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-o- Too late to die young -o-
16 Ottobre 2010

Il salvataggio dei minatori cileni e le analogie con i riti di iniziazione


Alcuni appassionati di questioni esoteriche hanno notato a proposito del salvataggio dei 33 minatori cileni, conclusosi recentemente in modo fortunatamente felice, delle curiose analogie a livello simbolico.

C’è anche chi ha visto nell’intera operazione la riproposizione in grande di un rito di iniziazione esoterico.
In effetti le analogie non mancano, a partire dal numero dei minatori rimasti intrappolati, dal momento che 33 è notoriamente una cifra assai cara a diversi ordini iniziatici.
33 sono infatti i gradi del percorso iniziatico nella massoneria del Rito Scozzese Antico e Accettato; l’importanza di tale numero risiede nel suo essere il prodotto di 3 per 11, ovvero la creazione che interagisce con l’edificazione di una grande opera e l’approssimarsi della conclusione del ciclo (si veda a proposito Cenni di Numerologia).


La vicenda dei minatori ripercorre inoltre simbolicamente tutti gli stadi che compongono il completamento di un preciso rito di iniziazione, pressoché identico in ogni ordine iniziatico così come nei vari riti misterici del passato.
Tale rito, necessario affinché il candidato abbandoni il suo antico essere e rinasca in una nuova consapevolezza, ripercorre simbolicamente una “discesa negli inferi”, rappresentati simbolicamente da una grotta una tomba o una caverna (si pensi al viaggio di Dante Alighieri nella sua Commedia, oppure alle varie discese nell’Ade degli eroi della mitologia greca).
In questo viaggio simbolico il profano si ritrova dinanzi alla componente oscura ed inferiore del creato, così come si pone di fronte agli impulsi più profondi nascosti dentro il suo essere, affrontando così il lato oscuro dell’esistente per saperlo riconoscere e superare.

Nello stesso modo i minatori cileni si sono ritrovati isolati nella profondità della terra, in una oscurità che li ha posti di fronte prima di tutto con la loro stessa essenza.

Nel rito di iniziazione il candidato deve passare un certo periodo di tempo in questo stato di oscurità, affrontando le forze disgregatrici del creato e rinforzando così la sua volontà.
Passata questa prova, il rituale si conclude con la risalita verso la luce, simbolo della rinascita fisica e spirituale della nuova consapevolezza.

Curiosamente, al dispositivo di risalita che ha permesso ai minatori di ritornare in superficie è stato dato il nome di Fenice, come il mitico uccello del mito che rinasceva dalle sue ceneri.
La Fenice, proprio per la sua valenza simbolica, possiede una grande importanza per molti ordini esoterici e massonici.

 

La Fenice nello stemma della Gran Loggia di Grecia

Probabilmente si tratta semplicemente di curiose coincidenze, ma occorre anche aggiungere che se qualcuno avesse avuto in mente di ricreare in grande un rito di iniziazione esoterica non avrebbe potuto farlo in modo più spettacolare.
E qualche domanda andrebbe posta anche a proposito della grande copertura mediatica che l’evento ha suscitato.
Nella sola Cina, ad esempio, ogni anno si registrano centinaia di incidenti in diverse miniere del paese, con decine di morti e decine di salvataggi simili a quello attuato in Cile; eppure, solamente a quest’ultimo è stata offerta una particolare risonanza a livello mondiale, trasformando l’intera operazione in un gigantesco reality show in presa diretta.
Un’altra curiosa stranezza.

13 Ottobre 2010

Un' unica moneta mondiale: tell me something new

 

da Wall Street Italia:

Un’unica valuta a livello globale.
E’ quanto chiedono 420 delle principali banche e istituzioni finanziarie di tutto il mondo riunite nella piu’ potente lobby del settore, The Institute of International Finance, che ha sede a Washington.
“Un insieme di banche, le principali in tutto il mondo, hanno bisogno di giungere a una visione comune“, ha spiegato al Financial Times Charles Dallara, managing director dell’istituto.
Insomma, l’idea e’ che per evitare una incombente guerra delle valute e’ necessaria una coordinazione valutaria a livello globale.

Tutto questo, in verità, sorprende assai poco.
Un solo mondo, una sola governance, una sola religione, una sola moneta: la filastrocca è nota da tempo.
E c’è anche chi si è ingegnato per fornire un design accattivante a questa nuova currency, la United Future World Currency.
Già presentata ai grandi leader riunitisi all’Aquila nel corso del G8 del 2009, la nuova moneta, dotata di un look alquanto evocativo, potrebbe essere proprio quella che le grandi banche e le istituzioni finanziarie vanno cercando.

 

10 Ottobre 2010

Facebook ucciderà i blog?


La risposta è no, ma andiamo con ordine.
In Italia i blog ebbero una prima diffusione a partire dal 2001-2002, e da allora il loro numero crebbe di anno in anno in maniera esponenziale, complice anche la comparsa di numerose piattaforme che permettevano anche ai meno esperti di lanciare in rete il proprio spazio senza eccessive difficoltà.
Negli ultimi tempi tale tendenza pare aver subito un certo rallentamento, ma ancora una volta occorre fare dei distinguo.

Nella cosiddetta blogosfera italiana capita sempre più spesso di imbattersi in blog fermi da tempo oppure definitivamente abbandonati, ma questo rientra apparentemente nel normale corso di vita dei blog stessi.
La maggioranza dei blog messi in rete non superano la prova dei primi mesi di vita, spesso per disinteresse oppure per il non raggiungimento delle aspettative dei rispettivi autori: per quanto si usi filosofeggiare sull’argomento, il primo scopo di chiunque pubblichi qualcosa è quello di essere letto.
Quando il riscontro non è immediato, capita che si smarriscano anche le motivazioni per continuare nel proprio impegno.

Tra i blog che superano questo primo scoglio, che siano “di successo” o meno, il fattore tempo gioca un altro ruolo decisivo: scrivere con regolarità richiede infatti impegno, e sopratutto un flusso costante di idee e spunti di cui trattare.
Per quanto si sia prolifici, avere sempre nuovi spunti e lo stesso entusiasmo degli esordi a distanza di tre, di quattro, di cinque anni diviene sempre più complicato; a questo si aggiunge il sopraggiungere di un senso di routine, che rende sempre più difficile trovare le giuste motivazioni.

Così, capita sempre più spesso di imbattersi in blog, anche con un buon seguito, che cessano la propria attività a distanza di diversi anni dalla loro nascita: si tratta del naturale corso degli eventi.
In verità, coloro che continuano con regolarità la loro presenza nella rete a distanza di diversi anni lo fanno perchè sono spinti da solide motivazioni di fondo, di natura economica (circostanza rarissima, almeno in Italia), di natura narcisistica oppure per sincera (ed ingenua, probabilmente) convinzione di poter essere utili in qualche modo ai lettori.


Occorre però ricordare come l’universo dei blog si divida sostanzialmente in due diverse categorie: vi sono i blog personali, e vi sono i blog “a tema”.
Su quali siano i blog personali non occorre soffermarsi molto: sono il corrispettivo dei “diari” in cui venivano annotati pensieri, sentimenti, esperienze quotidiane e non solo.
Questo genere di blog rappresentano tuttora la maggioranza, e vanno dai diari delle ragazzine adolescenti che raccontano le loro giornate a scuola e i loro primi turbamenti fino ai pensatori impegnati che commentano ogni giorno i principali eventi che accadono nel mondo, con interventi spesso arguti e “taglienti”.

Entrambi questi tipi blog parlano essenzialmente del loro autore (nel secondo caso il protagonista dei post non è mai la notizia, ma l’arguzia del blogger-commentatore), quindi rientrano perfettamente nell’insieme dei blog personali.
Per quanto riguarda i blog a tema ve ne sono invece di innumerevoli generi: da quelli dedicati all’informatica, allo stesso mondo di internet, alla cucina, alla moda, alla storia, alla pesca e così via, hanno tutti come comune caratteristica il fatto di parlare essenzialmente di qualcosa di altro che non sia il loro autore.

Con la diffusione dei social network, e di Facebook in particolare, è successo che molti di coloro che tenevano dei blog del primo tipo, quelli essenzialmente personali, vi abbiano trovato un luogo più adatto per esprimersi.
Sono infatti molti coloro che avevano aperto un blog con lo scopo di raccontarsi e di fare delle conoscenze virtuali, per parlare di se stessi e per scambiare chiacchiere leggere con altri internauti: per queste persone il mondo dei social network rispondeva maggiormente alle proprie esigenze di quanto poteva fare un blog.
Una pagina su Facebook è più immediata, richiede molto meno impegno ed è molto più facile da aggiornare di quanto lo sia un diario personale.

La piattaforma di Splinder in particolare, piattaforma nella quale i blog personali rappresentavano e rappresentano tuttora la stragrande maggioranza, ha subito negli ultimi due anni una vera e propria fuga di massa, e non sono pochi coloro che hanno interpretato tale fenomeno come il segno della definitiva decadenza dei blog a favore di Facebook.
In realtà Facebook non ha fatto altro che venire incontro a delle esigenze che già in precedenza venivano sentite da molti utenti della blogosfera, e che semplicemente hanno trovato nel celebre social network il loro sbocco naturale.


Per quanto riguarda invece i blog del secondo genere, quelli “a tema”, il successo di Facebook non ne ha particolarmente intaccato l’attività, dal momento che le due tipologie comunicative rispondono ad esigenze totalmente differenti.
Al contrario, sotto un certo punto di vista la diffusione dei social network li ha anche aiutati, dal momento che non sono pochi coloro che usano le loro pagine personali per segnalare articoli e link di altri blog, facendone così aumentare la visibilità.

In conclusione, si può affermare che la diffusione di Facebook e degli altri social network non decreterà la fine dei blog, casomai accentuerà nel tempo la distanza tra tutto quello che nella rete è principalmente “personale” e ciò che è “informazione”, dando a questo termine l’accezione più ampia che si possa immaginare.
Senza mai dimenticare, in ogni caso, che sempre nel virtuale ci si muove.

 

Memorandum per tutti i “bloggers”

5 Ottobre 2010

Il Nuovo Ordine Mondiale e la seconda generazione della rete


Quando nel “lontano” 2005 iniziai le mie prime ricerche sul cosiddetto “Nuovo Ordine Mondiale” trovare materiale a riguardo non costituiva impresa semplice.
Il mondo della rete, seppur già allora in costante espansione, non era molto prodigo di informazioni per quanto riguardava articoli in italiano, e chi avesse voluto approfondire l’argomento avrebbe dovuto necessariamente rivolgersi a materiale in lingua inglese.

A distanza di “solo” 5 anni se si digita “Nuovo Ordine Mondiale” sul principale motore di ricerca della rete vengono segnalati circa 183.000 risultati.(1)

Questo aumento esponenziale del materiale a disposizione presenta, come si può immaginare, aspetti tanto positivi quanto negativi.
E’ positivo il fatto che sempre più persone siano incuriosite e sentano il bisogno di informarsi sull’argomento, ed in fondo chi per primo ne iniziò a parlare ebbe come scopo proprio la diffusione di informazioni.
Dall’altra parte, un proliferare delle trattazioni di tale entità, in particolar modo riguardo un argomento tanto delicato e complesso, rende più difficoltoso il reperire e selezionare le informazioni valide, ed inevitabilmente diviene anche più facile imbattersi in materiale impreciso e non corredato da adeguate fonti.

Questo, a prescindere dal tema in questione, rappresenta anche uno dei maggiori limiti di quella che si potrebbe definire “seconda generazione dei blog di controinformazione della rete”.(2)
Essenzialmente, la principale differenza tra la “prima generazione” e la “seconda generazione” è la seguente: mentre i primi “ricercatori”(3) avevano una educazione prettamente “bibliografica”, ovvero erano abituati a compiere ricerche sui testi scritti con tutto quello che ciò comporta (verificare e riportare le fonti, incrociare le informazioni, mettere a confronto diverse versioni ove possibile), la seconda generazione ha concentrato le sue ricerche essenzialmente all’interno dello stesso mondo della rete.

Si è venuto così a creare una sorta di circolo vizioso, in cui a suffragio di determinate informazioni vengono citati dei siti che segnalano quali fonti altri siti che rimandano ad altri siti senza che si possa venire a capo della fonte originaria.
Una sorte di suffragio autoreferenziale, in altre parole, in cui può anche capitare che una informazione senza fondamento venga ripresa a catena da siti e blog che si citano a vicenda quali “fonti”.

In casi come questo, considerata l’enorme complessità del tema trattato, le false piste, le esagerazioni, converrebbe quindi un attento uso delle informazioni raccolte, ed una attenta analisi della provenienza delle stesse.
E, prima ancora, occorre ricordare come presupposto di ogni indagine sia una solida base di conoscenze acquisite nel tempo, conoscenze che dovranno spaziare dall’ambito storico a quello filosofico, da quello economico fino a quello simbolico, dal momento che per cogliere le innumerevoli sfaccettature delle tessere che compongono l’immenso mosaico di questo nuovo ordine bisogna analizzare l’insieme da diversi punti di vista.

L’informazione messa a disposizione nel mondo virtuale, per quanto preziosa ed essenziale, è invece caratterizzata dalla sintesi e dalla veloce fruibilità.
Questa sua peculiarità rappresenta nel contempo il suo pregio ed il suo maggior limite, rendendola utile ma assolutamente non-autosufficiente.

(1)interessante notare come in qualche modo Google premi anche la “anzianità” dei contributi: il primo risultato, nwo.it, rappresenta anche il primo sito in ordine di tempo dedicato all’argomento, anche se nel corso degli anni non  ha aggiornato molto i propri contributi; al settimo posto viene segnalato il forum di Luogocomune dedicato al NWO e alle società segrete che contribuimmo a creare con gli amici del sito, mentre al terzo posto si trova l’ottimo NWO blog dell’amica _gaia, un’altra “utente anziana” di LC.

(2)il termine “controinformazione” non va preso troppo sul serio, perchè prendersi troppo sul serio in questo campo può avere gravi ripercussioni nell’ambito della vita sociale, quella vera.

(3)termine sul quale vale lo stesso discorso fatto a proposito di “controinformazione”.

28 Settembre 2010

Mutevoli canoni


Se vuoi essere popolare, non puoi permetterti di essere magra!

In questa pubblicità, risalente ai primi anni settanta, l’attrice Linda Peck racconta di come il suo mestiere sia stressante, e di come la fatica delle sessioni prolungate le facciano alla lunga perdere peso.
Un bel problema, specialmente per un’attrice.
Fortunatamente, per lei e per tutte le ragazze dal fisico troppo esile, c’è Wate On, un magnifico integratore che aiuta ad acquistare dai due ai tre chilogrammi nel giro di poche settimane.
Si tratta di un concentrato di calorie, pensato appositamente per tutte le ragazze che nonostante si sforzino non riescono proprio a metter su peso.

L’integratore in questione veniva ancora pubblicizzato fino alla metà degli anni ottanta, e visto con gli occhi contemporanei, in un epoca in cui l’alta moda idealizza scheletri ricoperti di pelle che barcollano affamati sui tacchi a spillo, rappresenta una vera e propria eresia.

Si tratta in fondo di una piccola curiosità, e qualcuno potrebbe anche aggiungere che è cosa nota il fatto che i canoni estetici cambino nel tempo.
Ma proprio sotto questo aspetto, nel suo piccolo, questa segnalazione curiosa ci dovrebbe portare a chiedere anche come certi cambiamenti avvengano nel tempo.

Nel caso specifico, la figura della donna scheletrica quale nuovo modello di bellezza è affare alquanto recente, che si è imposto culturalmente negli ultimi 20-30 anni.
Curiosamente, oggi come ai tempi di Linda Peck, gli uomini continuano a ritenere più attraente una donna dal fisico curvilineo piuttosto che una di cui si possono contare le costole e prendere le misure delle ossa delle anche.
Eppure, la demoniaca industria della moda e l’infernale universo del fashion e delle riviste femminili (esclusivamente femminili) continuano a proporre una figura di donna innaturale, irraggiungibile e poco sana.
Tale cambiamento dei canoni estetici del fisico femminile non è avvenuto naturalmente, ma è frutto di una politica commerciale ben deliberata (il cantante Elio delle Storie Tese ebbe a dire che si trattava di una enorme cospirazione ordita da stilisti omosessuali che odiano le donne e ne vogliono cancellare la femminilità; per quanto fosse una semplice battuta, occorre aggiungere che paradossalmente fornisce una spiegazione se non altro logica ad un fenomeno per altri versi incomprensibile.)
Ci si potrebbe in fondo chiedere quale sia il motivo per cui un giorno i divulgatori di tendenze abbiano deciso che dovessero indurre le donne a puntare su tale modello.

Ma, andando oltre questo particolare caso, quello che risulta interessante e meritevole di approfondimento è proprio il meccanismo con il quale i mezzi di comunicazione possono influenzare e direzionare, con estrema facilità, la mentalità stessa delle persone.
Quello che è stato fatto con la percezione del fisico delle donne avviene in continuazione con innumerevoli altre nostre convinzioni.
Tutto questo, si potrà obiettare, non rappresenta certo un segreto.
Eppure, non ci si sofferma mai abbastanza nel riflettere su quante e quali delle nostre percezioni siano effettivamente nostre.