Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
“…i Rothschild hanno conquistato il mondo in modo più completo, più astuto e molto più durevole di quanto non abbiano fatto in precedenza tutti i Cesari…”.
Frederic Morton
Il cimitero del Père Lachaise di Parigi è celebre per dare riposo ad alcune delle personalità più importanti dei secoli passati.
Divenuto recentemente una delle mete maggiormente predilette dai turisti che visitano la capitale francese, il suo fascino non può essere negato.
E da buon turista italiano a Parigi, nemmeno io ho potuto fare a meno di dedicare una mattinata alla visita del celebre cimitero.
Giuntovi con i compagni di viaggio, ci avvicinammo alla mappa posta all’ingresso che esplicava la disposizione dei sepolcri, mappa in cui venivano segnalati i luoghi in cui riposavano gli ospiti più illustri.
Con il gruppo di amici si decise quindi il percorso da seguire, ognuno segnalando le personalità a cui voleva rendere omaggio: Oscar Wild, Gioachino Rossini, Jim Morrison, Abelardo ed Eloisa, Marcel Proust…
La lista era lunga.
– E non dimentichiamoci di James Rothschild – E chi sarebbe scusa questo Rothschild ? – Un banchiere. – Vuoi dire che con tutte le personalità che riposano qui, tu vuoi andare a trovare un banchiere? – James Rothscild non era un banchiere, era IL banchiere.
La famiglia Rothscild dal XVIII secolo controlla l’economia dell’intero pianeta, e ancora oggi rappresenta forse la famiglia più potente del mondo.
– Chissà che tomba faraonica che si sarà costruito questo Rothscild… – Ho come l’impressione che sarà già qualcosa se riusciamo ad individuarla…
Conoscendo infatti a grandi linee la storia della famiglia, ero portato ad escludere un monumento sfarzoso, appariscente.
I Rothscild da secoli dirigono le sorti del pianeta con riservatezza, da dietro le quinte.
Non hanno mai voluto per sé le cariche di primi ministri o presidenti: di volta in volta si limitavano ad “influenzare” chi in quel posto si veniva a trovare.
Così ci incamminammo per le vie del cimitero, la città dei morti, finché arrivammo nella zona in cui le mappe segnalavano la presenza della tomba di James Rothscild.
Un sentiero non troppo largo, ricoperto di fragili foglie, decine di tombe a destra, decine a sinistra.
Leggevo i nomi scolpiti sulle lapidi, nomi di uomini che avevano lasciato il loro segno, luminoso o meno, un segno umano.
Camminai ancora finché sulla mia sinistra comparve una tomba senza alcun nome scolpito sopra.
Eccoci…
Sorrisi: avrei dovuto immaginarlo.
Alzai lo sguardo: la tomba non era del tutto anonima; al centro di un sobrio timpano compariva uno degli stemmi della famiglia.
L’ edificio che ora osservavo aveva la struttura di un piccolo tempio; una porta di ferro con delle piccole aperture lasciava intravedere ciò che si celava all’interno.
Vi era un primo locale sulle cui pareti trovavano posto due lapidi con scritte in ebraico; questo locale introduceva alla stanza principale, vuota, se non fosse per un busto del grande banchiere che dominava l’ambiente.
Alle pareti altre lapidi.
L’insieme del tutto offriva una visione emblematica.
Occorre avvicinarsi alle fessure della porta per scoprire cosa la stanza nasconda, ed anche in una giornata di pieno sole ciò che si scorge è un busto di un uomo in controluce, un volto i cui lineamenti sono indistinguibili, avvolto nella penombra, dal momento che le dimensioni delle aperture del piccolo edificio sono insufficienti per permettere una buona illuminazione dell’interno.
Un piccolo edificio, elegante ma sobrio, quasi anonimo, senza iscrizioni, ed al suo interno la figura di un uomo che se ne sta nella penombra, lontano dalle luci del mondo esterno, quasi indistinguibile.
Nella morte, come nella vita.
Il primo prodotto del razionalismo, nel campo cosiddetto «scientifico», fu il meccanicismo cartesiano; il materialismo doveva venire solo più tardi, poiché, come abbiamo spiegato altrove, il termine, e ciò che esso rappresenta datano propriamente dal secolo XVIII; del resto, quali che fossero le intenzioni dello stesso Cartesio (ed infatti dalle sue idee spinte fino alle estreme conseguenze logiche si sono potute trarre teorie assai contrastanti fra loro), c’è pur sempre dall’uno all’altro una filiazione diretta.
[…]
La verità è che il materialismo rappresenta soltanto una delle due componenti del dualismo cartesiano, quella appunto a cui il suo autore aveva applicato la concezione meccanicistica; bastava quindi trascurare o negare l’altra componente, oppure, che è poi lo stesso, pretendere di ridurre a quella l’intera realtà per arrivare in modo del tutto naturale al materialismo.
Contro Cartesio ed i suoi discepoli, Leibniz ha messo assai bene in evidenza l’insufficienza di una fisica meccanicistica, perché questa, per la sua stessa natura, non può che render conto dell’apparenza esteriore delle cose, ed è incapace di spiegare alcunché della loro essenza vera; si può cioè affermare che il meccanicismo ha un valore unicamente «rappresentativo» e in nessun modo esplicativo: e non è esattamente questo il caso di tutta la scienza moderna? […]
Oltre al materialismo esplicito e formale esiste infatti anche ciò che si può chiamare un materialismo di fatto, la cui influenza si estende molto più lontano, se molte persone, che pur non si ritengono affatto materialiste, si comportano tuttavia come tali in ogni circostanza; tra questi due materialismi c’è in definitiva una relazione molto simile a quella precedentemente citata tra razionalismo filosofico e razionalismo volgare, salvo che il semplice materialista di fatto generalmente non rivendica tale qualità, anzi sovente protesterebbe se gliela si attribuisse, mentre il razionalista volgare, fosse pure l’uomo più ignorante in materia di filosofia, è al contrario il più pronto a proclamarsi tale, fiero del titolo piuttosto ironico di «libero pensatore», mentre in realtà non è che lo schiavo di tutti i pregiudizi della sua epoca.
Comunque sia, come il razionalismo volgare è il prodotto della diffusione del razionalismo filosofico presso il «grosso pubblico», con tutto ciò che la sua «messa alla portata di tutti» comporta, così il materialismo propriamente detto sta al punto di partenza del materialismo di fatto, nel senso che ha reso possibile quella generale condizione di spirito e ha effettivamente contribuito alla sua formazione; ma è fuori questione che, in definitiva, tutto si spiega sempre con lo sviluppo delle medesime tendenze costituenti il fondamento stesso dello spirito moderno René Guénon, “Regno della Quantità e Segno dei tempi”, Adelphi, 1945
La Cattedrale di Chartres è un immenso scrigno, un sigillo di pietra che custodisce uno dei luoghi più sacri d’Europa.
Profondamente ancorata nella terra, si innalza a toccare il cielo, unendo in modo indissolubile ciò che sta in alto con ciò che sta in basso.
Che la cattedrale di Nostra Signora di Chartres sia un monumento fuori dal comune lo si intuisce già in lontananza, quando compare imponente dominando la pianura circostante, totalmente fuori scala, secondo i canoni dell’architettura moderna, con l’abitato che le fa da cornice.
La cittadina di Chartres contava all’epoca dell’edificazione dell’attuale cattedrale poche migliaia di abitanti: un piccolo paese ad Ovest di Parigi si ritrovò ad ospitare uno dei templi più grandi d’Europa.
Per i nostri testi di storia dell’architettura non vi è nulla di notevole in questo.
Ma per ribadire meglio tale particolarità occorre ricorrere ad un paragone forse irrispettoso alla funzione sacra della cattedrale, un paragone che comunque renderà chiara la questione di cui si sta trattando.
Non approfondire le dimensioni di questa cattedrale in rapporto con la popolazione dell’abitato in cui sorge sarebbe come arrivare nei nostri giorni in un paese di poche migliaia di anime e ritrovarsi davanti ad uno stadio da 80.000 spettatori.
Una persona mediamente razionale si chiederebbe per quale motivo tale impianto si trovi proprio in quel luogo, talmente “fuori misura” rispetto al contesto.
E resterebbe alquanto sorpreso.
Uno stupore che la storiografia ufficiale non conosce, per quanto riguarda le questioni di cui non potrà mai avere risposta.
La Cattedrale vista in lontananza
Ma le risposte si trovano.
Occorre però prima porsi le domande.
Louis Charpentier, nel suo prezioso testo “I misteri della Cattedrale di Chartes” fornisce numerose nozioni, utili a comprendere l’importanza di questo luogo.
Chartres fu luogo di culto da tempi remoti; già al tempo dei celti il santuario che vi sorgeva era noto per la sua antichità.
La meta dei pellegrini era una grotta in cui si venerava una Vergine Madre; vicino alla grotta si trovava un pozzo, profondo 33 metri, in cui venivano praticate le abluzioni e i riti di iniziazione.
Quel pozzo esiste ancora oggi, nei sotterranei della cattedrale.
In sua corrispondenza, in maniera speculare, la navata della cattedrale raggiunge i 33 metri di altezza.
Un asse che unisce la profondità della terra con il cielo.
Quando i primi cristiani giunsero nella grotta vi trovarono una statua di una Vergine Nera, scolpita in legno di pero, raffigurante la Santa Vergine con in braccio un bambino.
Si raccontava che fosse stata scolpita dai Druidi, che avevano previsto la nascita di un bambino divino da una Vergine.
Sopra quella grotta sorsero i luoghi di culto cristiani, e diversi templi si succedettero fino ad arrivare all’attuale cattedrale, costruita in meno di 50 anni a seguito del rogo della cattedrale romanica preesistente, rogo avvenuto nel 1194.
Vi è quindi una continuità di Chartres come luogo sacro che travalica i vari culti, una sacralità della cui origine si è persa traccia.
La toponomastica proposta da Charpentier aggiunge dei particolari importanti: secondo l’autore il nome Chartres deriverebbe da Carnute – Is, ovvero luogo sacro dei Carnuti.
I Carnuti erano una popolazione che abitava la Francia dal III al I millennio avanti Cristo.
Siamo all’epoca dei dolmen.
Carnutes corrisponde a “Guardiani della Pietra”, un popolo il cui compito era proteggere la Terra Sacra.
E la Terra Sacra per eccellenza di tutta la Francia, si trovava nel luogo in cui sorge l’attuale Chartres.
L’altare della cripta della Cattedrale. In questo luogo sorgeva la grotta sacra in cui da millenni convergevano i pellegrini; la statua della Vergine col Bambino è una copia fedele di quella venerata dai tempi precristiani. La statua originale venne bruciata dai seguaci della Ragione durante la rivoluzione Francese.
I luoghi sacri nell’antichità non venivano scelti arbitrariamente; per noi risulta difficile comprendere la conoscenza che nelle epoche passate si possedeva riguardo la vita e le dinamiche della terra. Le culture passate sapevano che il suolo è attraversato da delle “correnti”, un fenomeno che anche la scienza ufficiale sta timidamente cominciando a trattare. Queste correnti che “serpeggiavano” nel suolo trasportavano lo “Spirito”, la sostanza vitale per eccellenza. E nel sottosuolo di Chartes queste forze convergono in modo potente. Le correnti telluriche venivano spesso raffigurate come serpenti che si muovevano nel sottosuolo. Il santuario di Delfi, ad esempio, secondo la leggenda nasce dopo che Apollo uccide il serpente Pitone conficcandolo nel suolo, ovvero “catturando” in un preciso luogo questo “Spirito serpeggiante” e facendo in modo che i suoi benefici possano risalire in superficie. Nello stesso modo sono numerose le rappresentazioni della Vergine nell’atto di schiacciare col piede un serpente.
Nostra Signora della Medaglia Miracolosa, Rue de Bac, Parigi
La vittoria della madre di Dio su Satana, sicuramente, ma anche il fissare le forze telluriche, il renderle “innocue” e accessibili agli uomini.
E non a caso tale compito è affidato alla Nostra Signora, mediatrice tra gli uomini e il Divino.
La Cattedrale di Nostra Signora di Chartres deve essere vista come la Vergine che schiaccia il serpente.
Un enorme scrigno, posto a protezione di un enorme tesoro, una Terra Sacra la cui custodia in antichità fu affidata ad un intero popolo, ed ora ad un maestoso Tempio.
Quando ha inizio l’inverno vorrei sempre andare in letargo.
Ma intorno tutto si ostina a girare, ed è strano che le persone continuino a trovare cose importanti da portare a termine, quando fuori c’è l’inverno.
Ho sempre pensato che in certi giorni la cosa più normale da fare, la più umana, sia stare a letto, che la nebbia vista dalla finestra di casa appare pure bella.
Ma il mondo, si sa, è folle, ed anche in queste giornate occorre uscirsene fuori, persi nelle proprie occupazioni, tanto importanti, più importanti di un caffè caldo bevuto mentre si guarda la nebbia dalla finestra di casa.Tornando dal lavoro stasera pensavo all’inverno padano, all’impossibilità di non farsi contagiare dal suo grigio.
Il cielo è sempre grigio, le strade sono grigie, i campi grigi.
E’ naturale che diventino un po’ grigie anche le persone.
Guidavo e cercavo dei colori, intorno a me.
Poi dall’autoradio è partita la canzone giusta, ed anche la nebbia sa trovare un po’ di senso.
Il labirinto nel medioevo rappresenta il percorso che il pellegrino deve compiere innanzitutto dentro di sé, la via per ritrovare il centro.
Nel labirinto medioevale non ci si può perdere, la via è obbligata, per coloro che abbiano la volontà di percorrerla fino in fondo.
Labirinto della Cattedrale di Chartres, XII secolo
Il labirinto nell’epoca moderna spinge il pellegrino in mille direzioni diverse, immergendolo in un senso di smarrimento e di perdita del centro.
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
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