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-o- Too late to die young -o-
6 Gennaio 2014

Nuovi palcoscenici per vecchie recite

Non era saggio, per gli antichi greci, suscitare l’invidia degli dei.
E quando le cose per un comune umano andavano particolarmente bene era buona cosa fingere qualche malessere immaginario, oppure lasciarsi andare a qualche lamento teatrale, piangendo un po’ sulla propria misera sorte.
Si pensava infatti che dall’alto dei cieli gli dei seguissero le vicissitudini dei mortali, e come spettatori in una dorata platea celeste godessero dello spettacolo che veniva loro offerto.
Così, sapendo di essere sempre osservati, gli uomini intrattenevano i loro signori dell’oltremondo, e, nel caso, celavano il loro benessere, perché non era saggio, appunto, suscitare l’invidia degli dei.
Il mondo stesso era visto allora come un enorme palcoscenico, e i mortali erano piccoli attori che godevano di un illustre pubblico.
La vita era una sorta di recita, ed ogni rapporto personale si fondava su di una teatralità che ai nostri occhi apparirebbe quasi grottesca, ma che all’epoca faceva parte del naturale corso delle cose.
E cos’era l’uomo se non una persona, come anche i latini ben sapevano, una maschera, un personaggio, come la stessa origine del nome ancora ci rammenta?

Ma gli dei dei greci e dei romani erano fatti ad immagine e somiglianza degli umani, e come loro potevano osservare solo la superficie.
Che ne sapeva Zeus di cosa veramente passava per il cuore di un povero contadino dell’Elide?
Zeus e i cuoi compagni potevano solo osservarlo mentre faticava o si riposava, e lo stesso contadino lo sapeva bene.
Come altrimenti avrebbe pensato di ingannare i suoi signori fingendo di patire per la sua misera sorte, mentre si trovava al settimo cielo avendo appena trovato un sacchetto pieno di monete d’oro abbandonato nel suo campo?
Erano dei umani, troppo umani, come il collerico e geloso dio dell’Antico Testamento, che pur avendo solo due esseri umani da tenere d’occhio si distrasse e non si accorse che là sotto all’albero della conoscenza stavano per disobbedirgli.
”Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare? “, chiede poi il Signore ad Adamo: non proprio la domanda che ci si aspetterebbe da un dio onnisciente, che tutto vede e tutto sa.

Venne poi il Dio cristiano, e questa volta gli uomini ebbero a che fare con un dio che veramente vedeva e sapeva tutto.
Di più, un dio che stigmatizzava l’ipocrisia, un dio in grado di leggere nei reconditi più nascosti dell’essere umano, un dio a cui non si poteva nascondere nulla, che non si poteva ingannare.
Ma gli esseri umani mantennero comunque le loro qualità di persone, rimasero sempre dei commedianti a spasso in un enorme palcoscenico, solo che ora la platea non stava più in cielo, ma era diventata il resto del mondo.
Perché ogni uomo per definirsi ha sempre sentito il bisogno di uno sguardo, perché come un albero che cade in un bosco lontano non produce rumore, così il mortale teme che egli stesso potrebbe cessare di esistere se nessuno lo guarda.
E’ l’eterno bambino che salta e fa rumore per attirare l’attenzione dei genitori, il moccioso che si lamenta con la madre perché non lo stava guardando mentre faceva le capriole sul tappeto del salotto.
E’ la stessa trinità che ancora si manifesta, io, l’altro da me e il rapporto che ci unisce, lo sguardo che ci lega, la particella primitiva della creazione sopra cui ogni altra cosa si fonda.

Ed ogni epoca ha la metafisica che si merita, ogni tempo esprime il proprio bisogno di trascendenza con i mezzi che trova a disposizione.
C’erano gli dei, una volta, ad intrattenersi con la recita dei mortali, poi ci fu il mondo intero con tutti gli altri uomini, ed infine venne l’universo virtuale, quel metamondo dove ogni attore può esprimere il meglio di se stesso, in una recita impostata offerta ad una platea eterea e potenzialmente sconfinata.
E se dietro la persona della commedia antica c’era comunque un essere umano a muoversi sul palco, nel mondo virtuale sembra che siano rimaste solo le maschere.

3 Gennaio 2014

Il mondo in un click, forse.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo il seguente scritto di Antonio Pani che offre alcune interessanti riflessioni su un tema centrale dei nostri tempi.



di Antonio Pani per Tra Cielo e Terra

Premessa

Questo scritto rappresenta un breve momento di riflessione, che ha il solo e semplice scopo di aiutarci a capire meglio alcuni aspetti del mondo di cui facciamo parte.
Non sempre, infatti, siamo in grado di decifrare in modo completo ciò che quotidianamente si pone di fronte ai nostri sensi.

Il mondo reale e quello virtuale

Potrà sembrare strano ma, talvolta, non siamo neppure in grado di apprezzare l’esistenza o co-esistenza di due mondi assai distinti: quello reale e quello virtuale.
Ci muoviamo frastornati da suoni e colori che provengono da ogni dove, immersi nel classico “vivere sempre di corsa”, sovente senza un concreto “perché” che giustifichi il nostro agire.
Confusi, ci troviamo di fronte a un mondo vero, concreto e tangibile, nel quale non c’è tempo neppure per rendersi conto che, magari, stiamo facendo seriamente fatica anche solo a respirare.
Nello stesso momento, con piccoli e semplici “tocchi”, è possibile immergersi in una realtà/dimensione fantastica, dove tutto è bello, facile e, soprattutto, condiviso e divertente (1); sempre che si possa disporre di adeguate quantità di “energia e credito”.
Non appaia strano, quindi, che in questo caos quotidiano i “nuovi insegnanti” vincano con estrema facilità la loro “battaglia educativa” nei confronti dei grandi e, soprattutto, dei più piccoli.

Il riferimento è al caleidoscopico mondo dei mass-media, nuovi tutor ed educatori delle masse.
Oggi il migliore dei genitori è costretto a confrontarsi con loro, i “nuovi insegnanti” appunto, che operano a tempo pieno, incessantemente e a ritmi vertiginosi e frustranti.
Anche la scuola paga dazio, soffocata da classi troppo numerose e scarse risorse, sia in termini di tempo sia per quanto attiene a dotazioni strumentali e infrastrutture.
Di fatto, è oramai quasi completamente mutata in una sorta di sala giochi / ludoteca.
L’ultima (e unica) proposta per migliorarla, portandola al passo con i tempi (sic), è quella di una sua informatizzazione (2).
Libri elettronici, lavagne interattive e questionari “in linea”, agevoleranno l’apprendimento e la conoscenza dei futuri cittadini; cosa accadrà alla spontaneità, alla creatività, alla fantasia e all’immaginazione delle giovani menti non è però dato sapere.
Ecco, quindi, manifestarsi un interessantissimo esperimento che riguarda tutti noi:  un mondo essenzialmente “sfumato/confuso”, che si può accendere e spegnere a piacimento.

L’importanza e lo spessore dei ricordi: un confronto fra i due mondi

I due mondi a cui si accennava prima non sono uguali, così come profondamente diversi sono i ricordi e le esperienze che ad essi sono correlati.
Nella realtà “vera” un’esperienza è caratterizzata da una miriade di informazioni e percezioni aggiuntive che la rendono unica, ricca, piena e, molto spesso, indimenticabile.
Un ricordo (vero) ha maggiori possibilità di diventare indelebile; si pensi al parlare con qualcuno ascoltando con attenzione il tono della viva voce, cogliendone mimica e gestualità, toccandolo, apprezzando al contempo i luoghi, i colori, gli spazi e i profumi nei quali si è immersi.
Questo insieme di dati, per essere colto, abbisogna di una presenza completa, dove tutti i sensi sono chiamati a interagire e confrontarsi con gli accadimenti.
Domani un aroma o uno strano rumore “già sentiti”, riporterà alla mente e al cuore lo spessore e l’intensità delle esperienze vissute.
Questo è il grande dono che la vita reale offre a chi ha interesse a coglierlo: la ricchezza dei suoi ricordi, da respirare appieno, nel bene e nel male.

Nel mondo virtuale non è così.
Ci si può mettere comodi e restare semplicemente seduti a guardare lo “spettacolo”, ci si può connettere per filmare, fotografare, condividere, votare, “twitterare, chattare, linkare facebookare” e via discorrendo, ma è tutto lì.
Uno stile di vita “mordi e fuggi”, generalmente povero di pensieri meditati e di lavoro introspettivo.
Non ci sono cose o persone da toccare, aria, spazi, colori, fragranze e intensi aliti di vita ad arricchire il nostro animo e a dare profondità di significato ad azioni ed emozioni.
Mentre ci si preoccupa di comunicare al mondo della nostra esistenza, ci si dimentica di vivere appieno ogni passo del nostro cammino.
Il mondo virtuale è uno “strano dolcetto” : la buccia è bellissima, ma manca la caramella.

Conclusioni

L’idea di vivere in un mondo che si accende e si spegne a comando pare, di primo acchito, accattivante, pratica e seducente.
Tuttavia, le strade da percorrere in modo proficuo e meno “vuoto” sembrano essere altre.
Oggi non è facile individuare in modo corretto i contorni e le giuste posizioni; altrettanto difficoltoso è collocare ogni “realtà” al suo posto, così da poterle identificare agevolmente e sperare di interagire con loro in modo ottimale e positivo.
Di certo, ritagliare spazi più importanti da dedicare a noi stessi e ai nostri giovani/piccoli rappresenta un buon inizio.
Limitare al massimo il vivere una vita “delegata”, impegnandosi in un concreto e attivo “fare in prima persona”, sembra essere un elemento essenziale per migliorare la qualità della nostra esistenza.
Si pensi ad esempio al fenomeno dell’”homeschooling”, appena presente in Italia  ma fiorente e radicato negli Stati Uniti, dove i genitori possono svolgere attivamente e autonomamente il ruolo di primi insegnanti per i loro figli.

Si aggiunga, inoltre, che questi ragazzi eccellono nelle varie materie e ottengono valutazioni più alte rispetto agli studenti che si formano presso la scuola pubblica.
Con una sana “presenza familiare” è possibile creare un terreno fertile per sviluppare il senso critico e le naturali inclinazioni personali dei vari soggetti coinvolti, agevolando la crescita della conoscenza e non solo della cieca obbedienza.
Da sottolineare e valutare attentamente, inoltre, l’importanza dell’ascolto, quello vero, attuato dando il meglio di sé: “Un ragazzo non è perso quando non lo troviamo dove speravamo di incontrarlo, ma quando abbiamo smesso di cercarlo” (3).
Per agevolare una sana crescita personale è altresì prioritario rinvigorire il valore di concetti come rinuncia e sacrificio, indispensabili per dare gusto all’esistenza.
Un’istituzione scolastica che impostasse il proprio operare tenendo debitamente in considerazione alcuni fra i concetti appena richiamati, sarebbe anch’essa di grande aiuto.

Infine, nella società odierna, sembra mostrare tutti i suoi limiti anche l’adagio del “vietato vietare”, che si è affermato e consolidato negli ultimi decenni.
Qualche “barriera”, invece, potrebbe essere utile; magari ispirata anche dal vivere con la consapevolezza che c’è “qualcosa che ci supera ed è più grande di noi”, sia esso Dio, l’anima, la forza della natura, l’energia dell’amore e/o dell’universo e via discorrendo.
Un cordiale saluto e un sentito ringraziamento a tutti coloro che hanno “incrociato” queste riflessioni.


Riferimenti e letture:

1) “Italia più vecchia, legge poco ma guarda sempre più la tv sul web”, redazione Tiscali del 19/12/2013; in evidenza, fra le altre: “…6 case su dieci in Italia sono connesse al Web…, …Boom di Web e telefonia…, … Alta, sottolinea l’Istat, è anche la percentuale delle famiglie che possiede un cellulare abilitato alla connessione Internet (43,9%)…, …ben 14 milioni e 893 mila, la quasi totalità (delle famiglie italiane), ha una connessione a banda larga…, …Si legge sempre meno…, …Nel 2013 il 54,3% della popolazione di 3 anni e più dichiara di utilizzare il personal computer e il 54,8% di quella di 6 anni e più dichiara di fare uso di Internet…”.

2) “La catastrofe dell’informatizzazione delle attività scolastiche”, di Matteo D’Amico, www.effedieffe.com.

3) “Album di famiglia”, di Lorenzo Braina, Edizioni il Camarillo Brillo, anno 2010.

_________________

Di Antonio Pani vedi anche

Capacità umane, pulsioni emotive e gestione delle masse.
Sorridi, è una foto economica.

8 Ottobre 2013

In Stone

 

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27 Maggio 2013

Il nemico assente - reprise

 (articolo inizialmente pubblicato il 4 Luglio 2011)

Sleeping Warrior

 

[…]

Chi sulla rete pensa di fare “controinformazione”, chi dedica del tempo nel descrivere e denunciare questa o quella fonte di potere, vorrebbe, in cuor suo, avere nel suo piccolo un ruolo attivo nello “scardinamento” del sistema.
E’ un sentimento umano e comprensibile: nel rendersi conto delle grandi ingiustizie e delle storture del mondo reale, ognuno vorrebbe dare il proprio contributo per “combattere” l’apparato del potere.
Ecco quindi che l’idea che il proprio lavoro possa essere “censurato”, che i propri scritti “oscurati”, dà la sensazione di avere davvero un ruolo in questo gioco, di essere, anche nel proprio piccolo, “temuti”.

Si tratta, in qualche modo, della necessità di dare un volto al nemico: che sia il governo per mezzo di una sua agenzia, un ricco imprenditore che controlla i mezzi di informazione, oppure, salendo di livello, gli illuminati o i gesuiti in persona, è forte la necessità di avere un punto di riferimento quando si porta avanti una “lotta”, una entità concreta che ci consideri quali “avversari”, e che possa rivalersi su di noi.
Purtroppo, questo nemico non esiste, o per meglio dire, non gli si può assegnare un volto.
La vera tragedia del mondo occidentale di questi tempi, infatti, per tutti coloro che percepiscono una malattia di fondo dell’intero sistema, è l’impossibilità di definire un vero e proprio bersaglio contro cui scagliarsi.


E’ frustrante analizzare i meccanismi del potere, e poterli esporre, senza che nulla accada.
Senza che “il potere” reagisca in nessun modo, senza che nemmeno un minimo accenno di censura venga applicato.

Durante i totalitarismi del passato, era sufficiente mostrare un piccolo segno di insofferenza nei confronti del dittatore di turno che subito si veniva prelevati e tratti in arresto.
Si trattava di situazioni orribili, e noi siamo sicuramente fortunati nel non dover vivere in regimi del genere.
Ma, da un altro punto di vista, chi all’epoca era davvero un uomo, aveva la possibilità di mostrare fino in fondo la sua natura.
C’era qualcosa di concreto contro cui lottare, un senso da dare alla propria sete di giustizia.
Oggi, a noi, questa possibilità viene negata.

Nonostante percepiamo chiaramente l’essenza ipocrita e subdola del sistema di potere corrotto a cui sottostiamo, sappiamo anche che non abbiamo nessuna via veloce ed “eroica” di reagire.
Sfogandoci al massimo davanti ad uno schermo, vorremmo per qualche momento convincerci di stare facendo davvero qualcosa di “sovversivo”.
Ma così non è: a differenza dei totalitarismi del passato, quello in cui attualmente viviamo si è fatto molto più sottile, ed all’oppressione diretta ha sostituito un generale velo di indifferenza, coperto da un oceanico rumore di fondo generato dall’infinito flusso di informazioni spazzatura e da distrazioni che gli odierni sistemi di comunicazione sono in grado di creare.

Non è tempo di eroi, questo, non riusciremo mai a vedere negli occhi il drago da combattere.

 


Give me a sword, a maiden to protect, a sea of enemies and this song

15 Maggio 2013

Majesty

 

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