Benvenuti.
Qui si parla di miti, simboli,
storia e metastoria,
mondi vecchi e mondi nuovi,
e di cospirazioni
che attraversano i secoli.
Qui si scruta l'abisso,
e non si abbandona mai
la fiaccola.
Obiezione da un ex marinaio
All’editore: Contesto e faccio un’obiezione a chiunque sostenga che Obama e il Congresso stanno spendendo soldi come un marinaio ubriaco.
Come ex marinaio ubriaco, io smetto di spendere quando finisco i soldi.
La grande crisi finanziaria che stiamo vivendo è ormai arrivata nel suo momento decisivo, e la Grecia, all’interno di tale contesto, ha semplicemente avuto il privilegio da fare da apripista all’atto finale che ci attende.
Nel suo piccolo, il caso greco è un perfetto esempio della schizofrenia con cui i governanti hanno deciso di affrontare questo particolare momento storico: a fronte di un debito pubblico insostenibile, e all’impossibilità di ottenere prestiti che permettano di pagare i primi creditori, l’Unione Europea con la collaborazione del Fondo Monetario Internazionale ha deciso di concedere alla Grecia un ulteriore prestito di 110 miliardi di Euro.
Tale prestito permetterà al governo greco di ripagare i debiti in scadenza nel breve periodo, evitando così una bancarotta che avrebbe conseguenze devastanti per la stabilità e l’esistenza stessa dell’euro.
Come risulta evidente, con l’indebitarsi per pagare un debito precedente non si risolve la questione, ma si aggrava la situazione originale, allontanando di poco il giorno del crollo.
Quello che tutti sanno ormai è che tale condizione è comune a tutte le economie dei paesi industrializzati, e se per la Grecia sono bastati 110 miliardi di euro per rimandare il problema di qualche mese, la questione si farà più complessa per giganti quali il Regno Unito o gli Stati Uniti.
La conclusione di questa crisi era segnata da molti anni, e tutte le manovre degli ultimi tempi non hanno fatto che posticipare il momento della resa dei conti, che però non potrà essere evitata in eterno.
Una metafora felice per descrivere la situazione attuale è quella usata da Leon Zingales, nel blog Il Cigno Nero:
Immaginiamo di estrarre calore in una porzione d’acqua con velocità costante. Fino al raggiungimento della temperatura di congelamento non noteremmo alcun significativo cambiamento.
Improvvisamente, in prossimità degli zero gradi Celsius, una cascata di eventi termodinamici ci colpirebbe e modifiche strutturali sarebbero istantanei (l’acqua si trasforma in ghiaccio).
In prossimità del raggiungimento del punto critico, il tempo scorre molto più velocemente, nel senso che la densità degli eventi termodinamici aumenta esponenzialmente.
L’errore (e direi anche l’orrore) degli economisti classici è credere che in il tempo sia omogeneo. Si sono lanciati generici allarmi sul deterioramento dei conti pubblici, sperando che il tempo giochi a proprio favore consentendo graduali aggiustamenti; ormai il tempo dell’economia non si misura più in anni, tutto sta accelerando. Gli eventi precipitano: il punto critico è vicino e nei prossimi mesi si ballerà parecchio.
Questo punto critico è davanti a noi, e non ci saranno salvataggi che tengono.
– Padre Riccardo, abbiamo appena comunicato con i nostri tecnici in Arizona. Il terzo telescopio è pronto, e potrà entrare in funzione già nei prossimi giorni.
– Eccellente, padre Damiano. Ora non resta che decidere il nome da assegnarli.
– I nostri tecnici avevano pensato di chiamarlo Ezechiele, padre. Come il profeta guardò in cielo e vide il carro di fuoco dei cherubini, così noi scruteremo le stelle per rendere testimonianza dell’infinita gloria del Signore.
– Sì, sì, le visioni di Ezechiele e il resto… No, è troppo scontato. E poi sa di antico, abbiamo bisogno di svecchiare un po’ la nostra immagine. Ecco, ho trovato! Lo chiameremo Lucifero!
– Lucifero, padre? Con tutto il rispetto, non vi pare un po’ azzardato?…
– Ma no, padre Damiano.. Pensate solo al tam tam che si scatenerà nella rete quando si verrà a sapere che il Vaticano ha battezzato il suo nuovo telescopio Lucifero… Provate a immaginare cosa scriveranno i siti di controinformazione…
– Padre Riccardo, siete sempre il solito burlone..
Ecco, io spero che sia andata così. Perlomeno, non riesco ad immaginare un altro motivo plausibile per cui al terzo telescopio dell'osservatorio dell'Arizona, gestito, a quanto pare, anche con la collaborazione dell'ordine dei Gesuiti, sia stato dato il nome di Lucifero.
Vista la città dalla collina sembra un gigantesco flipper…
Si ha a volte l’impressione che il mondo raccontato dalla televisione sia un mondo a sé, come tutto quello che ci raggiunge per mezzo del piccolo schermo.
Una sorta di magico universo parallelo, simile ai regni lontani in cui vivevano draghi e principesse, protagonisti di storie fantastiche che davano vita alle fiabe più ispirate.
Sembra che quello che osserviamo nel piccolo schermo venga recepito dalla nostra mente come una sorta di racconto, una serie di avvenimenti che hanno luogo nel regno di molto, molto lontano.
Un racconto che troviamo anche sui libri, nei giornali, nell’intricato pantano della rete.
Ne sentiamo parlare ovunque, ma tutto questo resta pur sempre un racconto.
Ed in effetti, chi ha mai visto coi propri occhi la notte illuminata dalle bombe al fosforo di Fallujia e di Gaza, chi ha mai sentito l’odore di un villaggio afghano bruciato, chi ha mai scambiato due parole con un padre californiano che ha perso la casa in seguito alla crisi del settore immobiliare?
Sono storie che appartengono ad altri, che succedono da qualche parte, forse.
Storie, nient’altro che storie, reali quanto il sonno della bell’addormentata, quanto la disperazione di Cenerentola che corre via dal ballo allo scoccare della mezzanotte.
Perché ci sono le storie, da una parte, e c’è la realtà, dall’altra.
La realtà fatta di un lavoro che non piace ma che tocca portare avanti, la realtà fatta di mutui trentennali e di casse integrazione, di serate in birreria e di ragazze irraggiungibili, di mariti annoiati e di figli stanchi ed assenti.
Ogni uomo ha un suo mondo, chiuso all’interno di una immaginaria circonferenza, stretta o larga che sia, una circonferenza che si estende fino a dove giunge il suo sguardo, il suo olfatto, fin dove vede e percepisce persone reali, che ama o che odia, o che gli sono –più probabilmente – del tutto indifferenti.
E’ naturale che sia così, perché la gravità ci tiene a terra, perché sappiamo riconoscere gli odori delle persone care, perché siamo esseri limitati, in grado di occuparci del nostro orto e della nostra staccionata.
Come le formiche ligie al loro dovere guardiamo il mondo dal basso verso l’alto, cercando di scorgere l’entrata della tana in cui depositare la scorta di cibo che ci portiamo in groppa; abbiamo dei percorsi preferenziali e li seguiamo con scrupolo, incrociamo le altre formiche a noi note e cerchiamo di portare a termine nel miglior modo possibile il nostro compito.
Quello che succede nelle altre valli non ci riguarda più di tanto –potrebbero anche non esistere altre valli.
E comunque sia, tutto questo ha poca importanza, dal momento che abbiamo già il nostro bel carico a cui pensare.
Questa è la visione della formica, la nostra.
Chi si librasse in aria e prendesse il volo vedrebbe un mondo del tutto diverso, fatto di tante valli e di miliardi di formiche, tutte diverse ma simili tra loro, e vedrebbe le macchine nuove ferme nel porto di Long Beach in attesa che tornino appetibili al mercato, vedrebbe il muro che avvolge la Cisgiordania, l’esplosioni in Iraq, Soros che dal suo ufficio studia la situazione finanziaria.
Un’aquila che sovrastasse i cieli potrebbe vedere tutto questo, e forse potrebbe domandarsi se ogni cosa non sia in qualche modo collegata, e se esista qualche possibilità che le grida che arrivano da quell’edifico neoclassico di Wall Street possano influenzare il percorso delle stoiche formichine che scheggiano veloci nel cemento gentile della Brianza.
Due visioni, due mondi, e nessuno è più o meno reale dell’altro.
Ci sono formiche che in una vita di viavai hanno creato una splendida tana ed hanno reso più vivibile la loro valle, senza mai uscire da essa, e ci sono aquile che a forza di sorvolare il pianeta per avere un quadro d’insieme del reale hanno disdegnato il contatto col suolo, finendo così per morire in volo senza aver potuto migliorare nemmeno di una virgola la terra che volevano salvare.
Due visioni e due mondi che a volte si incrociano, una o due volte ogni secolo, come quando un omino giunto al potere chissà come – ma tanto l’importante è che ci sia il pane a tavola – chiama i figli delle formiche alla guerra, e li spedisce a 2.000 chilometri di distanza.
L’aquila forse lo sapeva che sarebbe successo, così come sapeva che i castelli della finanza sono fatti di carta, e che presto o tardi il vento se li porterà via.
Questo sa l’aquila e molte altre cose, ma una formica può nascere, edificare il suo mondo e morire prima che il vento arrivi e i nodi vengano al pettine.
La modella Lily Donaldson fotografata da Terry Richardson
Terry Richardson è un fotografo, un fotografo assai noto nel suo campo.
Lavora per riviste prestigiose del mondo della moda e del fashion, quelle riviste che creano le tendenze, che indicano la via.
Cura inoltre campagne pubblicitarie di marchi d’alta moda altrettanto prestigiosi.
Ha realizzato controverse e molto spesso censurate campagne di moda per per il gruppo fiorentino Gucci, Levi’s, Miu Miu, Hugo Boss, Anna Molinari, Costume National, Tom Ford e soprattutto Sisley e per riviste come GQ, Vogue, Interview, Harper’s Bazaar e Rolling Stone.
Innumerevoli i personaggi celebri immortalati dal suo obiettivo.
Tra i tanti personaggi immortalati dal suo obiettivo troviamo Kate Moss, Vincent Gallo, Sharon Stone, Juliette Lewis, Leonardo DiCaprio, Macaulay Culkin, Tom Ford, Eva Riccobono, Mickey Rourke, P!nk, Amy Winehouse, Marc Jacobs, Lil’ Kim, Chloë Sevigny, Nicolas Cage, Catherine Deneuve, Tony Ward, Lenny Kravitz, Dennis Hopper, Karl Lagerfeld, Jessica Alba e Britney Spears
Richardson con le gemelle Olsen, leggermente sconvolte.
Ha, tra le altre cose, posto la sua firma anche sull’ultimo calendario Pirelli, quello dell’edizione 2010.
Terry Richardson è un vero artista, noto per le sue intuizioni provocatorie e le sue opere fuori dagli schemi.
Il suo lavoro di artista lo porta spesso ad esprimere un sentimento dissacratorio.
Tra le sue opere troviamo anche un libro composto da immagini di carattere pornografico che lo vedono protagonista dietro e davanti l’obbiettivo, mentre entra in sintonia con le sue modelle.
Nella foto che segue Terry Richardson si fa fotografare con l’ironia che lo contraddistingue.
In quest’altra immagine, invece, è in compagnia di un suo ammiratore, Barack Obama.
Per il quale ha realizzato anche un ritratto.
Nell’anno 2010 tutto questo fa parte della nostra normalità.
Anno del Signore 2010, Domenica di Pasqua.
Sulle spiagge di Kuruta, nella Grecia sud occidentale, il mare Ionio ed il sole primaverile danno ancora una volta il meglio di sé, confermandosi una delle coppie meglio assortite del grande spettacolo mediterraneo.
I negozi e le kafeterie del lungomare sono tutti aperti per l’occasione, in una sorta di breve anticipazione della prossima stagione estiva, ormai alle porte.
E gli avventori non si fanno attendere, dando così soddisfazione alle speranze dei negozianti.
Come da tradizione, dopo una settimana segnata dal digiuno e dal basso profilo in attesa della Resurrezione del Signore, nel pomeriggio del giorno di Pasqua, dopo un consistente pranzo a base di agnello, il popolo ellenico si concede una uscita sui vari lungomari, quasi ad accogliere anche ufficialmente l’arrivo della bella stagione.
E nel vedere il costante viavai di gente, di ragazze uscite direttamente dalle pagine patinate delle riviste di moda e di giovani che paiono testimonial dei più famosi marchi multinazionali, nell’osservare i locali pieni oltre le loro possibilità, si ha quasi la sensazione che i giornali e i media parlino di un’altra nazione, e non certo della Grecia, quando raccontano di un paese sull’orlo della bancarotta, un paese il cui premier gira il mondo come un vagabondo elemosinando “sostegni morali” e cercando folli disposti a concedergli prestiti.
Qualcuno forse immagina un paese depresso, un popolo preoccupato ed esasperato dalle drastiche misure attuate dal governo.
E così forse dovrebbe essere, in un momento storico come questo, in una nazione che potrebbe vedere mutare il proprio standard di vita nell’arco di pochissimo tempo, in maniera drammatica.
Ma l’immagine generale è ben diversa, e la stessa crisi viene trattata più con ironia che preoccupazione.
Forse la colpa è del sole greco, che per qualche motivo ancora poco indagato splende in questo angolo di mediterraneo in modo assai più brillante che nel resto del mondo, o forse è colpa del mare che col suo movimento lento ed ipnotico narra di verità ben più grandi delle misere preoccupazioni terrene.
Fatto sta che da quelle parti, per adesso, nessuno si è ancora alzato per andare ad aprire alla realtà che bussa alla porta.
E con una estate che sta per arrivare, e migliaia di chilometri di spiagge dorate da vivere, è probabile che quella realtà attenda alla porta fino all’autunno.
Dopo, probabilmente, non vi saranno più scuse.
Chiunque tu sia
infedele,
idolatra o pagano,
vieni.
La nostra casa non è un luogo
di disperazione.
Anche se hai violato cento volte
un giuramento,
vieni lo stesso.
May the road rise
to meet you.
May the wind be always
at your back.
May the sun shine warm
upon your face.
And rains fall soft
upon your fields.
And until we meet again,
May God hold you
in the hollow of His hand.
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