nessuno “crollo”, ma una progressivo cambiamento di assetto politico che ha richiesto parecchi decenni per completarsi e che noi definiamo “crollo”. Senza mai dimenticare che l’impero romano d’Oriente, nella persona di Costantinopoli, è stato definitivamente preso nel 1453, circa mille anni dopo la data che di solito si indica come “caduta” dell’impero romano. Per dire, in occidente ci siamo fatti tutto il medioevo, le crociate, i comuni, i sacriromanimperi e l’umanesimo, nel frattempo.

Questo per dire che è improbabile che dall’oggi al domani la realtà come la conosciamo finisca e ci si ritrovi tutti in un mondo tipo Mad Max. Ci saranno cambiamenti, ci sono sempre. Ma non li percepiremo, perché esisteranno solo nella mente dei redattori di testi scolastici del 2500 d.C.

La crisi continuerà ad essere un grosso problema, e francamente perdere il lavoro per me sarebbe molto peggio che il crollo dell’impero romano. Ma il mondo continuerà, continuerà la società e non vedremo quattro scalmanati percorrere il cielo in groppa a cavalli radioattivi.

Anche se so che qualcuno lo spera. Putroppo però il mondo non brucerà solo perché noi non siamo riusciti a renderlo quello che volevamo fosse.

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22 Luglio 2009

L'ulivo, il Mediterraneo, la pace in fiamme in Palestina

In mattinata, un gruppo di coloni israeliani ha dato fuoco ad almeno 1500 ulivi, in Cisgiordania, appartenenti a contadini palestinesi. Le coltivazioni sono state distrutte come forma di rappresaglia contro lo sgombero di alcuni avamposti illegali dei coloni, effettuati dalle forze di polizia israeliane.
Peacereporter.net


Un antico mito narra di come la città di Atene venne fondata da Poseidone ed Atena, e di come in seguito le due divinità non riuscirono a trovare un accordo su chi dovesse dare il proprio nome e la propria protezione alla città.
Si decise allora di far scegliere direttamente agli ateniesi quale sarebbe stata la propria divinità protettrice.

Poseidone per ingraziarsi il favore dei cittadini fece loro dono di uno splendido cavallo bianco, ed assicurò il proprio appoggio incondizionato nelle battaglie che la città avrebbe affrontato.
Atena invece fece sorgere dalla terra un ulivo.
Poseidone offriva alla città la via della guerra e della conquista, mentre nell’ulivo di Atena erano rappresentate le virtù della saggezza e della prudenza, e soprattutto i benefici della pace.
Il popolo di Atene scelse di accettare il dono della dea, il cui nome fu dato alla città, e l’ulivo divenne uno dei suoi simboli.
Coloro che sono nati sulle rive del mediterraneo sanno che per quanto ci si sposti lungo le sue sponde, per quanto cambino le lingue e il colore della pelle delle persone che via via si incontreranno, l’uniformità del paesaggio saprà sempre infondere un senso di rassicurante familiarità, così come il ritrovare lungo tutte le coste la presenza dell’ulivo darà l’impressione di non essersi mai allontanati dalla propria casa.
Così come per secoli non vi fu alcuna identità europea nel nostro continente, ed i popoli che vi abitavano potevano essere divisi, allora come oggi, in due grandi famiglie: coloro che utilizzavano il burro ed il grasso per cucinare e coloro che invece avevano il privilegio di disporre dell’olio d’oliva.
La diffusione della pianta dell’ulivo nel mediterraneo


Dalle colline di lavanda della Provenza fino ai boschi del Libano, da Gibilterra alla foce del Nilo, da Misirlou a Miriam, dal paradiso in terra della Morea fino a Smirne che ancora brucia, vi è un’unica anima che percorre le terre che si affacciano sul nostro mare, un’anima a cui l’albero dell’ulivo ha saputo dare un corpo.
Dalle colonne d’Ercole fino in Palestina, vicino ai prati fioriti dove la giovane Europa venne rapita da Zeus, nella terra tre volte santa dove quella pace che l’ulivo da sempre simboleggia pare non essere mai di casa.
La Palestina, la terra dove pochi giorni fa un gruppo di coloni ebrei fondamentalisti, armati di torce, ha dato alle fiamme più di 1.500 alberi di ulivo, un gesto il cui tetro simbolismo gela il sangue.

Portatori di discordia, costruttori di colonie la cui presenza è dichiarata illegale anche dalle misere organizzazioni sovranazionali terrene: neppure la conclamata ipocrisia di queste ultime, infatti, è in grado di fornire una giustificazione ad un sopruso di tali dimensioni.
Hanno bruciato gli ulivi, l’unica fonte di sostentamento rimasta alle genti che abitano quelle terre da decine di generazioni.
Nel nome di un Dio il cui volere interpretano a loro piacimento, con l’unica giustificazione di un testo sacro che dal loro punto di vista affida quelle terre alla loro progenie, a coloro che condividono il loro stesso sangue incontaminato.
Una terra che hanno dimostrato di non amare, una terra che pretendono loro  ma che non esitano a violentare ed a bruciare, mandando in cenere le sue creature più nobili, dando alle fiamme la sua stessa anima.

Ulivi dati in fiamme dai coloni ebrei in Palestina
16 Luglio 2009

Sadness e la porta degli inferi

“Le vecchie regole ed abitudini devono essere rifiutate ed abbandonate, così che qualcosa di nuovo possa essere creato.”
Michael Cretu
Nell’anno 1990 il compositore rumeno Michael Cretu pubblicava un album destinato a lasciare una impronta indelebile sulla produzione musicale internazionale degli anni 90.
Michael Cretu diede al suo progetto musicale il nome di Enigma, e il primo disco prodotto con tale gruppo fu MCMXC a.D.
Sadness, il primo singolo estratto dall’album, raggiunse il vertice di tutte le classifiche di vendita mondiali, divenendo il brano di maggior successo di quell’anno ed uno dei più fortunati singoli degli interi anni 90.
La commistione tra suoni elettronici di orientamento pop con inserti di canti gregoriani, all’epoca una vera innovazione, era destinata ad influenzare innumerevoli gruppi, alcuni tra i quali ebbero un notevole successo di pubblico, come i Gregorian Masters of Chant, che reinterpretavano dei classici della musica rock e pop in chiave “gregoriana”.

La stampa specializzata per descrivere questo nuovo genere coniò il termine “New Age music”, indicando nell’album di esordio degli Enigma una delle pietre miliari del genere stesso.
Tra le poche voci critiche vi furono quelle di alcune radio di orientamento cattolico, che stigmatizzarono quello che definirono il carattere apertamente blasfemo delle commistioni operate da Cretu.
Si trattò comunque di opinioni isolate, dal momento che il successo del progetto Enigma mise d’accordo pubblico e critica, facendo di MCMXC a.D uno dei dischi fondamentali degli anni 90, ed il singolo Sadness rimane tutt’ora uno degli esempi più evidenti del modo in cui le tematiche occulte possano essere diffuse ad una larga fetta della popolazione per mezzo della musica commerciale.

Occorre anche notare come l’intera operazione venne portata avanti in maniera esplicita, ed il video che accompagnò il singolo rappresentò una perfetta integrazione del testo, testo che si presenta come un omaggio al marchese De Sade; come si vedrà, la figura del celebre filosofo libertino funge solamente da filo conduttore per narrare di temi ben più complessi.
Sadness: l’analisi del video

La canzone è introdotta da un coro di monaci, che nel classico stile gregoriano recitano alcuni versi in latino:

 

Procedamus in pace
In nomine Christi, Amen…
Cum angelis et pueris, fideles inveniamur
Attollite portas, principes, vestras
et elevamini, portae aeternales
et introibit Rex Gloriae
Qius est iste Rex Glorie?Procediamo in pace
nel nome di Cristo, Amen
Con gli angeli e i bambini, troveremo i fedeli
Sollevate, porte, i vostri frontali
alzatevi, porte antiche,
ed entri il re della gloria.
Chi e questo re della Gloria?


Gli ultimi quattro versi  fanno parte del salmo 23 (24), intitolato “Ingresso nel tempio”.

Il concetto centrale è quello della porta, della soglia, concetto intorno al quale si sviluppa il video che accompagna la canzone stessa; in modo significativo Cretu ha scelto quale introduzione al proprio testo un canto cristiano che si conclude con una domanda, ed ovviamente la risposta che in seguito suggerirà sarà assai diversa da quella indicata dal salmo.
Le  immagini del video si aprono mostrando un giovane studente di un’ epoca passata, intento a compilare un testo servendosi di una penna e di un calamaio.

Lo studente di seguito si addormenta, ed al suo risveglio si ritrova all’interno di una cattedrale gotica in rovina, un chiaro riferimento ad un culto, quello cristiano, descritto come appartenente al passato, un culto del quale non rimangono che rovine.

 

Si vede quindi il giovane, che ora indossa un mantello con cappuccio rosso, mentre si avvicina ad una grande porta nera.
Giunto di fronte alla porta guarda verso l’alto, dove da uno squarcio sul soffitto si intravede la luce del cielo.

 

Vengono qui rappresentate le due vie della ricerca spirituale, la strada celeste e la via infera, simboleggiata dalla porta scura, una riproduzione della Porta dell’Inferno scolpita da Auguste Rodin sul finire del XIX secolo.
Il giovane studente appare titubante, e si sofferma impaurito ma anche incuriosito dinnanzi alla porta degli inferi.

Fa quindi la sua comparsa una figura femminile, una giovane e avvenente donna, una delle forme per mezzo delle quali secondo il folklore medioevale Satana si manifestava nelle vesti di tentatore, che si rivolge al giovane in modo seducente:

Sade, dit moi…
Sade, donne moi…
Sade dit moi qu’est ce que tu vas chercher ?
Le bien par le mal ?
La vertu par le vice ?
Sade dit moi pourquoi l’evangile du mal ?
Quelle est ta religion ou` sont tes fide`les ?
Si tu es contre Dieu, tu es contre l’homme.
Sade es-tu diabolique ou divin ?Sade, dimmi…

Sade, dammi…
Sade, dimmi: cosa vai cercando?
Il bene per mezzo del male?
La virtu’ dal vizio?
Sade, dimmi perche’ predichi il male?
Qual’e la tua religione, dove sono i tuoi fedeli?
se sei contro Dio, sei contro l’uomo.
Sade, sei diabolico o divino?

La figura del marchese De Sade, a cui le domande sono rivolte, è qui utilizzata per introdurre delle questioni a sfondo teologico.
In particolar modo, la prima domanda cela il tema centrale dell’intero testo: cosa vai cercando? Il bene per mezzo del male?
La possibilità del raggiungimento della salvezza per mezzo del peccato, del bene assoluto per via del perseguimento del male, sintetizza il fondamento di una contro-teologia che è stata fatta propria da diversi movimenti “eretici” nel corso dei secoli, una teologia alternativa che influenza tuttora alcuni culti chiave della modernità.
L’idea di fondo di tale credenza è che l’anima incarnata nel corpo terrestre per poter sollevarsi dalla propria condizione debba prima sperimentare la caduta più profonda, passando per la violazione delle leggi morali e la pratica di tutto ciò che nel proprio tempo è giudicato “peccato”.

L’anima in altre parole deve trasgredire ogni riferimento morale per poter raggiungere il punto più basso della propria natura.
Tale pratica nell’ambito esoterico è detta “via della mano sinistra”, e rappresenta propriamente una parodia del percorso iniziatico regolare per come è descritto dagli autori tradizionali, un percorso in cui simbolicamente l’iniziando passa attraverso una fase “nell’ombra”, simboleggiata dalla caverna, prima di riemergere nella luce con una nuova consapevolezza.
Nella via regolare il passaggio nell’ombra simboleggia la “morte” della vecchia consapevolezza e l’abbandono  degli antichi pregiudizi, in attesa di ricevere una nuova conoscenza.

La differenza tra la via regolare e la via della mano sinistra consiste nel fatto che mentre nel primo caso il passaggio nell’ombra è un atto simbolico di transizione, nel secondo caso diviene il fine pratico dell’intera esistenza reale.
La vita stessa si trasforma quindi in una continua serie di violazioni delle leggi morali, come nel caso del messia apostata Sabbatai Zevi, che predicò apertamente ai suoi seguaci tale concezione, oppure come nel caso dello stesso marchese De Sade che della trasgressione fece una vera e propria teologia.
E’ importante osservare come il concetto secondo il quale sia possibile perseguire la salvezza per mezzo del peccato rappresenti propriamente il fondamento ideologico e filosofico del satanismo più elitario.
Non a caso, la prima messa nera di cui si ha notizia nei testi letterali è descritta proprio dal marchese de Sade.

Nel video di sadness, a questo punto viene mostrato il giovane che dopo aver superato la sua titubanza spalanca le porte degli inferi, e si ferma ad osservare, sorpreso ed intimorito, lo spettacolo che si apre dinanzi ai suoi occhi.
Dopo la visione, impaurito, fugge dalla soglia, ma presto si blocca e si ferma a riflettere.
Occorre a questo punto ricordare una considerazione dello studioso dell’esoterismo René Guénon, che nel suo scritto Iniziazione e contro-iniziazione ebbe a dire:

“Nell’ esoterismo islamico, è detto che colui che si presenta ad una certa porta, senza esservi pervenuto attraverso una via normale e legittima, vede questa porta chiudersi davanti a lui ed è costretto a tornare indietro, peraltro non più come un semplice profano, il che è ormai impossibile, ma come saher (stregone o mago); non sapremmo esprimere più nettamente ciò di cui si tratta.”

Il solo affacciarsi, simbolicamente, dinnanzi a questa soglia rappresenta quindi secondo le scienze esoteriche un rischio enorme per l’individuo, e la sua anima ne rimane irrimediabilmente compromessa.
Nel video stesso si vede infatti il giovane smaterializzarsi, ed il suo mantello rosso venire “risucchiato” oltre la porta degli inferi, un chiaro riferimento alla dannazione della sua anima.
Le immagini si concludono con il giovane protagonista che si sveglia dal sogno ed inquieto si guarda intorno, soffermandosi infine ad osservare la luce che proviene dall’alto, forse domandandosi se l’esperienza che ha vissuto lo abbia definitivamente compromesso.

9 Luglio 2009

Il G8, un nuovo ordine tra le macerie e la terra dei morti viventi


I grandi tra le macerie

L’immagine simbolo del G8 del 2009, l’icona che di questo evento si tramanderà vede il presidente americano Barack Obama mentre si aggira per le rovine della città de L’Aquila,  accompagnato dal presidente del consiglio italiano.
Una immagine dal forte impatto emotivo, che sintetizza la volontà dei potenti del mondo di prendere atto del  disastro accaduto, nella speranza di una veloce e concreta ricostruzione.
Dal punto di vista simbolico l’aquila ha sempre rappresentato l’autorità imperiale, e non a caso i principali imperi che l’occidente ha conosciuto nella sua storia hanno avuto questo nobile rapace nelle loro insegne e nei loro stemmi, a partire dall’ Impero Romano passando per l’ Impero Bizantino e quello Russo dei zar, fino al Sacro Romano Impero ed agli stessi Stati uniti d’America.Le macerie del vecchio ordine
La riunione dei grandi della terra che si svolge in questi giorni in Italia ha luogo quindi in uno dei momenti storici più cruciali degli ultimi due secoli, un momento storico in cui la potenza imperiale del momento sta per cedere il passo ad un nuovo ordine, mentre l’intero apparato economico internazionale fondato su fallaci fondamenta vacilla e pare giunto alla conclusione naturale del suo ciclo.

Un periodo in cui gli stessi grandi della terra invocano ripetutamente ed a gran voce la costituzione di un qualcosa che va sotto il nome di Nuovo Ordine Mondiale, quel nuovo ordine che fino a poco tempo fa era descritto dai soli teorici della cospirazione, un ordine che nelle visioni più preoccupate sarebbe dovuto sorgere in un mondo di allegoriche macerie, dove gli antichi poteri avrebbero dovuto cedere il passo a dei progetti molto più ambiziosi di qualsiasi sogno di dominio apparso nel corso dei secoli.
Appare quindi particolarmente emblematico che questa decisiva riunione dei grandi della terra si svolga proprio nel mezzo di una città devastata, e gli uomini che hanno il compito di rappresentare il potere visibile si mostrano mentre camminano tra le macerie, questa volta non allegoriche, tra messaggi che evocano la ricostruzione e un nuovo inizio.

Tovaglie preziose e tendopoli

E nonostante l’immagine da gran galà che i mezzi di comunicazione tentano di diffondere, con tanto di attente analisi sui menù degli invitati, sui ricchi e preziosi regali scambiati, sul “clima informale” e sui dettagli dei vestiti delle first ladies, l’icona che emerge, e che non si può facilmente nascondere, ha un sapore assai più tetro.
I volti sorridenti e pettinati dei corrispondenti non possono infatti celare lo sfondo in cui l’incontro ha luogo: una serie di edifici super accessoriati e tecnologi circondati da rovine, tavole imbandite con ogni lusso a pochi chilometri dalle tendopoli dei terremotati, ricche colazioni e grandi galà a poca distanza dagli aquilani che fanno la fila per un pasto caldo alle mense della protezione civile.
Il tutto circondato e sorvegliato da un apparato militare che non si era mai visto in epoca di pace, una protezione che ha fatto degli edifici della riunione un luogo inaccessibile, totalmente separato dalla città stessa e dai suoi abitanti.

La distanza tra i vari capi di stato e i semplici cittadini non potrebbe essere più grande, e per quanto venga descritta come normale prassi, lo spiegamento dell’esercito utilizzato per sorvegliare i cittadini e creare una barriera tra questi e i loro governanti non può che essere recepito come un chiaro segno che in quegli edifici non sono certo gli interessi del popolo ad essere perseguiti.


Una città in rovina presidiata dai militari

Curiosamente, nella stessa giornata in cui il G8 si inaugurava, la rete televisiva Italia 1 trasmetteva il film dell’orrore La Terra dei morti viventi, del regista George Romero.
Nel film, che riprende il classico tema degli uomini non-morti che terrorizzano i vivi, il mondo è invaso dagli “appestati”, esseri che pur essendo morti non lo sanno, e continuano a ripetere meccanicamente le attività che portavano avanti da vivi.
Gli esseri umani sopravvissuti si sono barricati all’interno di una città, presidiata militarmente ed isolata dall’esterno.

I potenti separati dai miserevoli

La città dei vivi, a sua volta, in gran parte in rovina, è divisa in due parti, con la maggioranza dei suoi abitanti che vive nel massimo degrado, ed una piccola minoranza di super ricchi che vive all’interno di una grande grattacielo dotato di ogni confort e lusso.
E’ noto che i non morti possono essere visti come una metafora della grande maggioranza dell’umanità stessa, che vive sotto una sorta di ipnosi persa nelle sue abitudini e nella sua ripetitiva quotidianità, incapace di riflettere a fondo sulla sua reale essenza.

Distrazioni per la popolazione

Romero inoltre aggiunge degli ulteriori piccoli particolari di genio, come l’episodio dei fuochi d’artificio sparati nel cielo della notte dai vivi per distrarre i non-morti.
Alla vista dello spettacolo pirotecnico infatti gli zombies si imbambolano e non possono fare a meno di fermarsi e guardarli totalmente assorti, un chiaro riferimento al modo in cui il potere usa l’intrattenimento e la televisione per intontire e deviare l’attenzione della popolazione.
Nonostante quello che ci si potrebbe aspettare da un racconto di questo genere, nel film  la vera contrapposizione non ha luogo tra i vivi e i non-morti, accomunati dal cercare entrambi uno spazio in cui portare avanti la propria misera esistenza.

I due mondi che realmente si scontrano sono quello dei miserabili, vivi e non-morti, e il mondo dei super ricchi isolati nella loro torre lussuosa.
Sarà questo lo scontro finale, ben simboleggiato in una delle ultime scene del film dove uno dei protagonisti, che da umano diviene non-morto dopo essere stato contaminato da uno degli appestati e di conseguenza ha in sé entrambe le nature, si reca ad uccidere il capo dei super ricchi, il padrone dell’intera città.

Il racconto e la realtà

Ecco quindi che ci si trova di fronte, nell’assistere a questo film, alla storia di una massa di disperati  che si aggirano all’esterno ed alla periferia di una città devastata e militarizzata, blindata, una città in cui i super ricchi ed i potenti vivono isolati ad una distanza di sicurezza dal resto della popolazione.
Nel film però i cattivi sono i super ricchi, che portano avanti le loro esistenze nel lusso e nella corruzione disinteressandosi delle sorti dei loro simili, mentre nella realtà dei nostri giorni i potenti che pranzano con posate d’argento nel centro di una città in macerie vengono descritti dai nostri mezzi di comunicazione come coloro che si impegnano per il nostro bene.
Mentre nel cielo brillano i fuochi d’artificio.